PADOVA — «Un amico disinteressato e sincero non può pagare penalmente un atto di puro amore». Fa sentire la sua voce dalla Nuova Zelanda «la sorella malata» in attesa di trapianto del midollo. Nonostante le condizioni precarie e la stanchezza dovuta a malattia e terapie, la donna ci tiene ad esprimersi sul dramma che sta vivendo. In una lunga mail al Corriere del Veneto chiarisce i contorni della tragica vicenda che vede contrapposte due sorelle padovane. Una di loro, insegnante, che vive a Padova, si rifiuta di donare il midollo osseo per salvare l'altra, che da molti anni si è trasferita a Auckland, da una grave forma di leucemia. Uno striscione con la scritta «Luisa F. ucciderà sua sorella se non dona il midollo», apparso qualche giorno fa sulla piazza del quartiere di Salboro, ha trasformato in un caso pubblico una vicenda totalmente privata. Con gli amici della donna ammalata che le hanno tentate tutte per smuovere la sorella dal rifiuto, ma senza risultato.
E un appello era stato affidato anche a Facebook: «Salvate Paola F.». Ma c'è anche chi difende il diritto alla libera scelta. Corrado Viafora della Commissione Bioetica dell'Ateneo di Padova, aveva precisato: «La decisione e la disponibilità devono essere del tutto personali e non vanno mai forzate». Adesso, a esprimersi, è la vera protagonista di questa dolorosa storia: Paola, medico anestesista che vive in Nuova Zelanda. Difende gli autori dello striscione apparso a Salboro, perseguiti dalla polizia con l'ipotesi di reato di diffamazione e danneggiamento. «L'atteggiamento di chiusura di mia sorella ha spinto una persona che mi vuole bene a compiere un atto estremo come quello di imbrattare un muro pubblico - dice Paola - con un'accusa che non sarà mai diffamazione o calunnia, ma è solo un grido di dolore per l'impotenza e la frustrazione causate dall'ignoranza e dalla paura».
E spiega: «Mia sorella ha accettato volontariamente di sottoporsi al test di compatibilità, poi mi ha informato (nemmeno direttamente) di non essere disponibile alla donazione. A questo punto è iniziato il mio dramma. Sono medico, non mi sognerei mai di fare correre rischi a mia sorella. Il problema è la sua ignoranza, nel senso di non conoscenza. Pensate cosa significa per me sapere che mia sorella non se la sente di donarmi il midollo per farmi vivere. Ma rispetto la sua decisione». Nei giorni scorsi anche Giampietro Rupolo, direttore dell'Azienda Ospedaliera di Padova ed ex responsabile del Centro regionale trapianti, aveva fatto notare che il trapianto di midollo non comporta rischi: «E' fatto in anestesia locale e in day surgery, il prelievo viene preso dalla cresta iliaca del fianco». E aveva aggiunto: «Il rifiuto spesso deriva da paure e timori infondati». Conclude Paola, che in Nuova Zelanda combatte per vivere, in attesa del trapianto: «C'è disinformazione sulle donazioni, bisognerebbe fare sapere che un semplice atto d'amore può regalare la vita a un essere umano».
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