giovedì 15 aprile 2010

[ZI100415] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 15 aprile 2010

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Santa Sede


Benedetto XVI: "l'uomo non esiste da se stesso"
Nella Messa per i membri della Pontificia Commissione Biblica

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- “L’obbedienza a Dio ha il primato” e rende l’uomo davvero libero, anche di opporsi alla dittatura del conformismo. Lo ha detto questo giovedì mattina Benedetto XVI nell’omelia della Messa celebrata, nella Cappella Paolina in Vaticano, con i membri della Pontificia Commissione Biblica.

Dal 12 fino al 16 aprile, infatti, è in corso in Vaticano la plenaria della Pontificia Commissione Biblica sotto la presidenza del Cardinale William Levada, sul tema "Ispirazione e verità della Bibbia".

Secondo quanto riferito dalla Radio Vaticana, il Papa, richiamando le parole di San Pietro davanti al Sinedrio: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”, ha sottolineato che “l’obbedienza a Dio” dà a Pietro la libertà di opporsi alla suprema istituzione religiosa.

Al contrario nei tempi moderni – ha osservato Benedetto XVI – si è teorizzata la liberazione dell’uomo, anche dall’obbedienza a Dio: l’uomo sarebbe libero, autonomo, e nient’altro.

“Ma questa autonomia – ha continuato il Pontefice – è una menzogna, una menzogna ontologica, perché l’uomo non esiste da se stesso e per se stesso; è una menzogna politica e pratica, perché la collaborazione e la condivisione delle libertà è necessaria e se Dio non esiste, se Dio non è un’istanza accessibile all’uomo, rimane come suprema istanza solo il consenso della maggioranza”.

“Poi il consenso della maggioranza diventa l’ultima parola alla quale dobbiamo obbedire e questo consenso – lo sappiamo dalla storia del secolo scorso – può essere anche un consenso nel male. Cosi vediamo che la cosiddetta autonomia non libera l’uomo”.

“Le dittature sono state sempre contro questa obbedienza a Dio”, ha sottolineato il Papa.

“La dittatura nazista, come quella marxista, non possono accettare un Dio sopra il potere ideologico, e la libertà dei martiri, che riconoscono Dio… è sempre l’atto della liberazione, nel quale arriva la libertà di Cristo a noi”.

Oggi, invece, esistono forme sottili di dittature: “Un conformismo, per cui diventa obbligatorio pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e la sottile aggressione contro la Chiesa, o anche meno sottile, dimostrano come questo conformismo può realmente essere una vera dittatura”.

Per i cristiani – ha aggiunto Benedetto XVI - obbedire più a Dio che agli uomini, suppone però conoscere veramente Dio e voler veramente obbedire.

“Noi oggi abbiamo spesso un po’ paura di parlare della vita eterna – ha osservato –. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma che la sua meta sia la vita eterna e che dalla meta vengano poi i criteri della vita, non osiamo dirlo”.

Allora – ha continuato il Papa – dobbiamo invece avere il coraggio, la gioia, la grande speranza che la vita eterna c’è, che è la vera vita e che da questa vera vita viene la luce che illumina anche questo mondo.

In tale prospettiva, riferisce ancora la Radio Vaticana, “la penitenza è una grazia”, grazia che noi riconosciamo il nostro peccato, che riconosciamo di aver bisogno di rinnovamento, di cambiamento, di una trasformazione del nostro essere.

“Devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci appariva troppo dura – ha osservato –. Adesso sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita”.

“Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della Misericordia divina”, ha poi concluso.

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Il Papa esorta i Vescovi brasiliani a promuovere l'Eucaristia
Riceve i presuli della Regione Norte II in visita ad limina

di Roberta Sciamplicotti

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Ricevendo questo giovedì mattina in udienza i Vescovi della Regione Norte II della Conferenza Episcopale del Brasile, Benedetto XVI li ha esortati a promuovere il culto del Santissimo Sacramento.

"La vostra visita ad limina si svolge nel clima di lode e giubilo pasquale che avvolge tutta la Chiesa, adornata dal fulgore della luce di Cristo Risorto - ha detto il Papa ai presuli, a Roma per la visita ad limina apostolorum -. In lui, l'umanità ha superato la morte".

"Essendo vivo e risorto, Cristo può diventare 'pane vivo' per l'umanità", ha spiegato.

Per questo, "il centro e la fonte permanente del ministero petrino sono nell'Eucaristia, cuore della vita cristiana, fonte e culmine della missione evangelizzatrice della Chiesa".

In quest'ottica, si può capire "la preoccupazione del Successore di Pietro per tutto ciò che può offuscare l'aspetto più originale della fede cattolica: oggi Gesù Cristo è vivo e realmente presente nell'ostia e nel calice consacrati".

Secondo il Pontefice, "una minore attenzione a volte prestata al culto del Santissimo Sacramento è indizio e causa dell'offuscamento del senso cristiano del mistero, come accade quando nella Santa Messa ad essere preminente e operante non è più Gesù, ma una comunità indaffarata con molte cose anziché essere raccolta e lasciarsi attirare dall'Unico necessario: il suo Signore".

"L'atteggiamento primario ed essenziale del fedele cristiano che partecipa alla celebrazione liturgica non è fare, ma ascoltare, aprirsi, ricevere", ha commentato.

"E' ovvio che in questo caso ricevere non significa restare passivi o disinteressarsi di ciò che vi avviene, ma cooperare - perché resi capaci di farlo dalla grazia di Dio".

"Se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è al suo inizio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana".

"Come sono distanti da tutto questo quanti, in nome dell'inculturazione, cadono nel sincretismo introducendo riti presi da altre religioni o particolarismi culturali nella celebrazione della Santa Messa!", ha esclamato.

Benedetto XVI ha quindi ricordato che al giorno d'oggi esiste "una mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo in soccorso dell'uomo".

"La confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio vale a proposito di un segno sacramentale che rende presente il sacrificio redentore", ha proseguito.

Il culto, ricorda il Papa, "non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione".

La vera liturgia, invece, "presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo".

Come ricorda l'Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis, "la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce".

"La Chiesa vive di questa presenza, e la sua ragion d'essere e di esistere è il fatto di estendere questa presenza al mondo intero", ha sottolineato il Papa.

Il Vescovo di Roma ha quindi ricordato il XVI Congresso Eucaristico Nazionale, che si celebrerà tra un mese a Brasilia e verrà "arricchito dall''oro' dell'eternità presente nel tempo: Gesù Eucaristia".

"Egli sia davvero il cuore del Brasile, fonte della forza che permette alle donne e agli uomini brasiliani di riconoscersi e aiutarsi come fratelli, come membri del Cristo totale", ha auspicato.

"Chi vuole vivere, ha dove farlo e di che vivere. Avvicinatevi, credete, entrate a far parte del Corpo di Cristo e sarete vivificati!", ha concluso.

La Regione ecclesiastica del Norte II copre il territorio degli Stati dell'Amapá e del Pará, con una popolazione di meno di sette milioni di abitanti distribuita su un territorio che è circa cinque volte quello dell'Italia. Ha un'Arcidiocesi, 8 Diocesi e 5 prelature territoriali.

Monsignor Flávio Giovenale, Vescovo di Abaetetuba, ha affermato che le sfide di questa regione sono essenzialmente due: quella "rappresentata dalle distanze" - "basti pensare che c'è in media un sacerdote ogni 20mila abitanti e uno ogni 25mila Kmq" - e "la dimensione eucaristica, nel senso che sappiamo che l'Eucaristia fa la Chiesa, ma qui la maggior parte delle comunità celebra la Santa Messa solo due o tre volte all'anno".

La Regione Norte II è stata istituita nel 1966 e, come tutta la Chiesa nell'Amazzonia brasiliana, si è distinta fin dall'inizio per il suo attivo impegno a favore dell'integrità della foresta amazzonica e delle fasce sociali emarginate del territorio del delta del Rio delle Amazzoni.

Questo impegno ha portato a pagare anche un pesante tributo di sangue. Tra i martiri, c'è suor Dorothy Stang, religiosa di origine statunitense uccisa il 12 febbraio 2005 per la sua opera in difesa dell'ambiente e dei contadini poveri.

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10mila giovani maltesi all'incontro con il Papa
Coinvolti ragazzi con problemi di droga e alcool, detenuti e senza-tetto

di Serena Sartini

LA VALLETTA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org). Sono attesi 10mila pellegrini all’incontro che il Papa terrà con i giovani maltesi, a Waterfront, nel grande porto della Valletta domenica pomeriggio. Un incontro voluto fortemente dall’intera chiesa dell’Isola e che chiuderà la due giorni di Benedetto XVI a Malta sabato e domenica.

I giovani maltesi si attendono parole di speranza, di sostegno, di guida, dal Successore di Pietro. Nathanael è un ragazzo di 26 anni di Zabar, una piccola cittadina vicino Valletta. Studia scienze delle comunicazioni, ma lavora in un call center per mantenersi agli studi.

“Da mesi mi sto preparando a questo incontro con il Papa – dice a ZENIT -. Non volevamo che l’incontro fosse un concerto, o che fosse ridotto solamente all’evento in sé, all’incontro con lui. Ma volevamo creare un cammino di preparazione per giungere all’evento con un certo spirito”.

