martedì 11 maggio 2010

[ZI100511] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 11 maggio 2010

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Il Papa: la Chiesa vuole collaborare con chi non emargina la religione
Nel suo primo discorso arrivando in Portogallo

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- “La Chiesa è aperta per collaborare con chi non marginalizza né riduce al privato l’essenziale considerazione del senso umano della vita”. Con queste parole, pronunciate appena giunto all'aeroporto di Portela di Lisbona, Benedetto XVI ha inaugurato questo martedì la sua visita apostolica in Portogallo.

Dopo l'arrivo dell'aereo papale, alle 11.00 ora locale, il Pontefice è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, dal Patriarca di Lisbona, il Cardinale José Policarpo, e da altre autorità ecclesiali e civili.

Su un palco preparato per l'occasione, e dopo il saluto del Presidente Cavaco Silva, il Papa ha pronunciato un breve discorso nel quale ha alluso alla concezione di laicità positiva e all'importanza del riconoscimento della libertà religiosa nella vita pubblica.

La relazione con Dio, ha spiegato ai presenti, “è costitutiva dell’essere umano: questi è stato creato e ordinato verso Dio, cerca la verità nella propria struttura conoscitiva, tende verso il bene nella sfera volitiva, ed è attratto dalla bellezza nella dimensione estetica”.

“Non si tratta di un confronto etico fra un sistema laico e un sistema religioso, bensì di una questione di senso alla quale si affida la propria libertà”, ha spiegato Benedetto XVI.

In questo senso, ha alluso alla Costituzione della Repubblica Portoghese, che celebra quest'anno il suo centenario e che ha stabilito formalmente la separazione tra Chiesa e Stato nel Paese.

“La svolta repubblicana, verificatesi cento anni fa in Portogallo, ha aperto, nella distinzione fra Chiesa e Stato, un nuovo spazio di libertà per la Chiesa, a cui i due Concordati del 1940 e del 2004 avrebbero dato forma, in ambiti culturali e prospettive ecclesiali assai segnate da rapidi cambiamenti”.

Questa separazione, ha riconosciuto il Papa, ha provocato “sofferenze”, che però “sono state in genere affrontate con coraggio”.

“Il vivere nella pluralità di sistemi di valori e di quadri etici richiede un viaggio al centro del proprio io e al nucleo del cristianesimo per rinforzare la qualità della testimonianza fino alla santità, trovare sentieri di missione fino alla radicalità del martirio”, ha aggiunto.

Fatima

Il Pontefice ha sottolineato che la sua visita nel Paese lusitano “sotto il segno della speranza” “intende essere una proposta di sapienza e di missione”.

“Vengo nelle vesti di pellegrino della Madonna di Fatima, investito dall’Alto nella missione di confermare i miei fratelli che avanzano nel loro pellegrinaggio verso il Cielo”, ha affermato.

In questo senso, ha dichiarato che le apparizioni della Vergine in questa piccola località sono state “un amorevole disegno da Dio; non dipende dal Papa, né da qualsiasi altra autorità ecclesiale”.

“Non fu la Chiesa che ha imposto Fatima – direbbe il Cardinale Manuel Cerejeira, di venerata memoria –, ma fu Fatima che si impose alla Chiesa”, ha esclamato.

In quell'avvenimento, il Cielo si aprì “ proprio sul Portogallo – come una finestra di speranza che Dio apre quando l’uomo Gli chiude la porta – per ricucire, in seno alla famiglia umana, i vincoli della solidarietà fraterna che poggiano sul reciproco riconoscimento dello stesso ed unico Padre”.

“La Vergine Maria è venuta dal Cielo per ricordarci verità del Vangelo che costituiscono per l’umanità, fredda di amore e senza speranza nella salvezza, sorgente di speranza”, una speranza che si basa sulla relazione “verticale e trascendente” dell'uomo con Dio.

Papa Benedetto XVI ha quindi concluso il suo discorso affidando il Portogallo “alla Madonna di Fatima, immagine sublime dell’amore di Dio che abbraccia tutti come figli”.

Radici cristiane

Dal canto suo, il Presidente Cavaco Silva ha affermato nel suo discorso di benvenuto che la separazione tra Chiesa e Stato in Portogallo “convive con i segni profondi dell'eredità cristiana presente nella cultura, nel patrimonio e, al di sopra di tutto, nei valori”.

Il Portogallo “riconosce il ruolo della Chiesa cattolica e rispetta e sostiene il servizio inestimabile che presta alla società”, ha sottolineato.

“In altri tempi, dando un contributo prezioso all'espansione della fede cristiana, abbiamo aperto il mondo al dialogo universale”, ha ricordato. “Un atteggiamento particolarmente idoneo in un momento in cui, forse più che mai, si reclama un'intesa tra il discorso della ragione e quello della fede”.

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Caloroso benvenuto al Papa in Portogallo
Il Pontefice visita il Monastero dos Jerónimos e il Palazzo di Belém

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Migliaia di persone, al grido “Viva o Papa”, hanno accompagnato questo martedì Benedetto XVI al suo arrivo in Portogallo, lungo le strade e aspettandolo all'ingresso della Nunziatura Apostolica, dove si è diretto dopo la breve cerimonia di benvenuto all'aeroporto di Portela.

Il Papa ha compiuto il percorso in papamobile, accompagnato dal Patriarca di Lisbona, il Cardinale José Policarpo, e dal suo segretario personale, monsignor Georg Gaenswein.

Dopo una breve sosta alla Nunziatura, dove in seguito è tornato per pranzare, Benedetto XVI si è diretto in automobile al complesso monumentale formato dal Monastero dos Jerónimos e dalla Torre di Belém, dove lo attendeva il Presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, per il benvenuto ufficiale.

Il Papa è stato ricevuto sulla spianata davanti al Monastero da Cavaco Silva, con gli onori militari, ed è stato salutato da migliaia di persone, tra cui molti bambini.

Il Monastero dos Jerónimos è, insieme alla Torre di Belém, uno dei simboli di Lisbona e della storia ultramarina del Portogallo. Costruito in stile tardogotico, è situato nel luogo in cui sorgeva il romitorio di Restelo, fondato da don Enrique il Navigatore, e dove Vasco da Gama e i suoi uomini trascorsero la notte in preghiera prima di partire per l'India.

Il Monastero ospita le tombe di vari re del Portogallo e del poeta Luis de Camões, ed è stato la sede della firma, nel 2007, del Trattato di Lisbona dell'Unione Europea.

Dopo il benvenuto, il Papa è entrato nel Monastero accompagnato dal Patriarca di Lisbona e ha sostato in preghiera davanti al Santissimo Sacramento nell'antica chiesa di Santa Maria de Belém.

Dopo questa breve visita, Benedetto XVI e i suoi accompagnatori si sono diretti al Palazzo di Belém, residenza presidenziale, detto Palazzo cor-de-rosa per il suo colore rosato, per incontrare Aníbal Cavaco Silva, sua moglie Maria Alves da Silva e i figli Patrícia e Bruno con le rispettive famiglie.

Il Papa e il Presidente hanno avuto una conversazione privata, e poi si sono affacciati a uno dei balconi per salutare i membri della Casa Presidenziale, riuniti nel cortile del Palazzo, ai quali Benedetto XVI si è rivolto ringraziandoli per il loro lavoro.

