l'assoluzione degli imputati per la strage di piazza della Loggia a Brescia.
Obiettivo: aprire i cassetti della nostra intelligence e impedire l'estensione
del segreto di Stato
ROMA - La raccolta di firme su Repubblica.it a sostegno dei promotori
dell'appello "Aprite gli archivi" tocca quota 50mila. L'obiettivo è la
rimozione del segreto da 108 archivi dei servizi segreti e dire no alle
conclusioni della commissione Granata, che punta a estendere oltre i 30 anni il
segreto di Stato. Estensione su cui si è espresso in senso contrario il
Copasir. La commissione è "per la piena attuazione della legge sui servizi - ha
spiegato il presidente D'Alema ai promotori dell'appello -, che significa non
solo il rispetto rigoroso della caduta del segreto di Stato dopo 30 anni e la
declassifica dei documenti, ma anche creare le condizioni per la
riorganizzazione degli archivi per fare in modo che dopo 40 anni i documenti
siano versati nell'archivio centrale di Stato e resi disponibili agli storici
ed ai cittadini". Ora bisogna smuovere il governo, perché senza i decreti
attuativi della legge, quegli archivi non possono essere aperti.
La scossa è giunta dopo l'ennesima assoluzione, quella di tutti gli imputati
per la strage di piazza della Loggia a Brescia. Sul segreto di Stato Felice
Casson, ex pm a Venezia, titolare dell'inchiesta sul Gladio e la strage di
Peteano, oggi parlamentare Pd, spiega come "la
volontà del legislatore era quella di limitarlo a 15 anni, con possibilità di
prorogarlo al massimo per altri 15. L'incarico della presidenza del Consiglio
alla Commissione presieduta da Renato Granata, affinché valutasse come
procedere riguardo ai decreti attuativi, è un'interferenza pesantissima del
governo sul Parlamento. La legge è chiara e invece si cerca di
reinterpretarla".
Incontrando il Copasir lo scorso 1 dicembre, i promotori dell'appello hanno
raccolto il sostegno dell'organismo e un po' di cifre da D'Alema. In Italia
sono 108 i depositi di documenti presenti nelle sedi dei servizi. Dopo una
selezione, quelle carte dovrebbero finire al Dipartimento informazioni e
sicurezza, chiamato a riorganizzarle. Ecco un altro punto che ai promotori
dell'appello sta a cuore: avere certezze su chi metterà le mani su carte e
documenti, su chi e come li classificherà e chi deciderà cosa distruggere. "Non
possono essere gli uomini dei servizi a decidere cosa scartare, ma un'autorità
terza" dice Bolognesi.
con repubblica.it
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