“La sfida grande – continua - è quella di conoscere la figura del Papa non come celebrità, ma per quello che è veramente, cioè come persona. In questi mesi, si sono unite le forze di tante realtà, di tanti movimenti, di diverse organizzazioni e abbiamo visto una Chiesa che è unita”.

“È un passo di maturità per la Chiesa giovane, qui a Malta – commenta –. E questo con il Papa è un evento che ci fa sentire più uniti. Sono contento di attenderlo qua a Valletta”.

Padre Savio Vella è il responsabile della pastorale giovanile e da mesi si sta occupando dell’evento. “Da novembre scorso – racconta a ZENIT - quando è stato ufficializzato l’incontro del Papa, abbiamo invitato i giovani a essere loro i protagonisti e a organizzare l’evento”.

“Abbiamo così chiesto cosa avrebbero voluto che venisse fuori dall’incontro – spiega –. Oltre 100 giovani hanno accettato l’invito e si sono messi a preparare l’evento di domenica pomeriggio rimboccandosi le maniche, volontariamente e spendendo le loro energie e il loro tempo. È stato molto bello vedere questi giovani mettersi in discussione”.

Padre Savio spiega dunque il significato di questo incontro. “La prima cosa che i giovani hanno messo in evidenza in modo chiaro è che la Chiesa abbraccia tutti senza distinzioni. La Chiesa non esclude nessuno”.

“La seconda cosa – aggiunge – è che la Chiesa è una Chiesa che ascolta, specialmente ascolta i più giovani. Per questo abbiamo pensato a una serata che coinvolgesse sia i giovani già integrati nelle realtà della Chiesa, ma anche e soprattutto che chiamasse in causa gli emarginati, coloro che stanno alla periferia, che sono lontani dalla fede. Abbiamo così coinvolto coloro che hanno problemi con la droga e l’alcool, giovani detenuti, immigrati, senza-tetto”.

La serata-incontro sarà così strutturata. Dalle due del pomeriggio inizierà un momento di musica e animazione. La band è composta da 10 persone, 198 sono invece gli artisti tra ballerini, cantanti, musicisti. Tutti non professionisti. Ci saranno cinque ore di concerto, dalle 14 alle 19, interrotte solamente dall’incontro con il Papa.

Nel grande porto di Waterfront saranno presenti la tenda dell’adorazione, la tenda della confessione con 40 giovani sacerdoti, la tenda del dialogo con alcuni esperti psicologi.

“Quattro giovani hanno preparato il saluto che verrà letto a Benedetto XVI – afferma padre Savio -. Il centro di tutto è riprendere il brano del Vangelo ‘Signore, che cosa devo fare per avere la vita eterna?’. I giovani porranno domande sul futuro, esprimendo le loro preoccupazioni lavorative, di studio, di fede”.

“I quattro giovani leggeranno il saluto – prosegue poi – in rappresentanza di quattro rispettive categorie: detenuti e gay, giovani già coinvolti nella Chiesa per essere protagonisti, giovani che si preparano al matrimonio che quindi porteranno domande e interrogativi sulla vita di coppia e sul ruolo dei genitori, e giovani che stanno vivendo un periodo di discernimento vocazionale. Ci si attende, dunque, che il Papa tratti questi temi: l’emarginazione, la famiglia, il ruolo dei giovani nella Chiesa, le vocazioni”.

Un evento che è stato preparato da molti mesi. “Sì, i giovani si sono preparati tanto – conclude padre Savio - c’è stata una vera e propria maratona nelle parrocchie di tutta Malta, con la Croce della Gmg e l’Icona di Maria. Un pellegrinaggio ininterrotto. D’accordo con l’arcivescovo, abbiamo voluto che fossero i giovani i protagonisti di questo evento, che lo preparassero e lo realizzassero loro in prima persona. E proprio loro, i giovani, hanno voluto che gli emarginati, gli esclusi, gli ultimi fossero i privilegiati. Siederanno nelle prime file e potranno incontrare il Papa e salutarlo”.

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Il Papa a bordo del catamarano "San Paolo", nell'abbraccio dei poveri

di Serena Sartini

LA VALLETTA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Un tragitto di circa 20 minuti, durante il quale il Papa potrà ammirare l’intero panorama della città di Valletta. Padre Roy Toledo, delegato dell’arcivescovo di Malta per le parrocchie, è anche l’organizzatore del ‘pellegrinaggio’ che Benedetto XVI effettuerà a bordo del catamarano che lo porterà da Kalkara, zona periferica della capitale maltese, al grande porto di Waterflor.

Il tutto avverrà domenica pomeriggio, a conclusione della visita papale a Malta, quando l’imbarcazione con a bordo il Pontefice farà il suo ingresso al porto della Valletta accolto da circa 10mila giovani che lo attenderanno per l’incontro che si terrà lì.

“Per noi maltesi il porto è segno della Provvidenza di Dio – spiega padre Roy a ZENIT – e il mare ha sempre rappresentato una parte importate della nostra cultura. Abbiamo quindi insistito affinché Benedetto XVI ripetesse l’esperienza fatta con Giovanni Paolo II nel 1990, quando a bordo di un catamarano, attraversò le acque della Valletta. Fu un’esperienza spettacolare. Noi lo ricordiamo con grandissima gioia”.

“Inoltre – aggiunge il sacerdote - volevamo che Ratzinger incontrasse una parte della città molto popolare, povera, dove ci sono molti operai. E abbracciasse idealmente anche loro”.

Alcune curiosità sul traghetto. Il viaggio inizierà alle 16.45 e durerà circa venti minuti. Benedetto XVI utilizzerà lo stesso catamarano che venne utilizzato da Giovanni Paolo II nel 1990, nominato “San Paolo”. Ci sarà ovviamente la bandiera maltese e la bandiera con il logo del viaggio. Durante il tragitto il Pontefice potrà ammirare il panorama dell’intera città di Valletta. Potrà restare seduto o alzarsi in piedi per ammirare meglio le bellezze della città. Una guida illustrerà al Papa cosa ha di fronte.

“Il catamarano con a bordo Ratzinger – spiega ancora padre Roy – sarà accompagnato, ai due lati, da una trentina di piccole barche che lo scorteranno e lo affiancheranno. Lungo il tragitto potrà essere seguito anche da imbarcazioni di 12 metri che formeranno una sorta di processione”.

“Il catamarano – aggiunge poi – andrà alla velocità di 4-5 nodi, in modo da consentire a tutti di poter seguire l’imbarcazione del Pontefice. Sul catamarano del Papa viaggeranno anche dieci giovani che lo porteranno fino a Waterflor, dove è in programma l’incontro con i giovani. All’evento sono attesi circa 10mila pellegrini che fin dalla mattina affolleranno la spianata del grande porto della Valletta”.

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Germania: sicurezza giuridica per le scuole cattoliche della Bassa Sassonia
La Santa Sede e lo Stato della Bassa Sassonia modificano il loro concordato
HANNOVER, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- La Santa Sede e lo Stato tedesco della Bassa Sassonia hanno deciso di modificare il concordato del 1965 per regolare la situazione giuridica di alcune scuole cattoliche gestite dalle Diocesi di Hildesheim, Osnabrück e Monaco.

Lo hanno fatto attraverso un accordo firmato il 6 aprile scorso nella città tedesca di Hannover dal Nunzio Apostolico in Germania, monsignor Jean-Claude Périsset, e dal ministro-presidente del Land Niedersachsen, Christian Wulff.

L'accordo prevede alcune modifiche nell'offerta educativa e permette di ampliare il numero degli alunni di alcune scuole diocesane, secondo un comunicato della Diocesi di Hildesheim.

"Costituisce una modifica del § 6 dell'Allegato al Concordato fra la Santa Sede e il Land Niedersachsen del 1965 e regola la posizione giuridica di alcune scuole cattoliche gestite dalle Diocesi di Hildesheim, Osnabrück e Münster nel medesimo Land", spiega una nota diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede questo giovedì.

Per la Chiesa, hanno assistito alla cerimonia della firma dell'accordo il Vescovo di Hildesheim, monsignor Norbert Trelle, il responsabile dell'Ufficio Cattolico della Bassa Sassonia, monsignor Felix Bernard, e il segretario della Nunziatura Apostolica in Germania, monsignor Rüdiger Feulner.

Comoe rappresentante dello Stato federato c'era anche il Ministro dell'Istruzione del Land, Elisabeth Heister-Neumann.

Significato dei concordati

La Santa Sede firma concordati con gli Stati per garantire la libertà religiosa dei cittadini dei vari Paesi.

Un concordato, come accordo tra le autorità civili ed ecclesiastiche su temi che riguardano entrambe, è un contratto internazionale che vincola giuridicamente le parti e garantisce il diritto alla libertà religiosa e di culto dei cattolici nei vari Paesi.

Può trattare materie miste o specifiche, come l'assistenza religiosa alle forze armate, il matrimonio, la scuola cattolica...

La Santa Sede ha stipulato convenzioni con Stati o con società politiche fin dall'antichità.

Questi tipi di collaborazione hanno ricevuto denominazioni diverse: concordato - sollemnis conventio, capitula concordata, pacta conventa -, convenzione - conventio, modus vivendi -, accordo - concordia - o protocollo, nel senso di accordo parziale più semplice, tra gli altri.

Nelle stipule, il Papa - o il suo plenipotenziario - non agisce come sovrano della Città del Vaticano, ma come guida della Chiesa cattolica (Santa Sede) per dare un carattere stabile e giuridico alla cooperazione tra autorità religiosa e autorità civile.

