mercoledì 5 maggio 2010

[ZI100505] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 05 maggio 2010

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Santa Sede


Benedetto XVI: i sacerdoti tornino al confessionale
Catechesi all'Udienza generale sulla missione di santificare dei sacerdoti

ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- La missione dei sacerdoti è quella di mettere gli uomini in contatto con Dio attraverso i sacramenti, di cui non sono “padroni, ma custodi e amministratori”. Lo ha spiegato questo mercoledì Benedetto XVI durante l'Udienza generale in una piazza san Pietro gremita da almeno 30 mila fedeli.

Dopo aver ricordato la sua recente visita alla Sacra Sindone di Torino, il Papa ha ricordato che il servizio sacerdotale di santificazione si “realizza nell’annuncio della Parola di Dio” e “in modo particolarmente intenso con i Sacramenti”.

Da qui la necessità che “ogni sacerdote ricordi che nella sua missione l'annuncio missionario e il culto non sono mai separati”; inoltre occorre “promuovere una catechesi adeguata per aiutare i fedeli a comprendere il valore dei Sacramenti, ma è altrettanto necessario, sull’esempio del Santo Curato d’Ars, essere disponibili, generosi e attenti nel donare ai fratelli i tesori di grazia che Dio ha posto nelle nostre mani”.

Infatti, ha aggiunto, “non siamo noi uomini a fare qualcosa, ma Dio in anticipo ci viene incontro con il suo agire” e “crea questo contatto, che ci trasforma man mano in vere immagini” di sé.

Pertanto il prete deve avere coscienza “di essere strumento necessario all'agire salvifico di Dio, ma pur sempre strumento”.

“Tale coscienza – ha sottolineato il Santo Padre – deve rendere umili e generosi nell’amministrazione dei Sacramenti, nel rispetto delle norme canoniche, ma anche nella profonda convinzione che la propria missione è far sì che tutti gli uomini, uniti a Cristo, possano offrirsi a Dio come ostia viva e santa a Lui gradita”.

Benedetto XVI ha quindi incoraggiato i sacerdoti a dedicarsi maggiormente al Sacramento della Riconciliazione perché “il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto”, sentendosi amato da Dio e sperimentando la presenza della Misericordia Divina.

“Siate consapevoli del grande dono che i sacerdoti sono per la Chiesa e per il mondo; attraverso il loro ministero, il Signore continua a salvare gli uomini, a rendersi presente, a santificare – ha concluso –. Sappiate ringraziare Dio, e soprattutto siate vicini ai vostri sacerdoti con la preghiera e con il sostegno, specialmente nelle difficoltà, affinché siano sempre più Pastori secondo il cuore di Dio”.

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Il Papa: proseguire sulla strada del totale disarmo nucleare
In riferimento all'ottava Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione

ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Questo mercoledì Benedetto XVI ha lanciato un appello a proseguire sulla strada per giungere a un mondo privo di armi nucleari.

All'udienza generale, in piazza San Pietro, il Papa si è rivolto ai partecipanti alla conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), cominciata lunedì a New York presso le Nazioni Unite e che durerà fino al 28 maggio, invocando iniziative concrete di pace.

“Il processo verso un disarmo nucleare concertato e sicuro è strettamente connesso con il pieno e sollecito adempimento dei relativi impegni internazionali – ha detto –. La pace, infatti, riposa sulla fiducia e sul rispetto degli obblighi assunti, e non soltanto sull'equilibrio delle forze”.

“In tale spirito – ha continuato –, incoraggio le iniziative che perseguono un progressivo disarmo e la creazione di zone libere dalle armi nucleari, nella prospettiva della loro completa eliminazione dal pianeta”.

“Esorto, infine, tutti i partecipanti alla riunione di New York a superare i condizionamenti della storia e a tessere pazientemente la trama politica ed economica della pace, per aiutare lo sviluppo umano integrale e le autentiche aspirazioni dei Popoli”, ha quindi concluso.

Il Trattato di non proliferazione di armi nucleari, firmato il primo luglio 1968 a Londra, Mosca e Washington ed entrato in vigore il 5 marzo del 1970, aveva come finalità quella di limitare la diffusione indiscriminata delle armi nucleare, limitandone il possesso a cinque Stati riconosciuti come “militarmente nucleari”: Stati Uniti, Unione Sovietica (poi Russia), Gran Bretagna, Francia e Cina, che vi hanno aderito soltanto nel 1992.

In sostanza, il Tnp proibisce agli Stati firmatari che non dispongono di armamenti nucleari, di ricevere o fabbricare tali armamenti o di procurarsi tecnologie e materiale utilizzabile per la costruzione di armamenti nucleari; e proibisce agli "Stati nucleari" firmatari di cedere a stati non-nucleari, armi nucleari e tecnologie o materiali utili alla costruzione di queste armi. Il Trattato prevede, però, il trasferimento di materiale o di tecnologie nucleari per scopi pacifici sotto lo stretto controllo dalla IAEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica).

Un passo in avanti è stato raggiunto con la conferenza di riesame del 2000 che approvò un documento, noto come i ‘tredici punti’, che tra l’altro prevedeva l’impegno a far entrare in vigore il Trattato di bando completo dei test nucleari e l’impegno degli Stati militarmente nucleari a disarmare unilateralmente.

La conferenza di riesame del 2005, tuttavia, ebbe un esito disastroso, tanto che le potenze nucleari non accolsero questo documento come base di discussione e non si ginse ad alcun nuovo piano di azione contro la proliferazione nucleare.

Attualmente il Trattato è stato firmato da 188 Paesi. Non vi hanno aderito India, Pakistan e Israele.

Gareth Evans, Copresidente della commissione internazionale per la non proliferazione e per il disarmo nucleare, ha sottolineato in un articolo su L'Osservatore Romano che “quest'anno avrà cruciale importanza anche la ratifica, da parte del Senato statunitense, del nuovo trattato tra Stati Uniti e Russia per limitare le armi nucleari strategiche dispiegate”.

“Non perché i benefici di questo accordo siano così rilevanti – ha aggiunto –, ma perché si tratta del fondamento di tutta la futura riduzione degli armamenti da parte delle due superpotenze nucleari”. Infatti, “esse possiedono il 95 per cento dello stoccaggio mondiale di 23.000 testate, che equivalgono a 150.000 bombe di Hiroshima e potenzialmente sono in grado di distruggere il mondo più volte”.

Inoltre, ha sottolineato, secondo il Rapporto pubblicato di recente dalla Commissione internazionale sulla non proliferazione nucleare e sul disarmo, Eliminating Nuclear Threats: A Practical Agenda for Global Policymaker, “le minacce poste dalle armi nucleari nelle mani sia di Governi che di terroristi, sono molto reali, più grandi adesso che in precedenza”; e “fino a quando anche un solo Paese avrà armi nucleari, anche altri le vorranno”.

“Se queste armi continueranno a esistere, prima o poi verranno usate, per sbaglio, per errore di calcolo o intenzionalmente, e qualsiasi loro uso sarà catastrofico per la vita di questo pianeta come la conosciamo”, ha affermato Gareth Evans.

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Benedetto XVI: il matrimonio, strumento di salvezza per la società
Messaggio ai partecipanti a un congresso sulla famiglia che si terrà in Svezia

ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- “Il matrimonio è uno strumento di salvezza non solo per gli sposati, ma per tutta la società”. Lo ha ricordato Benedetto XVI durante l'Udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro, rivolgendosi ai partecipanti a un congresso sulla famiglia dal titolo “Amore e Vita”, che si terrà a Jönköping, in Svezia.

L'incontro, che avrà luogo dal 14 al 16 maggio, è organizzato dalla diocesi di Stoccolma in collaborazione con la Conferenza episcopale della Scandinavia.

Il congresso si aprirà con l’indirizzo di saluto di mons. Anders Arborelius, OCD, Vescovo di Stoccolma e proseguirà con la Lectio magistralis del Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, sul tema “Il piano di Dio per l’uomo e per la donna nel Sacramento del Matrimonio. La mistica sponsale”.

Nella mattinata conclusiva di domenica 16 maggio, i partecipanti si raccoglieranno in diversi luoghi per la preghiera del Santo Rosario, cui farà seguito una processione per le strade cittadine e la Santa Messa conclusiva presieduta dal vescovo Arborelius.

“Solo l'amore di Dio – ha ricordato il Papa questo mercoledì – può soddisfare pienamente i nostri bisogni più profondi, e tuttavia, attraverso l'amore tra marito e moglie, l'amore tra genitori e figli, l'amore tra fratelli, ci viene offerto un assaggio dell'amore sconfinato che ci attende nella vita che verrà”.

