I costi della politica e i costi della democrazia
Il punto è quanto si spende e da dove vengono i finanziamenti.
Nella crociata contro la politica che, se non condotta seriamente e senza tentazioni populistiche, potrebbe trasformarsi in crociata contro la democrazia, il finanziamento pubblico dei costi della democrazia sicuramente trova la contrarietà della maggioranza dei cittadini.
Su questo punto, seppur trovandomi tra la minoranza degli italiani, vorrei invitare a qualche riflessione. Se non vi fosse il finanziamento pubblico, rimarrebbe solo quello privato, tra l'altro detraibile dalle tasse - dunque meno entrate per lo Stato -, e ciò significherebbe che i "ricchi", oltre a controllare l'economia, avrebbero anche il controllo totale della politica.
Mi resta difficile pensare che i lavoratori dipendenti, i precari, i pensionati, i disoccupati possano finanziare i partiti di riferimento in modo sufficiente da bilanciare la supremazia dei potentati economici.
Pertanto, al fine di garantire la democrazia e le pari opportunità ai partiti, almeno ai nastri di partenza, considerato che difficilmente si trovano persone economicamente facoltose disposte a finanziare partiti o altre forme associative di orientamento non compatibile con i loro interessi, ritengo necessario vietare il finanziamento privato ai partiti, ad eccezione chiaramente delle piccole somme che non alterano le pari opportunità, sia tra le diverse forze politiche, sia nel peso di rappresentanza all'interno degli stessi, generalmente rapportato al peso del contributo erogato.
Viceversa bisognerebbe garantire alle forze politiche finanziamenti pubblici proporzionali alla consistenza delle stesse e ricalcolato sullo stretto necessario a garantire un sistema di partecipazione e informazione democratica dei cittadini.
So bene che verrebbe da obiettare che già esiste un cospicuo finanziamento pubblico, ma, il fatto che solo alcune forze politiche ad esso possono sommare enormi risorse private, determina una enorme sperequazione ed innesca una competizione dannosa, costosa e senza fine che, chiaramente, penalizza proprio quei partiti impegnati nel rappresentare la parte di società più disagiata. Basti ricordare ciò che è avvenuto nella recente competizione elettorale in Molise.
Credo che un sistema, basato su questi principi, porterebbe ad una drastica riduzione dei costi della politica e permetterebbe un confronto più democratico nonché meritocratico tra le forze in campo, non basato sulla forza economica, ma su quella delle idee e dei progetti proposti. E vinca il migliore.
A seguito di questa riflessione e dell'assunto, peraltro noto, che il Partito della Rifondazione Comunista non gode dei finanziamenti cospicui di facoltosi imprenditori ma vive, e non bene, di volontariato ed autofinanziamento, questa forza politica finora è riuscita ad andare avanti a livello regionale solo grazie al contributo mensile, certificabile, di €.2.800,00, versati dal consigliere regionale Italo Di Sabato prima e dal sottoscritto adesso, e dalle contribuzioni dei compagni presenti nelle istituzioni minori, province e comuni.
In conclusione ritengo che lo Stato, nel garantire il giusto e necessario finanziamento dei costi della politica, ovvero della democrazia, deve attuare una appropriata riduzione delle indennità previste per le rappresentanze istituzionali, oltre alla riduzione del numero delle stesse.
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