I vari tipi di legislazioni sull'aborto
«Diventare madre è una questione che riguarda le donne e dipende dalle loro decisioni personali. Entro i primi tre mesi di gravidanza su richiesta della madre, o quando necessario in presenza di malattie senza alcuna considerazione dell'avanzamento della gravidanza, l'aborto è eseguito dal personale medico in condizioni di ricovero ospedaliero. L'elenco delle malattie che giustificano l'interruzione della gravidanza è approvato dal Ministro della Salute».
Questo emendamento di tre righe alla legge sulla salute regolamenta l'aborto in Mongolia, un territorio grande cinque volte l'Italia con due milioni e settecentomila abitanti, un paese dove certo non c'è il problema della sovrappopolazione.
Più a Sud, nel continente indiano, la legge prevede che si possa abortire, accanto ai casi di stupro, di pericolo per la vita o per la salute mentale della donna, di rischio di handicap per il bambino, anche in seguito al fallimento dei metodi contraccettivi. In India cioè, si prevede esplicitamente che fino a 20 settimane di gravidanza - entro le 12 settimane con una procedura semplificata - l'utilizzo dell'aborto come metodo anticoncezionale, oltre che per eliminare i disabili. Non a caso l'India è la seconda nazione al mondo per numero di aborti (sei milioni stimati), dopo la Cina (dieci milioni denunciati quest'anno).
Nel mondo sono sostanzialmente due le tipologie di legge sull'aborto (là dove è legalizzato): la prima è basata sulla completa autodeterminazione della donna e quindi è sufficiente una sua semplice richiesta, senza motivazioni, sia pure con diversi limiti di avanzamento della gravidanza a seconda delle legislazioni. In altre parole, in questo tipo di legislazione è implicito il diritto all'aborto: basta chiederlo, senza motivarlo.
La seconda tipologia invece sottolinea - più o meno fortemente - la generale proibizione dell'aborto, tranne che in alcuni precisi casi, ed entra quindi nel dettaglio dei motivi per i quali si può abortire senza incorrere in sanzioni penali: in questa categoria si trovano tuttavia normative con motivazioni tanto ampie da rendere praticamente impossibile negare l'aborto - come dimostra l'esempio dell'India - ma vi sono anche alcune legislazioni più restrittive.
Comunque, scorrendo i testi delle leggi sull'aborto di tutto il mondo, tra le motivazioni elencate si trova sempre quella espressamente eugenetica, cioè la malformazione del feto come causa di aborto, accanto allo stupro. Le eccezioni a riguardo sono pochissime. E se l'aborto selettivo delle femmine, per il quale mancano all'appello milioni di donne nel mondo, avviene almeno formalmente nell'illegalità, l'aborto degli handicappati è quasi sempre regolarmente previsto dalle normative. Una discriminazione sistematica e pressoché omogenea nel pianeta, che sembra non preoccupare più nessuno: se la mancanza delle donne crea inevitabilmente un allarme sociale, difficilmente qualcuno chiederà mai conto dei disabili non nati.
L'importanza di un contesto favorevole alla maternità
Va però detto che il tasso di abortività non dipende solamente dalle condizioni richieste per accedere ad una interruzione di gravidanza, o dalle enunciazioni di principio, ma soprattutto dalla presenza di una parte preventiva e dissuasiva, dal rapporto con strutture private e dalla loro tipologia, ovvero se come scopo perseguono un effettivo sostegno alla maternità, o se si limitano ad eseguire pratiche abortive, magari per profitto.
Valga per tutti il paragone fra Spagna e Polonia. Le condizioni richieste per abortire sono sostanzialmente simili: in Spagna si può abortire senza limite in caso di pericolo per la salute fisica e psichica della donna, fino a 12 settimane di gravidanza in caso di stupro e fino a 22 per diagnosi di disabilità fisiche o mentali del nascituro. Pressoché identica la situazione in Polonia. Il numero degli aborti, però, è abissalmente differente: in Polonia nel 2005 ne sono stati conteggiati 225 (pari a 0,62 su 1000 nati vivi), a fronte dei 91.664 spagnoli (pari a 197/1000 nati vivi). Ciò che è differente, infatti, è il contesto, e i due testi di legge andrebbero paragonati per intero. Nel testo polacco si enuncia il diritto alla vita dal concepimento, ci sono interi articoli dedicati al sostegno della maternità e si legge, per esempio, che «le agenzie dell'amministrazione statale e territoriale mantengono relazioni di cooperazione e assistenza con la Chiesa Cattolica e altre chiese, associazioni religiose e organizzazioni civiche che assicurano la protezione delle donne in gravidanza, organizzano sistemazioni in "famiglie surrogate" o contribuiscono all'adozione dei bambini». In Spagna tutto questo non c'è, e il 98% degli aborti si esegue in cliniche private, con ciò che consegue in termini di profitto.
Se consideriamo la situazione in Italia, non è difficile accorgersi come purtroppo, anche nella legge 194, la parte meno applicata sia proprio quella relativa alla prevenzione.
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