venerdì 30 aprile 2010

[ZI100430] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 30 aprile 2010

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Benedetto XVI chiede un "approccio etico integrale alla vita economica"
Riceve i partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- L'attività economica deve basarsi su un "esercizio di responsabilità umana" e deve essere affrontata con un "approccio etico integrale", ha dichiarato Benedetto XVI questo venerdì mattina ai partecipanti alla XVI Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

La Plenaria, sul tema "Crisis in a Global Economy. Re-planning the Journey", è in svolgimento da questo venerdì al 4 maggio nella Casina Pio IV, all'interno della Città del Vaticano.

La crisi finanziaria mondiale, ha riconosciuto il Papa, "ha dimostrato la fragilità dell'attuale sistema economico e delle istituzioni a esso collegate", mostrando inoltre "l'erroneità dell'idea secondo la quale il mercato sarebbe in grado di autoregolarsi, indipendentemente dall'intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali interiorizzati".

Quest'idea, ha spiegato, "si basa sulla nozione impoverita della vita economica come una sorta di meccanismo che si autocalibra guidato dal proprio interesse e dalla ricerca del profitto", e "trascura la natura essenzialmente etica dell'economia come attività di e per gli esseri umani".

"Piuttosto che una spirale di produzione e consumo in vista di necessità umane definite in modo molto limitato, la vita economica dovrebbe essere considerata in maniera adeguata come un esercizio di responsabilità umana, intrinsecamente orientato alla promozione della dignità della persona, alla ricerca del bene comune e allo sviluppo integrale, politico, culturale e spirituale, di individui, famiglie e società", ha dichiarato.

Il ruolo della Chiesa

Come ha ricordato nella sua Enciclica sociale Caritas in Veritate, per Benedetto XVI la crisi obbliga "a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno" (n. 21).

"Riprogettare il cammino significa anche guardare ai criteri generali e obiettivi con cui giudicare le strutture, le istituzioni e le decisioni concrete che guidano e orientano la vita economica", ha detto ai partecipanti alla Plenaria dell'Accademia.

La Chiesa, ha aggiunto, "afferma l'esistenza di una legge naturale universale che è la fonte definitiva di questi criteri", ma "è anche convinta del fatto che i principi di questo ordine etico, iscritti nella creazione stessa, sono accessibili alla ragione umana e, in quanto tali, devono essere adottati come base per scelte concrete".

"Come parte della grande eredità della saggezza umana, la legge morale naturale, che la Chiesa ha assunto, purificato e sviluppato alla luce della Rivelazione cristiana, è un faro che guida gli sforzi di individui e comunità nel cercare il bene ed evitare il male, mentre si impegnano per l'edificazione di una società autenticamente giusta e umana".

Bene comune

Fra i "principi indispensabili" che plasmano l'"approccio etico integrale alla vita economica", ha proseguito Benedetto XVI, deve essere presente "la promozione del bene comune, basata sul rispetto per la dignità della persona umana e riconosciuta come scopo primario dei sistemi di produzione e di commercio, delle istituzioni politiche e del benessere sociale".

Il bene comune, ha sottolineato, "implica la responsabilità per le generazioni future".

Per questo motivo, "la solidarietà intergenerazionale deve essere riconosciuta come criterio fondamentale per giudicare qualsiasi sistema sociale".

Per il Papa, "queste realtà evidenziano l'urgenza di rafforzare le procedure di governo dell'economia globale, sempre con il dovuto rispetto per il principio di sussidiarietà".

Tutte le decisioni e le politiche economiche, ad ogni modo, "devono essere orientate alla carità nella verità, perché la verità preserva e incanala la forza liberatrice della carità nelle strutture e negli eventi umani sempre contingenti".

Come ricorda la Caritas in veritate, infatti, "senza la verità, senza fiducia e senza amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società" (n. 5).

In questo panorama, il Pontefice ha concluso il suo intervento auspicando che la Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali contribuisca "a un discernimento più profondo delle gravi sfide sociali ed economiche del nostro mondo" e "a indicare la strada per affrontare tali sfide con spirito di saggezza, giustizia e umanità autentica".

Nel suo saluto al Papa, il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Mary Ann Glendon, ha affermato che nei giorni della Plenaria si cercherà “innanzitutto di acquisire un'immagine chiara della natura e delle cause della crisi attuale” e di “stabilire il suo impatto sulle popolazioni e sulle comunità nel mondo, prestando particolare attenzione a quanti erano i meno favoriti anche prima dei recenti sconvolgimenti”.

“Analizzeremo il problema di come promuovere le condizioni di fiducia e le reciproche responsabilità che il mercato esige anche per svolgere le sue specifiche funzioni economiche”, ha aggiunto, come riporta “L'Osservatore Romano”.

Visto che “un fattore della attuale crisi è stato la tendenza a rimuovere valori e moralità dai dibattiti economici”, la crisi “è un'occasione per analizzare lo stato delle scienze sociali”.

“Fin troppi economisti, giuristi, sociologi e scienziati politici hanno accettato ipotesi false sulla natura umana, hanno promosso atteggiamenti relativistici verso la moralità e la verità”, ha lamentanto, spiegando che questi atteggiamenti “non solo hanno impoverito ognuna delle nostre discipline, ma hanno anche avuto gravi conseguenze pratiche perché hanno influenzato la mentalità di politici e plasmato i loro approcci ai programmi commerciali, governativi e anche filantropici”.

Le decisioni della Plenaria, quindi, terranno conto delle indicazioni del Papa sul fatto che “le valutazioni morali e la ricerca scientifica devono crescere insieme e che la carità deve animarle in un tutto armonico interdisciplinare”.

 

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Benedetto XVI: "sento l'affetto del popolo italiano"
Al termine del concerto in suo onore nel quinto anniversario del pontificato

ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Un “atto premuroso”, “segno dell’affetto del popolo italiano”. Con queste parole Benedetto XVI ha ringraziato per il concerto offerto in suo onore dal presidente Giorgio Napolitano, giovedì pomeriggio nell'Aula Paolo VI, in Vaticano, nel quinto anniversario del pontificato.

Il concerto è stato eseguito dall'Orchestra Giovanile Italiana diretta dal maestro Nicola Paszkowski, che ha eseguito brani di Giovanni Battista Sammartini, Wolfgang Amadeus Mozart e Ludwig van Beethoven.

“Nell’odierno contesto sociale – ha osservato il Papa nel suo discorso – ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e problematica: spesso tra genitori ed insegnanti si parla delle difficoltà che s’incontrano nel trasmettere alle nuove generazioni i valori basilari dell’esistenza e di un retto comportamento. Tale situazione problematica coinvolge sia la scuola sia la famiglia, come pure le varie agenzie che operano nel campo formativo”.

Le nuove generazioni, ha aggiunto il Papa, “sentono l'esigenza di accostarsi ai valori autentici quali la centralità della persona, la dignità umana, la pace e la giustizia, la tolleranza e la solidarietà. Ricercano anche, in modi a volte confusi e contraddittori, la spiritualità e la trascendenza, per trovare equilibrio e armonia”.
 
Ed è qui, ha sottolineato, che entra in ballo la musica, “capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito” e di condurre “le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio”.

“La festosità del canto e della musica – ha continuato – sono altresì un costante invito per i credenti e per gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per dare all’umanità un avvenire ricco di speranza”.
 
All'inizio del concerto il presidente Napolitano aveva rivolto un breve indirizzo di saluto al Papa, riconoscendo le comuni preoccupazioni “per il progresso della nostra nazione” e per “i problemi di un mondo che cambia attraverso profondi travagli e crisi irrisolte”.

Ancora prima, il presidente della Repubblica e il Papa avevano avuto un colloquio di venti minuti nello studio dell'Aula Paolo VI, durante il quale, secondo quanto riferito dal portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, sono stati trattati anche temi di attualità internazionale, in particolare la situazione in Medio Oriente.

E di queste tematiche è tornato a parlare il presidente Napolitano nel suo saluto al Papa quando ha fatto riferimetno “alla crisi che ancora affligge il Medio Oriente in assenza di un efficace processo di pace”.

“Crediamo – ha aggiunto – che anche a questo cruciale sforzo non possa mancare l'apporto di quell'Europa solidale che un grande umanista, Enea Silvio Piccolomini, e illuminato Pontefice, Pio II, seppe prefigurare nell'opera che in questo stesso lieto giorno appare ridata alle stampe in versione italiana”.

Napolitano ha quindi offerto in dono al Papa un'edizione anastatica con traduzione italiana dell'opera “De Europa” scritta nel 1453 dal futuro Pio II.

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Card. Levada: la bellezza della creazione per una nuova apologetica
Intervenendo a un Convegno all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma
ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sottolinea la necessità di una nuova apologetica che includa un approccio alla creazione, all'opera caritativa e al dialogo interreligioso.

Il Cardinale William Levada lo ha affermato questo giovedì in un intervento durante la conferenza sul tema "Una Nuova Apologetica per un Nuovo Millennio", in svolgimento fino a questo venerdì presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma.

Nel suo discorso, su "L'urgenza di una nuova apologetica per la Chiesa nel 21° secolo", il porporato ha sottolineato che questo argomento "è intimamente legato alla chiamata a una nuova evangelizzazione, che il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II ha presentato alla Chiesa come compito principale della sua missione all'inizio del terzo millennio della cristianità".