La Santa Sede ha sviluppato collaborazioni bilaterali e multilaterali per ottenere una concordia coltivata con il dialogo e orientata al bene comune.

Nella maggior parte dei casi, si garantisce che la Chiesa può godere di libertà religiosa e dell'autonomia necessaria richiesta dalla sua missione.

Attualmente, la Santa Sede mantiene relazioni diplomatiche con 178 Stati, ai quali bisogna aggiungere l'Unione Europea, il Sovrano Oridne Militare di Malta e una Missione di carattere speciale: l'Ufficio dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).

Tutti questi patti internazionali costituiscono la testimonianza del riconoscimento internazionale del ruolo morale, culturale, sociale e religioso della Chiesa nel mondo.



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Anno Sacerdotale


"Infangare il corpo ecclesiale dei presbiteri", una "clamorosa ingiustizia"
Messaggio del Cardinale Hummes per preparare la conclusione dell'Anno Sacerdotale

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Chi si dedica a "infangare il corpo ecclesiale dei presbiteri" commette una "clamorosa ingiustizia" nei confronti della gran parte dei circa 400.000 sacerdoti cattolici, ha dichiarato il prefetto della Congregazione per il Clero, il Cardinale brasiliano Cláudio Hummes.

"I delitti di alcuni non possono assolutamente essere usati per infangare l'intero corpo ecclesiale dei presbiteri. Chi lo fa, commette una clamorosa ingiustizia", indica infatti nel suo messaggio, datato 12 aprile, per preparare la conclusione dell'Anno Sacerdotale, che avrà luogo dal 9 all'11 giugno a Roma.

"La Chiesa, in quest'Anno Sacerdotale, cerca di dire ciò alla società umana. Qualsiasi persona di buon senso e di buona volontà lo capisce".

Il porporato esorta quindi i sacerdoti cattolici di tutto il mondo a mobilitarsi e a recarsi a Roma per chiudere l'Anno con Benedetto XVI.

Nel testo, si riferisce anche agli attacchi contro il Papa per lo scandalo della pedofilia.

"Le accuse contro di lui sono evidentemente ingiuste e è stato dimostrato che nessuno ha fatto tanto quanto Benedetto XVI per condannare e per combattere correttamente tali crimini", afferma.

"Allora, la presenza massiva dei presbiteri in piazza con Lui sarà un segno forte del nostro deciso rifiuto degli attacchi ingiusti di cui è vittima. Allora, venite anche per appoggiare pubblicamente il Santo Padre".

"Trattasi di offrire al nostro amato Papa Benedetto XVI la nostra solidarietà, il nostro appoggio, la nostra fiducia e la nostra comunione incondizionata, dinanzi agli attacchi frequenti che gli sono rivolti, nel momento attuale, nell'ambito delle sue decisioni riguardo ai chierici incorsi nei delitti di abusi sessuali su minorenni", precisa il porporato.

A suo avviso, le celebrazioni di chiusura dell'Anno Sacerdotale forniranno ai sacerdoti anche l'opportunità di essere confermati nella loro missione.

"Non rifiutate l'invito pressante e cordiale del Santo Padre - esorta -. Venite e Dio vi benedirà".

"Il Papa vorrà confermare i presbiteri della Chiesa. La loro presenza numerosa in Piazza San Pietro costituirà anche una forma propositiva e responsabile dei presbiteri a presentarsi pronti e non intimiditi per il servizio all'umanità loro affidato da Gesù Cristo".

"La loro visibilità in piazza, dinanzi al mondo odierno, sarà una proclamazione del loro invio al mondo non per condannare il mondo, ma per salvarlo. In tale contesto, anche il grande numero avrà un significato speciale".

Il Cardinale indica infine che "la conclusione dell'Anno Sacerdotale non costituirà propriamente una conclusione, ma un nuovo inizio".

"Noi, il popolo di Dio e i pastori, vogliamo ringraziare il Signore per questo periodo privilegiato di preghiera e di riflessione sul sacerdozio", sottolinea.

"Al contempo, ci proponiamo di essere sempre attenti a ciò che lo Spirito Santo vuol dirci".

"Intanto, torneremo all'esercizio della nostra missione nella Chiesa e nel mondo con gioia rinnovata e con la convinzione che Dio, il Signore della storia, resta con noi, sia nelle crisi sia nei nuovi tempi", conclude.

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Ostensione della Sindone


Il percorso dei pellegrini della Sindone

di Chiara Santomiero

ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- “L’importante è arrivare puntuali, con un anticipo massimo di 30 minuti”: è la raccomandazione diffusa dal Comitato organizzativo per l’Ostensione 2010 della Sindone dopo che, nei primi giorni di visita, si sono verificati alcuni momenti di ingorgo nei Giardini reali bassi, prima dell’accesso al Cammino del pellegrino.

Il Comitato ricorda che l’intero sistema di accesso dei pellegrini – soprattutto quelli dei viaggi collettivi in pullman - si basa sul rispetto delle procedure e dei tempi stabiliti che vengono comunicate ai gruppi prima dell’arrivo a Torino. “E’ inutile – si sottolinea – arrivare con molto anticipo ai Giardini reali perché si rischia soltanto di prolungare la propria attesa e di rendere più difficoltosa l’accoglienza per tutti i pellegrini”.

Ma come è organizzato il percorso dei visitatori della Sindone?

Victor Tua, del Comitato per l’Ostensione 2010, si occupa della “gestione” dei pellegrini dal momento in cui arrivano nel territorio cittadino fino al momento in cui lo lasciano.

“La maggior parte dei visitatori – spiega - arriva in pullman: ce ne sono almeno 11-12 mila in arrivo ma si prevede che arriveranno fino a 20 mila”.

Tutti i pullman devono confluire in una delle due postazioni chiamate “stop 1”: “alla Beverina o a Caio Mario, davanti a Mirafiori. Qui si registra l’arrivo – proprio perché non sia troppo presto o troppo tardi rispetto all’ora assegnata per la visita – e si dimostra il pagamento del ticket richiesto dal Comune di Torino per finalità ecologiche”.

I pullman dei pellegrini vengono quindi instradati verso il centro “fino a corso Regina Margherita, attraversano Piazza della Repubblica e arrivano nel controviale di corso Regina Margherita all’angolo con via XX Settembre”.

Qui trovano la postazione denominata “stop 2”, nella quale ai pullman viene assegnato un numero progressivo che servirà per recuperare i pellegrini più tardi. “Arrivano finalmente – spiega Tua a ZENIT - al posto di scarico che è in corso S. Maurizio; nel controviale ci sono 12 stalli per far scendere i pellegrini i quali attraversano a piedi i Giardini reali bassi e arrivano al padiglione dell’accoglienza”.

Si tratta di una grande tensostruttura bianca, dove si trovano i servizi igienici, un piccolo bar e delle panchine. Alcuni volontari controllano i biglietti d’ingresso perché se si arriva con troppo anticipo sull’ora della visita i gruppi vengono invitati a tornare.

“Sul biglietto – afferma Tua – è segnata l’ora esatta dell’ingresso. E’ stato previsto un gruppo ogni 15 minuti: al momento, al sabato e alla domenica, i giorni di maggiore affluenza, si calcolano gruppi di 1030 persone, ma si arriverà fino a 1200”.

Una buona notizia nel caso qualche imprevisto faccia “perdere” l’ora dell’ingresso: il gruppo in ritardo passa in coda e la visita viene consentita ugualmente.

Arrivati a questo punto, i pellegrini che fanno parte del gruppo convocato alla stessa ora si mettono in coda, 300 alla volta. I cancelli vengono aperti dalle 7 del mattino e quest’anno, a causa della brevità dell’ostensione – solo 44 giorni – e della grande richiesta, la chiusura è stata prolungata fino alle 22.30.

I pellegrini, passando per dei tornelli, percorrono un cammino pedanato coperto che con il sottofondo di musica sacra li porta alla c.d. “pre-lettura”. Si tratta di due grandi vani dove c’è uno schermo sul quale osservare l’immagine della Sindone mentre vengono fornite alcune spiegazioni che preparano alla visita.

Ogni vano accoglie, con l’aiuto dei volontari, 240 pellegrini che dopo la proiezione proseguono il percorso verso il duomo – a cui accedono mediante la porta del campanile - attraverso gli infernotti della Manica nuova di Palazzo reale e l’area del Teatro romano.

“Il movimento a tutto il flusso – spiega Tua - viene dato dalla permanenza di ogni gruppo di 240 persone davanti alla Sindone. Qui un lettore indicherà i punti del telo da osservare e dopo la lettura di una breve preghiera inviterà i pellegrini ad uscire. A seconda dell’affluenza il tempo di sosta varierà da 3,5 a 5 minuti”.

Un meccanismo così cadenzato è guidato da un gestore di area che “ha un pulsante con tre posizioni – minima, media e massima, a seconda dell’affluenza di quel giorno -; quando la luce diventa rossa, schiaccia e si accende una lucetta analoga sul leggio del lettore davanti alla Sindone. Altre lucette sono posizionate lungo il percorso a terra: quando passano dal verde al rosso, i volontari invitano i pellegrini ad uscire”.

Di fronte alla Sindone il percorso si sviluppa su tre livelli per consentire al maggior numero di persone possibile di poter contemplare il telo.