“Come ogni obiettivo che vale davvero la pena perseguire – ha poi sottolineato –, esso comporta esigenze, ci sfida, ci chiede di essere pronti a sacrificare i nostri interessi per il bene dell'altro. Ci chiede di esercitare la tolleranza e di offrire il perdono. Ci invita a nutrire e a proteggere il dono della vita nuova”.

“Coloro tra noi che sono abbastanza fortunati di nascere in una famiglia stabile scoprono in essa la prima e più importante scuola per una vita virtuosa e le qualità per essere buoni cittadini”, ha quindi osservato.

“Incoraggio tutti voi nei vostri sforzi per promuovere l'adeguata comprensione e l'apprezzamento del bene inestimabile che il matrimonio e la vita familiare offrono alla società umana”, ha concluso infine.

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Il Papa: "presto ci vedremo a Lisbona, Fatima e Porto"
Salutando i pellegrini portoghesi all'Udienza generale

ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Questo mercoledì, all'Udienza generale in piazza San Pietro, Benedetto XVI ha dato appuntamento ai fedeli per la sua imminente visita in Portogallo, in programma dall'11 al 13 maggio.

Il Pontefice si recherà in questa terra per il decimo anniversario della beatificazione dei pastorelli Francisco e Jacinta Marto, che insieme alla cugina Lúcia dos Santos furono i primi testimoni delle apparizioni della Madonna di Fatima nel 1917.

"Sono felice di visitare le Terre di Santa Maria", ha detto il Santo Padre parlando ai fedeli di lingua portoghese.

"Saluto tutti cordialmente, senza escludere nessuno. Presto ci vedremo a Lisbona, Fatima e Porto!", ha concluso.

Benedetto XVI sarà il terzo Papa a visitare il Santuario di Fatima, dopo il viaggio di Paolo VI (1967) e le tre visite di Giovanni Paolo II (1982, 1991 e 2000).

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La Santa Sede analizza la crisi globale e le sue soluzioni
Nelle conclusioni della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

di Carmen Elena Villa

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- La crisi economica globale e uno sguardo per riprogettare il cammino sono stati i temi principali della XVI Sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, terminata questo martedì a Roma.

All'incontro hanno partecipato per quattro giorni 50 personalità di vari Paesi appartenenti al mondo ecclesiale, accademico, degli affari, finanziario e della società civile.

Il presidente dell'organismo, Mary Ann Glendon, ex ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede, ha reso note le conclusioni dell'evento questo mercoledì mattina nel corso di una conferenza stampa.

La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali è stata fondata nel 1994 da Papa Giovanni Paolo II. Il documento che ha guidato questo organismo è l'Enciclica Centesimus annus del Papa polacco (1991), seguita dalla Deus Caritas est di Benedetto XVI (2006). In questa sessione, i membri hanno riflettuto sull'Enciclica Caritas in Veritate (2009).

Le discussioni sia dei membri dell'Accademia che degli esperti invitati all'incontro si sono concentrate su tre aspetti: i fallimenti finanziari, quelli dei meccanismi regolatori e i fallimenti morali della crisi attuale. E' stata anche analizzata la crisi in Grecia.

"La fragilità del sistema economico è stata in parte conseguenza della dipendeza eccessiva dalla speculazione nelle attività finanziarie, separate da un'attività produttiva in una realtà economica", ha detto Mary Ann Glendon.

Altri due membri dell'Accademia, la professoressa Margaret Archer e il professor Partha Dasgupta, si sono riferiti al pericolo della "finanziarizzazione" delle relazioni umane, le cui attività, incluse quelle familiari, vengono ridotte alla mera dimensione commerciale.

Uno degli invitati alla riunione, il professor Stefano Zamagni, ha avvertito del pericolo di concepire gli affari in questo modo, in cui la corporazione smette di essere un'associazione di persone e diventa pura merce. Ha anche illustrato come la "finanziarizzazione" approfitti dell'ordine sociale che non solo riduce la visione umana della persona, ma crea anche instabilità nell'economia.

Un altro aspetto analizzato è stata l'influenza che ha avuto sui Paesi poveri la crisi economica, visto che i Paesi ricchi hanno sviato l'attenzione che prestavano loro in precedenza, cercando in primo luogo di alleviare le proprie crisi.

"Per prestare una maggiore attenzione alla situazione della fame e della salute, l'Accademia ha anche sottolineato che soddisfare queste necessità fondamentali, soprattutto dei bambini che sono nel grambo materno, è un contributo decisivo per la produttività economica", ha detto la Glendon.

"Un approccio su una riforma dello strumento finanziario non può distrarci dalle politiche fondamentali di sviluppo", ha aggiunto.

Nella riunione sono stati discussi anche i principi stabiliti nella Caritas in Veritate sulla necessità di creare una regolamentazione internazionale più forte, così come misure concrete suggerite per garantire trasparenza negli strumenti finanziari ed evitare il rischio morale derivante dai riscatti.

Riferendosi all'attuale crisi economica in Grecia, gli esperti hanno infine concentrato le loro riflessioni sulle misure di alleviamento e sulla possibilità di nuove strutture che potrebbero essere necessarie, senza escludere l'ipotesi di un nuovo trattato per garantire meglio le basi della moneta unica.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Il Vaticano conferma i luoghi della GMG di Madrid 2011
La Santa Sede ha approvato anche la proposta dei santi patroni dell'evento
MADRID, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- La plaza de Cibeles di Madrid (Spagna), l'aerodromo di Cuatro Vientos e la via Recoletos saranno gli scenari dell'incontro di Papa Benedetto XVI con i giovani nella Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) 2011. La Santa Sede ha anche confermato la proposta dei santi patroni di questo evento.

La plaza de Cibeles, uno degli insiemi monumentali per eccellenza di Madrid, proposto dall'Arcivescovado della città con il via libera del Comune di Madrid, è stato confermato come luogo per l'accoglienza dei giovani al Santo Padre giovedì 18 agosto, informa la pagina web ufficiale della GMG 2011.

La fontana al centro della piazza è un'opera del XVIII secolo che rappresenta la dea Cibele sul suo carro tirato da due leoni. Nei quattro angoli della piazza sorgono il Comune della città, la Banca di Spagna, il Palacio de Linares e il Palacio de Buena Vista.

La via Recoletos sarà lo scenario della Via Crucis che si celebrerà il giorno dopo. Il percorso si snoderà tra plaza de Cibeles e plaza Colón, che accoglierà l'ultima stazione.

L'incontro del Papa con i giovani la sera del 20 agosto avrà luogo nell'aerodromo di Cuatro Vientos, a sud-est della città, a 8 chilometri dal centro di Madrid. Il suo perimetro di 10 chilometri accoglierà i presenti all'incontro con Benedetto XVI e alla Messa che si celebrerà il giorno successivo. Le strutture dello storico aerodromo hanno già accolto nel 2003 l'incontro di Giovanni Paolo II con i giovani spagnoli durante la sua ultima visita nel Paese.

La Santa Sede ha poi confermato la proposta dei patroni della GMG: i Santi Isidro Lavoratore, Giovanni della Croce, María de la Cabeza, Giovanni d'Avila, Teresa di Gesù, Rosa da Lima, Ignazio di Loyola, Rafael Arnáiz e Francesco Saverio.

La lista dei patroni vuole ripercorrere la storia della Chiesa in Spagna, dai primi santi madrileni - la coppia Sant'Isidro e Santa María -, passando per i fondatori dei Carmelitani Scalzi e della Compagnia di Gesù - Santa Teresa e Sant'Ignazio -, per un grande missionario dell'Oriente - San Francesco Saverio -, l'apice della letteratura mistica - San Giovanni della Croce -, il promotore della spiritualità sacerdotale diocesana - San Giovanni d'Avila -, la prima Santa dell'America ispanica - Santa Rosa da Lima - e un giovane dei nostri giorni - San Rafael Arnáiz -, canonizzato di recente.

Tutti questi santi sono di origine spagnola, per radicare la GMG nella cultura del Paese organizzatore, criterio simile a quello usato nella GMG di Colonia, quando sono stati proposti santi collegati alla storia cristiana della Germania.

Per ulteriori informazioni, http://www.madrid11.com/

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Notizie dal mondo


Iraq: Governo e forze di sicurezza non riescono a difendere i cristiani
L'Arcivescovo Casmoussa di Mosul fa appello alle Nazioni Unite
ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Per l'Arcivescovo Georges Casmoussa di Mosul (Iraq), il Governo e le forze di sicurezza del Paese non riescono a proteggere i cristiani dalle minacce dei militanti decisi a cacciarli dal Paese.