"Il compito di oggi", ha affermato, "richiede una coerenza ancor maggiore tra fede e vita da parte di chi 'dà una spiegazione o una difesa' del suo credo e della sua speranza in Cristo".

"Una nuova apologetica per il nuovo millennio dovrebbe concentrarsi sulla bellezza della creazione di Dio", ha affermato.

"Perché questa apologetica sia credibile, dobbiamo porre più attenzione al mistero e alla bellezza dell'adorazione cattolica, di una visione sacramentale del mondo che ci porta a riconoscere e a valorizzare la bellezza della creazione come presagio dei cieli nuovi e della terra nuova".

Il Cardinal Levada ha aggiunto che "la testimonianza della nostra vita come credenti che mettono in pratica la fede lavorando per la giustizia e la carità come seguaci che imitano Gesù, nostro Maestro, è una dimensione importante della nostra credibilità come partner di dialogo in un momento di nuova apologetica".

Solidarietà

"La nostra solidarietà con i nostri concittadini, il cui senso di responsabilità può essere parziale ma reale - espresso in cause per l'ambiente, per i poveri, per la giustizia economica -, è importante", ha dichiarato.

Allo stesso tempo, "la nostra capacità di articolare la piena visione della verità, della giustizia e della carità è essenziale per assicurare che questa testimonianza e questa azione non siano solo una fase passeggera, ma possano dare un contributo durevole alla creazione di una civiltà dell'amore".

"Un dialogo sul significato e lo scopo della libertà umana è essenziale nella cultura odierna", ha aggiunto.

"Se la libertà è volta a rafforzare l'individualismo di una cultura egoista", "non realizzerà mai il potenziale offerto da Colui che ci ha creati a sua immagine e somiglianza come liberi di rispondere al grande dono dell'amore divino".

Il Cardinal Levada ha poi sottolineato la "necessità di perseguire il dialogo con la scienza e la tecnologia".

"Molti scienziati parlano della loro fede personale - ha osservato -, ma l'aspetto pubblico della scienza è risolutamente agnostico".

"E' un campo fertile e necessario per il dialogo".

Evoluzione e creazione

Per il Cardinal Levada, "il nuovo millennio offrirà sicuramente nuove opportunità di espandere questa dimensione chiave del dialogo tra fede e ragione", "e tra le domande che richiedono oggi più attenzione c'è quella sull'evoluzione in relazione alla dottrina della creazione".

Parlando del libro "Mere Christianity" ("Puro cristianesimo") di C.S. Lewis, ha sottolineato un altro "tema centrale per l'apologetica: l'aspirazione al bene, e i temi correlati di una legge morale naturale e della validità della ragione umana comune a tutta l'umanità".

"Per Lewis, come per l'apologetica di oggi, un sottotema importante era una giusta comprensione della sessualità umana".

Allo stesso modo, ha proseguito, "una nuova apologetica deve tener conto del contesto ecumenico e interreligioso di qualsiasi dialogo sulla fede religiosa in un mondo secolare".

"Le questioni di spirito e fede impegnano tutte le grandi tradizioni religiose e devono essere affrontate con un'apertura al dialogo interreligioso", ha osservato il Cardinal Levada.

"La nostra apologetica sarà solo rafforzata dalla testimonianza comune e insieme ai nostri confratelli cristiani sull'obiettivo della rivelazione di Dio in Cristo, per la nostra vita e per il mondo in cui viviamo".

Per il porporato, "la chiamata a una nuova apologetica per il 21° secolo non rappresenta una 'missione impossibile'".

"Dopotutto, dovrebbe essere possibile trovare la verità della mente e del cuore in un dialogo simile, in cui emerge ciò che i cristiani hanno imparato che costituisce la mente e la forza e il cuore e l'anima del Vangelo rivelato in Gesù: che Dio è amore, e che la nostra creazione a immagine e somiglianza rende tutta l'umanità capace di amare Dio al di sopra di tutte le cose e di amare il nostro prossimo come noi stessi".

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Monsignor Vegliò: "l'Europa non è solo moneta unica"
Esorta a valorizzare le radici cristiane del continente
di Roberta Sciamplicotti

MALAGA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Nell'omelia dell'Eucaristia che ha celebrato questo venerdì a Malaga (Spagna) durante l'VIII Congresso Europeo sulle Migrazioni, in svolgimento dal 27 aprile al 1° maggio, monsignor Antonio Maria Vegliò ha sottolineato la necessità di valorizzare le radici cristiane dell'Europa.

Il presule, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha ricordato che "la storia europea è stata costruita su radici cristiane, che dovrebbero essere valorizzate di più, anche per dare una corretta risposta all'interrogativo che continuamente sorge, soprattutto nell'ora presente, con l'intensificarsi di flussi migratori di minoranze etniche non cattoliche e non cristiane, che ci spingono a domandarci: quale società stiamo costruendo?".

"L'Europa non è solo e non dovrebbe essere moneta unica. Essa è chiamata a sottolineare la centralità dell'uomo, il cui valore la Chiesa ha sempre difeso".

Una delle conseguenze del processo di unità politica ed economica verso la quale l'Europa è avviata sarà "la maggiore circolazione in un mercato allargato, non solo di merci e beni, ma anche di persone", ha osservato.

Spezzare il nesso mentale immigrazione-criminalità

A questo proposito, ha accennato al "falso e pregiudiziale trinomio 'immigrazione-irregolarità-criminalità'", sottolineando che "c'è ancora molto lavoro da compiere nella coscienza della comunità internazionale per far comprendere che l'immigrato (anche quello irregolare) non si identifica con il criminale, anzi quasi sempre egli è vittima della criminalità".

"Irregolarità e criminalità non sono affatto sinonimi", ha dichiarato.

Pur riconoscendo che "quando la presenza irregolare si protrae nel tempo subentra il rischio che il migrante entri davvero nel circuito della criminalità", il presule ha osservato che la comunità cristiana "non può non interessarsi di queste persone che sono tra le più indifese".

"Il criterio del cristiano non è il 'politicamente corretto': egli deve essere disposto anche a pagare per la carità che opera".

La Chiesa al servizio dei migranti

Nell'ambito della mobilità umana, ha proseguito il presidente del dicastero vaticano, "la Chiesa in Europa non ha mai smesso di offrire la sua assistenza a tutti, rispettando in ciascuno l'inalienabile dignità della persona umana creata a immagine di Dio e redenta dal Sangue di Cristo".

"Da parte dei migranti, poi, la Chiesa continua a raccomandare che il primo passo verso la società che li accoglie non può che essere il rispetto della legislazione e dei valori su cui tale società si fonda, inclusi quelli religiosi".

Le comunità cristiane, dal canto loro, "sono chiamate a vivere la loro identità fino in fondo, senza rinunciare a dare la loro testimonianza, in vista anche di un franco annuncio della propria fede".

"Il costante aumento del movimento dei singoli e dei popoli, in Europa come nel resto del mondo, è un segno dei tempi, che la Chiesa deve interpretare e tenere in conto per promuovere fratellanza e solidarietà - ha commentato -. Il suo obiettivo è la costruzione di una 'società integrata'".

"Nuvole oscure"

Monsignor Vegliò ha quindi affermato che "l'ora presente, purtroppo, si è coperta di nuvole oscure, creando un clima di diffidenza e di sospetto, in seguito agli abusi commessi da alcuni sacerdoti e Vescovi".

"Da una parte senza esitazione condanniamo tali azioni - ha rimarcato -. La sofferenza delle vittime provoca in noi immenso dolore e a tutti vorremmo poter dire una parola di conforto. Offriamo la nostra comunione orante perché possano trovare in Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia, sostegno e speranza, per ottenere guarigione interiore e pace".

"Dall'altra parte, ribadiamo insieme al Papa che questa è la Chiesa di Cristo, peccatrice ma amata dal Signore. Esprimiamo, perciò, sentimenti di vicinanza, di affetto e di devozione al Papa. Soffriamo con lui e, insieme, eleviamo preghiere perché continui a guidare la Chiesa con fermezza e con sapiente coraggio".

"Apriamo il cuore alla misericordia per chi ha sbagliato e innalziamo una preghiera a Dio, perché i sacerdoti e tutti i discepoli del Signore, nella sua Chiesa, siano sempre autentici testimoni della bontà e dell'amore di Dio", ha esortato.

L'azione verso i migranti

Sottolineando che la liturgia del giorno ricordava la figura di Papa San Pio V (1504-1572), assai dedito "ai poveri, che ascoltava e confortava anche con aiuti economici", il presule ha poi affermato che l'esempio di questo Santo può essere utile agli operatori pastorali nella loro opera in favore dei migranti.

Riconoscendo che il fenomeno migratorio "è una frontiera significativa della nuova evangelizzazione nel mondo", ha esortato i partecipanti al Congresso "a proseguire il vostro lavoro con rinnovato zelo, mentre da parte mia e del Pontificio Consiglio vi seguiamo con attenzione e vi offriamo il nostro sostegno, perché lo Spirito Santo renda proficua ogni vostra iniziativa per il bene della Chiesa e del mondo".