Dopo aver assicurato loro le sue preghiere, ha auspicato che con il loro lavoro e la “sollecitudine per il bene comune” favoriscano “nel centenario della Repubblica Portoghese una società più giusta e fraterna e un futuro migliore per tutti”.

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La più grande persecuzione della Chiesa nasce dal peccato al suo interno
Dichiarazioni del Papa sul volo per Lisbona

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Rispondendo a un giornalista sul volo che questo martedì mattina lo ha portato a Lisbona, Benedetto XVI ha spiegato che la più grande persecuzione della Chiesa nasce dal peccato al suo interno.

A bordo dell'Airbus 320 dell’Alitalia gremito di giornalisti all’inizio del suo 15° viaggio apostolico internazionale, il primo in Portogallo, il Papa ha risposto a una domanda che molte altre persone avrebbero voluto porgli.

Il giornalista gli ha chiesto se è possibile cogliere nel Messaggio di Fatima, oltre a ciò che riguardò Giovanni Paolo II e l’attentato subito, anche il senso delle sofferenze che vive la Chiesa contemporanea, scossa dalle vicende degli abusi sessuali sui minori.

Benedetto XVI ha affermato che ciò che di nuovo si può scoprire oggi nel Messaggio di Fatima è che in esso si vede la “passione” che vive la Chiesa, che “si riflette sulla persona del Papa”.

“Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”, ha aggiunto.

“Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa, e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.

Il Papa ha ribadito che “il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia”.

In precedenza, il Pontefice aveva risposto a una domanda sulla realtà della secolarizzazione del Portogallo, Paese un tempo profondamente cattolico.

Benedetto XVI ha riconosciuto anzitutto la presenza lungo i secoli di una “fede coraggiosa, intelligente e creativa”, testimoniata dalla nazione lusitana anche in molte parti del mondo, come in Brasile. Pur notando come “la dialettica tra fede e secolarismo in Portogallo” conti “una lunga storia”, ha detto, non sono mancate tuttavia persone intenzionate a “creare dei ponti”, a “creare un dialogo” tra le due posizioni.

“Penso che proprio il compito, la missione dell’Europa in questa situazione è trovare questo dialogo, integrare fede e razionalità moderna in un'unica visione antropologica che completa l’essere umano e rende così anche comunicabile le culture umane”, ha constatato.

“La presenza del secolarismo è una cosa normale, ma la separazione, la contrapposizione tra secolarismo e cultura della fede è anomala e deve essere superata - ha detto il Papa -. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrino, così che trovino la loro vera identità. E’ una missione dell’Europa e una necessità umana in questa nostra storia”

Benedetto XVI ha anche risposto a una domanda sulla crisi economica che metterebbe a rischio, per alcuni, la stabilità stessa dell’Europa comunitaria.

Prendendo spunto dalla Dottrina Sociale della Chiesa, che invita il positivismo economico a entrare in dialogo con una visione etica dell’economia, il Papa ha anche confessato che la fede cattolica ha “spesso” lasciato, in passato, le questioni economiche al mondo pensando solo “alla salvezza individuale”.

“Tutta la tradizione della Dottrina Sociale della Chiesa va nel senso di allargare l’aspetto etico e della fede, oltre l'individuo, alla responsabilità del mondo, a una razionalità 'performata' dall’etica. E d’altra parte, gli ultimi avvenimenti sul mercato in questi ultimi due-tre anni hanno dimostrato che la dimensione etica è interna e deve entrare nell’interno dell’agire economico “.

“Solo così, l’Europa realizza la sua missione”, ha concluso.

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Il Papa mette in guardia contro una fede di strutture, ma vuota
Messa moltitudinaria davanti a circa 200.000 persone

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Davanti a una folla di circa 200.000 persone, Benedetto XVI ha messo in guardia contro il pericolo di confidare troppo in strutture e programmi ecclesiali, in cui conta il potere ma la fede smette di essere protagonista.

In un pomeriggio assolato, il Pontefice ha presieduto questo martedì nel Terreiro do Paço di Lisbona una celebrazione eucaristica diventata una delle espressioni di fede più importanti suscitate dalla sua prima visita in Portogallo, che terminerà questo venerdì.

“Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista”, ha riconosciuto il Santo Padre vicino allo sbocco del fiume Tejo, punto di partenza di migliaia di missionari portoghesi e di famiglie alla ricerca di una vita migliore.

“Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?”, ha chiesto.

Perché ciò non accada, secondo il Papa, “bisogna annunziare di nuovo con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cristianesimo, fulcro e sostegno della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo umano”.

“La risurrezione di Cristo ci assicura che nessuna potenza avversa potrà mai distruggere la Chiesa – ha dichiarato –. Quindi la nostra fede ha fondamento, ma c’è bisogno che questa fede diventi vita in ognuno di noi”.

Il successore di Pietro ha poi chiesto “un vasto sforzo capillare da compiere affinché ogni cristiano si trasformi in un testimone in grado di rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima (cfr 1Pt 3,15): soltanto Cristo può soddisfare pienamente i profondi aneliti di ogni cuore umano e dare risposte ai suoi interrogativi più inquietanti circa la sofferenza, l’ingiustizia e il male, sulla morte e la vita nell’Aldilà”.

Allo stesso modo, ha riconosciuto che alla Chiesa non mancano “figli riottosi e persino ribelli”. Nei Santi, ha aggiunto, “riconosce i propri tratti caratteristici e, proprio in loro, assapora la sua gioia più profonda. Li accomuna tutti la volontà di incarnare il Vangelo nella propria esistenza, sotto la spinta dell’eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo”.

Per questo motivo, ha concordato con i Vescovi del Paese sul fatto che la priorità pastorale per la Chiesa in Portogallo “è quella di fare di ogni donna e uomo cristiani una presenza raggiante della prospettiva evangelica in mezzo al mondo, nella famiglia, nella cultura, nell’economia, nella politica”.

All'inizio della Messa, il Cardinale José da Cruz Policarpo, Patriarca di Lisbona, ha ricordato che il popolo portoghese “ha sempre nutrito un grande amore per il Papa, che si è manifestato anche nei tempi più difficili della nostra storia”, e ha segnalato che la presenza di Benedetto XVI è “un invito ad approfondire e a prendere più sul serio la sua fedeltà”.

Tra gli applausi, il Cardinale ha consegnato al Santo Padre una reliquia di San Vincenzo, patrono di Lisbona, mentre il Pontefice ha lasciato come ricordo di questa Messa un calice.

Nel suo secondo giorno di visita in Portogallo, questo mercoledì, Benedetto XVI, dopo aver incontrato il Primo Ministro José Sócrates Carvalho Pinto de Sousa e il mondo della cultura, si recherà a Fatima per una giornata che culminerà con l'atto di Affidamento e Consacrazione dei Sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria.

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Il Papa esorta a riconoscere nella propria vita i segni battesimali
Messaggio per il 50° anniversario del Santuario del Cristo Rei di Almada
LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Nel Messaggio scritto per il 50° anniversario di fondazione del Santuario del Cristo Rei (Cristo Re) di Almada, Benedetto XVI ha invitato i fedeli a riconoscere nella propria vita i segni della consacrazione battesimale.