Il presule ha parlato di una possibile collusione tra i terroristi anticristiani e alcuni partiti politici marginali e ha criticato le autorità, dicendo che sono "troppo impegnate a organizzare incontri" per garantire la sicurezza delle minoranze.

Confidandosi con l'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che sostiene i cristiani perseguitati e sofferenti, il presule siro-cattolico ha affermato che un fallimento dell'esercito, della polizia e del Governo dell'Iraq nell'opera di coordinamento "apre la porta ai terroristi".

Il presule, che ha chiesto l'intervento delle Nazioni Unite per difendere i cristiani, ha parlato ad ACS dopo aver visitato in ospedale alcune delle persone - per la maggior parte giovani - rimaste ferite questa domenica in un attacco contro un convoglio di autobus gremiti di studenti cristiani (cfr. ZENIT, 3 maggio 2010).

L'attentato è l'ultimo di una serie di attacchi anticristiani che si susseguono dal 2004 e vengono intesi come parte di una campagna per porre fine alla presenza della Chiesa più antica dell'Iraq, che risale alle origini del cristianesimo.

"Siamo molto arrabbiati per ciò che è successo, e siamo pieni di tristezza per quanti hanno sofferto tanto", ha dichiarato l'Arcivescovo Casmoussa. "Sentiamo che qui non esiste un Governo centrale. Le autorità sono troppo impegnate a organizzare incontri e non si fa abbastanza".

"L'esercito non è vicino al Governo, e il Governo non è vicino alla polizia - ha lamentato -. Ci sono delle persone che hanno delle responsabilità, ma non sono coordinate nelle loro azioni, e questo apre la porta ai terroristi".

Ha quindi aggiunto che "alcuni politici sono coinvolti nelle azioni dei terroristi e a volte gli omicidi avvengono in nome di partiti politici".

L'Arcivescovo ha quindi criticato il fatto che il Governo non riesca a portare i terroristi davanti alla giustizia. "Sentiamo che le persone che hanno ucciso i cristiani sono in prigione, ma contro di loro non sono in corso procedimenti legali". "Chiediamo al Governo centrale di trovare i responsabili, di giudicarli e processarli in base al diritto internazionale".

"Questo giudizio deve essere aperto e noto alle persone", ha concluso. "Chiediamo alle Nazioni Unite - e agli Stati Uniti, che sono i padroni della situazione - di aiutare le minoranze, soprattutto i cristiani".

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Vietnam: la libertà religiosa in pericolo?
Rapporto della Commissione statunitense sulla Libertà Religiosa
WASHINGTON, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- La Commissione statunitense sulla Libertà Religiosa ha proposto di tornare a inserire il Vietnam nella lista dei "Paesi particolarmente preoccupanti in materia di libertà religiosa", a causa del peggioramento della situazione dei credenti.

La Commissione per la Libertà Religiosa nel Mondo ha presentato il 30 aprile il suo Rapporto sull'anno 2009 (dal giugno 2008 al giugno 2009). Il Vietnam è uno dei cinque Paesi che la Commissione propone di inserire nella lista di quelli in cui le violazioni della libertà religiosa sono più gravi.

Uno dei membri della Commissione statunitense, Scott Flinse, incaricato delle questioni relative all'Asia sud-orientale, ha spiegato questa decisione, informa Eglises d'Asie, l'agenzia delle Missioni Estere di Parigi.

Flinse ha dichiarato a Radio Free Asia che, se il progresso compiuto nelle relazioni tra Vietnam e Stati Uniti in vari settori - soprattutto nel campo del commercio, della sicurezza o della lotta alla droga - è stato notevole, è lungi dall'esserlo in materia di libertà religiosa.

La Commissione stima attualmente che il reinserimento del Vietnam nella lista dei "Paesi particolarmente preoccupanti" a causa della sua politica religiosa sarebbe una misura del tutto adeguata.

Quando il Vietnam è stato iscritto per la prima volta nella lista, nel 2004, si sono percepiti progressi sensibili, e si può pensare che la reiterazione di questa sanzione avrebbe effetti positivi.

La proposta della Commissione statunitense di reiscrivere il Vietnam nella famosa lista è giustificata dalle persecuioni che subiscono oggi i credenti, ha precisato Flinse.

A questo proposito, ha citato l'espulsione dei monaci buddisti dal loro monastero di Bat Nha, avvenuta in un clima di violenza e di odio.

Allo stesso modo, ha sottolineato le gravi difficoltà che devono affrontare i protestanti dell'altopiano del centro del Vietnam e di altri luoghi nell'esercizio del loro culto.

Nel Rapporto presentato al Dipartimento di Stato, una decina di pagine viene dedicata agli errori della politica religiosa del Vietnam. Oltre ai fatti già citati, il testo ripercorre le varie persecuzioni che hanno colpito le grandi religioni.

Si menzionano il severo controllo esercitato dalle autorità civili sul buddismo unificato, la repressione del buddismo Hoa Hao autentico e tutte le questioni che, nel 2008 e nel 2009, hanno affrontato le comunità cattoliche con le autorità civili, così come la repressione e il controllo dei protestanti.

La Commissione per la Libertà Religiosa nel Mondo è un'organizzazione indipendente del Governo statunitense con la funzione di consigliare il Presidente, gli Affari Esteri e i membri del Congresso degli USA sulle questioni relative alla libertà religiosa e ai diritti umani nel mondo. Il suo ruolo è unicamente consultivo. La lista dei Paesi particolarmente preoccupanti, redatta dalla Commissione, deve essere approvata dal Dipartimento di Stato per diventare effettiva. Nel 2009, il Governo del Presidente Obama non ha adottato i cambiamenti proposti alla lista dalla Commissione.

Il nome del Vietnam è stato introdotto nella lista del 2004 perché il Paese non aveva risposto alle richieste statunitensi di liberare un certo numero di personalità religiose in prigione o con residenza vigilata. Alla fine del 2006, poco prima che il Presidente George W. Bush visitasse Hanoi, il Vietnam venne ritirato dalla lista considerando i progressi compiuti dal Paese nel campo della libertà religiosa.

Negli anni 2006, 2007 e 2008, tuttavia, la Commissione aveva proposto al Dipartimento di Stato di reinserirlo nella lista, tenendo conto del peggioramento della situazione religiosa, proposta che non è stata accettata.

Nell'ottobre 2009, il rapporto annuale degli Affari Esteri statunitensi sulla situazione religiosa in 198 Paesi del mondo ha segnalato che il Vietnam continua a progredire in questo campo, ma che permangono numerosi problemi.

Per consultare il testo completo del rapporto: http://www.uscirf.gov/images/annual%20report%202010.pdf



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Cuba: la Chiesa ottiene una manifestazione senza rappresaglie
Quella delle "Damas de Blanco", parenti di dissidenti in carcere

L'AVANA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica, il gruppo di donne che si definisce “Damas de Blanco” ha svolto la sua marcia settimanale di protesta senza interferenze, dopo che il Governo cubano aveva abbandonato l'intento di reprimere il gruppo grazie all'intervento della Chiesa cattolica cubana.

Il Governo guidato da Raúl Castro Ruz aveva minacciato alla vigilia di sospendere o reprimere duramente la manifestazione delle “Damas de Blanco”, aumentando le molestie che avevano subito le domeniche precedenti. La direzione della Chiesa cattolica ha fatto sì che la marcia di questa domenica avvenisse senza incidenti e senza arresti di donne dissidenti.

Le donne marciano da sette anni dalla chiesa di Santa Rita da Cascia al quartiere di Miramar, lungo la Quinta Avenida dell'Avana.

Marciano da un'ondata di repressione del Governo nel 2003 in cui 75 dissidenti, tra cui mariti e figli delle “Damas de Blanco”, vennero arrestati. La maggior parte di loro è ancora in carcere. Le marce sono state l'unica protesta pubblica permessa dalle autorità dall'inizio degli anni Sessanta.

Il Cardinale Jaime Ortega y Alamino, Arcivescovo della capitale cubana, ha detto alla stampa di aver chiesto al Governo di non ripetere i “dolorosi eventi” delle domeniche passate. A metà settimana, alcuni funzionari gli hanno indicato di dire alle donne che potevano marciare come ogni domenica, ad alcune condizioni.

“Non posso dire che si sia entrati in una nuova flessibilità – ha commentato –. Quello che posso dire è che (...) è molto positivo che sia stato compiuto un gesto del genere”.

Quanto alle donne che protestano vestite di bianco, il porporato ha detto che “sono persone che in questo senso meritano un rispetto, una considerazione speciale”.