"Vegli su di noi la Madonna, che ha vissuto la sua fede come peregrinazione nelle diverse circostanze della sua esistenza terrena - ha concluso -. Maria aiuti i migranti, uomini e donne, giovani e bambini a conoscere più intimamente Gesù Cristo e a ricevere da lui il dono della speranza, anche nelle situazioni di drammaticità che spesso devono affrontare".

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Benedetto XVI: "Il mondo penitenziario ha bisogno di speranza"
Il Papa plaude al progetto dell'Agenzia per il reinserimento di detenuti ed ex-detenuti
ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha espresso apprezzamento per un progetto che mira al reinserimento nel lavoro e alla promozione umana di detenuti, ex-detenuti e loro familiari. E' quanto si legge in un messaggio inviato ai responsabili del Rinnovamento nello Spirito (RnS) a firma del Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone. 

Si tratta dell'Agenzia Nazionale Reinserimento e Lavoro (ANReL), nata da una Convenzione-quadro tra il Ministero della Giustizia e la Fondazione Istituto di promozione umana “Mons. Francesco Di Vincenzo”.

La prima importante esperienza originata sulla scia di questa iniziativa è il Polo di eccellenza della promozione umana e della solidarietà “Mario e Luigi Sturzo”, situato alle porte di Caltagirone (Catania).

Attualmente il Polo accoglie dodici detenuti a cui se ne aggiungeranno presto altri trenta, tra cui tre immigrati extracomunitari provenienti da Rosarno (Reggio Calabria), impegnati in un programma di formazione umana, spirituale e professionale.

“Questo progetto - prosegue il messaggio a nome del Papa - è quanto mai prezioso nell’attuale momento di difficoltà del mondo penitenziario che tanto ha bisogno di speranza, e quindi del Vangelo”.

Le attività dell’ANReL e del Polo di Caltagirone sono state presentate il 29 aprile a Rimini nel corso della Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), il grande appuntamento di questo Movimento ecclesiale che riunisce fino a domenica circa 20mila persone.

“Il Polo di eccellenza Sturzo - ha spiegato Salvatore Martinez, presidente nazionale del RnS - rappresenta un originale prototipo operativo dedicato al mondo carcerario. Si tratta, in pratica, di un ‘sistema sociale’ in cui sono efficacemente interagenti le ‘quattro invarianti’ mediante le quali l’uomo nasce, cresce, matura, si relaziona, produce ricchezze materiali e spirituali: famiglia, chiesa, cultura, lavoro”.

L’ANReL è una vera e propria ‘agenzia di collocamento’, che opererà su tutto il territorio nazionale con la finalità di creare percorsi di umanizzazione e redenzione umana, di formazione professionale e di reinserimento lavorativo, attraverso un ‘tutoraggio personalizzato’ e operando come un ‘incubatore d’impresa’.

Il progetto è rivolto a detenuti con una pena residua inferiore ai 3 anni e ad ex-detenuti a rischio di recidiva e privi di tutela per il reinserimento sociale. Lo start-up del progetto prevede, oltre alla Sicilia, il coinvolgimento di altre 4 regioni: Lombardia, Veneto, Lazio e Campania.

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La visita del Papa alla Sindone, un evento di grazia
Card. Poletto: un'occasione per rilanciare la tradizione dei santi piemontesi

ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- “Se Dio mi darà salute e vita anch’io verrò”: con queste parole Benedetto XVI diede la sua approvazione all’Ostensione della Sindone del 2010, il 2 giugno del 2008 in occasione dell’udienza speciale riservata ai pellegrini della diocesi di Torino, a Roma, a conclusione dell’anno dedicato alla “Redditio fidei”.

Lo ha ricordato il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone, aprendo la conferenza stampa che si è tenuta giovedì mattina presso il Seminario metropolitano, per presentare il programma della visita del Papa il prossimo 2 maggio.

“La visita di Benedetto XVI – ha affermato il cardinale – rappresenta quindi il compimento di una promessa”. “Il Papa viene a Torino – ha proseguito l’arcivescovo – in visita pastorale, alla diocesi e alla città. Sarà un avvenimento eccezionale: non solo dal punto di vista dell’organizzazione, ma anche in quanto momento di ‘grazia’ per i fedeli e un’occasione importante per rilanciare la tradizione dei santi piemontesi, come San Leonardo Murialdo e san Giuseppe Benedetto Cottolengo”.

Quattro le tappe fondamentali della visita papale: alle 10 la solenne celebrazione eucaristica in piazza san Carlo seguita alle 12 dalla recita del Regina Caeli; alle 16.30 l’incontro con i giovani, sempre in piazza san Carlo; alle 17.30 la visita in Duomo per venerare la Sindone; alle 18.30 l’incontro con gli ammalati e gli ospiti del Cottolengo alla Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Alla Messa in piazza San Carlo – hanno informato gli organizzatori - allestita in modo da poter accogliere 25 mila persone, parteciperanno anche 600 autorità e 300 ammalati. Concelebreranno 30 Vescovi, di cui 8 cardinali e 700 tra preti e diaconi. Animeranno la liturgia 800 “Pueri cantori” e circa 200 tra musicisti e membri del coro.

La presenza di sei maxi schermi - due in piazza san Carlo, due in via Roma, uno in piazza Castello e uno presso le Porte Palatine – permetteranno ai fedeli di seguire in diretta l’intera visita del Papa.

Nel corso della conferenza stampa Fiorenzo Alfieri, presidente del Comitato per l’ostensione, ha informato sul numero delle prenotazioni che hanno raggiunto quota 1 milione 744 mila. “Un dato che – ha sottolineato Alfieri - calcolando che in media 70 mila persone ogni settimana entrano in Duomo dalla porta centrale senza prenotazione, fa prevedere che entro la fine dell’Ostensione oltre 2 milioni di persone riusciranno vedere il Telo”.

Non escluso, inoltre, che a fronte del continuo afflusso di richieste di prenotazione si possa ampliare nelle ultime settimane, l’orario di accesso al percorso nelle ore serali.

 

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Benedetto XVI riceve i visitatori apostolici dei Legionari di Cristo
Presentati i loro rapporti in Vaticano

CITTÀ DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha ricevuto questo venerdì mattina i visitatori apostolici dei Legionari di Cristo, secondo quanto ha informato la Sala Stampa della Santa Sede.

L'udienza si è svolta nel contesto della riunione, nel Palazzo Apostolico, dei cinque Vescovi designati dal Papa per realizzare la visita apostolica alla Congregazione, nella quale hanno analizzato insieme ad alcuni rappresentanti della Santa Sede, i rapporti elaborati in seguito alla visita dei centri della Congregazione nei mesi scorsi.

Nei giorni scorsi, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi SI., ha spiegato che “si tratta di una riunione in cui i visitatori faranno una prima presentazione dei loro rapporti e proposte, e da cui quindi non sono da attendersi decisioni particolari circa la stessa Congregazione”.

“Queste saranno prese in un secondo tempo dal Santo Padre, dopo attento studio e riflessione sulle risultanze della Visita”, ha aggiunto il portavoce vaticano.

I cinque visitatori sono: monsignor Ricardo Watty Urquidi, Vescovo di Tepic (Messico); monsignor Charles Joseph Chaput, Arcivescovo di Denver (Stati Uniti); monsignor Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria; monsignor Ricardo Ezzati Andrello, Arcivescovo di Concepción (Cile); monsignor Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid (Spagna).

La visita si è svolta dal 15 luglio 2009 al 15 marzo 2010, una volta emersi i gravi atti commessi dal fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel (Cf. Comunicato sulle presenti circostanze della Legione di Cristo e del Movimento Regnum Christi).

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Cattolici ed ebrei rilanciano il dialogo su Pio XII
Storici cattolici rispondono a 47 domande
di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Rappresentanti e storici cattolici ed ebrei hanno rilanciato il dialogo, ufficialmente interrotto nel luglio 2001, sulla figura di Pio XII e sul suo rapporto con il popolo di Israele, in particolare durante l'Olocausto.

I partecipanti all'incontro - tra i quali vari rabbini -, organizzato dalla "Pave the Way Foundation", sono stati salutati pubblicamente da Benedetto XVI alla fine dell'Udienza generale di questo mercoledì.

L'incontro, che ha portato avanti le questioni che voleva affrontare nel 2001 la sospesa Commissione Ebraico-Cattolica di Storici, non aveva carattere ufficiale, ma accademico.

Nelle sessioni di dibattito durate due giorni (il 23 e il 24 aprile), si è data risposta a 47 delle domande che quella Commissione aveva posto sospendendo le sue sessioni di lavoro.

Hanno risposto alle domande padre Peter Gumpel SJ, storico e postulatore della causa di beatificazione di Pio XII; Matteo Napolitano, professore di Storia delle relazioni internazionali presso l'Università del Molise; Andrea Tornielli, vaticanista de "Il Giornale"; Ronald Rychlak, professore alla Mississippi State University; Michael Hesemann, storico e scrittore tedesco.

Tutte le risposte sono state registrate integralmente dall'agenzia H2onews.org (www.h2onews.org) e saranno consegnate alla Commissione Yad Vashem, l'Autorità nazionale di Israele per il Ricordo dei Martiri e degli Eroi dell'Olocausto, venendo riportate anche sul sito web della "Pave the Way Foundation" (http://www.ptwf.org).

