giovedì 29 maggio 2008

Amnesty: leader mondiali si scusino per fallimento diritti umani | A 60 anni dall'adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, sono ancora una sessantina i paesi che praticano la tortura | Massimiliano Di Giorgio

Amnesty: leader mondiali si scusino per fallimento diritti umani
di Massimiliano Di Giorgio

A 60 anni dall'adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, sono ancora una sessantina i paesi che praticano la tortura, mentre in oltre 50 si celebrano processi senza garanzie per gli imputati. Una circostanza che fa chiedere ad Amnesty International che i leader mondiali porgano le proprie scuse "per 60 anni di fallimenti".

L'associazione internazionale che si batte per i diritti umani ha diffuso oggi il proprio rapporto annuale, in cui si afferma che "il 2007 è stato caratterizzato dall'impotenza dei governi occidentali e dall'ambiguità o riluttanza delle potenze emergenti rispetto ad alcune delle peggiori crisi dei diritti umani, come i conflitti in corso da decenni o la crescente ineguaglianza di cui fanno le spese milioni di persone".

L'elenco comprende in particolare Darfur, Zimbabwe, Gaza, Iraq e Myanmar, aree che, per il rapporto, richiedono "un'azione immediata" della comunità internazionale.

"I leader mondiali devono porgere le proprie scuse per non aver realizzato la promessa di giustizia e uguaglianza contenuta nella Dichiarazione... Negli ultimi sei decenni molti governi hanno mostrato di privilegiare l'abuso di potere e interessi egoistici piuttosto che il rispetto dei diritti dei popoli che rappresentano".

Amnesty non nega "il progresso compiuto nello sviluppo di standard, sistemi e istituzioni sui diritti umani tanto a livello internazionale quanto regionale e nazionale" -- per esempio, col recente voto all'Onu sulla moratoria della pena di morte o con la dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni -- anche se constata che "l'ingiustizia, l'ineguaglianza e l'impunità sono ancora il tratto dominante del nostro mondo contemporaneo".

2008 ANNO DELLE "GRANDI OPPORTUNITA'"

Ecco perché l'associazione chiede alle grandi potenze di dare un esempio -- in un anno il 2008, che "rappresenta delle grandi opportunità", ha spiegato il presidente della sezione italiana di Amnesty Paolo Pobbiati, sia per le elezioni in Usa, che per il cambio della guardia al Cremlino e le Olimpiadi in Cina -- e stabilire "un nuovo paradigma" sul fronte dei diritti umani.

Alla Cina si chiede per esempio di "rispettare gli impegni assunti in occasione dell'assegnazione delle Olimpiadi consentendo piena libertà d'espressione e di stampa e ponendo fine alla rieducazione attraverso il lavoro", mentre si ivita la Russia a "mostrare maggiore tolleranza verso il dissenso politico e nessuna indulgenza per le violazioni dei diritti umani in Cecenia".

Per gli Usa, il punto dolente resta quello del carcere di Guantanamo, dove sono rinchiusi presunti terroristi, i cui prigionieri per Amnesty devono essere processati "secondo procedure eque" oppure rilasciati, respingendo anche l'uso della tortura e dei maltrattamenti.

Ma all'esame dell'associazione nata nel 1961 a Londra non sfugge neanche l'Unione europea, per la "complicità dei suoi stati membri nelle rendiotion di sospetti terroristi". La Ue deve pretendere dai paesi che ne fanno parte "il medesimo rispetto dei diritti umani che chiede agli altri stati del mondo".

"Può l'Ue predicare la tolleranza all'estero quando non affronta la discriminazione nei confronti dei rom, dei musulmani e di altre minoranze che vivono all'interno dei suoi confini?", chiede l'associazione.

"I leader mondiali stanno rifiutando di ammettere che il loro fallimento sta avendo costi così elevati. Come mostrano i casi dell'Afghanistan e dell'Iraq, le violazioni dei diritti umani non sono tragedie isolate ma virus che possono propagarsi con estrema rapidità, mettendo tutti noi a rischio", ha detto Paolo Pobbiati.

Per l'associazione, "la consapevolezza dei diritti umani si sta diffondendo a livello globale", ma "i leader mondiali la stanno ignorando, a loro rischio".

Nel 2007, dice il rapporto che riguarda oltre 150 paesi - ma, avvertono i curatori, questo non vuol dire che la situazione degli Stati che non vi compaiono sia ottimale - sono state eseguite almeno 1252 condanne a morte in 24 paesi.

In 23 paesi esistono normative discriminatorie contro le donne, contro i migranti in almeno 15 paesi, contro minoranze in almeno 14 paesi. In 45 paesi sono stati registrati "prigionieri di coscienza"

Alla fine dell'anno scorso erano 25mila le persone detenute dalla Forza multinazionale in Iraq "senza accusa, processo o revisione giudiziaria" e 600 solo quelle nella base area americana di Bagram, in Afghanistan.



© Reuters 2008

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Francis*PAC

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