Dopo aver celebrato la Messa nella chiesa di Santa Rita, il Cardinale ha spiegato alla stampa che dopo una settimana come “intermediario” tra le “Damas de Blanco” e il Governo cubano “sono qui un po' come garante del fatto che esse faranno come al solito”, come avviene da sette anni.

La leader delle “Damas de Blanco”, Laura Pollan, ha detto che la decisione governativa di lasciarle marciare era una “piccola vittoria” che ha attribuito a “tenacia, perseveranza, ragione e soprattutto amore”. “Qui l'amore ha trionfato, l'amore per i nostri familiari e l'amore per Dio”, ha dichiarato.

Dal canto suo, il dissidente cubano Guillermo Fariñas, in scioperto della fame da 68 giorni, ha definito la decisione del Governo di Raúl Castro un “segnale incoraggiante”.

“Credo che sia un segnale incoraggiante del fatto che il conflitto tra le diverse tendenze politiche a Cuba non deve finire per forza in atti di violenza e omicidi”, ha dichiarato al telefono dall'ospedale in cui è ricoverato, nella città di Santa Clara.

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Inchiesta negli USA: i genitori vogliono meno sesso e droga in Tv
La ricerca mostra gli sforzi per controllare ciò che vedono i bambini
WASHINGTON, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Un'inchiesta negli Stati Uniti mostra che i genitori sono preoccupati per ciò che i loro figli vedono in televisione e vogliono più aiuto per controllare la quantità di sesso, violenza e droga in Tv.

Sono questi i risultati di una ricerca realizzata su 500 padri di famiglia, commissionata dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti.

Più dell'80% degli intervistati ha detto di volere un maggior controllo sui mezzi di comunicazione, che mostrano violenza, sesso, consumo di droghe illegali, abuso di alcool e un linguaggio inadeguato. C'è stata una particolare preoccupazione nel segnalare l'immagine del consumo di droghe e alcool, che non viene considerata in molti sistemi di classificazione.

L'inchiesta ha mostrato che i genitori stanno cercando di controllare ciò che viene visto dai figli, e oltre il 90% ha detto di imporre regole di consumo dei media.

I due terzi degli intervistati pensano che userebbero più controlli con i seguenti fattori: una migliore comprensione dei controlli stessi, la capacità di bloccare annunci poco appropriati e una maggiore disponibilità di prodotti multimediali con controlli genitoriali già stabiliti.

I genitori rivolgono inoltre un appello all'industria dei mezzi di comunicazione perché aiuti a difendere i bambini, mentre i tre quarti sostengono che questa industria debba fare di più. Il 58% dice che anche il Governo dovrebbe agire maggiormente.

I funzionari della Conferenza Episcopale propongono una serie di raccomandazioni basate sui risultati, chiedendo che "ci sia un ampliamento dei mezzi di classificazione dei contenuti per includere non solo i contenuti violenti, sessuali e di linguaggio inadeguato, ma anche il consumo di droghe illegali, l'abuso di alcool e il tabagismo".

Allo stesso modo, auspicano che "i politici e gli organismi di radiodiffusione sviluppino risorse per permettere ai genitori e ad altri spettatori televisivi di bloccare gli annunci non desiderati e sostengano iniziative per promuovere e migliorare l'utilizzo dei controlli da parte dei genitori".

Per monsignor Gabino Zavala, presidente della Commissione Episcopale per le Comunicazioni, "il passaggio della nostra Nazione alla televisione digitale offre un'eccellente oppportunità per offrire ai bambini una protezione supplementare".

Per ulteriori informazioni, www.usccb.org/comm/Parents-Hopes-Concerns-Impact-Media-on-Children.pdf



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I Vescovi degli Stati Uniti chiedono una legge quadro sull'immigrazione
di Nieves San Martín

WASHINGTON, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi degli Stati Uniti hanno considerato l'introduzione di una legge quadro sulle questioni migratorie da parte della leadership del Senato, il 29 aprile, un "primo passo importante" per raggiungere la promulgazione di una legislazione di riforma integrale.

Hanno inoltre espresso il proprio sostegno ai Vescovi dell'Arizona nella loro opposizione alla legge che considera delinquenti gli immigrati illegali.

La cornice sulla riforma migratoria, elaborata dal senatore Charles Schumer e sostenuta dalla leadership del Senato, vuole promuovere l'avvio di negoziati in vista di un disegno di legge di riforma migratoria bipartisan.

La posizione dei presuli è stata resa nota il 29 aprile dal Vescovo John C. Wester di Salt Lake City, presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni.

"Esortiamo i membri di entrambe le parti ad avviare un processo in vista dell'introduzione e della promulgazione di una legislazione bipartisan che affermi lo Stato di Diritto e i diritti umani fondamentali", ha affermato.

Il presule ha segnalato anche alcuni elementi che richiedono una revisione, come una disposizione controversa che permetterebbe alle coppie dello stesso sesso di ricevere i benefici di immigrazione concessi alle coppie sposate. Ha anche indicato che le misure di esecuzione non devono violare i diritti fondamentali, e che si devono affrontare politiche relative alle cause profonde dell'immigrazione.

Allo stesso modo, ha chiesto al Congresso di avviare il dibattito sulla questione per approvare una legge già nel 2010.

"Chiediamo un dibattito forte ma civile - ha detto il Vescovo Wester -. Questo problema non può più aspettare e non deve essere politicizzato o diventare ostaggio dell'ideologia. Il nostro sistema di immigrazione è inefficace e ha bisogno di un rimedio immediato".

Il 27 aprile, dall'altro lato, in solidarietà con i Vescovi dell'Arizona, il presule ha reso noto a nome della Conferenza Episcopale un comunicato in cui si oppone alla promulgazione e all'implementazione della legge SB 1070 dell'Arizona, che considera gli immigrati illegali dei criminali.

Nel comunicato dice di unirsi "ai Vescovi cattolici dell'Arizona nella loro ferma opposizione alla recente promulgazione e implementazione della legge", che, "pur se limitata allo Stato dell'Arizona, potrebbe avere un impatto su tutto il Paese nel modo in cui vengono percepiti e trattati i membri delle nostre comunità immigrate".

Per il presule, "la SB 1070 mantiene uno standard legale molto basso che permette alla polizia di arrestare persone basandosi solo sull'apparenza, sul modo di parlare o sull'origine etnica". Ciò, denuncia, "potrebbe portare all'arresto errato di statunitensi e residenti legali, così come alla separazione di famiglie, dei genitori dai figli o dei mariti dalle mogli".

"Sicuramente aumenterebbero il timore e la sfiducia tra le comunità immigrate, indebolendo il rapporto tra i loro membri e la polizia".

La SB 1070, aggiunge, "è sintomatica dell'assenza di leadership nel Governo federale in tema di immigrazione. Per anni, i Vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno rivolto un appello al Congresso e alle ultime due Amministrazioni perché approvassero una riforma migratoria intelligente, integrale e giusta".

Il Vescovo riconosce che "mentre molti membri del Congresso hanno compiuto sforzi in buona fede per approvare una riforma migratoria integrale, molti vedono ancora questo tema attraverso lenti politiche, usandolo per ottenere vantaggi politici o di partito. Questo gioco deve terminare".

"I nostri leader nazionali - sottolinea - devono educare il popolo statunitense sulla necessità di una riforma e avere il coraggio di metterla in pratica. Finché non verrà approvata la riforma migratoria, altri Stati cercheranno di creare e applicare leggi migratorie inadeguate, con risultati catastrofici".

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Incontro continentale Fiac per l'Europa Mediterraneo
Il 6 maggio in Polonia sul tema "Pane, vita, pace, libertà"

ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- E’ incentrato sul tema “Pane, vita, pace, libertà. Laici di Azione cattolica nelle città per un mondo più umano” il V Incontro continentale del Forum internazionale di Azione cattolica (Fiac) per l’Europa Mediterraneo che si aprirà nel pomeriggio del 6 maggio, presso il Centro pastorale del Santuario della Divina Misericordia di Cracovia-Lagiewniki in Polonia.

“Vogliamo approfondire insieme – ha affermato Emilio Inzaurraga, presidente nazionale dell’Ac argentina e coordinatore del Segretariato Fiac – il significato delle quattro parole del titolo, vita, pane, pace e libertà, in un continente di sviluppo avanzato come l’Europa. Quanto sono vere e acquisite oggi per tutti i cittadini europei?”.

“Da cristiani – ha aggiunto Inzaurraga – intendiamo riflettere sul nostro contributo per il futuro dell’Europa e da europei sulla responsabilità nei confronti del resto del mondo per la costruzione di una società più giusta e fraterna”.