Il fondatore di questa istituzione, l'ebreo newyorkese Gary Krupp, ha spiegato a ZENIT che all'incontro con il Papa hanno partecipato rabbini e rappresentanti delle comunità ebraiche degli Stati Uniti e di Israele, Australia e Svizzera, "che hanno voluto esprimere la propria solidarietà alla Chiesa cattolica e al Santo Padre a causa degli attacchi che stanno ricevendo da parte di alcuni mezzi di comunicazione".

"Abbiamo anche discusso del sostegno a un'iniziativa appoggiata dalla Santa Sede per dedicare la sera del venerdì a una cena in famiglia - ha dichiarato Krupp -. Due ore verranno dedicate ai bambini. Il rabbino Shmuley Boteach e la 'Pave the Way Foundation' stanno promuovendo questa iniziativa".

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Dolore del Papa per la morte del Cardinale Paul Augustin Mayer
Ex responsabile del dicastero per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti e di "Ecclesia Dei"
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha espresso il proprio cordoglio per la morte del Cardinale Paul Augustin Mayer, O.S.B., avvenuta questo venerdì mattina all'età di quasi 99 anni.

Il porporato era prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e presidente emerito della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei".

In un telegramma inviato all'Abate Primate dei Benedettini Confederati, dom Nokter Wolf, il Pontefice confessa l'"affettuoso rimpianto" suscitato nella sua anima dalla notizia della "pia dipartita" del Cardinale, ed esprime "sentimenti di vivo cordoglio" all'Abate, a tutta la famiglia benedettina e ai parenti del defunto.

Il Cardinale Mayer, spiega, "lascia il ricordo indelebile di una operosa esistenza spesa con mitezza e rettitudine nell'adesione coerente alla propria vocazione di monaco e di pastore pieno di zelo per il Vangelo e sempre fedele alla Chiesa".

Il Papa ricorda quindi "il qualificato impegno" del porporato "nell'ambito liturgico e in quello delle università e dei seminari", e soprattutto "l'apprezzato servizio alla Santa Sede prima nella Commissione preparatoria del Concilio Vaticano II, poi in diversi dicasteri della Curia Romana".

"Innalzo fervide preghiere di suffragio perché il Signore accolga questo benemerito fratello nel gaudio e nella pace eterna", aggiunge.

Il Cardinale Mayer era nato ad Altötting, in Baviera, il 23 maggio 1911. Era entrato nell'Ordine benedettino emettendo la professione monastica nel 1931. Nel 1935 era stato ordinato sacerdote.

Con la sua morte, il Collegio cardinalizio ha 180 porporati: 109 elettori, 71 non elettori.

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Il Papa chiede preghiere per stroncare il traffico di esseri umani
Intenzioni di preghiera per il mese di maggio
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI chiede le preghiere dei credenti perché si ponga fine a una delle pratiche più disumane e contrarie alla dignità: la tratta di persone.

Lo si legge nelle intenzioni di preghiera per il mese di maggio contenute nella lettera pontificia che ha affidato all'Apostolato della Preghiera per quest'anno.

L'intenzione generale di preghiera per maggio dice infatti: "Perché si ponga fine al triste ed iniquo commercio di esseri umani che purtroppo coinvolge milioni di donne e bambini".

Ogni mese si prega anche per un'intenzione missionaria. Quella di maggio recita: "Perché i ministri ordinati, le religiose, i religiosi e i laici impegnati nell'apostolato sappiano infondere entusiasmo missionario alle comunità affidate alle loro cure"

L'Apostolato della Preghiera (www.adp.it) è un'iniziativa seguita da circa 50 milioni di persone nei cinque continenti.

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Tanzania: il Papa nomina Vescovo l'amministratore apostolico di Same
Nove giorni dopo aver accettato la rinuncia di monsignor Koda per motivi gravi
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato Vescovo l'amministratore apostolico della Diocesi di Same nove giorni dopo aver accettato la rinuncia che l'ex presule di questa Diocesi della Tanzania - monsignor Jacob Venance Koda - aveva presentato per motivi gravi che inficiavano la sua capacità di svolgere questo compito.

Il nuovo Vescovo, padre Rogatus Kimaryo, CSSp., era amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis di questa Diocesi della regione del Kilimangiaro dal 1° maggio 2009, quando venne chiesto a monsignor Koda di restare per un certo periodo di tempo fuori dal Paese.

Anche se non ci sono informazioni ufficiali sulle ragioni della rinuncia del Vescovo Koda, alcuni mezzi di comunicazione locale hanno indicato che potrebbe essere dovuta alla sua presunta violazione degli insegnamenti morali della Chiesa (cfr. ZENIT, 22 aprile 2010).

Padre Kimaryo è nato nel 1956 nella Diocesi di Moshi ed è entrato nel seminario minore francescano di Manua nel 1973. Ha insegnato Storia e Geografia in una scuola secondaria di Mzumbe.

Nel 1980 ha iniziato gli studi ecclesiastici con la Congregazione dello Spirito Santo nel Seminario Filosofico di Kibosho. E' stato ordinato sacerdote nel 1980 ad Arusha.

Ha studiato Diritto Canonico alla Pontificia Università Gregoriana di Roma ed è stato docente di questa materia in vari centri.

E' stato eletto dal Capitolo Generale per seguire i programmi di formazione iniziale e permanente dell'Istituto, per l'Africa Orientale, l'Oceano Indiano e il Nordafrica, e si è licenziato in Studi Religiosi presso l'Università di Lovanio (Belgio).

Ha esercitato il suo ministero come parroco a Kipawa ed è stato vicario giudiziario del tribunale interdiocesano, uno dei consultori dell'Arcidiocesi di Dar-es-Salaam e professore del Seminario Maggiore di Segerea.

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Notizie dal mondo


Un gruppo di Facebook di sostegno ai sacerdoti ha già 27.000 adesioni
"Ho un amico sacerdote che è fantastico" attira 2.000 membri al giorno
di Nieves San Martín

CUERNAVACA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il gruppo su Facebook sul tema "Ho un amico sacerdote che è fantastico anche se i media dicono di no", promosso dal giovane messicano Héctor Mojica, ha già raggiunto più di 27.000 adesioni, una cifra che aumenta minuto per minuto e attira 2.000 nuovi membri al giorno.

Quando Héctor Mojica Romero, un 27enne che vive a Cuernavaca, nel sud del Messico, ha avuto l'idea di creare un gruppo su Facebook con questo nome, non avrebbe mai immaginato che in poco più di un mese avrebbe avuto oltre 27.000 aderenti, ha spiegato a ZENIT.

L'idea gli è venuta un giorno mentre guardava il telegiornale, in cui si criticavano i sacerdoti per alcuni casi di abusi sui minori. Riflettendo, ha pensato che i sacerdoti che conosce lui non sono così. Si è quindi seduto davanti al computer e ha creato un gruppo che all'inizio era pensato per i suoi amici del Messico.

Il numero di aderenti di questo spazio di Facebook aumenta istante dopo istante: solo mentre si preparava questa notizia, sono passati da 26.989 a 27.128.

Nella spiegazione dei motivi, si afferma che il gruppo si è formato "per mostrare la verità del sacerdozio cristiano cattolico", i cui membri "condividono una vocazione divina".

"Sappiamo che sono come noi, deboli, ma preghiamo per loro", si legge.

"Anche se i mezzi di comunicazione impegnano tutte le loro forze per farci perdere la fiducia in loro, sappiamo che i sacerdoti santi sono molti di più di quelli che per motivi diversi hanno sbagliato".

Héctor Mojica è rimasto colpito dalla risposta alla sua iniziativa, che non si è limitata al Messico. In poco tempo si sono unite persone di Porto Rico, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Cile, Uruguay, Paraguay, Venezuela, Italia, Canada, Croazia, Filippine e Spagna, tra gli altri Paesi.

Gli aderenti sono in gran parte giovani. "Se noi giovani abbiamo qualcosa, è che non ci si inganna facilmente e ci rendiamo conto della verità. Per questo il gruppo ha avuto tanto successo", ha affermato Mojica.

Questo giovane messicano è convinto che la sua idea di creare questo spazio sia stata un'ispirazione divina, perché prima non aveva mai pensato di creare un gruppo su Facebook o su qualsiasi altra rete sociale. "Dio ti fa restare a bocca aperta, o ti gioca scherzi belli come questo, ma è tutto pianificato e non esistono coincidenze", ha commentato.

I partecipanti al gruppo apportano la testimonianza di un sacerdote amico, o semplicemente conosciuto, che è stato importante per la loro vita ed è un esempio di vera vocazione sacerdotale.

Quanti aderiscono al gruppo "inviano la propria fotografia e belle testimonianze di sacerdoti che hanno donato la loro vita, ci parlano di quegli 'amici fantastici' e di come li hanno aiutati. Silenziosi eroi anonimi, grandi missionari, devoti celebranti e fedeli amici di Dio, anche nelle battaglie più difficili", ha dichiarato il ragazzo all'agenzia Gaudium Press.