Il Pontefice ha letto il testo questo martedì pomeriggio al termine della celebrazione eucaristica svoltasi nel Terreiro do Paço di Lisbona alla presenza di migliaia di fedeli.

Ha quindi consegnato in dono al Rettore del Santuario, situato nella Diocesi di Setúbal, una casula con l’immagine del Sacro Cuore di Gesù.

Il Santuario di Cristo Re verrà sorvolato dal Santo Padre in elicottero alla fine dei suoi impegni pastorali a Lisbona, quando partirà alla volta di Fatima.

Il monumento è imponente: è una statua di Cristo con le braccia aperte di 28 metri di altezza collocata su un basamento di cemento di 82 metri, sulla sommità di una collina di 113. La base è stata progettata da Antonio Lino, mentre la statua è opera di Francisco Franco de Sousa.

Visibile da qualsiasi punto di Lisbona, è stato inaugurato nel 1956. Il suo promotore, il Cardinale Manuel Gonçalves Cerejeira, Arcivescovo di Lisbona, era rimasto molto colpito da un viaggio compiuto nel 1934 in Brasile, dove aveva ammirato il monumento del Cristo Redentore di Rio de Janeiro.

Come a Rio de Janeiro, è possibile raggiungere in ascensore la sommità della struttura, da dove si ammira uno splendido panorama della città.

“Rivolgo il mio sguardo verso l’altra riva del Tago, dove si erge il Monumento a Cristo Re, quasi nella chiusura delle celebrazioni per i suoi 50 anni”, ha detto il Papa leggendo il suo Messaggio dopo la Messa nel Terreiro do Paço.

“Nell’impossibilità di visitare il santuario – come desiderava Mons. Gilberto, Vescovo di Setúbal – vorrei da qui additare alle nuove generazioni gli esempi di speranza in Dio e lealtà al voto fatto, che in esso ci hanno lasciato scolpiti i Vescovi e i fedeli cristiani di allora, in segno di amore e riconoscenza per la preservazione della pace in Portogallo”.

“Di là l’immagine di Cristo stende le braccia all’intero Portogallo, quasi a ricordargli la Croce dove Gesù ha ottenuto la pace dell’universo e si è manifestato Re e servo, perché è il vero Salvatore dell’umanità”.

Il Pontefice ha quindi auspicato che il Santuario di Cristo Re “diventi sempre più un luogo in cui ogni fedele possa verificare come i criteri del Regno di Cristo siano impressi nella sua vita di consacrazione battesimale”.

Ciò, ha aggiunto, permetterà di “promuovere l’edificazione dell’amore, della giustizia e della pace con interventi nella società a favore dei poveri e degli oppressi”, e di “focalizzare la spiritualità delle comunità cristiane in Cristo, Signore e Giudice della storia”.

Per ulteriori informazioni, http://www.cristorei.pt/


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Benedetto XVI: Cristo, "l'eternamente giovane"
Ringrazia i giovani di Lisbona per la "gioiosa testimonianza" che offrono a Gesù

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Cristo è “l'eternamente giovane”, ed è quindi la guida migliore per i ragazzi e le ragazze del nostro tempo.

Benedetto XVI lo ha affermato questo martedì sera salutando i tanti giovani provenienti da diverse parrocchie e appartenenti a vari movimenti ecclesiali che si sono riuniti davanti alla Nunziatura Apostolica di Lisbona per cantare in suo onore e ricevere la sua benedizione.

Affacciandosi dopo cena al balcone della Nunziatura, il Pontefice ha detto di aver apprezzato “la viva e numerosa partecipazione dei giovani” all’Eucaristia celebrata nel pomeriggio al Terreiro do Paço della capitale portoghese.

Questa presenza, ha spiegato, dà prova “della loro fede e della loro volontà di costruire il futuro sul Vangelo di Gesù Cristo”.

“Grazie per la gioiosa testimonianza che offrite a Cristo, l’eternamente giovane, e per la premura manifestata al suo povero Vicario in terra con questo incontro serale”, ha esclamato. “Siete venuti ad augurarmi la buona notte e di cuore vi ringrazio”.

Benedetto XVI ha quindi confessato di provare “una grande gioia” per il fatto di potersi unire “alla moltitudine dei pellegrini di Fatima in occasione del decimo anniversario della Beatificazione di Francesco e di Giacinta”, i pastorelli che insieme alla cugina Lucia furono testimoni delle apparizioni della Vergine nel 1917.

“Essi, con l’aiuto della Madonna, hanno imparato a vedere la luce di Dio nell’intimo dei loro cuori e ad adorarla nella loro vita. Che la Vergine Maria vi ottenga la stessa grazia e vi protegga!”, ha auspicato.

“Continuo a contare su di voi e sulle vostre preghiere, affinché questa Visita in Portogallo sia ricolma di frutti”, ha concluso.

Venerdì prossimo, 14 maggio, il Papa si rivolgerà anche ai giovani di Porto, terza tappa della sua visita pastorale in terra portoghese dopo la capitale e Fatima.

“I giovani esigono quasi che il Papa parli loro”, ha detto il coordinatore generale della visita del Papa in Portogallo, monsignor Carlos Azevedo, nel corso di una conferenza stampa svoltasi questo lunedì a Lisbona.

Lo spazio di 7.500 posti che era stato riservato ai ragazzi per la Messa nel Terreiro do Paço, ha riferito, ha dovuto essere ampliato perché “l'entusiasmo dei giovani per la visita di Benedetto XVI è stato sorprendente”.

Solo all'iniziativa Eu Acredito si sono iscritti 11.000 giovani.

“Vogliamo esprimere il nostro sostegno al Papa in questa sua importante missione di guidare la Chiesa e dirgli che siamo sempre con lui, presenti con la preghiera e come parte vibrante di una Chiesa viva e giovane”, dicono gli organizzatori.

“Vogliamo dire ai portoghesi e al mondo che nonostante le varie crisi che attraversiamo Noi Crediamo! Quando siamo tristi, quando le possibilità sembrano limitate, quando il futuro spaventa, quando dobbiamo confrontarci con le dure realtà della povertà, della corruzione, della violenza, dell'ingiustizia... Noi scegliamo di Credere!”.

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Siglato un accordo Vaticano-Telecom per rete in fibra ottica
Si estenderà sul territorio vaticano per un totale di oltre 400 km

ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano ha siglato questo martedì con Telecom Italia un accordo per la realizzazione di una moderna infrastruttura di comunicazione integrata in fibra ottica per la trasmissione di servizi di fonia, dati e video di ultima generazione, nell’ambito territoriale della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano.

La nuova infrastruttura di rete “Full IP” in fibra ottica - informa un comunicato congiunto - si estenderà su un totale di oltre 400 km consentendo collegamenti ad alta velocità a partire da 10 Gigabits/secondo tra la Santa Sede e le dieci sedi extraterritoriali del Vaticano situate a Roma e in zone limitrofe.

La nuova piattaforma centralizzata di comunicazione sostituirà l'attuale infrastruttura della Santa Sede.

