domenica 19 dicembre 2010

IL CASO Yara conosceva il suo sequestratore Il pm: "Parlate e aiutateci a trovarla"

Un testimone racconta di aver visto la ragazza alle 18.42 fuori dalla palestra:
tutto è avvenuto
in 12 minuti. L'appello del sostituto procuratore Ruggeri: "E' in gioco la
vita di una tredicenne"

BREMBATE DI SOPRA - Una nuova testimonianza aggiunge un ulteriore elemento nel
giallo della scomparsa di Yara Gambirasio. E' quella del padre di una ragazza
che frequenta la stessa palestra a Brembate di Sopra in cui la tredicenne si
esercitava nella ginnastica ritmica. L'uomo, in un'intervista diffusa dalla
trasmissione di Rete4 Quarto grado, dice di aver visto la piccola uscire dal
centro sportivo alle 18,42 del 26 novembre. La testimonianza è ritenuta
attendibile dagli investigatori e permette agli investigatori di ridurre
l'orario in cui il cellulare della ragazza sarebbe rimasto acceso: non più
mezz'ora, come si riteneva inizialmente, ma meno di un quarto d'ora, visto che
l'ultimo segnale del telefonino è stato registrato alle 18,56.

E' il tempo sufficiente per incamminarsi verso casa, dove la ragazza doveva
effettivamente andare, come conferma anche l'analisi tecnica delle celle
agganciate dal suo telefono: l'ultima è quella di via Ruggeri, all'interno
della quale ricade anche l'abitazione della famiglia Gambirasio. Secondo le
ultime ricostruzioni, quando l'amica Martina le invia il primo messaggio per
chiederle se la domenica successiva sarebbe andata alla gara, Yara non ha il
cellulare con sé: lo ha lasciato nel giubbotto che aveva messo da parte per
fare stretching con le amiche. Quando esce dal centro sportivo, si accorge
dell'sms e risponde: "Dobbiamo essere lì alle otto". Sono le 18,44. Dodici
minuti dopo, il cellulare si spegne. E' in quei dodici minuti che la ragazza
svanisce nel nulla.

Sembra affievolirsi, così, l'ipotesi che la ragazza si sia diretta verso
Mapello, il comune a tre chilometri di distanza da Brembate dove ha sede il
cantiere del centro commerciale sul quale si erano concentrate le indagini nei
giorni scorsi. A questo punto, l'ipotesi che a rapire Yara siano stati degli
sconosciuti deve fare i conti con il fatto che nessuno, in quelle vie non così
deserte a quell'ora della sera, ha sentito la ragazza gridare. A meno di voler
considerare un'azione fulminea da parte dei sequestratori, si deve pensare
all'incontro con una persona conosciuta che può averle offerto, magari, un
passaggio in macchina. Anche per questo si valuta con attenzione la pista che
porta al giro delle amicizie della ragazza e della sorella maggiore o di
qualche altro familiare. E si spera che ai genitori di Yara non siano sfuggiti
particolari o notizie anche insignificanti sulla vita privata della loro figlia
che possano dare indicazioni in questo senso.

Ma su questo punto - così come su tutte le altre ipotesi investigative,
compresa quella dell'errore di persona - gli investigatori mantengono il
riserbo più assoluto. I carabinieri del Ros e del nucleo informativo di Bergamo
e gli uomini della squadra mobile stanno valutando tutte le segnalazioni, quasi
sempre anonime, che arrivano in questi giorni. L'ultima, molto dettagliata,
indicava un deposito materiale ferroso a Levate, un altro comune della
Bergamasca, come luogo in cui cercare. Ma è stato un sopralluogo inutile, così
come lo sono state le ricerche lungo il fiume Brembo a Brembate, alle quali ha
partecipato personalmente il comandante della compagnia di Bergamo, il maggiore
Giuseppe Adinolfi.

Letizia Ruggeri, il sostituto procuratore che si occupa del caso, lancia un
appello affinché chiunque abbia particolari da riferire lo faccia: "Anche un
brandello di ricordo può essere utile. Chi ha remore a parlare o non lo fa solo
per pigrizia, superi le resistenze. Il rispetto della privacy altrui è
sacrosanto, ma qui è in gioco la vita di una ragazzina: prevalga il senso
civico".

con repubblica.it

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