Tra quanti apportano la propria testimonianza, Ale Moreno afferma: "Grazie a Dio per tutti i sacerdoti che ho conosciuto. Sono persone che riflettono la luce di Dio, che donano tutto il loro tempo al servizio della Chiesa".

Mildres Herazo dice che "in loro abbiamo tutti delle guide spirituali sempre disponibili quando ne abbiamo bisogno, e questo è opera di Dio".

Olga León sostiene che "i giusti pagano per i peccatori, perché uno di loro mi ha aiutata a iniziare ad aver fiducia in Dio. Ringrazio per quanti seguono il cammino di Dio".

Dal canto suo, Concha Abad confessa: "Ho vari amici sacerdoti senza i quali la mia vita non sarebbe la stessa. Devo loro moltissimo, e li amo molto, con i loro pregi, i loro difetti, le loro debolezze e il loro coraggio".

Alex Chávez conclude: "Ho amici sacerdoti e sono fantastici. Dio benedica questi uomini che, lasciando tutto, hanno deciso di servire in questo ministero. Bisogna pregare con molto fervore per tutti e per ciascuno di loro".

Per entrare nello spazio del gruppo: http://www.facebook.com/group.php?gid=404166879781&ref=nf

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Una nuova università cattolica in Camerun
La seconda del Paese dopo quella dell'Africa Centrale a Yaoundé
di Isabelle Cousturié

BAMENDA, venerdì, 20 aprile 2010 (ZENIT.org).- La nuova Università Cattolica del Camerun Bamenda (CATUCB) aprirà le sue porte il prossimo anno accademico 2010-2011 a Bamenda, capitale della regione nord-occidentale del Paese, nella zona anglofona.

Sarà la seconda università cattolica del Paese, dopo quella dell'Africa Centrale a Yaoundé.

L'università, che funzionerà sul modello anglosassone, avrà sette Facoltà: Scienze Imprenditoriali e di Gestione, Scienze Umane e Sociali, Scienze dell'Educazione, Ingegneria civile, Scienze dell'Agricoltura e Scienze delle Risorse Naturali.

E' previsto che in futuro aprano nuove Facoltà, come quelle di Tecnologia, di Comunicazione e di Scienze Mediche e Sanitarie.

Avranno sede a Kumbo e l'offerta verrà poi completata con una Facoltà di Diritto nella città di Buea.

I leader tradizionali hanno offerto un terreno per la costruzione delle Facoltà.

"Questa università è l'ultimo strumento di proclamazione della giustizia e della speranza", ha dichiarato il Vescovo della Diocesi di Kumbo, monsignor George Nkuo, il 10 aprile scorso durante una Messa concelebrata dai quattro Vescovi della provincia ecclesiastica di Bamenda per dare il benvenuto a questa nuova creazione.

"Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, camerunensi e stranieri, visto che questo giorno segna una nuova era per il nostro sistema educativo", ha detto ai fedeli riuniti sul sagrato della Cattedrale metropolitana di Bamenda.

La Messa è stata presieduta dall'Arcivescovo metropolita di Bamenda, monsignor Cornelius Fontem Esua.

Era accompagnato da monsignor George Nkuo, della Diocesi di Kumbo, da monsignor Immanuel Bushu, della Diocesi di Buea, e da monsignor Francis Teke Lysinge, della Diocesi di Mamfé.

Questi ultimi hanno invitato i fedeli a "dimostrare il proprio sostegno a questo progetto attraverso la loro generosità", ha reso noto la stampa locale, sottolineando che questa istituzione universitaria ha bisogno, per la sua realizzazione, di circa 250 milioni di franchi camerunensi (380.000 euro).

Sono già stati raccolti 28 milioni di franchi per iniziare le attività, ha reso noto l'agenzia di stampa subregionale dell'Agrica centrale Africa-info.

Il Vescovo di Buea ha proceduto alla lettura della decisione di nomina dei sette responsabili che avranno l'incarico di presiedere il destino di questa nuova università.

I sette responsabili hanno giurato sulla Bibbia che svolgeranno le proprie funzioni "con diligenza, in conformità ai canoni universitari e con timor di Dio".

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Italia


Una nuova apologetica per rispondere alla domanda su Dio
Congresso internazionale all'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum"

ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Dopo un periodo di forte crisi seguito al Concilio Vaticano II, oggi si avverte sempre più il bisogno di dare nuova linfa a un’apologetica che, pur rimanendo nel solco della tradizione, sia capace di rispondere più direttamente ai quesiti degli uomini del nostro tempo.

E' quanto è emerso in sintesi dal Congresso internazionale dal titolo “Una nuova apologetica per un nuovo millennio”, tenusoti a Roma il 29 e 30 aprile, presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”, in cui sono stati approfonditi quei motivi di credibilità della fede cattolica che permettono di proclamare in maniera convincente ed esporre i contenuti della rivelazione con un linguaggio comprensibile per i contemporanei.

Nel saluto al convegno padre Pedro Barrajón, L.C., Rettore dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha detto che “oggi l’oppositore alla fede non ha un volto preciso. È piuttosto una corrente difficile da definire e da precisare che si ispira a correnti relativiste e laiciste”.

“La fede – ha continuato – è messa in questione non solo con argomentazioni di ragione ma soprattutto con la presentazione parziale di fatti storici che hanno conquistato ampi spazi culturali e mediatici dove si evidenziano gli errori degli uomini di Chiesa”.

Tuttavia, ancora oggi, la domanda su Dio e quindi sul senso della vita rimane “la più grande sfida dell’uomo contemporaneo”. E infatti “il fenomeno religioso non solo sopravvive a chi voleva ucciderlo, ma sembra più dinamico, operativo e influente nella vita sociale, culturale, economico e addirittura politica”.

Allo stesso tempo, però, si assiste a “un revival delle diverse forme di religiosità, un fenomeno per alcuni imprevisto, per altri inquietante”, soprattutto negli antichi paesi di ispirazione cristiana dove “l’offuscamento della fede convive con forme di ricerca appassionata di una verità che sazi pienamente il desiderio dell’uomo di luce e di amore”.

Armonia tra fede e ragione

Nel suo intervento mons. Giuseppe Lorizio, docente ordinario di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense e l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Ecclesia Mater", ha parlato dell'urgenza di restaurare l’armonia tra fede e ragione.

“Oggi – ha detto – si può con sollievo prendere atto di un generalizzato, anche se forse non ancora unanime, consenso dei teologi fondamentali intorno alla necessità di riprendere, accanto alla dimensione dogmatica della propria area disciplinare, la riflessione relativa alla dimensione apologetica della stessa”.

Per recuperare una rinnovata armonia tra fede e ragione, però, occorre “partire dal carattere prismatico dell’atto di fede, dove è possibile all’interno di ciascuna delle sue dimensioni fondamentali (affettività, volontà libera e conoscenza) attivare percorsi che siano in grado di recuperare l’integralità dell’atto stesso, superando ogni riduzionismo tendente ad enfatizzare ed assolutizzare ciascuno di questi aspetti”.

“L’urgenza del recupero di tale armonia – ha continuato – è determinata dalla necessità di porre al riparo la fede stessa da ogni possibile deriva fondamentalista e dalla altrettanto perniciosa esclusione del credere dalla vita pubblica e dalla convivenza civile di popoli e nazioni”.

Mons. Lorizio ha quindi incoraggiato a “raccogliere la sfida di chi ha recente­mente definito la fede una 'pubblica virtù' (Michael Walzer), con la consapevolezza che, quando ciò accade, non esprime il tutto della fede”.

“Essa resta in effetti – ha spiegato – una realtà complessa e al tempo stesso misteriosa”, soprattuto nel suo carattere di dono che non va disgiunto dall'aspetto “della scelta, del coinvolgimento affettivo e dell’esercizio della ragione”.

Come se Dio ci fosse”

Nel prendere la parola il prof. Corrado Gnerre, docente di Storia delle Dottrine teologiche all’Università Europea di Roma, ha illustrato il modello di apologetica indicato da Benedetto XVI con una celebre espressione che da Cardinale pronunciò a Subiaco, il 1° aprile 2005, a pochi giorni dalla sua elezione al Soglio pontificio.

In quell'occasione disse: “Dovremmo (…) capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita ‘ veluti si Deus daretur’, ‘come se Dio ci fosse’.”

L’affermazione del Papa, ha spiegato il prof. Gnerre, “non si presenta come una sorta di opzione fra le tante (ma più conveniente) nel senso esclusivamente pascaliano; bensì un’affermazione che non esclude ma completa l’evidenza razionale di Dio: Dio esiste ed è dimostrabile (Sapienza 13,1)…inoltre è conveniente sul piano esistenziale credere in Lui. Insomma: credendo in Dio l’uomo non solo rispetta la recta ratio ma è anche più felice, vive anche meglio”.

L’intuizione di Benedetto XVI, ha commentato, cioè quella di voler “ricostruire la struttura fondamentale del rapporto uomo-reale, partendo dall’imprescindibilità della presenza di Dio” è tutt’altro che un’espressione “morbida” sul piano metafisico.