Occorrerà almeno un’ora ai pellegrini per arrivare dall’ingresso dai Giardini reali bassi all’uscita dal duomo. Un percorso ridotto è previsto al mercoledì pomeriggio nell’appuntamento settimanale riservato alle persone disabili e ai malati. Si accederà nel cortile di Palazzo reale da dove si passerà direttamente al padiglione della “pre-lettura” e, quindi in duomo. Le persone ipovedenti o cieche potranno usufruire di un pannello a loro dedicato con l’immagine della Sindone in rilievo.

Alla fine del percorso, chi vuole può rientrare dalla porta centrale del duomo e fermarsi a contemplare la Sindone più da lontano. A destra del duomo, nei locali di Palazzo Chiablese, è stata allestita la cappella della Penitenzieria dove è possibile fermarsi per l’adorazione eucaristica e per accostarsi al sacramento della penitenza.

Presso il Palazzo della regione (all’angolo con via Palazzo di città) è presente un bookshop e un punto di accoglienza per turisti e pellegrini dove vengono accettate anche richieste dell’ultimo momento per chi arriva a Torino senza aver potuto prenotare la visita in anticipo.

Di fatto: “non c’è una scadenza temporale per le prenotazioni – afferma Willy Cuoco, responsabile del sistema di prenotazioni per la Sindone-, ma solo un limite di capienza. Lo sforzo è indirizzato a non sforare troppo dai numeri previsti per permettere ai pellegrini almeno una sosta di qualche minuto”.

“Durante i giorni di massima affluenza, come sabato e domenica – prosegue Cuoco - i pellegrini arriveranno a 52 mila, mentre nei giorni della settimana meno richiesti scenderanno a 13 mila, per una media di 37 mila presenze per ogni giorno di ostensione”.

“Ci sono gruppi di pellegrini – afferma Cuoco - che vengono al mattino presto per la visita prenotata e ripartono subito dopo: dalla Basilicata un gruppo si è organizzato così, viaggiando di notte in pullman sia all’andata che al ritorno per abbattere i costi. C’è anche chi viene dagli Stati Uniti per un giorno solo. Un gruppo di pellegrini siciliani - metà dei quali disabili – fa tappa qui dopo un viaggio a Lourdes e poi riparte in treno”.

“La maggior parte dei prenotati – spiega Cuoco - appartiene a pellegrinaggi parrocchiali o diocesani. Non si tratta di viaggi turistici, ma di veri pellegrinaggi, con il desiderio di un’esperienza da vivere nell’intimo. Per tutti, credenti e laici, magari curiosi circa gli aspetti scientifici, è una esperienza che pone interrogativi”.

Come si conclude il percorso dei pellegrini dei pullman organizzati?

“Quando tutti gli aspetti della visita sono stati esauriti – riprende Tua – i pellegrini si dirigono verso la Prefettura e riprendono Viale dei partigiani dove è ubicato il Padiglione delle partenze. Qui sono predisposti dei monitor sui quali appare il numero assegnato al pullman al momento dell’arrivo e il numero dello stallo dove i pellegrini devono aspettarlo per salire e… speriamo vada tutto per il meglio! Il Comitato per l’ostensione, i volontari, le istituzioni, siamo tutti impegnati al massimo per mostrare ai pellegrini il volto più accogliente della chiesa e del territorio torinese”.

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Notizie dal mondo


In Europa 79 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà
Sottolinea il presidente della COMECE nell'Assemblea Plenaria
di Nieves San Martín

BRUXELLES, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- La Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea (COMECE) ha aperto questo mercoledì la sua Assemblea Plenaria di primavera con un rapporto del suo presidente, Adrianus van Luyn, Vescovo di Rotterdam, che ha sottolineato che in Europa 79 milioni di persone vivono sotto la soglia della povertà.

Il tema principale dell'Assemblea, alla quale assistono i 21 Vescovi membri, è "2010, Anno Europeo per Combattere la Povertà e l'Esclusione Sociale".

Nel suo intervento, il presidente della COMECE ha ricordato che il 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona e ha parlato dei futuri compiti del nuovo presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, esprimendo soddisfazione per il fatto che questi abbia "accettato il nostro invito a venire a prendere la parola davanti alla nostra Assemblea Plenaria".

Su un dialogo tra l'Unione Europea e le Chiese e comunità religiose, esistente dal 2006, ha affermato che "non si tratta di reinventare o creare questo dialogo, ma piuttosto di dotarlo di una struttura che promuova maggiormente il dialogo esistente per far fruttificare ciò che si è sviluppato lentamente".

Il presidente della COMECE ha anche segnalato la propria delusione per gli scarsi risultati del vertice sul clima di Copenhagen.

Sull'Anno Europeo contro la Povertà e l'Esclusione, monsignor van Luyn ha affermato che "i sistemi di sicurezza sociale all'interno dell'Unione Europea sono i più avanzati del mondo. Molti europei, tuttavia, vivono ancora oggi al di sotto della soglia di povertà". Le cause, secondo il Vescovo di Rotterdam, sono molto complesse, ma i numeri parlano da sé.

79 milioni di persone, cioè il 16% degli europei, vivono sotto questa soglia.

Un europeo su dieci vive attualmente in una famiglia in cui nessuno lavora. Anche il lavoro, però, non sempre difende dal rischio della povertà. La crisi economica e finanziaria ha inoltre provocato un aumento della disoccupazione in tutta Europa.

Per l'8% dei cittadini dell'Unione Europea, il lavoro non basta per sfuggire alla povertà.

Nella maggior parte dei Paesi membri, i bambini, più che gli adulti, sono esposti al rischio della povertà. Ne è minacciato il 19% di loro, cioè 19 milioni.

Il presidente della COMECE ha affermato che l'organismo si dedicherà "a questo tema in modo più profondo" in questa Assemblea. Esiste un gruppo di lavoro con rappresentanti della COMECE, della Conferenza delle Chiese Europee (KEK), di Caritas Europa e di Eurodiaconie per elaborare un documento comune sul fenomeno della povertà e proporre politiche concrete di lotta contro di essa.

Sulla revisione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, il Vescovo ha affermato che nelle ultime settimane è stato compiuto un passo concreto "che rafforza la nostra speranza". L'8 aprile, ha ricordato, i Presidenti Obama e Medvedev hanno firmato a Paraga un "nuovo START". "Tutto questo ci fa sperare che i negoziati di revisione del Trattato nel maggio prossimo apportino nuovi progressi nello smantellamento degli armamenti nucleari", ha sottolineato.

Sulla crisi economica e finanziaria, dopo aver ricordato la crisi greca e le sue ripercussioni europee, il presule ha detto che ci si può chiedere se i Vescovi possano offrire consigli all'UE, "tenendo conto della situazione critica in cui si trova". Senza essere esperti, segnala, "dobbiamo dare un contributo che metta da parte gli aspetti tecnici per superare la crisi, per concentrarci su punti più fondamentali".

"Partendo dalla Dottrina Sociale della Chiesa, non possiamo giungere ad altra conclusione se non questa: la fonte della crisi va ricercata in un errato ordinamento dei valori. Se viene preso in considerazione non chi si preoccupa per il bene comune, ma chi cerca il proprio interesse individuale, allora l'ordinamento morale non ha senso".

La crisi, ha aggiunto, "ci presenta la sfida di cambiare i nostri modelli per concentrarci sull'essenziale: preservare la dignità umana e il bene comune per la nostra generazione e per quelle a venire".

Il presidente della COMECE ha segnalato che "sarebbe fondamentale ritrovare la giusta misura delle cose, l'equilibrio tra varie polarità", "l'equilibrio nella comprensione dell'uomo, da un lato come invididuo libero, dall'altro come persona, cioè come essere relazionale, interdipendente e che vive in relazione".

"L'equilibrio tra le relazioni funzionali - legate alla domanda 'che cos'è più utile per me' - e le relazioni fondamentali, indipendenti dalla realizzazione", "la conciliazione tra gli interessi individuali legittimi e gli interessi di tutti, ovvero il bene comune".

"La tensione tra legalità - ciò che è permesso dalla legge - e giustizia. Ciò che è legale, ovvero giuridicamente permesso, non è necessariamente giusto, cioè giustificato a livello di giustizia e morale".

Il presidente della COMECE ha quindi concluso proponendo ai Vescovi presenti di indirizzare una lettera al Santo Padre, in occasione del quinto anniversario della sua elezione, per esprimergli "i nostri migliori auguri e la nostra gratitudine per il suo instancabile contributo a un'Europa cristiana".

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]




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I Vescovi USA offrono 10 consigli per difendere i bambini
Nel Mese per la Prevenzione degli Abusi Infantili
WASHINGTON, D.C., giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti offre una serie di consigli per difendere i giovani dagli abusi, in uno sforzo rinnovatore delle Diocesi del Paese per favorire la sicurezza dei bambini.

Questo lunedì, la Conferenza dei Vescovi Cattolici ha pubblicato i dieci punti, sviluppati dalla direttrice esecutiva del segretariato per i Bambini e i Giovani, Teresa Kettelkamp.

Durante il mese di aprile, definito Mese della Prevenzione degli Abusi Infantili, il personale delle varie Diocesi del Paese sta rinnovando i propri programmi e gli sforzi per difendere i giovani.

L'episcopato ha sottolineato che è stato uno "sforzo chiave" della Chiesa dalla Lettera del 2002 per la Protezione dei Bambini e dei Giovani.