L'accordo di durata triennale, rinnovabile ogni anno per i successivi cinque anni, prevede inoltre, da parte di Telecom Italia, la realizzazione di un centro operativo che verrà utilizzato dalla direzione delle Telecomunicazioni del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per la gestione dell'infrastruttura.

Questa nuova infrastruttura, ha detto il Cardinale Giovanni Lajolo nella cerimonia per la firma del contratto presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, “sarà in grado di mettere insieme sistemi di comunicazione comunemente usati per le reti di computer e servizi di trasporto della voce, consentendo non solo le normali conversazioni telefoniche, ma anche lo scambio di contenuti dati, audio e video, usati per esempio nelle videoconferenze”.

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Nuovo Presidente della Commissione Disciplinare della Curia Romana
Mons. Giorgio Corbellini sostituisce il Cardinale Herranz

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato Presidente della Commissione Disciplinare della Curia Romana mons. Giorgio Corbellini, Vescovo titolare di Abula, Presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, finora membro della medesima Commissione.

Sostituisce in questo incarico il Cardinale Julián Herranz Casado, che il 31 marzo scorso ha compiuto 80 anni.

La Pontificia Commissione Disciplinare della Curia Romana è un organo incaricato a determinare le sanzioni disciplinari per i dipendenti della Curia Romana.

Composta da un Presidente e sei membri nominati per cinque anni dal Pontefice, prevede sanzioni disciplinari quali: la sospensione dall'ufficio, l'esonero, il licenziamento.

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Italia


Il Rosario, compendio del Vangelo
Messaggio dell'Arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi

di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Con un invito affinché il mese di maggio sia “un ininterrotto inno di ringraziamento e di lode alla Vergine Maria, grazie alla quale Dio si è fatto uno di noi” si conclude il messaggio che monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, ha inviato a tutti i credenti della diocesi.

Il messaggio ha per titolo “Il Rosario: compendio del Vangelo” e ricorda che è durante il mese di maggio che la Chiesa Cattolica, diffusa in ogni parte del mondo, dedica le preghiere alla Vergine Maria invocata come Madre di Dio e Aiuto dei Cristiani.

“Il sì a Dio di Maria”, ha rilevato l’Arcivescovo, l’ha designata a essere “collaboratrice speciale del Suo progetto di salvezza per l’umanità intera”.

E’ in questo contesto che deve essere praticato il Rosario, preghiera raccomandata dai Pontefici, tanto cara al popolo cristiano e indicata da Paolo VI come “compendio di tutto il Vangelo”.

Monsignor Crepaldi ha spiegato che pregare il Rosario significa “sentirsi famiglia orante”, si tratta di “un richiamo profetico per tante persone indifferenti che hanno bisogno di ritrovare le strade dello stupore, le quali si diramano dall’interiore colloquio che è la preghiera, che fa assaporare la serenità di sapersi al centro di una solerte e amorosa attenzione, proveniente da Dio per rendere l’uomo capace del senso del vivere”.

“Il Santo Rosario – ha sottolineato l’Arcivescovo – è un’esperienza che ci fa sentire popolo in cammino per le contrade della storia, con un grande desiderio nel cuore di conoscere il nostro Dio, che si è fatto uomo per la salvezza del mondo”.

Nel Rosario, che Paolo VI definì “preghiera evangelica di orientamento cristologico”, vi è tutto il Vangelo che la Chiesa proclama”.

Per questo - ha sostenuto monsignor Crepaldi - attraverso i Misteri si ripercorre la storia della vita del Signore Gesù.

“Ispirate dai Misteri gaudiosi - ha affermato il presule -, le famiglie sapranno cogliere l’invito a sviluppare una maggiore consapevolezza della loro vocazione di custodi della vita, diventando capaci di accoglierla e accompagnarla con dedizione e amore; di assumere con responsabilità il difficile esercizio dei compiti educativi, facendosi testimoni credibili di vita cristiana per i loro figli e per la società; di perseguire con tutte le loro forze la vocazione a essere modelli di santità”.

Per monsignor Crepaldi, “i Misteri luminosi ci ricordano il grande dono del Battesimo e dell’Eucarista”, che “oltre a toglierci dall’impoverimento inferto all’intera umanità dal peccato originale, ci dona quella vita divina che dobbiamo conservare e tutelare evitando il peccato e facendo efficace esperienza di comunione con Cristo nostra forza nei sacramenti”.

Per quanto riguarda i misteri dolorosi l’Arcivescovo ha ricordato che “la sofferenza è una dimensione che appartiene all’umanità. Possiamo cercare di limitare la sofferenza, di lottare contro di essa, ma non possiamo eliminarla… Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo”.

Per questo motivo il Rosario “non è un tranquillizzante devozionale”, bensì una personale e vitale presa di coscienza del fatto che “il Verbo di Dio si è piegato all’esperienza del dolore e della sofferenza”.

“Il Signore Gesù – ha sottolineato l’Arcivescovo - afferma sì di essere l’uomo dei dolori, ma anche il Dio della speranza che, pur nella kénosi (svuotamento, abbassamento) che Lo umilia sino alla morte di croce, offre un senso nuovo e definitivo a coloro che in Lui credono e a Lui si affidano anche nel momento della prova, della sventura e del dolore fisico e morale”.

“La Passione di Cristo - ha continuato - è mistero di consolazione per ognuno di noi, perché Dio si rivela come Colui che è presente in ogni sofferenza umana e condivide ogni sopportazione, diffondendo in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio, facendo così sorgere la stella della speranza”.

Per spiegare i misteri gloriosi, monsignor Crepaldi ha fatto riferimento alla contemplazione della risurrezione di Cristo, “un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento”.

L’Arcivescovo ha concluso invitando i fedeli a offrire la preghiera del Rosario per “la Chiesa di Cristo sparsa su tutta la terra” e, in modo particolare, a pregare “il Padrone della messe perché mandi operai nella sua vigna, offrendoci la consolazione di numerose e sante vocazioni al ministero ordinato, alla vita religiosa e alla consacrazione laicale”.

Monsignor Crepaldi ha chiesto preghiere affinché la Chiesa che è in Trieste “possa essere edificata e guidata quale ‘sale e luce’ per le Genti tra le quali essa è radicata, al fine di testimoniare e offrire quella ‘buona notizia’ che salva che è il Cristo, buon Pastore e vero amico dell’uomo”.

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Segnalazioni


La libertà di religione, un diritto umano che sta cambiando?
Giornata di studio al Pontificio Istituto Teutonico di S. Maria dell'Anima

ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Mercoledì, 12 maggio, presso la Biblioteca del Pontificio Istituto Teutonico di S. Maria dell'Anima, a Roma (Via della Pace, 20), alle 15:30 avrà luogo una giornata di studio sulla libertà di religione.

L'evento è promosso dal Pontificio Istituto Teutonico di S. Maria dell'Anima in collaborazione con la Pontificia Università Gregoriana (PUG), la Pontificia Università Lateranense (PUL) e la Pontificia Università della Santa Croce (PUSC), con il sostegno dell’Ambasciata Austriaca presso la Santa Sede.

