domenica 12 dicembre 2010

Musica: Sorda, ottima pianista: la storia di Holly La nipote di Ken Loach ha 11 anni e un talento naturale per il pianoforte. Grazie ai genitori, che non si sono arresi

Ken Loach e la nipote Holly
MILANO - «La scoperta della sordità di un bimbo è un trauma per tutta la
famiglia. La diagnosi è tanto drammatica da poter mandare in pezzi le relazioni
familiari». Sono parole di Ken Loach, il regista inglese de La canzone di Carla
e di Il vento che accarezza l'erba, Palma d'Oro a Cannes nel 2006. Loach sa
bene di che cosa sta parlando: sua nipote, Holly, è sorda da quando aveva 13
mesi. Appena nata, nel giugno del 1999, era una bimba perfettamente sana. A
poco più di un anno, nell'agosto del 2000, si è ammalata di una meningite
pneumococcica rischiando la vita. È sopravvissuta ma per il suo udito non c'è
stato niente da fare, è rimasta completamente sorda da entrambe le orecchie. A
vederla oggi non si direbbe affatto: Holly è una bella bambina di 11 anni che
vive a Bristol, in Inghilterra, e soprattutto è un talento naturale per il
piano. La sua rinascita è iniziata grazie ai genitori, Hannah e Mike, che non
volevano arrendersi a quella sentenza: i medici avevano spiegato che la bimba
non avrebbe mai potuto ascoltare e apprezzare la musica e per loro, entrambi
musicisti, quella suonava come una condanna.

IMPIANTO COCLEARE - «Mentre ero incinta di Holly - racconta Hannah - lavoravo
per un balletto: la bimba ha ascoltato ore e ore di Chopin fin da quando era
nella mia pancia. La prospettiva della sordità totale per noi era
sconvolgente». Così Hannah e Mike portarono Holly all'università di Nottingham,
in uno dei Centri più all'avanguardia nel mondo per la ricerca e le cura della
sordità: i medici decisero di inserire un impianto cocleare nell'orecchio
destro della piccola. Era febbraio del 2001 e per Holly la vita poteva
ricominciare. L'impianto cocleare, infatti, è un "orecchio elettronico": un
piccolo apparecchio esterno elabora suoni e linguaggio in segnali digitali;
questi arrivano al ricevitore interno, che li trasforma in segnali elettrici
con cui si stimola direttamente il nervo acustico. Da qui l'informazione sonora
arriva alla corteccia uditiva cerebrale, che quindi riconosce questi stimoli
come veri e propri suoni. L'impianto cocleare perciò non è un semplice
"amplificatore", ma un mezzo con cui il sordo profondo può effettivamente
tornare a sentire. È stato così anche per Holly, che nel 2007 è stata
sottoposta a un secondo impianto cocleare nell'orecchio sinistro: pian piano,
grazie alla riabilitazione per il linguaggio e alla musico-terapia, è uscita
dal silenzio.

UNA BRAVA PIANISTA - Il contatto con la musica per lei è stato fondamentale:
«La musico-terapia era una parte del suo programma di riabilitazione, ma quando
ha iniziato a fare esercizi al piano ci siamo accorti che ha un vero talento
per questo strumento - racconta la madre -. Oggi Holly è un'ottima pianista,
più avanti negli studi rispetto alla sua età. Quando è rimasta sorda ero
determinata a far sì che questo evento catastrofico non segnasse per sempre la
sua vita, ma non avrei mai immaginato che Holly potesse arrivare a tanto.
Quando la sento cantare e suonare mi sembra un miracolo». La pensa così anche
nonno Ken Loach, anche lui orgoglioso della coraggiosa nipotina. Ed è pensando
a lei che il regista ha deciso di sostenere il Family Lab, una nuova esperienza
da poco avviata alla Biomedical Research Unit in Hearing dell'università di
Nottingham, dove Holly è stata operata. Nel Family Lab genitori e bambini
vengono filmati mentre interagiscono e giocano liberamente. Poi, tutto viene
analizzato dai medici per migliorare la comunicazione coi piccoli sordi: le
espressioni del viso, il linguaggio del corpo, i gesti sono scandagliati e
studiati assieme ai genitori per trovare la chiave per un'interazione sempre
più efficace coi bambini.

IL FAMILY LAB - «Aiutare i genitori di bimbi sordi a comunicare meglio con
loro è indispensabile e il Family Lab mi sembra un'idea brillante - ha detto
Loach all'inaugurazione del laboratorio -. Filmare le persone è un ottimo modo
per osservarle con una maggiore attenzione rispetto al solito: da singoli
fotogrammi possono emergere particolari che altrimenti passerebbero inosservati
e invece possono essere decisivi per migliorare la situazione». La dottoressa
James finora ha lavorato con 20 famiglie, con grande soddisfazione: «Il metodo
aumenta la fiducia dei genitori, perché capiscono che è possibile aprire canali
di comunicazione efficace coi loro bimbi. Molti si sottoporranno a un impianto
cocleare, ma nell'attesa non possiamo sprecare tempo: si tratta di bambini
piccoli, in un momento critico per lo sviluppo della relazione familiare. Il
Family Lab vuole potenziarla al massimo e spesso ci riusciamo: ho lavorato in
maniera simile con famiglie di bambini autistici e ne ricordo una, in
particolare. Con la telecamera "catturammo" un attimo di contatto visivo fra il
bimbo e la madre: ci lavorammo su, cercando di capire gli atteggiamenti e i
comportamenti che lo favorivano. Col tempo siamo riusciti a prolungare il
contatto visivo a cinque minuti».

con corriere.it

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