MILANO
Ibra in tribuna e Pato in campo. Ce n'è stato a sufficienza per addolcire il ritorno in città dei vacanzieri milanisti, non tanti quanti ne aspettavamo per il saluto a Ibrahimovic però felici di aver visto una squadra molto diversa dal mortorio esibito contro la Juve nel Trofeo Berlusconi una settimana fa. Anche facendo la tara per la pochezza imbarazzante del Lecce, lo spettacolo offerto dei rossoneri li rilancia nella corsa per lo scudetto: Allegri ha già dato un'identità di gioco usando gli stessi uomini di Leonardo e non c'è una squadra in Italia che abbia un attacco così creativo per cui se incontra avversari che assistono alla creazione, la manovra ha un grande successo. La prova del nove verrà nelle partite toste, quando Ronaldinho affronterà avversari che morderanno le caviglie e non l'erba abboccando alle sue finte.
È stata la serata dei buoni sentimenti e della riappacificazione tra la curva e Berlusconi dopo la contestazione di fine luglio a Milanello. L'effetto Ibra vale più delle riforme. «A Milanello, a San Siro e in società presente: bentornato presidente». Si può discutere sulle qualità rimaiole degli ultrà, il senso però è chiarissimo: si è ricreato il nuvolone di ottimismo che le parole di Ibra hanno fatto salire in cielo, quando è arrivato al centro del campo camminando su un tappeto rosso come i divi a Cannes. «Sono felice, quest'anno vinceremo tutto» ha detto l'ex attaccante dell'Inter. Eccolo là. Si è sbilanciato. Non sappiamo se avrà ragione e se vincerà il sesto scudetto alla sesta stagione in Italia, certamente ha qualche chance di riuscirci se quanti ieri hanno giocato benissimo in sua assenza lo faranno con lui in campo. A Barcellona non ci riuscivano ma questa è un'altra storia.
Tutti felici e contenti, insomma. Beh, proprio tutti no. Borriello, l'agnello sacrificale di fine mercato, non ha giocato con serenità quella che presumibilmente è stata l'ultima partita da titolare nel Milan: ne ha azzeccate poche e gli hanno pure annullato un gol per fuorigioco. E chissà in quali condizioni sopravvive il fegato di Inzaghi, sempre più riserva. Superpippo ha giocato una mezz'ora furente tanto più che Pato non gli dà mai il pallone e il palo gli ha negato una rete a tu per tu con Rosati. All'ultimo minuto tanto insistere lo ha premiato: su un tocco della difesa, Inzaghi si è avventato e ha realizzato il 4-0.
A parte quei due, i milanisti avranno in Ibrahimovic un compagno di riferimento tecnico al centro dell'attacco e lo svedese potrà avvantaggiarsi dei tagli che Ronaldinho distribuisce nelle giornate di grazia, facendone assist straordinari. Il brasiliano è in un periodo di mobilità, cioè ha ricominciato a correre con un raggio d'azione che raggiunge i 30 metri e non i pochi centimetri dell'anno scorso. Suggerisce e rifinisce, infila la palla in corridoi spiazzanti per le difese: il gol del 3-0 di Pato (che legge le intenzioni del suo connazionale meglio degli altri) nasce da un suo passaggio filtrante e altri ne ha distribuiti nel primo tempo a Seedorf, che li ha sprecati davanti alla porta altrimenti parleremmo di goleada storica. Ora il Milan ha due rifinitori di lusso, l'altro è Pirlo, per innescare Pato. Il ragazzo ha sbloccato la partita al 17' con un diagonale rasoiato nell'angolo opposto, l'ha sigillata definitivamente con il 3-0 dribblando anche il portiere.
Nella ripresa il brasiliano è scoppiato però è davvero un'arma preziosa purché sia in salute: che sia andato ad abbracciare il medico dopo ogni gol dimostra che lo sa anche lui. È stato un dominio, non un confronto. Il Lecce ha manovrato per i primi dieci minuti, poi ha ammainato bandiera salvo issarla di nuovo per brevi periodi del secondo tempo. La difesa milanista non è mai andata in affanno. Nesta, che come Pato era assente contro la Juve, l'ha diretta senza sbavature, Thiago Silva è persino salito in attacco per realizzare il 2-0 in mischia. Tutto troppo semplice, forse per invogliare Ibrahimovic a sorridere nonostante la rinuncia a qualche milione.
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