interrogatori il fermo
Massimo riserbo su un secondo fermo. Decisiva per le indagini una
intercettazione telefonica
"Yara sarebbe stata uccisa" Tunisino accusato di omicidio
BERGAMO - Sono a una svolta le indagini su Yara Gambirasio, la ragazzina
tredicenne scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre scorso senza lasciare
tracce. Il tunisino bloccato nella notte su un traghetto è in stato di fermo
con l'accusa di omicidio. Secondo gli inquirenti , l'uomo avrebbe sequestrato e
ucciso la ragazza occultando poi il suo cadavere. Sono già partite le ricerche
del corpo di Yara. Smentito il fermo di un secondo uomo, un italiano. Gli
investigatori hanno lavorato tutta la notte a Bergamo, dove è stato trasferito
il nordafricano al Comando provinciale dei carabinieri, presidiato fino
all'alba da fotografi e giornalisti, senza che nulla trapelasse, soprattutto
sul suo ruolo nel sequestro della ragazzina, scomparsa il 26 novembre. I
carabinieri mantengono il più assoluto riserbo ma filtra la notizia che il
tunisino sia interrogato dal pm che segue l'indagine, Letizia Ruggeri della
procura della repubblica di Bergamo.
Il tunisino sarebbe un muratore al lavoro nei cantieri del bergamasco e in
particolare avrebbe lavorato a Mapelloi nel cantiere del centro commerciale
dove i cani avevano portato gli inquirenti sulle tracce di Yara. L'uomo era
tenuto d'occhio dagli investigatori dall'inizio della vicenda subito dopo la
scomparsa della ragazzina.
"Che Allah mi perdoni, ma non l'ho uccisa io". Secondo indiscrezioni, sarebbe
stata questa frase, intercettata al telefono, a convincere i Carabinieri che
investigavano sulla scomparsa di Yara Gambirasio della responsabilità del
magrebino sottoposto a fermo per sequestro di persona, omicidio e ora anche
occultamento di cadavere. Pare che i sospetti fossero indirizzati nei suoi
confronti quando l'uomo si è assentato dal lavoro nei giorni successivi alla
scomparsa di Yara. L'uomo lavorava proprio nel cantiere del centro commerciale
di Mapello dove i cani avevano più volte condotto gli investigatori.
Accertamenti sono tuttora in corso sull'eventuale presenza di complici.
Intanto, anche oggi proseguono le ricerche di Yara, che si sono spinte fino al
fiume Adda. Stamattina al quartier generale, nelle ex colonie elioterapiche
lungo il fiume Brembo, si sono presentati circa 300 nuovi volontari. Persone
che lavorano dal lunedì al venerdì e hanno deciso di mettersi a disposizione
nel weekend per dare una mano alla battuta oggi e domani. Continuano anche ad
essere ascoltati tutti quelli che potrebbero conoscere qualche particolare
utile alle indagini. "Non ci fermeremo neppure un istante, il mio primo
pensiero è ritrovarla", ripete il pm Letizia Ruggeri.
Con le vicende delle ultime ore, assume inoltre nuovi contorni la
testimonianza di Enrico Tironi, vicino di casa di Yara, a cui gli inquirenti
sembravano non aver creduto. Subito dopo la scomparsa di Yara, il giovane
aveva raccontato di aver visto la ragazza all'ora presunta del sequestro, nei
pressi della sua abitazione, in compagnia di due uomini. Tironi era stato molto
dettagliato, descrivendo l'abbigliamento di Yara e i due uomini, che a lui
erano sembrati due adulti. Poco distante, aveva aggiunto Tironi, era
parcheggiata una Citroen rossa ammaccata. Ma gli inquirenti avevano ritenuto
infondata, almeno in apparenza, questa testimonianza al punto che nei confronti
del giovane era scattata la denuncia per procurato allarme e falso ideologico.
Tironi era stato sentito un'altra volta anche dal pm e, a quanto si era appreso
nei giorni del suo interrogatorio, avrebbe ritrattato la sua testimonianza.
con repubblica.it
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