Alla Giornata di studio interverranno: padre Ottavio De Bertolis S.J., professore presso la PUG (“Ordinamento giuridico e diritti fondamentali”); il dott. Stefan Mückl, professore presso la PUSC (“Il Crocefisso, una violazione dei diritti umani?”); e Vincenzo Buonomo, decano della Facoltà di Diritto Civile della PUL (“La giurisprudenza europea sulla libertà di religione”).

Le conferenze e la discussione che ne seguirà saranno tradotte simultaneamente in italiano e tedesco.


[Per ulteriori informazioni: 06 68801394]

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VI assemblea generale delle Suore Domenicane Internazionali
A Roma dal 14 al 19 maggio prossimi
ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Saranno più di 100 le Priore generali delle Congregazioni di Suore Domenicane di Vita apostolica aderenti al movimento DSI che si incontreranno a Roma dal 14 al 19 maggio per preparare il proprio futuro con realismo, audacia e speranza, e individuare piste di azione per il prossimo triennio (2010-2013).

Le 154 Congregazioni contano circa 25.500 suore domenicane che operano in 111 paesi del mondo, da sole o in collaborazione con gli altri rami della Famiglia domenicana, frati, monache e laici.

Il movimento DSI nasce nel 1995 per promuovere la collaborazione tra le Suore Domenicane come donne predicatrici nella Chiesa. Quest'anno il DSI celebra 15 anni di esistenza.

Le inquietudini della vita religiosa e del suo futuro, comuni a molte congregazioni e ordini religiosi, hanno spinto il DSI a dedicare la sua sesta assemblea generale a scrutare insieme con realismo i segni dei tempi e con audacia e speranza prepararsi al futuro.

Le domande cui si tenterà di dare una risposta sono: considerando la realtà globalizzata del nostro mondo, quali sono le sfide più significative che la vita religiosa domenicana femminile deve affrontare? Come rispondiamo profeticamente alle conseguenze  della diminuzione delle vocazioni religiose? Come vediamo e immaginiamo la vita religiosa tra 10 anni?

In una delle sei giornate sarà presente anche il Maestro dell'Ordine, fra Carlos A. Azpiroz Costa, OP, il cui discorso sarà introdotto dalla Coordinatrice Internazionale del DSI, suor Maria Fabiola Velasquez Maya, OP.


[Per maggiori informazioni: 06 57940658; dsi@curia.op.org; www.dsiop.org]

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Interviste


I viaggi del Papa e il loro effetto sull'opinione pubblica
Intervista al professor Norberto González Gaitano

di Carmen Elena Villa

ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Nel congresso Church communications: identity and dialogue (Comunicazione della Chiesa, identità e dialogo), svoltosi di recente presso la Pontificia Università della Santa Croce, decine di esperti di Europa, America Latina, Stati Uniti e Africa hanno parlato delle esperienze e delle strategie comunicative della Chiesa nel terzo millennio.

Uno degli ultimi interventi è stato “L'effetto dei viaggi del Papa sull'opinione pubblica”, del professor Norberto González Gaitano, docente presso l'Università che ha ospitato l'evento, che ha ricordato il viaggio del Pontefice negli Stati Uniti nell'aprile 2008.

La visita di Benedetto XVI è stata seguita dall'84% degli americani attraverso i media. Più del 60% degli statunitensi ha espresso un'opinione favorevole, di fronte al 17% di contrari. Il 61% del totale ha considerato che la visita aveva superato le proprie aspettative.

L'oratore ha svolto una ricerca su un campione rappresentativo relativamente a tutte le notizie collegate alla vita normale della Chiesa negli Stati Uniti e pubblicate due mesi prima e due mesi dopo la visita del Papa. Ha inoltre studiato tutti i sondaggi realizzati nel Paese in cui si interpellano le persone sulla Chiesa e sui sacerdoti.

ZENIT ha intervistato González Gaitano, dottore in comunicazione sociale presso l'Università di Navarra, consultore del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e direttore del portale sulla famiglia e sui mezzi di comunicazione www.familyandmedia.eu, sul tema della sua conferenza e sulla luce che può gettare sulla situazione che vive attualmente la Chiesa.

Perché ha voluto svolgere questa ricerca sull'impatto che ha avuto sull'opinione pubblica il viaggio di Papa Benedetto XVI negli Stati Uniti?

Norberto González Gaitano: Ho vissuto per qualche mese negli Stati Uniti. Avevo l'impressione che qualcosa fosse cambiato nella percezione pubblica e nei media in relazione alla crisi sugli abusi di minori da parte di alcuni sacerdoti. Questo tema è nell'agenda dei media americani dal 2002. Negli USA ho assistito a un congresso di docenti di comunicazione di numerose Facoltà, e c'era una tavola rotonda che si occupava di religione e media. Commentando lì la mia intuizione, i giornalisti mi hanno detto che la condividevano, che il tema aveva smesso di fare notizia perché il Papa aveva affrontato così chiaramente il problema nel suo viaggio, che non era un tema di interesse informativo prioritario. Ho voluto cercare di capire se si trattava di una mera intuizione o no.

Quali sono state le caratteristiche di questa ricerca?

Norberto González Gaitano: “Approccio empirico”: i veri cambiamenti, anche sociali, accadono nelle coscienze degli uomini, e quindi nessun approccio empirico potrà mai misurare gli effetti di un viaggio del Papa sulle coscienze. Ciò che questa ricerca, oppure altri tipi di analisi empirica, ha provato a misurare sono i cambiamenti nelle percezioni, dei giornalisti (opinione pubblicata) e del popolo (opinione pubblica), insomma ciò che comunemente chiamiamo l’immagine pubblica. Ciò nonostante, i cambiamenti nelle coscienze, anche singole, hanno poi effetti esterni, solo che non si manifestano di solito nell’immediato, bensì a lungo termine.

Quali particolarità ha visto in questo viaggio del Papa?

Norberto González Gaitano: Il Papa andava su invito delle Nazioni Unite. C'era un'aspettativa enorme. Ratzinger, in quanto prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva un'immagine negativa. Si recava in un Paese fortemente secolarizzato nelle sue élites e allo stesso tempo profondamente religioso a livello sociale. La religione ha una presenza pubblica, non istituzionale ma pubblica, e quindi non discussa, a differenza di ciò che accade in Europa. Il viaggio ha reso visibile un modello di convivenza sociale rispettoso della religione, e non solo “tollerante”, e un clima di libertà politica e sociale.

Quali fattori crede che abbiano contribuito all'immagine favorevole del Papa negli Stati Uniti?

Norberto González Gaitano: Il fatto che sia stato visto e ascoltato. Quasi senza filtri. Ho l'impressione che il risultato di tutti i viaggi sia stato finora simile. Si veda la Turchia, Sydney o il recente viaggio a Malta. L'effetto è sempre molto più positivo delle aspettative sottolineate drammaticamente da parte di alcuni commentatori che scrivono nei mezzi di comunicazione e diffondono un determinato clima di opinione ai meno informati o a quanti non sono presenti sul luogo.