Basandosi sui dati raccolti dalla Chiesa dopo aver affrontato vari casi di abuso sessuale da parte del clero, la Kettelkamp ha realizzato una sintesi di dieci consigli.

"L'abuso sessuale è sulla vittima - ha detto -. Quando un sacerdote abusa di un minore vengono coinvolte molte persone, ma la persona più colpita è la vittima che ha subito una violazione della fiducia che può intaccare tutta la sua vita".

La Kettelkamp ha ricordato ai fedeli che "nessuno ha il diritto di avere accesso ai bambini".

"Nessuno, non importa chi sia, ha un diritto automatico di stare con bambini o giovani che sono affidati alle cure della Chiesa senza una selezione adeguata e senza seguire le regole".

"Il senso comune non è sempre così comune", ha aggiunto.

Per l'esperta, "è ingenuo presupporre che le persone conoscano automaticamente i limiti, per cui le organizzazioni e le famiglie devono esprimerli in modo chiaro".

Barriere di sicurezza

Per la direttrice esecutiva del segretariato, "l'abuso sessuale di minori può essere prevenuto".

Per questo, ha esortato i membri della Chiesa a "costruire barriere di sicurezza intorno ai bambini e ai giovani per difenderli", attraverso "guardiani, codici di condotta, valutazioni di fondo, politiche e procedure e l'abilitazione di programmi di sicurezza".

"Gli effetti residuali di aver subito abusi possono durare tutta la vita", ha ribadito la Kettelkamp.

Ad ogni modo, ha sottolineato, "a volte allevia il danno e l'ira il fatto di sentirsi ascoltati, che qualcuno prenda sul serio la sofferenza e le preoccupazioni e che la vittima/sopravvissuto riconosca un adeguato sentimento di rabbia e indignazione".

La lista di consigli avverte che "l'esperienza dimostra che la maggior parte degli abusi avviene da parte di qualcuno che si è guadagnato la fiducia di una vittima/sopravvissuto e della sua famiglia. La maggior parte degli abusi avviene nel contesto familiare".

"La formazione e l'educazione aiutano gli adulti a riconoscere le tecniche che precorrono l'abuso", si segnala.

"Alcuni abusatori isolano una potenziale vittima dandole un'attenzione indebita o facendole splendidi regali".

"Un'altra tecnica comune di avvicinamento consiste nel permettere ai giovani di partecipare ad attività che i loro genitori o i loro tutori non approverebbero, come vedere pornografia, bere alcool, assumere droghe e un contatto eccessivo, che include lotte e solletico".

La Kettelkamp ha infine ricordato che "ripercorrere i precedenti in chiese, scuole e altre organizzazioni mantiene gli abusatori lontani dai bambini, sia perché spaventa alcuni di loro che perché fa scoprire azioni passate che dovrebbero portare a proibire a un adulto di lavorare o svolgere volontariato con i bambini".

I dieci consigli si possono consultare su www.usccb.org/comm/archives/2010/10-066.shtml




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Sudan: le elezioni, test in vista del referendum sull'autonomia del Sud
Un Vescovo auspica correttezza e una vera "trasformazione politica"
ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Un Vescovo cattolico di Khartoum ha avvertito del fatto che un gioco sporco nelle elezioni del Sudan potrebbe innescare una grave crisi politica

Riferendosi ai resoconti sulle presunte frodi elettorali e sul ritiro all'ultimo momento di partiti e candidati, il Vescovo Daniel Adwok Kur ha affermato che esiste il pericolo che la gente perda fiducia nel processo politico.

Il presule ha sottolineato il crescente allarme per le notizie non confermate provenienti da varie parti del Paese e relative a scarsa organizzazione dei registri elettorali e dei seggi, intimidazione degli elettori e altre irregolarità, inclusi brogli da parte del National Congress Party, il partito al potere del Governo nazionale di Khartoum.

Parlando dalla capitale sudanese in un'intervista all'associazione caritativa cattolica "Aiuto alla Chiesa che Soffre" (ACS), il Vescovo ausiliare di Khartoum ha affermato che "i resoconti sulle irregolarità fanno chiedere se alla fine queste elezioni potranno essere definite 'libere e giuste'".

Le consultazioni sono iniziate domenica 11 aprile nelle prime elezioni nazionali svoltesi in Sudan dal 1986, considerate un precursore fondamentale del referendum del gennaio prossimo in cui gli abitanti del sud del Paese decideranno se rimanere parte di un Sudan unito o creare un nuovo Stato.

Sottolineando l'estensione del periodo delle votazioni, che rimanderà i risultati finali alla settimana prossima, il Vescovo Adwok ha espresso la profonda preoccupazione che le elezioni possano non rispettare le raccomandazioni per lo sviluppo politico del Paese previste nell'Accordo Comprensivo di Pace (Comprehensive Peace Agreement, CPA).

L'Accordo, che ha posto fine a oltre 20 anni di guerra civile, ha stabilito un patto temporaneo per la divisione del potere tra il Governo islamico con base a Khartoum e l'Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese (Sudan People's Liberation Army, SPLA), il movimento ribelle del sud.

"E' più che giusto chiedersi se queste elezioni possono davvero portare alle persone la trasformazione politica promessa dal CPA", ha commentato il Vescovo Adwok.

"Quando verranno diffusi i risultati, è probabile che si verifichino tensioni e anche scontri tra le parti. Si metterà sicuramente in discussione la correttezza elettorale", ha aggiunto.

"Per noi qui nel nord - ha riconosciuto -, sembra che ci sia stata una mancanza di candidati disposti a promuovere un Sudan multiculturale, plurilinguistico, plurirazziale, multietnico e multireligioso, come stabilisce la Costituzione ad interim". "La gente vuole l'unità nella diversità".

Nonostante la confusione provocata dal ritiro del Partito di Liberazione del Popolo Sudanese (Sudan People's Liberation Movement, SPLM) nel nord del Paese, ha riferito, la gente è determinata a votare.

"L'atteggiamento delle persone è davvero un chiaro segno del fatto che vogliono queste elezioni. Vogliono una vera trasformazione democratica dopo anni di dittatura militare nel nord. Per il sud, si vuole la libertà di decidere il proprio destino nel referendum del 2011".

"Queste elezioni sono una prova in vista del referendum - ha concluso il presule -. Ci permetteranno di vedere la performance di quei candidati che verranno eletti nel periodo che porta alla consultazione di gennaio".

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Malta: al crocevia delle fedi e della confessioni cristiane
La storia dell'arcipelago si confronta oggi con l'immigrazione
ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'articolo di don Hector Scerri, presidente della Commissione Ecumenica e professore di Teologia dogmatica dell'Università di Malta, apparso sul mensile "Paulus" in formato online (Anno II n. 19 - Aprile 2010).

 


* * *

L'isola di Malta, al centro del Mediterraneo e dunque al crocevia delle culture e delle religioni, abbraccia una vocazione ecumenica molto antica. Questa chiamata è intimamente intrecciata con la sua storia plurimillenaria. Gli antichi templi megalitici risalgono al terzo millennio a.C. Allora, Malta era già un'isola dove mercanti e marinai provenienti dalla Fenicia e da altre zone lontane del bacino mediterraneo sostavano non soltanto per ragioni di commercio o di riparo, ma anche per motivi spirituali.

I dominatori dell'arcipelago

Il cristianesimo a Malta risale al periodo apostolico con la predicazione di san Paolo, naufrago nell'isola nell'anno 60. Nei secoli successivi, il cristianesimo ha lasciato un'impronta determinante sulla storia di Malta e sul carattere del suo popolo, pur dovendo fronteggiare vicende alterne, mentre subentravano al dominio dell'arcipelago i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Aragonesi, fino al Sacro Imperatore Carlo V. Dopo la lunga e importante fase dei Cavalieri dell'Ordine di San Giovanni (1530-1798), vi fu un breve periodo Francese (1798-1800), seguito dall'impero coloniale britannico (1800-1964).

Malta divenne Nazione indipendente il 21 settembre 1964, Repubblica parlamentare il 13 dicembre 1974 e membro dell'Unione Europea il 1° maggio 2004. Oggi la Chiesa Cattolica, in questo paese, è strutturata in due circoscrizioni: l'Arcidiocesi di Malta con 390.000 abitanti (380.000 cattolici) e la Diocesi di Gozo con 30.000 abitanti (29.500 cattolici).

Il cristianesimo a Malta

Le fonti storiche sono frammentarie nell'illuminare la vita della Chiesa dagli inizi al 1530, quando giunsero da Rodi i Cavalieri di San Giovanni (Ordine di Malta). Nei secoli IV-VI le isole gravitavano nell'orbita di Costantinopoli. Accertati sono i secolari legami con la Chiesa in Sicilia: la diocesi di Malta fu suffraganea di Palermo dal 1156 al 1831. Non esiste una documentazione certa circa il primo Vescovo residente a Malta. Secondo la tradizione, il primo pastore fu San Publio, il protos (governatore) dell'Isola che accolse l'Apostolo Paolo (Atti degli Apostoli 28,7). Nelle fonti, il nome di un vescovo di Malta appare per la prima volta nel maggio 553: Iulianus episcopus Melitensis che firmò il Constitutum de Tribus Capitulis nel contesto del Secondo Concilio di Costantinopoli.