Correnti filosofiche contro il cristianesimo

Nel suo intervento, invece, Giacomo Samek Lodovici, docente di Storia delle dottrine morali e Ricercatore in filosofia morale all’Università Cattolica di Milano, ha tratteggiato i lineamenti fondamentali di alcune delle principali correnti filosofiche in contrasto con il cristianesimo: il nichilismo, il relativismo, lo scientismo ed il consequenzialismo.

Il nichilismo, ha spiegato, sostiene che Dio non esiste però “non formula una prova filosofica convincente dell’inesistenza di Dio. Infatti, i discorsi sull’origine del concetto di Dio (di Marx, Freud e Nietzsche) non dimostrano che Dio non esiste: quand’anche fosse esatta, l’analisi sull’origine di un concetto è diversa dall’analisi sulla verità o falsità del concetto stesso”.

“Se poi la dimostrazione dell’inesistenza di Dio viene individuata nel suicidio – ha aggiunto –, come ritiene Kirillov (ne I demoni di Dostoevskij), si può rispondere che Dio non asseconda le sfide dell’uomo e lo lascia a tal punto libero da consentirgli di suicidarsi”.

Per il relativismo, invece, la verità non esiste ed è inconoscibile, ma così facendo cade in contraddizione” perché “proprio mentre dice: 'tutto è soggettivo' pretende di dire qualcosa di oggettivo, cioè che: 'tutto è soggettivo'” e “proprio mentre dice: 'tutto è relativo', pretende di dire qualcosa di assoluto, cioè che: 'tutto è relativo'”.

“E se l’affermazione relativista presenta se stessa come un’interpretazione che non pretende di essere vera, allora si cade in un regresso all’infinito – ha spiegato il docente –. Ma un’infinità di interpretazioni comporta almeno una conoscenza vera: se infinitamente interpretiamo di interpretare è vero (perlomeno) che stiamo interpretando”.

Per lo scientismo, “solo la scienza può conoscere la verità, solo gli enunciati scientifici hanno un valore conoscitivo” pertanto “l’etica, la religione, la filosofia, l’estetica, ecc. sono squalificate e l’uomo non può indagare sulle grandi domande esistenziali, su Dio, sull’immortalità dell’anima, sul bene/male, sulla libertà, ecc”.

“Un enunciato è scientifico solo se il suo oggetto è suscettibile di una quantificazione-misurazione – ha detto il docente –. Tuttavia, l’affermazione: 'un enunciato è scientifico solo se il suo oggetto è quantificabile-misurabile' non ha un oggetto quantificabile e misurabile, perciò (mantenendo i presupposti dello scientismo) non ha portata conoscitiva, non può dire la verità e dunque lo scientismo si autosqualifica”.

Nel consequenzialismo, poi, “la moralità degli atti va giudicata esclusivamente in base alle loro conseguenze, dunque non esistono atti intrinsecamente e sempre malvagi, né una dignità intangibile dell'essere umano”.

“Ora, però, le conseguenze di un atto non sono quasi mai definitive, bensì sono gravide di altre conseguenze, le quali producono ulteriori conseguenze e così via all’infinito. Pertanto, è impossibile calcolare le conseguenze dell’agire, dato che l’uomo non può conoscere il futuro”.

“In questo modo, tutto diventa lecito e permesso, dato che non esistono né il bene né il male, in quanto gli atti umani non sono né buoni né malvagi”, ha concluso.

I temi della nuova apologetica

Dal canto suo don Pietro Cantoni, docente di Metafisica ed Ecclesiologia presso lo Studio Teologico Interdiocesano “Mons. Enrico Bartoletti” di Camaiore (LU), ha affermato che i temi della nuova apologetica, pur potendo inserirsi nella sequenza divenuta classica di demonstratio religiosa, demonstratio christiana, demonstratio catholica secondo i tre soggetti fondamentali - Dio, Gesù Cristo e la Chiesa –, devono tuttavia adattarsi ai diversi interlocutori e al contesto in cui si trovano.

Ad esemprio, ha osservato, il tema “'Chiesa cattolica', alla luce di un ecumenismo malinteso e frainteso” è “rimasto un po’ troppo in ombra. All’interno della Chiesa cattolica esistono infatti delle tensioni che, pur essendo 'interne' hanno un evidente significato apologetico. Una di queste si polarizza attorno al Concilio Ecumenico Vaticano II”, e sul suo valore di rottura o di continuità.

A questo proposito, ha spiegato, “la Chiesa è una realtà vivente” e che “per una non debole analogia, si identifica con Cristo stesso. Ne è infatti il Corpo. Si tratta quindi di una realtà viva, che nella storia è soggetta a sviluppo. Uno sviluppo non 'tranquillo' e scontato, 'meccanico', ma, ad immagine di Cristo, travagliato, combattuto e spesso 'crocifisso'”.

“Una metodologia corretta sia teologicamente che apologeticamente – ha continuato –, non si affanna a 'dimostrare' direttamente la continuità. Per due fondamentali ragioni: il contenuto è il mistero di Cristo e il mistero non si dimostra, ma se ne mostra piuttosto la credibilità, mettendo in luce la sua armonia interna, sia sincronica che diacronica e confutando le obiezioni che vorrebbero evidenziarne le distonie e le rotture”.

“Non si dimostra – ha precisato – anche perché la continuità è presupposta, come il dato da cui si parte: l’onere di provare che essa non sussiste sta tutto dalla parte di chi la mette in discussione”.


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Segnalazioni


Seminario di studio a Genova sul tema "L'unità nazionale"
Il 3 maggio, in vista della XLVI Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Si terrà lunedì 3 maggio dalle ore 16.30 alle 19.00 a Genova, presso la Sala Quadrivium (piazza Santa Marta, 2) un Seminario di studio in preparazione alla XLVI Settimana Sociale dei Cattolici Italiani di Reggio Calabria (14-17 ottobre 2010) dal titolo: “L’unità nazionale: memoria condivisa, futuro da condividere”.

L’incontro, promosso dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, si aprirà con il saluto del Cardianle Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), e con l’introduzione di mons. Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea e Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.

“L’iniziativa di Genova è maturata dall’incontro di due percorsi – spiegano gli organizzatori -: da un lato la preparazione della XLVI Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, dall’altro l’approssimarsi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Mentre maturava l’idea che, tanto per il recente cammino ecclesiale centrato sulla speranza cristiana e sul richiamo alla responsabilità per il bene comune, l’appuntamento dell’Ottobre 2010 doveva avere a tema l’impegno concreto dei cattolici italiani nel reagire alle difficoltà di questi ultimi anni e quello ad immaginare e perseguire un futuro per la comunità nazionale, diveniva evidente che proprio questo sforzo esprimeva bene la partecipazione dei credenti e della Chiesa al confronto civile che doveva preparare e qualificare l’anniversario ormai prossimo”.

Al Seminario di studio interverrà prof. Gianpaolo Romanato, docente di Storia contemporanea all’università di Padova su “La questione cattolica nell'Italia che cambia” mentre “Una Costituzione vitale. Un contributo esemplare di cattolici al bene comune” è il titolo dell’intervento del prof. Giuseppe Dalla Torre, Rettore della Lumsa. Modererà il dibattito il dott. Edoardo Patriarca, Segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle settimane sociali.

Il momento di studio si concluderà con l’intervento di padre Mauro De Gioia, Responsabile diocesano per il progetto culturale di Genova, e con il prof. Luca Diotallevi, Vice presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle settimane sociali. Il seminario di studio vedrà la presenza di mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI e dei Presidenti delle conferenze episcopali regionali.

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Parola e vita


Pasqua: con l'amore di Gesù salviamo la vita
V Domenica di Pasqua, 2 maggio 2010

di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 30 maggio 2010 (ZENIT.org).-“Quando (Giuda) fu uscito, Gesù disse: 'Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri'”. (Gv 13,31-35).

L’importanza del comandamento dell’amore reciproco non era una novità per i discepoli. Mosè lo aveva chiaramente prescritto, come ricorda Gesù a quel dottore della Legge che gli chiede qual è il primo comandamento da osservare: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mc 22,37-38). L’Antico Testamento, tuttavia, quanto al comportamento concreto, non indicava esplicitamente nessun modello da imitare, come fa oggi la Chiesa quando celebra quell’eroica carità dei santi nella quale riconosce anzitutto un raggio puro dell’Amore di Dio, fonte di ogni santità.

Nell’ora drammatica del tradimento, Gesù sorprende i discepoli con un annuncio che costituisce una novità assoluta, impensabile, “impossibile”: il comandamento di amare con il cuore stesso di Dio, senz’ombra di risentimento, di scoraggiamento, di timore per la propria vita, mantenendo integro lo slancio anche incontro alla morte: “come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Come se dicesse loro: “conoscete la generosità estrema del mio Amore per voi, a confronto del quale il vostro per me è come una nube del mattino. Ebbene, io vi lascio in eredità il mio Amore, ve lo dono come un farmaco d’immortalità: prendetelo, nutritevene e vi sentirete davvero liberi, conoscerete la vera la gioia di dare piuttosto che di ricevere, e avrete la forza di consegnarvi liberamente alla passione che vi attende. La piccola onda del vostro voler bene, diventerà la marea del mio Amore, capace di travolgere ogni resistenza, di far scaturire dall’odio omicida la Vita che vince la morte, di distruggere le opere del diavolo senza che nemmeno un capello del vostro capo abbia a perire”.