Ora, in termini di immagine, per quanto si può riuscire a misurare accuratamente - cosa per niente semplice -, penso si possa dire che l’umile coraggio, l’onestà e la sincerità di Benedetto XVI nell'affrontare il grave problema degli abusi sin dall’esordio del suo viaggio e poi a più riprese (tutti ricordiamo bene la conferenza stampa in aereo e la risposta franca e ben maturata alle domande di un giornalista ivi presenti) hanno fatto di più per l’immagine della Chiesa negli USA di tutto il lavoro di comunicazione che c'è stato nelle realtà ecclesiali americane. Lo so che questa è un'affermazione esagerata, ma consentitemi di abbandonare il ruolo di studioso di laboratorio e fare un poco di argomentazione.

Di fronte all'ondata di informazioni negative contro la Chiesa e il Papa per gli scandali degli abusi sui minori, quale morale lascia questa ricerca per la situazione attuale?

Norberto González Gaitano: Come nel caso della nube provocata dal vulcano irlandese, purtroppo rimarranno alcuni residui tossici nell'ambiente; poi tra i meno superficiali resterà la consapevolezza della debolezza del sistema (dei trasporti in un caso, dei media nell'altro); i più preparati, poi, saranno consapevoli del fatto che “una parola di verità pesa più del mondo”, come diceva Solzhenitsyn, e, aggiungerei, della prova che un uomo giusto è sufficiente a confondere chi non ha la coscienza a posto (in entrambi gli schieramenti)... poi resterà la certezza che ci dimenticheremo rapidamente queste e altre lezioni che abbiamo imparato così faticosamente.

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Forum


L'omelia deve commuovere
di padre Piero Gheddo*

ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Monsignor Mariano Crociata, segretario della Conferenza episcopale italiana (CEI), ha lamentato che le prediche delle Messe domenicali troppo spesso si trasformano per i fedeli in "una poltiglia insulsa, quasi una pietanza immangiabile o, comunque, ben poco nutriente", nel corso di un intervento sulla Liturgia fatto a Roma ("L'Osservatore Romano", 30 dicembre 2009).

Cos'è la predica, l'omelia domenicale nelle nostre chiese? Anzitutto "comunicazione" del messaggio cristiano. Qual è la prima regola del comunicare? Ricordo quando volevo collaborare con i giornali laici (scrivevo già su "L'Italia", oggi "Avvenire" e "L'Osservatore Romano"), il primo che nel 1958 mi ha invitato è stato il cattolico Edilio Rusconi, mitico direttore e fondatore di "Oggi" per la Rizzoli (1946); poi si era messo in proprio e aveva fondato "Gente" (1958). Gli portavo articoli sui missionari e i popoli non cristiani, li pubblicava volentieri e una volta mi dice: "Tu scrivi cose interessanti, ma non hai ancora capito la prima regola del giornalismo". Quale? "Il giornalista deve farsi leggere. Se non ti leggono è inutile che tu scrivi. All'inizio dell'articolo devi dare la notizia, il fatto, agganciare l'attenzione del lettore distratto del  nostro tempo. Tu invece parli come il prete parla dal pulpito: parti dalle idee generali, dai principi e poi scendi e fai il tuo racconto. Sbagliato, devi capovolgere l'impostazione".

La predica è insegnamento di una dottrina o comunicazione di un'esperienza? E' ambedue le cose, ma credo che, specialmente nel nostro tempo, per farsi ascoltare è molto valida la seconda ipotesi, non certo in senso assoluto (la dottrina è indispensabile), ma in senso relativo. In genere, il breve tempo dell'omelia (10-12 minuti al massimo) non permette di sviluppare un insegnamento compiuto, ma consente di provocare chi ascolta, far riflettere sulla propria vita confrontandoci col modello di Cristo. Il Vangelo è sempre provocatorio, indica che Gesù non è solo da pregare, ammirare, studiare, approfondire, ma soprattutto da amare e imitare. Il grande predicatore televisivo mons. Fulton Sheen, vescovo ausiliare di New York che negli anni Cinquanta e Sessanta spopolava alla televisione americana, diceva: "Se quando parlo a milioni di ascoltatori non arrivo a commuovermi ed a commuovere chi ascolta, ho fatto un buco nell'acqua. Di parole se ne dicono e se ne sentono tante. Nei pochi minuti che ho a disposizione debbo toccare il cuore dello spettatore medio, orientandolo a convertire la sua vita al modello di Cristo".

La predica deve comunicare la fede, l'esperienza che la fede porta ad una vita più umana, più serena, più pacifica, piena di gioia; deve provocarci e farci riflettere su quanto siamo distanti, noi cristiani, dal modello divino-umano di Gesù Cristo.

Nel settembre 2002 ho pranzato, nel "Convento della Pace" di Assisi, col superiore provinciale dei francescani conventuali giapponesi, padre Pietro Sonoda, col quale ho avuto una interessante conversazione sul primo annunzio di Cristo in Giappone, reso difficile dalle differenze fra cultura occidentale e cultura giapponese.  

Padre Pietro è vissuto otto anni in Italia, parla bene italiano. Mi dice: "Uno degli ostacoli all'annunzio del Vangelo in Giappone è che il giapponese è un uomo molto concreto, pratico, non ama e non capisce il linguaggio filosofico, astratto, staccato dalla vita. Ma nella Chiesa noi usiamo questo linguaggio: tutto è dogma, verità schematica, belle riflessioni teologiche. In Giappone il Vangelo è uno dei libri più letti, ma appunto perchè il Vangelo racconta fatti e parabole, dà notizie. I documenti della Chiesa, sono basati su ragionamenti non su fatti concreti. Quando vengo in Italia e sento le omelie che i preti fanno alla Messa domenicale, penso: se parlassero così in Giappone, nessuno li ascolterebbe".

Dico a padre Sonoda che non si preoccupi, forse anche buona parte dei fedeli italiani che vengono in chiesa molto spesso non sentono o non ascoltano o non capiscono quel che il sacerdote dice nella sua omelia. 

Oggi è difficile farsi leggere in libri e giornali, ma è difficilissimo farsi ascoltare dal pulpito. Credo che chi parla in chiesa debba anzitutto preoccuparsi di farsi ascoltare e capire, debba interessare chi ascolta. Se non ti fai leggere - mi diceva Edilio Rusconi - perchè scrivi? Ogni predicatore deve dirsi: se non mi sentono o non mi ascoltano o non mi capiscono, perchè parlo?

Il grande Paolo VI ha una bellissima frase nella "Evangelii nuntiandi" (1975, n. 41): "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni". Ma se un predicatore si ferma solo all'insegnamento della dottrina e non comunica un'esperienza e non scende alla vita quotidiana, che testimonianza dà in quei pochi minuti?

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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Documenti


Saluto del Papa ai giovani riuniti davanti alla Nunziatura di Lisbona

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il saluto che Benedetto XVI ha rivolto questo martedì sera ai giovani di varie parrocchie e appartenenti a diversi movimenti ecclesiali che si sono riuniti davanti alla Nunziatura Apostolica di Lisbona per cantare in onore del Papa e ricevere la sua benedizione.




* * *

Cari amici,

Ho apprezzato la viva e numerosa partecipazione dei giovani all’Eucaristia di questo pomeriggio sul Terreiro do Paço, dando prova della loro fede e della loro volontà di costruire il futuro sul Vangelo di Gesù Cristo. Grazie per la gioiosa testimonianza che offrite a Cristo, l’eternamente giovane, e per la premura manifestata al suo povero Vicario in terra con questo incontro serale. Siete venuti ad augurarmi la buona notte e di cuore vi ringrazio; ma adesso dovete lasciarmi andare a dormire, altrimenti la notte non sarebbe buona, e ci aspetta il giorno di domani.