È provato che in periodi antichi (secoli V e VI) Malta sia stata benedetta dalla presenza di monaci e poi, dal tardo Medioevo, dalle congregazioni mendicanti: i Francescani dal 1347, gli Agostiniani intorno al 1370, i Carmelitani dal 1441 e i Domenicani dal 1450. Vi si aggiunsero ben presto i Gesuiti attraverso la vicina Sicilia; si stabilirono regolarmente a Malta nel 1592 fondando il Collegium Melitense, contemporaneo al Collegio Romano e con le stesse finalità.

Il periodo dell'Ordine di San Giovanni (1530-1798) vide una particolare fioritura della Chiesa a Malta, con l'erezione di numerose parrocchie e con la feconda promozione dell'arte barocca nelle chiese. In questo periodo troviamo, nel fecondo archivio dell'Inquisizione a Malta, riferimenti a contatti della gente locale con luterani e altri protestanti, e sporadici tentavi a far circolare a Malta pubblicazioni appartenenti a queste confessioni. Naturalmente, l'Inquisizione faceva il suo dovere.

L'immigrazione di oggi, il colonialismo di ieri

Venendo ad oggi, un grave problema è costituito dalla immigrazione irregolare. Si calcola che dal 2002 siano giunti a Malta su imbarcazioni di fortuna oltre 13.000 africani, in maggioranza di fede islamica, che avevano per destinazione l'Italia.

Malgrado la tradizionale ospitalità del popolo maltese, le questioni suscitate da tale crescente presenza sono molteplici: sociali, politiche, religiose. Atteggiamenti di razzismo s'intrecciano con esemplari casi di accoglienza, mentre i Vescovi maltesi lanciano la sfida si testimoniare e di annunciare il Vangelo ai migranti. I rapporti della Chiesa cattolica con le altre Chiese e confessioni cristiane (anglicani, protestanti, ortodossi) sono buone. Durante il periodo coloniale britannico furono costruiti alcune chiese per le confessioni alle quali appartenevano le forze militari e navali britanniche. Sono stati registrati soltanto pochi tentativi - e senza successo - di proselitismo a Malta da parte di missionari o predicatori britannici. Intanto, il governo coloniale adottava, con grande saggezza, una politica di grande prudenza verso la chiesa cattolica a Malta e, dunque, verso i sentimenti religiosi cattolici della popolazione delle isole. Infatti i rapporti tra cattolici e le altre confessioni cristiane, a Malta, sono stati e rimangono ottimi.

Forte presenza ortodossa

Negli ultimi anni è cresciuto il numero di cristiani di confessione ortodossa (delle chiese chiamate calcedonesi). La maggioranza viene da Paesi dell'Est europeo, specialmente come risultato di una maggiore mobilità tra i Paesi dell'Unione Europea. C'è una comunità di ortodossi greci e ciprioti che fa parte della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d'Italia e di Malta, con sede a Venezia. Esiste una folta comunità di ortodossi russi, ucraini e bielorussi in crescita, anche come risultato dei matrimoni con maltesi. Ci sono poi anche gli ortodossi serbi e montenegrini che insieme formano una parrocchia che fa parte della Diocesi Ortodossa Serba di Gran Bretagna, Scandinavia e Malta. C'è una comunità di ortossi bulgari, parte del Vicariato di Italia, San Marino e Malta, ma sempre sotto la giurisdizione del Patriarca di Bulgaria, e una piccola comunità di ortodossi rumeni. Vi sono infine alcune comunità di ortodossi non-calcedonesi: alcune dei copti ortodossi, altre del Patriarcato ortodosso dell'Etiopia e del Patriarcato dell'Eritrea.

I cattolici maltesi, che sono la stragrande maggioranza della popolazione dell'isola - nonostante essa sia sempre stata, come abbiamo visto, un crogiuolo di culture e di religioni -, mantegono ottimi rapporti con le tutte le altre confessioni cristiane. Fin dagli anni Settanta è stata costituita, infatti, un'attiva Commissione Ecumenica Diocesana che lavora affinché la comunità cattolica sia più informata e consapevole del crescente numero delle altre tradizioni cristiane nel Paese. Su questa realtà ecumenica si cerca di sensibilizzare i sacerdoti e gli operatori pastorali. Questa Commissione collabora tanto con un altro gruppo, il Malta Ecumenical Council, che dalla metà degli anni Novanta raccoglie insieme una rappresentanza di ogni confessione cristiana, con lo scopo di organizzare incontri ecumenici di preghiera e altre attività.

Crescita islamica

Desta qualche apprensione la crescente presenza di musulmani. Essi dispongono a Malta di due imam, di una moschea e di un grande complesso scolastico. È in programma la costruzione di una seconda moschea e di un secondo centro educativo.

Così, da una parte, la comunità cattolica maltese affronta le sfide della secolarizzazione, del relativismo, dell'individualismo, e della presenza di migranti di fede islamica, mentre la percentuale dei praticanti domenicali è scesa al 50% (75% nel 1982). Allo stesso tempo, oggi esiste una maggiore apertura verso i membri di altre confessioni cristiane e di altre religioni. Probabilmente, l'apostolo Paolo, naufrago a Malta 1950 anni fa, oggi avrebbe cercato di dialogare con queste comunità. Avrebbe forse ripetuto la sua esperienza dell'Areopago di Atene.


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Dottrina Sociale e Bene Comune


Per un Paese solidale: Chiesa italiana e Mezzogiorno
di mons. Angelo Casile*


ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- È un invito al coraggio e alla speranza il documento dell'Episcopato Italiano Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (PSCM). A vent'anni dalla pubblicazione del documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno (18 ottobre 1989), i Vescovi italiani riprendono la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d'Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all'attenzione della comunità ecclesiale nazionale.

Riprendere il cammino della solidarietà reciproca

«Vogliamo riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d'Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all'attenzione della comunità ecclesiale nazionale, nella convinzione "degli ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale [...] alla luce dell'insegnamento del Vangelo e con spirito costruttivo di speranza". Torniamo sull'argomento... per ribadire la consapevolezza del dovere e della volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d'Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese. Nel 1989 sostenemmo: "il Paese non crescerà, se non insieme". Anche oggi riteniamo indispensabile che l'intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle singole parti» (PSCM 1), è «il bene di quel "noi-tutti", formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale» (Caritas in veritate, 7).

Guardare con amore intelligente al Mezzogiorno e al Paese

Siamo invitati a guardare con amore intelligente al Mezzogiorno e all'intero Paese nella consapevolezza che «lo sviluppo dei popoli si realizza non in forza delle sole risorse materiali di cui si può disporre in misura più o meno larga, ma soprattutto grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli uni per gli altri (cfr Caritas in veritate, 19)... Il Signore «ci spinge a metterci a servizio gli uni degli altri (cfr Gv 13,14 e Gal 6,2), perché soltanto questa reciprocità d'amore ci permette di essere riconosciuti da tutti come suoi discepoli (cfr Gv 13,35). Il nostro guardare al Paese, con particolare attenzione al Mezzogiorno, vuole essere espressione, appunto, di quell'amore intelligente e solidale che sta alla base di uno sviluppo vero e giusto, in quanto tale condiviso da tutti, per tutti e alla portata di tutti» (PSCM 2). «Se l'amore è intelligente, sa trovare anche i modi per operare secondo una previdente e giusta convenienza» (Caritas in veritate, 65), attingendo forza dall'inesauribile sorgente dell'Eucaristia, esemplarità di condivisione, fonte e compimento della vita della Chiesa (PSCM 3).

Crescere insieme nell'accoglienza

È importante «promuovere la necessaria solidarietà nazionale e lo scambio di uomini, idee e risorse tra le diverse parti del Paese» poiché «un Mezzogiorno umiliato impoverisce e rende più piccola tutta l'Italia» (PSCM 8).

La solidarietà nazionale deve aprirsi anche all'accoglienza degl'immigrati, che spesso al Sud vivono un primo approdo nella speranza e sperimentano quel «laboratorio ecclesiale in cui si tenta, dopo aver assicurato accoglienza, soccorso e ospitalità, un discernimento cristiano, un percorso di giustizia e promozione umana e un incontro con le religioni professate dagli immigrati e dai profughi» (PSCM 4).

Non lasciamoci scoraggiare da deficienze, dalla «necessità di far crescere il senso civico di tutta la popolazione», dall'«urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti» (PSCM 1), occorre valorizzare sempre più le «non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità ecclesiali del Sud, a una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarietà che devono provenire dall'Italia intera nell'articolazione di una sussidiarietà organica» (PSCM 1).

Guardare al Sud con occhi attenti e aperti al mondo

I vescovi collocano i problemi del Mezzogiorno nell'orizzonte dell'Europa e del Mediterraneo, che pone occasioni di nuove opportunità ma anche di nuovi problemi, da vivere con responsabilità nel contesto della globalizzazione (cfr Caritas in veritate, 37). La Chiesa segue questi cambiamenti e li discerne alla luce della dottrina sociale e del Vangelo, «che ci indica la via del buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37): per i discepoli di Cristo la scelta preferenziale per i poveri significa aprirsi con generosità alla forza di libertà e di liberazione che lo Spirito continuamente ci dona, nella Parola e nell'Eucaristia» (PSCM 4).