La partecipazione di rappresentanti di numerosi paesi, infine “arricchirà il confronto e la conoscenza reciproca e ci permetterà di sperimentare quell’Europa che respira con ‘due polmoni, l’est e l’ovest” secondo la felice immagine di Giovanni Paolo II, di cui faremo memoria nel santuario di Częstochowa”.

All’incontro parteciperanno circa 130 rappresentanti delle associazioni di Azione cattolica di 13 paesi europei: oltre alla Polonia che parteciperà con rappresentanti delle 15 metropolie, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Francia, Italia, Lituania, Malta, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Spagna e Ucraina. Saranno presenti, inoltre, i delegati di Argentina, Burundi, Myanmar e Terra Santa.

Tra i relatori interverranno: monsignor Jozef Michalik, arcivescovo di Przemysl e presidente della Conferenza episcopale della Polonia; Marek Jurek, già vice presidente della Camera dei deputati polacca; Piotr Mazurkiewicz, segretario della Conferenza degli episcopati della Comunità europea (Comece) e Franco Miano, presidente dell’Azione cattolica italiana. Il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, presiederà la celebrazione eucaristica di apertura.

Domenica 9 maggio festa dell’Europa, nel 60° anniversario della dichiarazione di Schuman, l’incontro si concluderà con la partecipazione alla celebrazione eucaristica in onore di San Stanislao, patrono della Polonia, nel santuario di Stalka a Cracovia.

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Spirito della Liturgia


L'incontro del sacerdote con Maria nella Celebrazione eucaristica
Rubrica di teologia liturgica a cura di don Mauro Gagliardi
ROMA, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Continuando la serie di articoli che stiamo pubblicando in quest'Anno Sacerdotale, nei quali centriamo l'attenzione sul sacerdote nella Celebrazione eucaristica, proponiamo l'articolo di don Juan Silvestre, Professore di Liturgia presso la Pontificia Università della Santa Croce e Consultore dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, sul tema della presenza della Vergine Maria nella S. Messa. L'autore rivolge la sua analisi soprattutto alla forma ordinaria del Rito romano e arricchisce le sue riflessioni con numerosi testi, soprattutto del Magistero pontificio recente. Cogliamo l'occasione per augurare a tutti i sacerdoti un santo mese di maggio, in compagnia di Maria Santissima, Madre dei sacerdoti (don Mauro Gagliardi).




***


1. Eucaristia, Chiesa e Maria: in relazione al sacerdote

«Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, Madre e modello della Chiesa»[1]. Queste parole del venerabile Giovanni Paolo II costituiscono una traccia adeguata per introdurci nel tema che cerchiamo di sviluppare brevemente con questo articolo: L'incontro del sacerdote con Maria nella Celebrazione eucaristica.

Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del Signore, «si realizza l'opera della nostra redenzione»[2] e per questo si può affermare che «c'è un influsso causale dell'Eucaristia alle origini stesse della Chiesa»[3]. Nell'Eucaristia, Cristo si consegna a noi, edificandoci continuamente come suo Corpo. «Pertanto, nella suggestiva circolarità tra Eucaristia che edifica la Chiesa e Chiesa stessa che fa l'Eucaristia, la causalità primaria è quella espressa nella prima formula: la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della croce»[4]. L'Eucaristia precede cronologicamente ed ontologicamente la Chiesa e in questo modo si comprova di nuovo che il Signore ci ha «amato per primo».

Allo stesso tempo, Gesù ha reso perpetua la sua donazione personale mediante l'istituzione dell'Eucaristia durante l'Ultima Cena. In quell'«ora», Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione. Di qui che possiamo affermare che «in questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l'attualizzazione perenne del mistero pasquale»[5]. Tutto il Triduum paschale è come incluso, anticipato e «concentrato» per sempre nel Dono eucaristico. Per questo, ogni sacerdote che celebra la Santa Messa, assieme alla comunità che ad essa partecipa, ritorna all'«ora» della croce e della glorificazione, torna spiritualmente al luogo e alla hora sancta della redenzione[6]. Nell'Eucaristia, ci addentriamo nell'atto oblativo di Gesù e così, partecipando alla sua offerta, al suo Corpo e al suo Sangue, ci uniamo a Dio[7].

In questo «memoriale» del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua Passione e morte. «Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore»[8]. In ogni celebrazione della Santa Messa, noi riascoltiamo quell'«Ecco tuo figlio!» detto dal Figlio a sua Madre, mentre Egli stesso ripete a noi: «Ecco tua Madre!» (Gv 19,26-27).

«Prendere con sé Maria, significa introdurla nel dinamismo dell'intera propria esistenza - non è una cosa esteriore - e in tutto ciò che costituisce l'orizzonte del proprio apostolato»[9]. Per questo «Vivere nell'Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. [...] Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia»[10].

La raccomandazione della celebrazione quotidiana della Santa Messa, anche quando non vi fosse partecipazione di fedeli, deriva da una parte dal valore obiettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; «e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione»[11]. In questo percorso di conformazione e di trasformazione, l'incontro del sacerdote con Maria nella Santa Messa riveste un'importanza particolare. In realtà, «per la propria identificazione e conformazione sacramentale a Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, ogni sacerdote può e deve sentirsi veramente figlio prediletto di questa altissima ed umilissima Madre»[12].

2. Nella Messa di Paolo VI

Nel Messale Romano nella sua editio typica tertia, espressione ordinaria della Lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino, la presenza materna di Maria si sperimenta in due momenti significativi della Celebrazione eucaristica: il Confiteor dell'atto penitenziale e la Preghiera eucaristica.

2.1. Il Confiteor. Nel cammino verso il Signore, ci rendiamo conto della nostra indegnità. L'uomo dinanzi a Dio si avverte peccatore e dalle sue labbra sorge spontanea la confessione della propria miseria. Si rende necessario chiedere all'interno della celebrazione che Dio stesso ci trasformi e che accetti di farci partecipare a quella actio Dei che costituisce la liturgia. Di fatto, lo spirito di continua conversione è una di quelle condizioni personali che rendono possibile la actuosa participatio dei fedeli e dello stesso sacerdote celebrante. «Non ci si può aspettare una partecipazione attiva alla Liturgia eucaristica, se ci si accosta ad essa superficialmente, senza prima interrogarsi sulla propria vita [...]. Un cuore riconciliato con Dio abilita alla vera partecipazione»[13].

L'atto penitenziale, che «si compie attraverso la formula di confessione generale di tutta la comunità»[14], ci aiuta a conformarci ai sentimenti di Cristo e a porre i mezzi perché si realizzi lo «stare con Dio»; mentre ci «forza» ad uscire da noi stessi, ci spinge a pregare con e per gli altri: non siamo soli. Grazie alla comunione dei santi, aiutiamo e ci sentiamo aiutati e sostenuti gli uni dagli altri. È in questo contesto che incontriamo una delle modalità dell'orazione liturgica mariana, la quale si presenta come ricordo dell'intercessione di Maria nel Confiteor. Come ricordava Paolo VI, «il popolo di Dio la invoca come Consolatrice degli afflitti, Salute degli infermi, Rifugio dei peccatori, per ottenere consolazione nella tribolazione, sollievo nella malattia, forza liberatrice dal peccato; perché Lei, libera da ogni peccato, conduce i suoi figli a questo: a vincere con energica determinazione il peccato»[15].

Il Confiteor, genuina formula di confessione, si incontra in diverse redazioni, a partire dal sec. IX, in ambito monastico. Di lì passerà alle chiese del clero secolare e lo troviamo come elemento fisso nell'Ordo della Curia papale anteriore al 1227[16]:

«Ideo precor beatam Mariam semper Virginem...».

«Por questo prego la Beata Maria, sempre Vergine...».

Maria, in comunione con Cristo unico Mediatore, prega il Padre per tutti i fedeli, suoi figli. Come ricorda il concilio Vaticano II: «La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Ogni salutare influsso della Beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita»[17].

Maria «si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata»[18]. Simile cura Ella la dimostra particolarmente per i sacerdoti. «Maria li predilige infatti per due ragioni: perché sono più simili a Gesù, amore supremo del suo cuore, e perché anch'essi, come Lei, sono impegnati nella missione di proclamare, testimoniare e dare Cristo al mondo»[19]. Così si spiega che il concilio Vaticano II affermi: «Essa è la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, la Regina degli Apostoli, il sostegno del loro ministero: essi [i presbiteri] devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale»[20].

2.2. La Preghiera eucaristica. Per quanto riguarda la memoria di Maria nelle preghiere eucaristiche del Messale Romano, «questa memoria quotidiana, per la sua collocazione al centro del santo Sacrificio, deve essere ritenuta come una forma particolarmente espressiva del culto che la Chiesa rende alla Benedetta dall'Altissimo (cf. Lc 1,28)»[21].