Provo una grande gioia nel potermi unire alla moltitudine dei pellegrini di Fatima in occasione del decimo anniversario della Beatificazione di Francesco e di Giacinta. Essi, con l’aiuto della Madonna, hanno imparato a vedere la luce di Dio nell’intimo dei loro cuori e ad adorarla nella loro vita. Che la Vergine Maria vi ottenga la stessa grazia e vi protegga! Continuo a contare su di voi e sulle vostre preghiere, affinché questa Visita in Portogallo sia ricolma di frutti. E adesso con grande affetto vi imparto la mia Benedizione, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Buona notte! A domani.

Grazie tante!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]



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Messaggio del Papa per il 50° anniversario del Santuario del Cristo Rei di Almada
LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che Benedetto XVI ha letto questo martedì pomeriggio dopo la celebrazione eucaristica nel Terreiro do Paço di Lisbona in occasione del 50° anniversario della fondazione del Santuario del Cristo Rei di Almada.



* * *



Carissimi Fratelli e Sorelle,

In questo momento, rivolgo il mio sguardo verso l’altra riva del Tago, dove si erge il Monumento a Cristo Re, quasi nella chiusura delle celebrazioni per i suoi 50 anni. Nell’impossibilità di visitare il santuario – come desiderava Mons. Gilberto, Vescovo di Setúbal – vorrei da qui additare alle nuove generazioni gli esempi di speranza in Dio e lealtà al voto fatto, che in esso ci hanno lasciato scolpiti i Vescovi e i fedeli cristiani di allora, in segno di amore e riconoscenza per la preservazione della pace in Portogallo. Di là l’immagine di Cristo stende le braccia all’intero Portogallo, quasi a ricordargli la Croce dove Gesù ha ottenuto la pace dell’universo e si è manifestato Re e servo, perché è il vero Salvatore dell’umanità.

Nella sua funzione di santuario, diventi sempre più un luogo in cui ogni fedele possa verificare come i criteri del Regno di Cristo siano impressi nella sua vita di consacrazione battesimale, per promuovere l’edificazione dell’amore, della giustizia e della pace con interventi nella società a favore dei poveri e degli oppressi, per focalizzare la spiritualità delle comunità cristiane in Cristo, Signore e Giudice della storia.

Su quanti operano e servono nel Santuario di Cristo Re, sui suoi pellegrini e su tutti i fedeli della diocesi di Setúbal imploro abbondanti benedizioni del Cielo, creatrici di speranza e di pace durature nei cuori, nelle famiglie e nella società.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]


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Omelia di Benedetto XVI al Terreiro do Paço di Lisbona

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo dell'omelia che Benedetto XVI ha pronunciato questo martedì pomeriggio durante la Messa che ha presieduto nel Terreiro do Paço di Lisbona.

* * *


Carissimi Fratelli e Sorelle,

Giovani amici!


«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, […] insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Queste parole di Cristo risorto si rivestono di particolare significato in questa città di Lisbona, da dove sono partiti in grande numero generazioni e generazioni di cristiani – Vescovi, sacerdoti, consacrati e laici, uomini e donne, giovani e meno giovani -, obbedendo all’appello del Signore e armati semplicemente di questa certezza che Egli ha loro lasciato: «Io sono con voi tutti i giorni». Glorioso è il posto che il Portogallo si è guadagnato in mezzo alle nazioni per il servizio offerto alla diffusione della fede: nelle cinque parti del mondo ci sono Chiese locali che hanno avuto origine dall’azione missionaria portoghese.

In passato, la vostra partenza alla ricerca di altri popoli non ha impedito né distrutto i vincoli con ciò che eravate e credevate, anzi, con cristiana saggezza, siete riusciti a trapiantare esperienze e particolarità, aprendovi al contributo degli altri per essere voi stessi, in un’apparente debolezza che è forza. Oggi, partecipando all’edificazione della Comunità europea, portate il contributo della vostra identità culturale e religiosa. Infatti Gesù Cristo, così come si è unito ai discepoli sulla strada di Emmaus, così anche oggi cammina con noi secondo la sua promessa: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Pur se diversa da quella degli Apostoli, abbiamo anche noi una vera e personale esperienza del Signore risorto. La distanza dei secoli viene superata e il Risorto si offre vivo e operante, per il nostro tramite, nell’oggi della Chiesa e del mondo. Questa è la nostra grande gioia. Nel fiume vivo della Tradizione ecclesiale, Cristo non si trova a duemila anni di distanza, ma è realmente presente tra noi e ci dona la Verità, ci dona la luce che ci fa vivere e trovare la strada verso il futuro.

Presente nella sua Parola, nell’assemblea del popolo di Dio con i suoi Pastori e, in modo eminente, nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, Gesù è qui con noi. Saluto il Signor Cardinale Patriarca di Lisbona, che ringrazio per le affettuose parole che mi ha rivolto, all’inizio della celebrazione, a nome della sua comunità che mi accoglie e che io abbraccio nei suoi quasi due milione di figli e figlie; a tutti voi qui presenti – amati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, carissime donne e uomini consacrati e fedeli laici impegnati, care famiglie e giovani, battezzati e catecumeni – rivolgo il mio saluto fraterno e amico, che estendo a quanti si trovano uniti a noi attraverso la radio e la televisione. Ringrazio sentitamente il Signor Presidente della Repubblica per la sua presenza e le altre Autorità, in particolare il Sindaco di Lisbona, che ha avuto la cortesia di consegnarmi le chiavi della città.

Lisbona amica, porto e riparo di tante speranze che ti venivano affidate da chi partiva e che desiderava chi ti faceva visita, mi piacerebbe oggi servirmi di queste chiavi che mi hai consegnate perché tu possa fondare le tue umane speranze sulla Speranza divina. Nella lettura appena proclamata, tratta dalla Prima Lettera di San Pietro, abbiamo sentito: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso». E l’Apostolo spiega: Avvicinatevi al Signore, «pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio» (1 Pt 2,6.4). Fratelli e sorelle, chi crede in Gesù non resterà deluso: è Parola di Dio, che non si inganna né può ingannarci. Parola confermata da una «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» e quali sono stati contemplati dall’autore dell’Apocalisse «avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palme nelle loro mani» (Ap 7,9). In questa moltitudine innumerevole non ci sono soltanto i Santi Verissimo, Massima e Giulia, qui martirizzati nella persecuzione di Diocleziano, o San Vincenzo, diacono e martire, patrono principale del Patriarcato; Sant’Antonio e San Giovanni di Brito che sono partiti da qui per seminare il buon seme di Dio presso altre terre e popoli, o San Nuno di Santa Maria che, da poco più di un anno, ho iscritto nel libro dei Santi. Ma viene formata dai «servi del nostro Dio» di tutti i tempi e luoghi, sulla cui fronte è stato tracciato il segno della croce con «il sigillo del Dio vivente» (Ap 7,2): lo Spirito Santo. Si tratta del rito iniziale compiuto su ognuno di noi nel sacramento del Battesimo, per mezzo del quale la Chiesa dà alla luce i «santi».