Meravigliosa notizia! Stupendo trapianto di Cuore!

Ma ora ci chiediamo: cosa significa il fatto che Gesù “comanda” ciò che intende donarci? E’ chiaro che l’amore non si può comandare, tuttavia, essendo l’amore l’unico antidoto efficace contro il veleno mortale dell’odio, esso è certamente “obbligatorio” se si vuole salvare la vita. Vediamone un mirabile testimonianza. Il comandante che stava di fronte a san Massimiliano Kolbe, ad Auschwitz, aveva ordinato la morte per fame di un prigioniero. Quell’ordine di morte risuonò nel cuore del sacerdote polacco come un comandamento dell’amore divino: darai la vita al suo posto! Allora scattò in lui il “comandamento nuovo” ricevuto da Gesù, ed egli obbedì offrendosi prontamente. Disobbedì all’ordine che vietava ai prigionieri di muoversi, fece dei passi avanti, chiese all’aguzzino di accettare l’incomprensibile scambio. E il comandante “fu costretto” a obbedire, e l’Amore vinse l’odio e la morte, non solo nel bunker della fame e della sete, ma nell’intero campo di concentramento dove la notizia dilagò come una fontana che sgorga nel deserto e fa germogliare la vita. Ora, se nel cuore di padre Massimiliano ci fosse stata solo benevolenza umana e compassione per quell’uomo, egli si sarebbe comportato come gli altri prigionieri e non avrebbe udito e seguito l’imperativo categorico dell’Amore di Cristo: dare la vita per lui!

Tornando agli apostoli, vediamo che l’Amore di Gesù era risorsa assolutamente necessaria per iniziare e portare a compimento l’immane opera loro affidata: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli…, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato...” (Mt 28,19s). Previsioni di umano successo per una simile impresa non ce n’erano, al contrario: ogni realistica supposizione di persecuzioni e difficoltà di ogni genere non poteva che sottostimare la realtà futura.

Comprendiamo perciò la necessità di possedere un’energia interiore tanto grande da non intimidirsi nemmeno di fronte al martirio, anzi da desiderarlo come si desidera la vita. Tutto questo poteva accadere solo in nome e per amore dell’amato Signore crocifisso e risorto, come grida Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità,il pericolo, la spada? Come sta scritto: “Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello”. Ma in tutte queste cose noi siamo stravincitori grazie a colui che ci ha amati” (Rm 8,35-37).

Alla luce di questo grido d’amore totale del persecutore trasformato in apostolo, torniamo al “comandamento nuovo” dato da Gesù ai Dodici in vista della loro missione al mondo intero. Voglio qui sottolineare queste parole: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello” (citate dal salmo 44/43, v. 23). Esse sembrano indicare a noi, oggi, l’ambito missionario cui il Signore ci invia: risuonano come la voce di quelle migliaia e migliaia di esseri umani che vengono messi a morte ogni giorno nel grembo delle loro madri e nei laboratori, vittime di quella “congiura contro la vita” che Giovanni Paolo II ha riconosciuto e denunciato quale ambito centrale e cruciale della “grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre” (“Evangelium vitae” nn. 12 e 104).

Paolo dice “per causa tua”, e sembra così orientarci alle parole conclusive dell’enciclica circa l’equivalenza tra “il rifiuto della vita dell’uomo, nelle sue diverse forme, e il rifiuto di Cristo” (E.V., n.104). Il tragico destino di ognuno di questi figli dell’uomo riguarda Cristo in prima persona, poichè Egli ha detto: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me” (Mt 25,40).

Perciò i credenti in Lui, non solo sono specificamente interpellati, ma dovrebbero considerare la “causa della vita” (E.V., n. 105) questione essenziale e pietra angolare di quella nuova evangelizzazione del III millennio per la quale il Papa ha deciso di creare un nuovo “ministero” (il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione). Riconosciamo allora anzitutto che “..la vera questione morale del nostro tempo, in Italia e in molti altri Paesi è ..quella dell’aborto. Milioni di donne nel mondo decidono di porre fine alla vita che cresce nel loro grembo; milioni di piccoli esseri umani vengono eliminati prima di potere vedere la luce del sole; milioni di donne e famiglie soffrono di questa profonda lacerazione..è in gioco la nostra stessa concezione dell’essere umano e della sua dignità universale” (Padre G. Miranda, “Aborto: la vera questione morale del nostro tempo”, ZENIT 25 aprile 2010).

Allora è chiaro che le sfide di questa seconda e nuova evangelizzazione, dal momento che sembrano persino più formidabili di quelle affrontate dagli apostoli all’inizio della prima, non potranno essere vinte senza l’infinita risorsa del “comandamento nuovo” di Gesù, dono e compito dato a noi nel sacramento dell’Eucaristia: “L’Eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo stabile il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione. (…) Nell’Eucaristia l’Agape di Dio viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di noi. Solo a partire da questo fondamento cristologico-sacramentale si può capire correttamente l’insegnamento di Gesù sull’amore. Nel culto stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri...: l’amore può essere “comandato” perché prima è donato” (Enciclica “Deus Caritas Est”, n.14).

Assolutamente vero e confortante,..ma le cose non sono così semplici ed automatiche, come appare dall’esempio stesso dei discepoli. Essi, infatti, poco dopo aver ricevuto il Corpo del Signore, lo abbandonarono tutti.

Oggi, ad esempio, lo scandalo degli abusi sessuali del clero (una condotta che si colloca ai più odiosi antipodi dell’amore del Signore), mette in crisi la fede stessa nell’Eucaristia (da noi celebrata quale sacramento che “fa’ la Chiesa”), nonostante la stragrande maggioranza dei sacerdoti continui a dare splendida testimonianza dell’Amore di Cristo. In verità, poi, un gran numero di fedeli che pur si nutre ogni giorno del Corpo di Cristo, confessa la propria impotenza a superare i dinamismi istintivi del comportamento e del carattere, spesso dolorosamente contrari al rispetto e all’accoglienza del prossimo. Così la parola del “comandamento nuovo”, nel concreto quotidiano sembra vanificata anche da coloro che dovrebbero testimoniarne al mondo la potenza trasformante.

Quali le cause e quali i rimedi?

Benedetto XVI ha recentemente indicato, al riguardo, alcuni punti estremamente significativi:

- “Ricordino (i ministri ordinati) che il sacerdote continua l’opera della Redenzione sulla terra;

- sappiano sostare volentieri davanti al tabernacolo;

- aderiscano totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa;

- si rendano disponibili all’ascolto e al perdono;

- formino cristianamente il popolo loro affidato;

- coltivino con cura la fraternità sacerdotale” (al “Regina Caeli” del 25/04/2010).

Al centro di tutte queste esortazioni ce n’è una dalla quale tutto il resto dipende, in quanto necessaria per l’unione con Dio: l’ “ascesi severa”. Sorprende l’uso di questo aggettivo, severa. Esso avrebbe fatto gioire il santo curato d’Ars, ma suscita certamente perplessità in moltissimi sacerdoti, religiosi e laici d’oggi. Eppure l’indicazione è chiara: se si vuole aderire totalmente alla propria vocazione e missione è necessaria un’ascesi severa. Ciò non significa mortificazioni fuori luogo e fuori tempo, ma semplicemente non voler nulla che non sia volontà di Dio, nemmeno una sigaretta. Se infatti, anche in una piccola cosa, la mia volontà intende opporsi alla volontà di Dio, la conseguenza sarà l’impossibilità di quella adesione totale a Lui che Gli permette di compiere in me “grandi cose”, con la conseguenza negativa di trovarmi tristemente vulnerabile su tutto l’ambito dei sensi, non ostante l’Eucaristia quotidiana.

Ogni battezzato, per essere mosso liberamente dallo Spirito del Signore, non deve rimanere volontariamente legato nemmeno ad un “filo” di abitudine disordinata davanti a Dio, come insegna un Dottore della Chiesa: “Finchè dura quest’abitudine, infatti, è impossibile che l’anima possa progredire nella perfezione, anche se commettesse imperfezioni di poco conto. Poco importa che un uccello sia legato a un filo sottile o grosso; anche se sottile, finchè sarà legato, è come se fosse grosso, perché non gli consentirà di volare. E’ vero che è più facile spezzare il filo sottile; ma anche se facile, finchè non lo spezza, non vola. Il peggio è che, a causa di quell’affetto, non solo non progrediscono, ma tornano indietro, perdendo ciò che in tanto tempo e a prezzo di grande fatica avevano guadagnato. Si sa infatti che in questo cammino non andare avanti equivale a tornare indietro e non guadagnare è come perdere. Chi non ha cura di riparare anche la più piccola screpolatura del vaso, perderà tutto il liquido in esso contenuto” (S. Giovanni della Croce, “Salita del Monte Carmelo”, 11, 3-5).



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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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Udienza del Papa alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso che Benedetto XVI ha rivolto questo venerdì mattina ai partecipanti alla XVI Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, sul tema "Crisis in a Global Economy. Re-planning the Journey", ricevuti in udienza nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano.


