riconosce
«Nostro figlio di tre anni senza identità»
Nato e adottato in Italia, ma per lo Stato è straniero
Pubblichiamo una lettera inviata al «Corriere della Sera» da Ricardo Sousa e
Carla Costa, due coniugi portoghesi che da più di 10 anni vivono in Italia. Lo
scorso febbraio hanno adottato un bambino di tre anni con la procedura
d'adozione del nostro Paese. Il piccolo è di origine africana ma è nato in
Italia. Essendo figlio di due portoghesi, non gli viene concesso un documento
d'identità senza il quale non può andare con i genitori fuori dai nostri
confini. Secondo la loro lettera potrebbe essere considerato un clandestino o,
peggio, loro potrebbero essere accusati di rapimento. Così, Ricardo e Carla
chiedono, attraverso il «Corriere», che venga colmato questo «buco
legislativo».
Caro direttore,
ci rivolgiamo al Corriere per portare alla luce un «buco» nella legge italiana
che merita di essere affrontato: è quello che non consente al nostro bimbo
adottivo di 3 anni di avere una regolare carta d'identità con tutti i problemi
che ne derivano.
Siamo una giovane coppia di origini portoghesi e viviamo in Italia da più di
10 anni. Abbiamo concluso con successo lo scorso 23 febbraio una procedura di
adozione nazionale (italiana), durata 18 mesi, di un bambino di origine
africana, nato in Italia: il nostro bimbo è stato riconosciuto dalla madre alla
nascita ma, subito dopo, dato in adozione allo Stato italiano. Durante la
procedura di adozione, e secondo la legislazione italiana, non si può uscire
dai confini di Stato - cosa che non abbiamo mai fatto -; solo alla fine di
tutto il percorso si ha la possibilità di avere il documento d'identità del
bambino.
Nel nostro caso invece lo Stato italiano non ha riconosciuto nostro figlio
come un cittadino italiano perché noi siamo una coppia di portoghesi e quindi
non ci ha rilasciato il suo documento. Però - ironia della sorte - visto che il
piccolo è nostro figlio legittimo, è registrato nel Comune dove abitiamo e
risulta nel nostro stato di famiglia. Un bambino locale ma non globale, quindi.
Ci sembra una cosa assurda ma il problema per noi è ancora più grande perché
non possiamo uscire dall'Italia tutti insieme per andare in Portogallo a
trovare la nostra famiglia perché nostro figlio alle frontiere sarebbe
considerato come un clandestino, o meglio potremmo averlo rubato.
Ci siamo mossi ovviamente in questi lunghi mesi e su molti fronti. Abbiamo
parlato con il Presidente del Tribunale dei Minori che ci ha consigliato di
scrivere ai Comuni coinvolti per chiedere il documento d'identificazione per il
nostro bambino. Abbiamo quindi scritto al nostro Comune di residenza e a quello
dove nostro figlio è nato ed entrambi hanno negato la possibilità di dargli il
documento d'identità. In questo momento abbiamo in corso in Portogallo il
riconoscimento della sentenza di adozione italiana per vedere se riusciamo ad
ottenere un documento per il piccolo e fargli finalmente avere una nazionalità.
Caro Direttore, ci aiuti a capire attraverso le pagine del suo giornale perché
nostro figlio seppur nato in Italia e adottato regolarmente non possa venire
tutelato con un documento di identificazione anche provvisorio; pensiamo che se
lui è stato accolto dallo Stato italiano alla nascita e ha fatto parte di
un'adozione nazionale italiana avrebbe dovuto, come minimo, avere il diritto
alla cittadinanza italiana.
Noi pensiamo che ci sia un buco nella legge italiana e ci auguriamo che altre
coppie non debbano seguire l'iter faticoso e doloroso che stiamo seguendo noi.
Siamo o no tutti cittadini comunitari? Le leggi dovrebbero essere quindi più
semplici e al servizio dei cittadini e delle famiglie che, come nel nostro
caso, vorrebbero far conoscere al proprio figlio la nostra famiglia di origine
e la nostra terra. Pensiamo che lui ne abbia diritto.
con corriere.it
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