Sappiamo che non le mancano figli riottosi e persino ribelli, ma è nei Santi che la Chiesa riconosce i propri tratti caratteristici e, proprio in loro, assapora la sua gioia più profonda. Li accomuna tutti la volontà di incarnare il Vangelo nella propria esistenza, sotto la spinta dell’eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo. Fissando lo sguardo sui propri Santi, questa Chiesa locale ha giustamente concluso che oggi la priorità pastorale è quella di fare di ogni donna e uomo cristiani una presenza raggiante della prospettiva evangelica in mezzo al mondo, nella famiglia, nella cultura, nell’economia, nella politica. Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?
 
Affinché ciò non accada, bisogna annunziare di nuovo con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cristianesimo, fulcro e sostegno della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo umano. La risurrezione di Cristo ci assicura che nessuna potenza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Quindi la nostra fede ha fondamento, ma c’é bisogno che questa fede diventi vita in ognuno di noi. C’è dunque un vasto sforzo capillare da compiere affinché ogni cristiano si trasformi in un testimone in grado di rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima (cfr 1Pt 3,15): soltanto Cristo può soddisfare pienamente i profondi aneliti di ogni cuore umano e dare risposte ai suoi interrogativi più inquietanti circa la sofferenza, l’ingiustizia e il male, sulla morte e la vita nell’Aldilà.

Carissimi Fratelli e giovani amici, Cristo è sempre con noi e cammina sempre con la sua Chiesa, la accompagna e la custodisce, come Egli ci ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Non dubitate mai della sua presenza! Cercate sempre il Signore Gesù, crescete nella amicizia con lui, ricevetelo nella comunione. Imparate ad ascoltare la sua parola e anche a riconoscerlo nei poveri. Vivete la vostra esistenza con gioia ed entusiasmo, sicuri della sua presenza e della sua amicizia gratuita, generosa, fedele fino alla morte di croce. Testimoniate a tutti la gioia per questa sua presenza forte e soave, cominciando dai vostri coetanei. Dite loro che è bello essere amico di Gesù e vale la pena seguirlo. Con il vostro entusiasmo mostrate che, fra tanti modi di vivere che il mondo oggi sembra offrici – apparentemente tutti dello stesso livello –, l’unico in cui si trova il vero senso della vita e quindi la gioia vera e duratura è seguendo Gesù. Cercate ogni giorno la protezione di Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Ella, la Tutta Santa, vi aiuterà ad essere fedeli discepoli del suo Figlio Gesù Cristo.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Discorso di Benedetto XVI al suo arrivo in Portogallo

LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato questo martedì mattina da Benedetto XVI all'aeroporto internazionale Portela di Lisbona.

* * *

Signor Presidente della Repubblica,

Illustri Autorità della Nazione,

Venerabili Fratelli nell’Episcopato

Signore e Signori!

Soltanto adesso mi è stato possibile accogliere gli amabili inviti del Signor Presidente e dei miei Fratelli Vescovi per visitare quest’amata e antica Nazione, che in quest’anno celebra un secolo di proclamazione della Repubblica. Nel toccarne il suolo la prima volta da quando la Divina Provvidenza mi ha chiamato alla Sede di Pietro, provo grande onore e gratitudine per la presenza deferente e ospitale di tutti voi. La ringrazio, Signor Presidente, per le sue cordiali espressioni di benvenuto, interpretando i sentimenti e le speranze del buon popolo portoghese. A tutti, indipendentemente dalla loro fede e religione, va il mio saluto amichevole, in particolare a quanti non hanno potuto venire al mio incontro. Vengo nelle vesti di pellegrino della Madonna di Fatima, investito dall’Alto nella missione di confermare i miei fratelli che avanzano nel loro pellegrinaggio verso il Cielo.

Sin dagli albori della propria nazionalità, il popolo portoghese si è rivolto al Successore di Pietro per vedere riconosciuta la propria esistenza come Nazione; in seguito, un mio Predecessore avrebbe onorato il Portogallo, nella persona del suo Re, con il titolo di fedelissimo (cfr Pio II, Bolla Dum tuam, 25 gennaio 1460), per alti e prolungati servizi resi alla causa del Vangelo. Quanto all’evento successo 93 anni orsono, che cioè il Cielo si sia aperto proprio sul Portogallo – come una finestra di speranza che Dio apre quando l’uomo Gli chiude la porta – per ricucire, in seno alla famiglia umana, i vincoli della solidarietà fraterna che poggiano sul reciproco riconoscimento dello stesso ed unico Padre, si tratta di un amorevole disegno da Dio; non dipende dal Papa, né da qualsiasi altra autorità ecclesiale: "Non fu la Chiesa che ha imposto Fatima – direbbe il Cardinale Manuel Cerejeira, di venerata memoria –, ma fu Fatima che si impose alla Chiesa".

La Vergine Maria è venuta dal Cielo per ricordarci verità del Vangelo che costituiscono per l’umanità, fredda di amore e senza speranza nella salvezza, sorgente di speranza. Certo, questa speranza ha come prima e radicale dimensione non la relazione orizzontale, ma quella verticale e trascendente. La relazione con Dio è costitutiva dell’essere umano: questi è stato creato e ordinato verso Dio, cerca la verità nella propria struttura conoscitiva, tende verso il bene nella sfera volitiva, ed è attratto dalla bellezza nella dimensione estetica. La coscienza è cristiana nella misura in cui si apre alla pienezza della vita e della sapienza, che abbiamo in Gesù Cristo. La visita, che ora inizio sotto il segno della speranza, intende essere una proposta di sapienza e di missione.

Da una visione sapiente sulla vita e sul mondo deriva il giusto ordinamento della società. Posta nella storia, la Chiesa è aperta per collaborare con chi non marginalizza né riduce al privato l’essenziale considerazione del senso umano della vita. Non si tratta di un confronto etico fra un sistema laico e un sistema religioso, bensì di una questione di senso alla quale si affida la propria libertà. Ciò che distingue è il valore attribuito alla problematica del senso e la sua implicazione nella vita pubblica. La svolta repubblicana, verificatesi cento anni fa in Portogallo, ha aperto, nella distinzione fra Chiesa e Stato, un nuovo spazio di libertà per la Chiesa, a cui i due Concordati del 1940 e del 2004 avrebbero dato forma, in ambiti culturali e prospettive ecclesiali assai segnate da rapidi cambiamenti. Le sofferenze causate dalle trasformazioni sono state in genere affrontate con coraggio. Il vivere nella pluralità di sistemi di valori e di quadri etici richiede un viaggio al centro del proprio io e al nucleo del cristianesimo per rinforzare la qualità della testimonianza fino alla santità, trovare sentieri di missione fino alla radicalità del martirio.

Carissimi fratelli e amici portoghesi, vi ringrazio ancora una volta per il cordiale benvenuto. Dio benedica coloro che si trovano qui e tutti gli abitanti di questa nobile e diletta Nazione, che affido alla Madonna di Fatima, immagine sublime dell’amore di Dio che abbraccia tutti come figli.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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