sabato 21 giugno 2008

Pacemaker, 50 anni di vite salvate così cambia la batteria del cuore, di CARLO BRAMBILLA

Un congresso celebra l'anniversario del dispositivo che regola il ritmo cardiaco
Prima ingombrante, ora microscopico. In Italia ogni anno impiantato a 50 mila pazienti

Pacemaker, 50 anni di vite salvate
così cambia la batteria del cuore

Pacemaker, 50 anni di vite salvate così cambia la batteria del cuore

IL PERSONAGGIO italiano più famoso, volato fino a Cleveland per farselo impiantare, lontano da occhi indiscreti, è Silvio Berlusconi. Prima di lui ne ha avuto bisogno il presidente Ciampi. Mentre Umberto Bossi ne utilizza uno di varietà diversa, un defibrillatore. Ma non sono i soli. Ogni anno in Italia sono almeno 50 mila i pazienti che chiedono venga impiantato loro un pacemaker. Un milione le persone che lo utilizzano nel mondo. Più di 440 mila solo in Europa. Negli ultimi 50 anni i pacemaker impiantati in Italia sono stati più di un milione e mezzo. Questa piccola protesi salvavita, grande meno di una scatola di cerini, il generatore di impulsi elettrici che aiuta il cuore a battere al ritmo giusto, compie in questi giorni 50 anni di vita. A celebrare con orgoglio il suo compleanno è il congresso internazionale di cardiologia "Cardiostim" che si chiude domani a Nizza, in Francia.

Il primo pesante, ingombrante, primitivo stimolatore cardiaco impiantato in Svezia nel 1958, confrontato a quelli piccolissimi, ultrasofisticati, tecnologici, poco intrusivi e decisamente affidabili di oggi, sembra uscito da un film dei Flintstones. Largo 10 centimetri, più di 250 grammi di peso, veniva posizionato nell'addome da quanto era grosso. Oggi i pacemeker non pesano neanche 30 grammi, hanno 4 millimetri di spessore, vengono applicati in anestesia locale e sono centrali di comando capaci di comunicare a distanza con il medico, grazie alla telecardiologia, inviando perfino sms, se necessario, all'indirizzo della struttura curante.

"Certo la minore dimensione dell'ultima generazione di pacemaker è la prima cosa che salta all'occhio - ammette Paolo Della Bella, responsabile dell'Unità Operativa di Aritmologia del Centro Cardiologico Monzino di Milano, eccellenza della cardiologia italiana. - Ma la straordinaria evoluzione di questi apparecchi si deve all'interazione tra la tecnologia più avanzata con le maggiori conoscenze di fisiologia elettrica cardiaca.
Inizialmente il pacemaker veniva impiantato per far fronte a situazioni drammatiche, estreme, come il blocco cardiaco con frequenze troppo basse. Poi un po' per volta le conoscenze della fisiologia hanno permesso di considerare molti altri fattori. Il pacemaker non si limitava più solo a stimolare il cuore, ma sentiva quando il cuore batteva spontaneamente in modo da inibirsi, lasciare il battito spontaneo e ristimolarlo quando necessario. Poi negli anni Settanta c'è stato tutto lo sviluppo della tecnologia intracardiaca. Negli anni Ottanta e Novanta è cresciuta la programmabilità, pacemaker sempre più intelligenti, capaci di decidere quando intervenire. Fino alla telemedicina che consente il controllo a distanza dei pazienti".

Al congresso di Nizza verrà presentato un grande sondaggio condotto tra i pazienti che vivono con un pacemaker. Lo anticipa Philippe Ritter, presidente di Cardiostim: "Dalle interviste risulta come i pazienti vivano con gioia l'avvenuto impianto di un pacemaker. Per il semplice motivo che stanno meglio e possono finalmente condurre una vita normale, da tutti i punti di vista. Compreso naturalmente quello sessuale. Ad essere esageratamente preoccupati sono invece i familiari. Le mogli in particolare, che temono che il marito non debba fare troppi sforzi. Ma i pazienti con pacemaker non si sentono per nulla dei malati. Sono persone che grazie alla tecnologia possono vivere meglio e più a lungo".

la Repubblica.it
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