Questo ricordo di Maria Santissima si manifesta in due modi: la sua presenza nell'incarnazione e la sua intercessione gloriosa. Circa il primo modo, possiamo ricordare che il «sì» di Maria è la porta per la quale Dio si incarna, entra nel mondo. In questo modo, Maria è realmente e profondamente coinvolta nel mistero dell'incarnazione e pertanto della nostra salvezza. «L'incarnazione, il farsi uomo del Figlio, era dall'inizio finalizzata al dono di sé; al donarsi con molto amore nella croce, per farsi pane per la vita del mondo. Così sacrificio, sacerdozio e incarnazione vanno insieme e Maria sta nel centro di questo mistero»[22].

Così si trova espresso, ad esempio, nel prefazio della Preghiera eucaristica II, che si rifà alla Traditio apostolica, nonché nel Post-sanctus della IV. Le due espressioni sono molto simili:

«...e lo hai mandato a noi Salvatore e Redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria»(PE II).

«Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria» (PE IV).

Nel contesto della Preghiera eucaristica, questa confessione di fede sottolinea la cooperazione di Maria Santissima al mistero dell'incarnazione e il suo legame con Cristo, come pure l'azione dello Spirito Santo. Con essa si intende presentare l'Eucaristia come presenza vera ed autentica del Verbo incarnato che ha sofferto ed è stato glorificato. L'Eucaristia, mentre rimanda alla Passione e risurrezione, sta allo stesso tempo in continuità con l'incarnazione.

Giovanni Paolo II segnala che «Maria concepì nell'annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del Corpo e del Sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il Corpo e il Sangue del Signore»[23]. Maria appare così legata alla relazione «Incarnazione-Eucaristia».

D'altro canto, la presenza di Maria Santissima nella preghiera eucaristica ci presenta anche la sua intercessione gloriosa. Il ricordo di Lei nella comunione dei santi è elemento tipico del Canone Romano e si ritrova nelle altre preghiere eucaristiche del Messale Romano, in sintonia con le anafore orientali. «La tensione escatologica suscitata dall'Eucaristia esprime e rinsalda la comunione con la Chiesa celeste. Non è un caso che nelle anafore orientali e nelle preghiere eucaristiche latine si ricordi[...] con venerazione la sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo»[24].

La memoria di Maria nel Canone Romano si arricchì con titoli solenni che ricordano la proclamazione del dogma della maternità divina del concilio di Efeso (431) e con espressioni che probabilmente derivano della omelie dei sommi pontefici[25]. La menzione solenne del Canone Romano recita:

«... in primis gloriosae semper virginis Mariae Genetricis Dei,

et Domini nostri Iesu Christi».

«Veneriamo la memoria, anzitutto, della gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo» (Canone Romano).

Maria Santissima è esaltata con i titoli di gloriosa e semper Virgo, come la chiama sant'Epifanio[26]. D'altra parte, l'espressione Genetrix Dei è utilizzata con frequenza dai Padri latini, specialmente da sant'Ambrogio. Il suo inserimento nel Canone Romano è anteriore all'epoca del papa Leone Magno e molto probabilmente fu introdotta prima del concilio di Efeso[27]. Va inoltre evidenziato che Maria è ricordata prima di tutti i santi.

Il significato di questa menzione e di questo ricordo può essere triplice[28]: primo, la Chiesa facendo memoria di Maria entra in comunione con Lei; secondo, tale ricordo è logico, perché deriva dalla condizione di santità e gloria propria della Madre di Dio[29]; ultimo, a causa dell'intercessione che Ella esercita presso Dio[30]: «Per i loro meriti e le loro preghiere [di Maria e dei santi] donaci sempre [Signore] aiuto e protezione» (Canone Romano).

In un contesto simile a quello del Canone Romano, sebbene con piccole variazioni, si incontra la nostra richiesta a Maria e ai santi perché raggiungiamo la vita eterna:

«... donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la Beata Maria, Vergine e Madre di Dio...» (PE II).

«... perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la Beata Maria, Vergine e Madre di Dio...» (PE III)[31].

«... concedi a noi, tuoi figli, di ottenere con la Beata Maria Vergine e Madre di Dio [...] l'eredità eterna del tuo regno...»(PE IV).

3. Nella Messa di san Pio V

Da ultimo, ricordiamo che nel Messale Romano promulgato dal beato Giovanni XXIII nel 1962, espressione straordinaria della Lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino, incontriamo menzionata Maria Santissima in altri due momenti della Celebrazione eucaristica, oltre a quelli rimasti anche nella forma ordinaria. Innanzitutto, nella supplica alla Santissima Trinità che il sacerdote prega dopo il Lavabo e che pone fine ai riti offertoriali. Vi si legge:

«Suscipe sancta Trinitas, hanc oblationem quam tibi offerimus ob memoriam passionis [...];

et in honorem beatae Mariae semper Virginis...»

Questa preghiera riassume le intenzioni e i frutti del sacrificio come epilogo dell'Offertorio. In effetti, dopo aver ricordato che l'offerta si compie in memoria della Passione, risurrezione e ascensione del Signore, si menzionano la Santissima Vergine e i santi Giovanni Battista, Pietro e Paolo. La menzione di Maria si colloca nel contesto di quella venerazione che la santa Chiesa con amore speciale le tributa a motivo del legame indissolubile che esiste tra Lei e l'opera salvifica del suo Figlio. Allo stesso tempo, in Lei ammira ed esalta il frutto più splendente della redenzione[32]. In questa preghiera si ricorda che «nell'Eucaristia la Chiesa si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo proprio lo spirito di Maria»[33].

La menzione di Maria si incontra poi nell'embolismo Líbera nos che segue il Pater noster, in cui ci si esprime in questi termini:

«Libera nos, quaesumus Domine, ab omnibus malis, praeteritis, praesentibus et futuris:

et intercedente beata et gloriosa semper Virgine Dei Genitrice Maria [...] da propitius pacem in diebus nostris...».

Anche questa orazione manifesta la perfetta unità esistente tra Lex orandi e Lex credendi, poiché «la sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale»[34]. Di fatto, questa orazione mostra che «a causa del suo carattere di intercessione, che si manifestò per la prima volta a Cana di Galilea, la mediazione di Maria continua nella storia della Chiesa e del mondo»[35].

4. Conclusione

Terminando questa breve panoramica sull'Ordo Missae, fatta di significativi incontri con Maria Santissima, possiamo affermare con uno dei grandi santi del nostro tempo: «Per me la prima devozione mariana - mi piace pensare così - è la Santa Messa [...]. Questa è infatti un'azione della Trinità: per volontà del Padre, cooperando con lo Spirito Santo, il Figlio si offre in oblazione redentrice. In questo insondabile mistero, si avverte, come attraverso il velo, il volto purissimo di Maria: Figlia di Dio Padre, Madre di Dio Figlio, Sposa di Dio Spirito Santo. L'incontro con Gesù nel Sacrificio dell'altare comporta necessariamente l'incontro con Maria, sua Madre»[36].

[Traduzione dallo spagnolo di don Mauro Gagliardi]


[1] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 53.

[2] Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 3.

[3] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 21.

[4] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 14.

[5] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 5.

[6] Cf. ibid., n. 4.

[7] Cf. Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 13.

[8] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 57.

[9] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[10] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 57.

[11] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 80.

[12] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[13] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 55.

[14] Institutio Generalis Missalis Romani, n. 55.

[15] Paolo VI, Marialis cultus, n. 57.

[16] V. Raffa, Liturgia eucaristica. Mistagogia della Messa: dalla storia e dalla teologia alla pastorale pratica, Roma 2003, pp. 272-274.

[17] Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 60.

[18] Ibid., n. 62.

[19] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[20] Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, n. 18.

[21] Paolo VI, Marialis cultus, n. 10.

[22] Benedetto XVI, Udienza generale, 12.08.2009.

[23] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 55.

[24] Ibid., n. 19.

[25] Cf. S. Meo, «La formula mariana Gloriosa semper Virgo Maria Genitrix Dei et Domini nostri Iesu Christi nel Canone romano e presso due Pontefici del V secolo», in Pontificia Academia Mariana Internationalis, De primordiis cultus mariani. Acta Congressus Mariologici-mariani in Lusitania anno 1967 celebrati, Romae 1970, II, pp. 439-458.

[26] Cf. M. Righetti, Historia de la liturgia, Madrid 1956, I, p. 334.

[27] M. Augé, L'anno liturgico: è Cristo stesso presente nella sua Chiesa, Città del Vaticano 2009, p. 247.