* * *



Cari membri dell'Accademia,

sono lieto di salutarvi all'inizio della vostra xvi Sessione Plenaria, dedicata a un'analisi della crisi economica globale alla luce dei principi etici consacrati nella dottrina sociale della Chiesa. Ringrazio la Presidente, professoressa Mary Ann Glendon, per le cordiali parole di saluto e offro i miei  ferventi e buoni auspici per la fecondità  delle vostre deliberazioni.

Come sappiamo, la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la fragilità dell'attuale sistema economico e delle istituzioni a esso collegate. Ha anche mostrato l'erroneità dell'idea secondo la quale il mercato sarebbe in grado di autoregolarsi, indipendentemente dall'intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali interiorizzati. Quest'idea si basa sulla nozione impoverita della vita economica come una sorta di meccanismo che si autocalibra guidato dal proprio interesse e dalla ricerca del profitto. Essa trascura la natura  essenzialmente etica dell'economia come attività di e per  gli esseri umani. Piuttosto che una spirale di produzione e consumo in vista di necessità umane definite in modo molto limitato, la vita economica dovrebbe essere considerata in maniera adeguata come un esercizio di responsabilità umana, intrinsecamente orientato alla promozione della dignità della persona, alla ricerca del bene comune e allo sviluppo integrale, politico, culturale e spirituale, di individui, famiglie e società. Un apprezzamento di questa dimensione umana più piena esige, a sua volta, proprio il tipo  di ricerca e di riflessione interdisciplinari che questa sessione dell'Accademia ha ora intrapreso.

Nella mia Enciclica Caritas in veritate, ho osservato che «la crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno» (n. 21). Di certo, riprogettare il cammino significa anche guardare ai criteri generali e obiettivi con cui giudicare le strutture, le istituzioni e le decisioni concrete che guidano e orientano la vita economica. La Chiesa, fondata sulla sua fede in Dio Creatore, afferma l'esistenza di una legge naturale universale che è la fonte definitiva di questi criteri (cfr. Ibidem n. 59). Tuttavia, è anche convinta del fatto che i principi  di questo ordine etico, iscritti nella creazione stessa, sono accessibili alla ragione umana e, in quanto tali, devono essere adottati  come base per scelte concrete. Come parte della grande eredità della saggezza umana, la legge morale naturale, che la Chiesa ha assunto, purificato e sviluppato alla luce della Rivelazione cristiana, è un faro che guida gli sforzi di individui e comunità nel cercare il bene ed evitare il male, mentre si impegnano per l'edificazione di una società autenticamente giusta e umana.

Fra i principi indispensabili che plasmano questo approccio etico integrale alla vita economica deve essere presente  la promozione del bene comune, basata sul rispetto per la dignità della persona umana e riconosciuta come scopo primario dei sistemi di produzione e di commercio, delle istituzioni politiche e del benessere sociale. Al giorno d'oggi, l'interesse per il bene comune ha assunto una dimensione marcatamente globale. È anche divenuto sempre più evidente che il bene comune implica la responsabilità per le generazioni future. Di conseguenza la solidarietà intergenerazionale deve essere riconosciuta come criterio fondamentale per giudicare  qualsiasi sistema sociale. Queste realtà evidenziano l'urgenza di rafforzare le procedure di governo dell'economia globale, sempre con il dovuto rispetto  per il principio di sussidiarietà. Alla fine, comunque, tutte le decisioni e le politiche economiche devono essere orientate alla «carità nella verità», perché la verità preserva e incanala la forza liberatrice della carità nelle strutture e negli eventi umani sempre contingenti. Perché «senza la verità, senza fiducia e senza amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale,  e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società» (Caritas in veritate, n. 5).

Con queste considerazioni, cari amici, esprimo ancora una volta  la mia fiducia nel fatto che questa Sessione Plenaria  contribuirà  a un discernimento più profondo delle gravi sfide sociali ed economiche del nostro mondo e contribuirà a indicare la strada per affrontare tali sfide con spirito di saggezza, giustizia e umanità autentica. Assicuro ancora una volta le mie preghiere per la vostra importante opera e su di voi e sui vostri cari invoco di cuore le benedizioni divine di gioia e di pace.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana, traduzione a cura de "L'Osservatore Romano"]

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Il Papa per il concerto nel V° anniversario di pontificato

ROMA, venerdì, 30 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI al termine del concerto svoltosi questo giovedì nell'Aula Paolo VI in Vaticano e offerto dal Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in occasione del quinto anniversario di pontificato.




* * *

Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali,

Onorevoli Ministri e Autorità,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel presbiterato,

Gentili Signori e Signore!

ancora una volta il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, con tratto di squisita cortesia, ha voluto offrire a tutti noi la possibilità di ascoltare dell’ottima musica in occasione dell’anniversario di inizio del mio Pontificato. Nel salutarLa con deferenza, Signor Presidente, unitamente alla sua gentile Signora, desidero esprimere il mio vivo ringraziamento per l’omaggio davvero gradito di questo concerto e per le cordiali parole che Ella mi ha rivolto. In questo atto premuroso vedo anche un ulteriore segno dell’affetto che il popolo italiano nutre nei confronti del Papa, affetto che fu così fervido in santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, di cui oggi ricorre la festa. Sono lieto di salutare le altre Autorità dello Stato italiano, i Signori Ambasciatori, le diverse Personalità e tutti voi che avete preso parte a questo momento di alto valore culturale e musicale.

Desidero ringraziare quanti hanno generosamente cooperato alla realizzazione di questo evento, in particolare i Dirigenti della Fondazione Scuola di Musica di Fiesole, di cui è componente significativa l’Orchestra Giovanile Italiana, validamente diretta dal maestro Nicola Paszkowski. Certo di interpretare i sentimenti di tutti i presenti, rivolgo un sincero apprezzamento agli orchestrali, che hanno eseguito con abilità ed efficacia brani impegnativi del compositore milanese Giovanni Battista Sammartini, di Wolfgang Amadeus Mozart e di Ludwig van Beethoven.

Abbiamo avuto la gioia di ascoltare questa sera dei giovani concertisti allievi della Scuola musicale di Fiesole, fondata da Piero Farulli, che nel corso degli anni si è affermata quale eccellente centro nazionale di formazione orchestrale, offrendo a numerosi bambini, adolescenti, giovani e adulti la possibilità di compiere un qualificato percorso formativo teso alla preparazione di musicisti per le migliori orchestre italiane ed europee. Lo studio della musica riveste un alto valore nel processo educativo della persona, in quanto produce effetti positivi sullo sviluppo dell’individuo, favorendone l’armonica crescita umana e spirituale. Sappiamo come sia comunemente riconosciuto il valore formativo della musica nelle sue implicazioni di natura espressiva, creativa, relazionale, sociale e culturale.

Pertanto, l’esperienza ultra trentennale della Scuola di Musica di Fiesole assume una particolare rilevanza anche di fronte alla realtà quotidiana che ci dice come non sia facile educare. Nell’odierno contesto sociale, infatti, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e problematica: spesso tra genitori ed insegnanti si parla delle difficoltà che s’incontrano nel trasmettere alle nuove generazioni i valori basilari dell’esistenza e di un retto comportamento. Tale situazione problematica coinvolge sia la scuola sia la famiglia, come pure le varie agenzie che operano nel campo formativo.

Le condizioni attuali della società richiedono uno straordinario impegno educativo in favore delle nuove generazioni. I giovani, anche se vivono in contesti diversi, hanno in comune la sensibilità ai grandi ideali della vita, ma incontrano molte difficoltà nel viverli. Non possiamo ignorare i loro bisogni e le loro attese, nemmeno gli ostacoli e le minacce che incontrano. Essi sentono l'esigenza di accostarsi ai valori autentici quali la centralità della persona, la dignità umana, la pace e la giustizia, la tolleranza e la solidarietà. Ricercano anche, in modi a volte confusi e contraddittori, la spiritualità e la trascendenza, per trovare equilibrio e armonia. A tale riguardo, mi piace osservare che proprio la musica è capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e conduce le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio. La festosità del canto e della musica sono altresì un costante invito per i credenti e per tutti gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per dare all’umanità un avvenire ricco di speranza. Inoltre, l’esperienza di suonare in un’orchestra aggiunge anche la dimensione collettiva: le prove continue condotte con pazienza; l’esercizio dell’ascolto degli altri musicisti; l’impegno di non suonare "da soli", ma di far sì che i diversi "colori orchestrali" – pur mantenendo le proprie caratteristiche – si fondano insieme; la ricerca comune della migliore espressione, tutto questo costituisce una "palestra" formidabile, non solo sul piano artistico e professionale, ma sotto il profilo umano globale.

Cari amici, auspico che la grandezza e la bellezza dei brani musicali magistralmente eseguiti questa sera possano donare a tutti nuova e continua ispirazione per tendere a mete sempre più alte nella vita personale e sociale. Rinnovo al Signor Presidente della Repubblica Italiana, agli organizzatori e a tutti i presenti l’espressione della mia sincera gratitudine per questo apprezzato omaggio! Ricordatemi nelle vostre preghiere, perché iniziando il sesto anno del mio Pontificato, possa compiere sempre il mio Ministero come vuole il Signore. Egli, che è la nostra forza e la nostra pace, benedica tutti voi e le vostre famiglie.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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