martedì 30 novembre 2010

Wikileaks/Il filosofo della scienza Stefano Moriggi: "Rivoluzione della democrazia"

"Il caso Wikileaks ci ha posti di fronte a un bivio: possiamo scegliere se continuare in maniera cieca e ottusa a far finta che internet non esista e credere che le categorie di pubblico e privato (o segreto) siano le stesse da secoli oppure cogliere la sfida che la tecnologia ci sta ponendo, una bellissima sfida, in cui ci viene chiesto di ripensare queste e altre categorie e ripartire dalle sue logiche". Nel giorno in cui la diplomazia internazionale è scossa dall'organizzazione internazionale che riceve in modo anonimo documenti coperti da segreto e poi li mette in Rete sul proprio sito web, lo storico e filosofo della scienza Stefano Moriggi ha spiegato come cambiano i sistemi di comunicazione nell'era del web. Si occupa di teorie e modelli della razionalità con particolare attenzione al pragmatismo americano e alla filosofia della tecnologia ed è autore con Gianluca Nicoletti del libro "Perché la tecnologia ci rende umani. La carne nelle sue riscritture sintetiche e digitali" (Sironi, 2009). E' anche protagonista come responsabile scientifico della trasmissione del sabato sera di Raitre "E se domani" condotta da Alex Zanardi.

Che cosa ci suggerisce il caso Wikileaks sull'evoluzione della comunicazione in chiave tecnologica?
"Il fatto che esista uno strumento, la Rete, che rende pubblici e dunque accessibili a tutti contenuti segreti inerenti alle alte sfere della politica ci fa capire che proprio in questi anni, nell'era del web, viene riscritta la grammatica della comunicazione e delle relazioni diplomatiche e non. Fino a qualche tempo fa, per esempio, era considerato pubblico chi compariva sui giornali o in televisione; oggi, in qualche modo, lo è anche chi ha un profilo su Facebook. Questo é di fondamentale importanza. E' in atto, ormai da tempo, una mutazione culturale non solo nell'ambito della diplomazia ma anche in quello della società civile. Il che obbliga tutti, anche il legislatore, a prendere atto del fatto che certe categorie sono in rapida evoluzione"

La definirebbe l'era della trasparenza totale dove non esistono più santuari inviolabili?
"I santuari inviolabili saranno sempre meno. Lo strumento con cui abbiamo a che fare è potentissimo e per ora regolamentato da una legislazione che quando non è inutilmente censoria è anacronistica. Non c'è dubbio che la Rete stia demolendo il modo di fare politica tradizionale, oltre che i rapporti privati così come li abbiamo sempre intesi. Al di là di polemiche contingenti, sarà sempre meno possibile essere politici pensando di avere una sfera individuale inviolabile, appunto, come un santuario, e di cui non render conto al pubblico".

Insomma si può dire che il privato con internet non esiste più?
"Direi piuttosto che non esiste più nel suo significato tradizionale. E non è cosa banale perché accettare questo cambiamento significa ristrutturare tutto il nostro modo di pensare i rapporti umani, oltre che quelli politici e diplomatici"

E' l'apoteosi della comunicazione democratica, come sostengono i giovani gruppi del web pride?
"Attenzione all'utilizzo della parola democrazia. La libertà che contraddistingue la Rete, grazie alla quale l'informazione e la conoscenza possono circolare sempre più, e diventare patrimonio pubblico, oltre che occasione di partecipazione alla creazione di contenuti e alla condivisione di idee e ideali, è certamente qualcosa di positivo che incrementa il senso e la pratica di una libertà che può far solo bene allo sviluppo di una cittadinanza più attiva e consapevole. Tuttavia, nessuno strumento è buono in sè... Quindi, se per democrazia s'intende la possibilità di accedere al sapere, certo, la Rete rappresenta un'evoluzione auspicabile del modo di vivere in democrazia. Ma se, come qualcuno teorizza, si profetizza un mondo di pace e uguaglianza garantito dalla rete - una sorta di democrazia ripensata dal basso grazie alla tecnologia - allora mi sento di mettere in guardia. La Rete non garantisce nulla. Offre una grande opportunità, che però non mette al riparo da nessuna deriva anti-democratica. Anzi, alza la posta in gioco. Come è sempre accaduto, la tecnologia modifica gli spazi e i tempi delle relazioni, dei modi di viver e abitare il mondo. A noi il compito di accettare la sfida di gestire e accompagnare questi cambiamenti che scandiscono il nostro modo di essere individui e cittadini. E' una sfida sommamente politica!"

Che cosa dobbiamo aspettarci come scenario post Wikileaks?
"La diplomazia è come la buona educazione... senza una certa dose di ipocrisia non funziona. Sia quando è troppa sia quando è troppo poca, la maggior parte dei rapporti (personali e politici) è a rischio. Anche per questo non  credo che la Rete abolirà l'ipocrisia, a nessun livello delle relazioni interpersonali. Nasceranno più probabilmente nuove ipocrisie, tecnologicamente evolute che riscriveranno il galateo della vita di tutti i giorni e dei protocolli diplomatici. Al di là di urgenze del momento, pensare di arginare queste trasformazioni alzando la cornetta del telefono per "metterci una pezza" ,come ha dovuto fare Hillary Clinton, è patetico. Un'ipocrisia ormai fuori moda..."

Virginia Perini in Affaritaliani.it

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