[28] Cf. J. Castellano, «In comunione con la Beata Vergine Maria. Varietà di espressioni della preghiera liturgica mariana», Rivista liturgica 75 (1988), p. 59.

[29] «La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad elevare gli occhi a Maria, che brilla come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (Paolo VI, Marialis cultus, n. 57).

[30] «La pietà verso la Madre del Signore si converte per il fedele in occasione di crescita nella grazia divina, finalità utlima di ogni azione pastorale. Perché è impossibile onorare la Piena di grazia (Lc 1,28) senza onorare in se stessi lo stato ri grazia, vale a dire, l'amicizia con Dio, la comunione con Lui, l'inabitazione dello Spirito» (Paolo VI, Marialis cultus, n. 57).

[31] «La recente Preghiera eucaristica III esprime con intenso anelito il desiderio degli oranti di condividere con la Madre l'eredità dei figli» (Ibid., n. 10).

[32] Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, n. 102.

[33] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 58.

[34] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 34.

[35] Giovanni Paolo II, Redemptoris mater, n. 40.

[36] J. Escrivá, La Virgen del Pilar. Libro de Aragón, Madrid 1976, p. 99.

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Interviste


Sud Africa: cattolici contro l'industria del sesso
Il Card. Napier parla del rischio della tratta umana durante i Mondiali di calcio

di Mariaelena Finessi

DURBAN (SUD AFRICA), mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org). - Le esperienze dimostrano che ogni grande evento sportivo, attirando numerosi turisti, si traduce in un aumento della domanda di prestazioni sessuali.

Per i Mondiali di Calcio 2010 (11 giugno - 11 luglio 2010), si prevede che saranno centinaia di migliaia i tifosi di calcio che arriveranno in Sud Africa: le organizzazioni a tutela dei bambini e dei diritti umani hanno avvertito che la situazione potrebbe peggiorare con il contrabbando di adulti e bambini che dall'Asia, dall'Europa orientale e da altre parti dell'Africa giungeranno nel Paese per alimentare l'industria del sesso.

In questa occasione, la Chiesa cattolica si prepara a ospitare le squadre e i  visitatori, naturalmente, ma implementa anche varie iniziative per combattere il rischio di sfruttamento (vedi il sito Churchontheball.com).

Il Cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, in questa intervista a ZENIT spiega le attività che la Chiesa mette in campo in favore dei diritti umani, sostenendo che l'iniziativa di una più ampia distribuzione di preservativi non può funzionare nell'arginare la diffusione dell'HIV: «E' come dire che l'unico modo per curare l'alcolismo è quello di dare bevande gratuite a tutti gli alcolisti».

Eminenza, qual è il suo parere sul rischio che in occasione della Coppa del Mondo possa aumentare la prostituzione minorile?

Card. Napier: Esistono dei segnali che dimostrerebbero come i cartelli e le mafie dedite alla tratta degli esseri umani si sono già messi in azione. Così come crescenti sono anche le segnalazioni di bambini scomparsi e i casi di ragazzini e giovani adulti che restano intrappolati in opportunità lavorative "troppo belle per potervi resistere".

Ci sono attività specifiche che la Chiesa vorrebbe promuovere per questo evento?

Card. Napier: Stiamo facendo molto per sensibilizzare le persone, utilizzando – quando è necessario – dei casi concreti di vita vissuta. Allo stesso modo siamo impegnati con le scuole cattoliche e le associazioni femminili in un'attività di informazione ad ampio raggio sul tema della tratta degli esseri umani. Dal suo canto, devo dire che anche il Governo ha il merito di fare molto, mostrandosi aperto a collaborare con le organizzazioni non governative.

La Chiesa cattolica è l'unica ad intervenire?

Card. Napier: Altre Chiese e confessioni cristiane, come pure persone di altre fedi, sono sempre più coinvolte. Ad esempio, la Conferenza Mondiale per la religione e la pace, il Consiglio Interreligioso KwaZulu, il Forum nazionale dei Leader Religiosi.

La vera preoccupazione è dovuta al timore di una maggiore trasmissione del virus HIV a fronte della maggiore richiesta del mercato del sesso. Di recente la Gran Bretagna ha dichiarato che avrebbe dato 42 milioni di preservativi al Sud Africa facendo seguito ad una richiesta di questo stesso Paese, il quale ha istituito un programma di prevenzione dell'HIV appositamente per la Coppa del Mondo. Qual è il suo punto di vista?

Card. Napier: Il governo di Jacob Zuma non cessa mai di stupire! Da poche settimane è iniziata una campagna anti-HIV/AIDS molto pubblicizzata, il cui obiettivo è che 15 milioni di persone si sottopongano al test dell'HIV, ma il passo successivo di quello stesso governo è di accettare, o "richiedere e accettare", 42 milioni di preservativi dalla Gran Bretagna. È pazzesco!

Si dice che i preservativi sono per la Coppa del mondo: ma se sono soltanto 250.000-300.000 i tifosi di calcio attesi per l'evento e considerando ovviamente che non tutti hanno uno stile di vita promiscuo, a chi sono realmente destinati? Non è forse un altro esempio della decadenza dell'Occidente e della sua volontà di svendere la sua decadente merce alle decadenti elite emergenti?

Il dibattito riguarda il contesto e la legittimità dell'industria del sesso: gli esperti dicono che l'unico modo per prevenire il traffico di esseri umani è quello di depenalizzare la prostituzione e promulgare le leggi anti-traffico. A suo avviso cosa si potrebbe fare?

Card. Napier: E' come dire: "L'unico modo per curare l'alcolismo è quello di dare bevande gratuite a tutti gli alcolisti". Non ha nemmeno senso rimuovere le poche limitazioni giuridiche all'imponente traffico di ragazze e giovani donne. Le leggi anti-tratta, in ogni caso, devono essere dirette contro coloro che schiavizzano le persone vittime della tratta e contro coloro che ne traggono benefici, ovvero contro quegli stessi uomini che “usano” le prostitute.

Un'ultima domanda: come nasce la preghiera speciale per la FIFA World Cup 2010?

Card. Napier: La preghiera così come altri mezzi di cura spirituale delle Chiese sarà messa a disposizione durante la Coppa del Mondo, ed è frutto di un accordo tra vari livelli: Conferenze episcopali, Diocesi e parrocchie.


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Udienza del mercoledì


Benedetto XVI e la missione di santificare dei sacerdoti
Catechesi all'Udienza generale in piazza San Pietro

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 5 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale in piazza San Pietro e dedicato alla missione di santificare gli uomini affidata ai sacerdoti.



* * *

Cari fratelli e sorelle,

domenica scorsa, nella mia Visita Pastorale a Torino, ho avuto la gioia di sostare in preghiera davanti alla sacra Sindone, unendomi agli oltre due milioni di pellegrini che durante la solenne Ostensione di questi giorni, hanno potuto contemplarla. Quel sacro Telo può nutrire ed alimentare la fede e rinvigorire la pietà cristiana, perché spinge ad andare al Volto di Cristo, al Corpo del Cristo crocifisso e risorto, a contemplare il Mistero Pasquale, centro del Messaggio cristiano. Del Corpo di Cristo risorto, vivo e operante nella storia (cfr. Rm 12, 5), noi, cari fratelli e sorelle, siamo membra vive, ciascuno secondo la propria funzione, con il compito cioè che il Signore ha voluto affidarci. Oggi, in questa catechesi, vorrei ritornare ai compiti specifici dei sacerdoti, che, secondo la tradizione, sono essenzialmente tre: insegnare, santificare e governare. In una delle catechesi precedenti ho parlato sulla prima di queste tre missioni: l'insegnamento, l'annuncio della verità, l'annuncio del Dio rivelato in Cristo, o — con altre parole — il compito profetico di mettere l'uomo in contatto con la verità, di aiutarlo a conoscere l'essenziale della sua vita, della realtà stessa.

Oggi vorrei soffermarmi brevemente con voi sul secondo compito che ha il sacerdote, quello di santificare gli uomini, soprattutto mediante i Sacramenti e il culto della Chiesa. Qui dobbiamo innanzitutto chiederci: Che cosa vuol dire la parola «Santo»? La risposta è: «Santo» è la qualità specifica dell'essere di Dio, cioè assoluta verità, bontà, amore, bellezza — luce pura. Santificare una persona significa quindi metterla in contatto con Dio, con questo suo essere luce, verità, amore puro. È ovvio che tale contatto trasforma la persona. Nell'antichità c'era questa ferma convinzione: Nessuno può vedere Dio senza morire subito. Troppo grande è la forza di verità e di luce! Se l'uomo tocca questa corrente assoluta, non sopravvive. D'altra parte c'era anche la convinzione: Senza un minimo contatto con Dio l'uomo non può vivere. Verità, bontà, amore sono condizioni fondamentali del suo essere. La questione è: Come può trovare l'uomo quel contatto con Dio, che è fondamentale, senza morire sopraffatto dalla grandezza dell'essere divino? La fede della Chiesa ci dice che Dio stesso crea questo contatto, che ci trasforma man mano in vere immagini di Dio.