Non vengono nascosti i problemi che affliggono il Mezzogiorno: lo «stravolgimento del mondo dell'agricoltura», «il fenomeno delle ecomafie» (PSCM 5), il «particolarismo familistico», il «fatalismo», la «falsa onorabilità», l'«omertà diffusa», lo svantaggio delle donne «nel superamento della disoccupazione e dell'inattività» (PSCM 6), la «radicale fragilità del suo tessuto sociale, culturale ed economico» (PSCM 7), il «divario nel livello dei redditi, nell'occupazione, nelle dotazioni produttive, infrastrutturali e civili» (PSCM 8), le «mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l'economia, deformano il volto autentico del Sud» (PSCM 9), la «povertà», la «disoccupazione», l'«emigrazione interna» (PSCM 10).

Coltivare la speranza per vincere la sfiducia

È fondamentale non lasciarsi schiacciare dai molteplici problemi che affliggono le nostre terre: «Contro ogni tentazione di torpore e di inerzia, abbiamo il dovere di annunciare che i cambiamenti sono possibili» (PSCM 19).

Occorre guardare i «volti nuovi di uomini e donne che si espongono in prima persona, lavorano con rinnovata forza morale al riscatto della propria terra, lottano per vincere l'amarezza dell'emigrazione, per debellare il degrado di tanti quartieri delle periferie cittadine e sconfiggere la sfiducia che induce a rinviare nel tempo la formazione di una nuova famiglia. Sono volti non rassegnati, ma coraggiosi e forti, determinati a resistere e ad andare avanti» (PSCM 11).

Il Mezzogiorno può trovare la ragione del proprio sviluppo valorizzando le sue risorse tipiche: «la bellezza dell'ambiente naturale, il territorio e l'agricoltura, insieme al patrimonio culturale, di cui una parte rilevante è espressione della tradizione cristiana, senza trascurare quel tratto umano che caratterizza il clima di accoglienza e solidarietà proprio delle genti del Sud» (PSCM 13).



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*Mons. Angelo Casile, Direttore dell'Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro.

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Segnalazioni


Corso per i diplomatici dei Paesi dell'America Latina
Dal 10 al 22 maggio, tra Roma e Torino

ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- In considerazione dell’importanza e della specificità dell’azione diplomatica della Chiesa cattolica nel mondo di ieri e di oggi, dal 10 al 22 maggio prossimi si terrà un Corso per i diplomatici dei Paesi dell’America Latina.

Il primo modulo, dedicato a ‘La Chiesa cattolica: principi guida, strutture organizzative e azione diplomatica’ si svolgerà a Roma dal 10 al 16 maggio. Il secondo modulo, dedicato a ‘Le Opere sociali della Chiesa in un contesto industriale’, a Torino dal 17 al 22 maggio.

Il corso - organizzato dalla Fondazione “La Gregoriana” e dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain - segue le tre edizioni precedenti dedicate, rispettivamente, ai diplomatici dei Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, a quelli dei Paesi dell’Africa e, lo scorso anno, ai diplomatici Asiatici.

All’organizzazione collabora anche il Ministero degli Affari Esteri e dà il suo Patrocinio la Provincia di Roma. Partner universitari sono la Georgetown University di Washington D.C., la Pontificia Università Gregoriana di Roma e l’AUSJAL, (Asociación de Universidades Confiadas a la Compańia de Jesùs en America Latina).

In particolare due atenei membri di questa associazione - la Pontificia Universidad Javeriana di Bogotà e l’Universidad Iberoamericana di Città del Messico – partecipano inviando loro docenti al corso.

Il corso – fanno sapere gli organizzatori in una nota - intende fornire una conoscenza della sua attività sotto diversi aspetti, per comprenderne l’impegno religioso, diplomatico, sociale e umanitario a servizio della pace, della salvaguardia del Creato e della promozione dei diritti umani.

Dunque mira a garantire a un gruppo selezionato di allievi in carriera diplomatica, invitati attraverso i Ministeri degli Affari Esteri di 23 Paesi dell’America Latina, gli strumenti per cogliere il senso e le modalità esecutive della cosiddetta ‘azione umanizzante’ della Santa Sede a livello internazionale, che si sostanzia in una vera e propria ‘diplomazia del Vangelo’.

Argomenti del corso saranno: lo status giuridico internazionale della Città del Vaticano; l’organizzazione e il funzionamento dei diversi organi della Santa Sede; l’articolazione dell’episcopato mondiale e delle chiese locali; l’attività diplomatica delle Nunziature; l’azione umanitaria della Santa Sede in favore della pace e dei diritti umani; il dialogo ecumenico e interreligioso.

Incontri specifici saranno dedicati al ruolo dell’America Latina e delle Chiese locali nella crisi contemporanea e di fronte alle sfide e alle opportunità offerte dalla globalizzazione; al ruolo dell’associazionismo laico e dei movimenti d’ispirazione cristiana e ai rapporti diplomatici e agli scambi culturali tra Italia e America Latina.

Protagonisti delle sessioni inaugurali e docenti del corso saranno, tra gli altri, autorevoli rappresentanti vaticani, come: il Cardinale Jean-Louis Tauran, per 13 anni alla guida della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato; il Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) e dal 2007 Presidente della Caritas Internazionale; e l'Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, rappresentante permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altri organismi internazionali a Ginevra. Interverranno tuttavia anche docenti universitari, ambasciatori, rappresentanti di realtà laicali del mondo cattolico e giornalisti specializzati provenienti dall’Italia e dal mondo.

Le due settimane saranno articolate in lezioni, seguite da discussioni libere, oppure workshop; saranno effettuate visite ad organismi ed istituzioni di particolare interesse, incontri con personalità del mondo cattolico e visite guidate a luoghi d’interesse artistico e culturale.

Il corso sarà un’occasione per capire come le popolazioni e le cancellerie politiche latino-americane guardano alla Chiesa di Roma e quanto conoscono davvero la sua attività diplomatica internazionale a servizio della pace e della promozione dei diritti umani.

Il ciclo di lezioni sulla politica della Chiesa cattolica cade inoltre nel 2010, anno in cui si aprono le celebrazioni del bicentenario dell’indipendenza in diverse nazioni ispanoamericane, come il Venezuela, l’Argentina, la Colombia, il Messico e il Cile. Sarà dunque un’occasione per riflettere sul ruolo della Chiesa e della cultura cattolica nei due secoli di storia dell’America Latina e per guardare allo sviluppo del cattolicesimo latino-americano.

Allo stesso tempo il corso rappresenta un’occasione interessante per guardare all’attualità dei rapporti tra la Chiesa di Roma, le Chiese locali e le nazioni latinoamericane a tre anni dalla V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e del Caribe, conclusa ad Aparecida in Brasile da Benedetto XVI, durante il suo primo storico viaggio in America Latina.



[Per maggiori informazioni: Tel. + 39.06.670 15 105 - Fax + 39.06.670 15 373, segreteriaflagregoriana@unigre.it; Tel. + 39.06.487 43 36 - Fax +39.06.482 51 88, diplomats@maritain.org; fcolagrande@yahoo.it]

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"Paulus" riprende le pubblicazioni
In occasione del viaggio del Santo Padre a Malta
ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- In occasione del viaggio di Papa Benedetto XVI a Malta per il 1950° anniversario del naufragio di san Paolo sulle coste dell'isola, il mensile “Paulus” riprende le pubblicazioni in formato online, all'interno del sito rinnovato paulusweb.net.

Il sito è espressione del Centro Studi PAULUS - Bibbia e Comunicazione, una realtà in embrione della Società San Paolo a cui si è dato avvio per sviluppare pensiero e formazione secondo le finalità proprie del carisma paolino. In particolare Paulusweb, nato in concomitanza con l’Anno Paolino, ha l’ambizione di stabilire interazioni, contatti e offrire servizi, in continuità con l’esperienza del magazine cartaceo Paulus.

L’obiettivo di fondo è di approfondire la strategia di annuncio di Paolo e aprirsi alla condivisione in rete, partendo da una conoscenza sempre più attenta del suo messaggio e del riverbero che di esso si percepisce oggi nei vari ambiti della comunicazione e nella cronaca.

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Benedetto XVI: l'Eucaristia centro e fonte del ministero petrino
Discorso ai Vescovi della regione Norte 2 del Brasile in "visita ad limina"

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza i presuli della regione Norte2 della Conferenza episcopale del Brasile, in occasione della loro visita “ad limina Apostolorum”.

 



* * *

Amati Fratelli nell'Episcopato,

La vostra visita ad limina ha luogo nel clima di lode e giubilo pasquale che avvolge la Chiesa intera, adornata dalla luce sfolgorante di Cristo Risorto. In lui, l'umanità ha superato la morte e ha completato l'ultima tappa della sua crescita entrando nei Cieli (cfr Ef 2, 6). Ora Gesù può liberamente ritornare sui suoi passi e incontrare, come, quando e dove vuole, i suoi fratelli. In suo nome, sono lieto di accogliervi, devoti pastori della Chiesa di Dio che peregrina nella Regione Norte 2 del Brasile, con il saluto fatto dal Signore quando si presentò risorto agli Apostoli e compagni: «Pace a voi» (Lc 24, 36).

