«La risposta è sì - ci dice l'autrice -. Sì perché, anche se indietro non si torna e i sacrifici fatti ormai sono fatti, io ho scelto di lottare, di non mollare e di vivere intesamente . E comunque il mio è un percorso comune a quello di qualunque lavoratore, ballerino e non». Talento precoce, Mariafrancesca - nota nel mondo virtuale della rete come marygarret - ha indossato le sue prime scarpette da ballo già a tre anni. E da lì non s'è più fermata: entra a sedici anni nella scuola di danza scaligera, si diploma a diciotto col massimo dei voti e il riconoscimento di Miglior allievo dell'anno e inizia così la sua carriera in un mondo che, scopre presto a sue spese, non è esattamente il tempio della pura dedizione all'arte che lei sognava.
«Quando si vedono le ballerine in scena - scrive -, tutte uguali, tutte perfettamente pettinate e ben vestite, eteree nei loro tutù, nessuno immagina che dietro possano esserci storie di corruzione, di minacce e di compromessi, per mantenere il proprio posto sul palco». Una vita molto dura, insomma, fatta di ferrea disciplina e di fatiche estenuanti (anche in estate, altrimenti il ritorno all'attività è devastante!) in un ambiente dove invidie, rivalità e ingiustizie sono all'ordine del giorno. «La danza non è per tutti» dicono i professionisti del mestiere: verità sacrosanta, sottoscrive la Garritano. «Eppure non consiglierei a una ragazza di lasciar perdere - continua Mariafrancesca -. Del resto tutte le persone sono già di per sé molto critiche verso se stesse, per cui ciascuno si rende conto da solo dei propri limiti, col tempo».
Come sopravvivere, dunque? C'è chi si adegua come un camaleonte, dice la Garritano, ma anche chi non riesce a riprendersi dallo sconforto di «constatare che non tutti hanno ciò che si meritano». Ed ecco allora, in nome della «verità che rende liberi», l'idea di marygarret di scrivere un libro che racconti le serate solitarie di chi un'ora prima era illuminato dai riflettori del palcoscenico e magari, da solo in una stanza d'albergo, si sta chiedendo se è questa la vita che davvero voleva e che doveva renderlo felice. E più si accresce il suo disagio psicologico, più il ballerino è in difficoltà perché «solo una mente serena - argomenta marygarret - e un cervello sgombro possono dargli la lucidità che occorre» sul palcoscenico.
Se è vero, come ci dice l'autrice, che l'ambiente di lavoro non è una passeggiata per nessuno, un ballerino - e soprattutto una ballerina - sacrifica molto della propria vita privata, a volte rinunciando anche alla maternità, come racconta Mariafrancesca nel libro, per inseguire il sogno di un'eterna giovinezza professionale. «A me non capiterà - ci dice l'autrice -: anche se in questo momento non penso al mio futuro, ma focalizzo le mie energie sul presente, ho sempre ben presente che quello della ballerina è un mestiere che voglio fare mentre sto vivendo. Prima o poi dovrò fare delle scelte, è chiaro: allora sicuramente farò prevalere la Mary donna sulla Mary ballerina».
Il mondo della danza si è ormai impoverito - spiega la ballerina scaligera-, è sempre più marginale in assoluto e anche rispetto ai fondi destinati all'opera, mancano stimoli e autentici maestri, manca addirittura la dotazione necessaria di scarpette da ballo, mentre il ballo viene rappresentato come una «favoletta» dalla televisione che se ne appropria con i suoi talent show. E in questi reality ci sono insegnanti (l'allusione ad Alessandra Celentano è trasparente anche se non esplicita) che tartassano delle povere allieve con una serie di rimostranze e correzioni impossibili da recepire, fatte solo per dimostrarsi professionisti tosti a cui non sfugge nulla, non certo per aiutare l'allievo a migliorare.
«Passano messaggi sbagliati - ci dice ancora marygarret -. anche se è vero che i ragazzi stessi, una volta che fanno la fila per entrare in una scuola televisiva invece che in una scuola di teatro seria, non possono lamentarsi più di tanto di quel che trovano». Il risultato di questa cattiva educazione è che a una ballerina con anni di esperienza può accadere che i parenti, in spiaggia, le chiedano se «ha il collo del piede». Del resto, rivela la Garritano, questo particolare anatomico ossessiona davvero i ballerini, che tentano in ogni modo di arcuare di più i propri piedi o arrivano a nasconderli negli scaldamuscoli se ritengono di avere motivi per vergognarsene. «Devi avere i piedi che parlano!» si intima nell'ambiente. Il punto è capire cos'hanno da dire. E ascoltarli, magari.
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