Così siamo di nuovo arrivati al compito del sacerdote di «santificare». Nessun uomo da sé, a partire dalla sua propria forza può mettere l'altro in contatto con Dio. Parte essenziale della grazia del sacerdozio è il dono, il compito di creare questo contatto. Questo si realizza nell'annuncio della parola di Dio, nella quale la sua luce ci viene incontro. Si realizza in un modo particolarmente denso nei Sacramenti. L'immersione nel Mistero pasquale di morte e risurrezione di Cristo avviene nel Battesimo, è rafforzata nella Confermazione e nella Riconciliazione, è alimentata dall'Eucaristia, Sacramento che edifica la Chiesa come Popolo di Dio, Corpo di Cristo, Tempio dello Spirito Santo (cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores gregis, n. 32). È quindi Cristo stesso che rende santi, cioè ci attira nella sfera di Dio. Ma come atto della sua infinita misericordia chiama alcuni a «stare» con Lui (cfr. Mc 3, 14) e diventare, mediante il Sacramento dell'Ordine, nonostante la povertà umana, partecipi del suo stesso Sacerdozio, ministri di questa santificazione, dispensatori dei suoi misteri, «ponti» dell'incontro con Lui, della sua mediazione tra Dio e gli uomini e tra gli uomini e Dio (cfr. po, 5).

Negli ultimi decenni, vi sono state tendenze orientate a far prevalere, nell'identità e nella missione del sacerdote, la dimensione dell'annuncio, staccandola da quella della santificazione; spesso si è affermato che sarebbe necessario superare una pastorale meramente sacramentale. Ma è possibile esercitare autenticamente il Ministero sacerdotale «superando» la pastorale sacramentale? Che cosa significa propriamente per i sacerdoti evangelizzare, in che cosa consiste il cosiddetto primato dell'annuncio? Come riportano i Vangeli, Gesù afferma che l'annuncio del Regno di Dio è lo scopo della sua missione; questo annuncio, però, non è solo un «discorso», ma include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire; i segni, i miracoli che Gesù compie indicano che il Regno viene come realtà presente e che coincide alla fine con la sua stessa persona, con il dono di sé, come abbiamo sentito oggi nella lettura del Vangelo. E lo stesso vale per il ministro ordinato: egli, il sacerdote, rappresenta Cristo, l'Inviato del Padre, ne continua la sua missione, mediante la «parola» e il «sacramento», in questa totalità di corpo e anima, di segno e parola. Sant'Agostino, in una lettera al Vescovo Onorato di Thiabe, riferendosi ai sacerdoti afferma: «Facciano dunque i servi di Cristo, i ministri della parola e del sacramento di Lui, ciò che egli comandò o permise» (Epist. 228, 2). È necessario riflettere se, in taluni casi, l'aver sottovalutato l'esercizio fedele del munus sanctificandi, non abbia forse rappresentato un indebolimento della stessa fede nell'efficacia salvifica dei Sacramenti e, in definitiva, nell'operare attuale di Cristo e del suo Spirito, attraverso la Chiesa, nel mondo.

Chi dunque salva il mondo e l'uomo? L'unica risposta che possiamo dare è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si attualizza il Mistero della morte e risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? Nell'azione di Cristo mediante la Chiesa, in particolare nel Sacramento dell'Eucaristia, che rende presente l'offerta sacrificale redentrice del Figlio di Dio, nel Sacramento della Riconciliazione, in cui dalla morte del peccato si torna alla vita nuova, e in ogni altro atto sacramentale di santificazione (cfr. po, 5). È importante, quindi, promuovere una catechesi adeguata per aiutare i fedeli a comprendere il valore dei Sacramenti, ma è altrettanto necessario, sull'esempio del Santo Curato d'Ars, essere disponibili, generosi e attenti nel donare ai fratelli i tesori di grazia che Dio ha posto nelle nostre mani, e dei quali non siamo i «padroni», ma custodi ed amministratori. Soprattutto in questo nostro tempo, nel quale, da un lato, sembra che la fede vada indebolendosi e, dall'altro, emergono un profondo bisogno e una diffusa ricerca di spiritualità, è necessario che ogni sacerdote ricordi che nella sua missione l'annuncio missionario e il culto e i sacramenti non sono mai separati e promuova una sana pastorale sacramentale, per formare il Popolo di Dio e aiutarlo a vivere in pienezza la Liturgia, il culto della Chiesa, i Sacramenti come doni gratuiti di Dio, atti liberi ed efficaci della sua azione di salvezza.

Come ricordavo nella santa Messa Crismale di quest'anno: «Centro del culto della Chiesa è il Sacramento. Sacramento significa che in primo luogo non siamo noi uomini a fare qualcosa, ma Dio in anticipo ci viene incontro con il suo agire, ci guarda e ci conduce verso di Sé. (...) Dio ci tocca per mezzo di realtà materiali (...) che Egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell'incontro tra noi e Lui stesso» (S. Messa Crismale, 1 aprile 2010). La verità secondo la quale nel Sacramento «non siamo noi uomini a fare qualcosa» riguarda, e deve riguardare, anche la coscienza sacerdotale: ciascun presbitero sa bene di essere strumento necessario all'agire salvifico di Dio, ma pur sempre strumento. Tale coscienza deve rendere umili e generosi nell'amministrazione dei Sacramenti, nel rispetto delle norme canoniche, ma anche nella profonda convinzione che la propria missione è far sì che tutti gli uomini, uniti a Cristo, possano offrirsi a Dio come ostia viva e santa a Lui gradita (cfr. Rm 12, 1). Esemplare, circa il primato del munus sanctificandi e della giusta interpretazione della pastorale sacramentale, è ancora san Giovanni Maria Vianney, il quale, un giorno, di fronte ad un uomo che diceva di non aver fede e desiderava discutere con lui, il parroco rispose: «Oh! amico mio, v'indirizzate assai male, io non so ragionare... ma se avete bisogno di qualche consolazione, mettetevi là... (il suo dito indicava l'inesorabile sgabello [del confessionale]) e credetemi, che molti altri vi si sono messi prima di voi, e non ebbero a pentirsene» (cfr. Monnin A., Il Curato d'Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. i, Torino 1870, pp. 163-164).

Cari sacerdoti, vivete con gioia e con amore la Liturgia e il culto: è azione che il Risorto compie nella potenza dello Spirito Santo in noi, con noi e per noi. Vorrei rinnovare l'invito fatto recentemente a «tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui “abitare” più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della Misericordia Divina, accanto alla Presenza reale nell'Eucaristia» (Discorso alla Penitenzieria Apostolica, 11 marzo 2010). E vorrei anche invitare ogni sacerdote a celebrare e vivere con intensità l'Eucaristia, che è nel cuore del compito di santificare; è Gesù che vuole stare con noi, vivere in noi, donarci se stesso, mostrarci l'infinita misericordia e tenerezza di Dio; è l'unico Sacrificio di amore di Cristo che si rende presente, si realizza tra di noi e giunge fino al trono della Grazia, alla presenza di Dio, abbraccia l'umanità e ci unisce a Lui (cfr. Discorso al Clero di Roma, 18 febbraio 2010). E il sacerdote è chiamato ad essere ministro di questo grande Mistero, nel Sacramento e nella vita. Se «la grande tradizione ecclesiale ha giustamente svincolato l'efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote, e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate», ciò non toglie nulla «alla necessaria, anzi indispensabile tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale»: c'è anche un esempio di fede e di testimonianza di santità, che il Popolo di Dio si attende giustamente dai suoi Pastori (cfr. Benedetto XVI, Discorso alla Plenaria della Congr. per il Clero, 16 marzo 2009). Ed è nella celebrazione dei Santi Misteri che il sacerdote trova la radice della sua santificazione (cfr. po, 12-13).

Cari amici, siate consapevoli del grande dono che i sacerdoti sono per la Chiesa e per il mondo; attraverso il loro ministero, il Signore continua a salvare gli uomini, a rendersi presente, a santificare. Sappiate ringraziare Dio, e soprattutto siate vicini ai vostri sacerdoti con la preghiera e con il sostegno, specialmente nelle difficoltà, affinché siano sempre più Pastori secondo il cuore di Dio. Grazie.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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