La vostra presenza qui ha un sapore familiare, poiché sembra riprodurre il finale della storia dei Discepoli di Emmaus (cfr Lc 24, 33-35): siete venuti per narrare quello che è accaduto lungo il cammino fatto con Gesù dalle vostre diocesi disseminate nell'immensità della regione amazzonica, con le loro parrocchie e le altre realtà che le compongono, come i movimenti, le nuove comunità e le comunità ecclesiali di base in comunione con il loro vescovo (cfr Documento di Aparecida, n. 179). Nulla potrebbe rallegrarmi maggiormente del sapervi in Cristo e con Cristo, come testimoniano i resoconti diocesani che avete inviato e per i quali vi ringrazio. Sono riconoscente in modo particolare a monsignor Jesus Maria Cizaurre per le parole che mi ha appena rivolto a nome vostro e del popolo di Dio a voi affidato, sottolineando la sua fedeltà e la sua adesione a Pietro. Al vostro ritorno, assicuratelo della mia gratitudine per questi sentimenti e della mia benedizione, aggiungendo: «davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!» (Lc 24, 34).

In quell'apparizione, le parole — se ci sono state — sono sfumate nella sorpresa di vedere il Maestro redivivo, la cui presenza dice tutto: ero morto, ma ora sono vivo e voi vivrete attraverso di me (cfr Ap 1, 18). E, essendo vivo e risorto, Cristo può divenire «pane vivo» (Gv 6, 51) per l'umanità. Per questo sento che il centro e la fonte permanente del ministero petrino sono nell'Eucaristia, cuore della vita cristiana, fonte e culmine della missione evangelizzatrice della Chiesa. Potete così comprendere la preoccupazione del Successore di Pietro per tutto ciò che può offuscare il punto più originale della fede cattolica: oggi Gesù Cristo continua a essere vivo e realmente presente nell'ostia e nel calice consacrati.

La minore attenzione che a volte si presta al culto del Santissimo Sacramento è indice e causa dell'oscuramento del significato cristiano del mistero, come avviene quando nella Santa Messa non appare più preminente e operante Gesù, ma una comunità indaffarata in molte cose, invece di essere raccolta e di lasciarsi attrarre verso l'Unico necessario: il suo Signore. Ora l'atteggiamento principale e fondamentale del fedele cristiano che partecipa alla celebrazione liturgica non è fare, ma ascoltare, aprirsi, ricevere... È ovvio che, in questo caso, ricevere non significa restare passivi o disinteressarsi di quello che lì avviene, ma cooperare — poiché di nuovo capaci di farlo per la grazia di Dio — secondo «la genuina natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; tutto questo, in modo tale, però, che ciò che in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati» (Sacrosanctum Concilium, n. 2). Se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice.

Quanto sono distanti da tutto ciò coloro che, a nome dell'inculturazione, incorrono nel sincretismo introducendo nella celebrazione della Santa Messa riti presi da altre religioni o particolarismi culturali (cfr Redemptoris Sacramentum, n. 79)! Il mistero eucaristico è un «dono troppo grande — scriveva il mio venerabile predecessore Papa Giovani Paolo II — per sopportare ambiguità e diminuzioni», in particolare quando, «spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno» (Ecclesia de Eucharistia, n. 10). Alla base delle varie motivazioni addotte, vi è una mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo in soccorso dell'uomo. Questi, tuttavia, «si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si senta come incatenato» (Costituzione Gaudium et spes, n. 13). La confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità.

Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo. «La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce» (Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, n. 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero.

«Resta con noi, Signore!» (cfr Lc 24, 29): così pregano i figli e le figlie del Brasile in vista del XVI Congresso eucaristico nazionale, che si terrà fra un mese a Brasilia e che in tal modo vedrà il giubileo aureo della sua fondazione arricchito con l'«oro» dell'eternità presente nel tempo: Gesù Eucaristia. Che egli sia veramente il cuore del Brasile, da dove proviene la forza per tutti gli uomini e le donne brasiliani di riconoscersi e di aiutarsi come fratelli, come membri del Cristo totale. Chi vuole vivere, ha dove vivere, ha di che vivere. Si avvicini, creda, entri a far parte del Corpo di Cristo e sarà vivificato! Oggi, e qui, tutto questo auguro a quella porzione speranzosa di questo Corpo che è la Regione Norte 2, nell'impartire a ognuno di voi, a quanti collaborano con voi e a tutti i fedeli cristiani, la Benedizione Apostolica.

[Traduzione dal testo originale in portoghese a cura de “L'Osservatore Romano”]

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Messaggio del Card. Hummes per la conclusione dell'Anno sacerdotale
Invita tutti i presbiteri a riunirsi a Roma: "Venite e Dio vi benedirà"
CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio che il Prefetto della Congregazione per il Clero, il Cardinale Cláudio Hummes, ha indirizzato ai presbiteri in vista delle giornate conclusive dell'Anno sacerdotale, che avranno luogo il 9, 10 e 11 giugno prossimo in piazza San Pietro.

 



* * *

Cari Presbiteri,

La Chiesa è senz’altro molto lieta per l’Anno Sacerdotale e ringrazia il Signore per aver ispirato il Santo Padre ad indirlo. Tutte le informazioni che arrivano qui a Roma sulle numerose e molteplici iniziative intraprese dalle Chiese locali nel mondo intero per realizzare quest’anno speciale costituiscono la prova di come esso sia stato ben recepito e – possiamo dire – abbia risposto ad uno vero e profondo anelito dei presbiteri e di tutto il popolo di Dio. Era ora di dare un’attenzione speciale, riconoscente e intraprendente al grande, laborioso e insostituibile presbiterio e ad ogni singolo presbitero della Chiesa.

È vero che alcuni, ma proporzionalmente molto pochi, presbiteri hanno commesso orribili e gravissimi delitti di abusi sessuali contro minorenni, fatti che dobbiamo in modo assoluto e intransigente rifiutare e condannare. Loro devono rispondere davanti a Dio e davanti ai tribunali, anche civili. Nondimeno preghiamo che arrivino alla conversione spirituale e al perdono di Dio. La Chiesa intanto è decisa a non nascondere o minimizzare tali crimini. Ma soprattutto siamo da parte delle vittime e loro vogliamo sostenere nel recupero e nei loro diritti offesi.

D’altra parte, i delitti di alcuni non possono assolutamente essere usati per infangare l’intero corpo ecclesiale dei presbiteri. Chi lo fa, commette una clamorosa ingiustizia. La Chiesa, in quest’Anno Sacerdotale, cerca di dire ciò alla società umana. Qualsiasi persona di buon senso e di buona volontà lo capisce.

Detto necessariamente questo, torniamo a voi, cari presbiteri. A voi vogliamo dire, ancora una volta, che riconosciamo quello che siete e quello che fate nella Chiesa e nella società. La Chiesa vi ama, vi ammira e vi rispetta. Siete anche una gioia per la nostra gente cattolica nel mondo, che vi accoglie ed appoggia, soprattutto in questi tempi di sofferenze.

Tra due mesi arriveremo alla conclusione dell’Anno Sacerdotale. Il Papa, cari sacerdoti, vi invita di cuore a venire da tutto il mondo a Roma per questa conclusione il 9, 10 e 11 giugno prossimo. Da tutti i paesi del mondo. Dai paesi più vicini a Roma bisognerebbe aspettarsene migliaia e migliaia, vero? Allora, non rifiutate l’invito pressante e cordiale del Santo Padre. Venite e Dio vi benedirà. Il Papa vorrà confermare i presbiteri della Chiesa. La loro presenza numerosa in Piazza San Pietro costituirà anche una forma propositiva e responsabile dei presbiteri a presentarsi pronti e non intimiditi per il servizio all’umanità loro affidato da Gesù Cristo. La loro visibilità in piazza, dinanzi al mondo odierno, sarà una proclamazione del loro invio al mondo non per condannare il mondo, ma per salvarlo (cfr. Gv 3,17 e 12,47). In tale contesto, anche il grande numero avrà un significato speciale.

Per tale presenza numerosa dei presbiteri nella conclusione dell’Anno Sacerdotale, a Roma, c’è ancora un motivo particolare, che si colloca nel cuore della Chiesa, oggi. Trattasi di offrire al nostro amato Papa Benedetto XVI la nostra solidarietà, il nostro appoggio, la nostra fiducia e la nostra comunione incondizionata, dinanzi agli attacchi frequenti che Gli sono rivolti, nel momento attuale, nell’ambito delle sue decisioni riguardo ai chierici incorsi nei delitti di abusi sessuali su minorenni. Le accuse contro di Lui sono evidentemente ingiuste e è stato dimostrato che nessuno ha fatto tanto quanto Benedetto XVI per condannare e per combattere correttamente tali crimini. Allora, la presenza massiva dei presbiteri in piazza con Lui sarà un segno forte del nostro deciso rifiuto degli attacchi ingiusti di cui è vittima. Allora, venite anche per appoggiare pubblicamente il Santo Padre.

La conclusione dell’Anno Sacerdotale non costituirà propriamente una conclusione, ma un nuovo inizio. Noi, il popolo di Dio e i pastori, vogliamo ringraziare il Signore per questo periodo privilegiato di preghiera e di riflessione sul sacerdozio. Al contempo, ci proponiamo di essere sempre attenti a ciò che lo Spirito Santo vuol dirci. Intanto, torneremo all’esercizio della nostra missione nella Chiesa e nel mondo con gioia rinnovata e con la convinzione che Dio, il Signore della storia, resta con noi, sia nelle crisi sia nei nuovi tempi.

La Vergine Maria, Madre e Regina dei sacerdoti, interceda per noi e ci ispiri nella sequela del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore.

Roma, il 12 Aprile 2010.

Cardinale Cláudio Hummes

Arcivescovo Emerito di São Paulo

Prefetto della Congregazione per il Clero

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