mercoledì 24 settembre 2008

INCHIESTA: L'ITALIA STA CAMBIANDO PELLE: SEMPRE PIÙ VIOLENTA E INTOLLERANTE

INCHIESTA: L'ITALIA STA CAMBIANDO PELLE: SEMPRE PIÙ VIOLENTA E INTOLLERANTE

NOI, I NUOVI BARBARI

Italiani brava gente, si diceva una volta. Ma a dar conto degli ultimi incredibili episodi di violenza, sembrerebbe che non è più così. Viaggio nel Paese dove sempre più spesso trionfano rancore, insicurezza e paura.

Domenica 14 settembre Abdoul Guiebre, un ragazzo di diciannove anni originario del Burkina Faso, ruba in un bar di via Zuretti, a Milano, due confezioni di biscotti. I proprietari, padre e figlio, lo inseguono e lo ammazzano a sprangate gridando: «Negro di...». I magistrati dicono che il razzismo non c'entra, ma c'entra tutto il resto: la futilità del furto, la reazione furiosa e spropositata, la banalità del male, insomma. Italiani brava gente, si diceva una volta. Oggi, a leggere certi recenti episodi di cronaca, sembra di essere diventati il Paese dell'intolleranza. Un'intolleranza che non è di matrice razzista, ma che può diventarlo, prima o poi, perché il razzismo cova nell'intolleranza.

Un atteggiamento che nasce dalla paura, dal bisogno di sicurezza, dall'inquietudine per il "diverso". «Di fronte a un gesto minimo, padre e figlio hanno risposto con un gesto massimo. Sono saltate le forme di convivenza e i conflitti vengono risolti con la violenza», ha spiegato il sociologo Aldo Bonomi. «La morte di Abdoul lancia un segnale netto. La città è fragile e lo è da un pezzo». Chi ha preso una spranga e gridato quelle frasi, non l'ha certo fatto per legittima difesa, ha commesso un delitto a sfondo razzista, hanno scritto in un documento centinaia tra docenti universitari, liberi professionisti, insegnanti, sacerdoti come don Gino Rigoldi, pensionati e studenti, alla vigilia del suo funerale. La banalità del male non ha età. Può riguardare anche un gruppo di tredicenni, come quelli che nel Cremonese hanno infierito con sadismo nei confronti di un bambino di undici anni. O far dimenticare in un commissariato di Polizia, come quello di Monza, che viviamo nel Paese di Cesare Beccaria, così da ammanettare un povero cristo a una colonna per ore perché mancano le celle (ma a denunciare il fatto è stato lo stesso sindacato di Polizia, a testimonianza che la società civile ancora funziona).

A volte può bastare uno sguardo di troppo tra due giovani, come è avvenuto a Torino, dove un operaio incensurato di 25 anni ha cosparso di benzina l'auto in cui era seduto l'uomo con cui aveva avuto pochi minuti prima un banale diverbio, dandogli fuoco. Altre volte sono le parole a essere usate come pietre. Come quelle dell'ex parlamentare di Rifondazione Francesco Caruso («i comunisti non sono democratici e possono pure gambizzare»), uno che si è dichiarato "sovversivo a tempo pieno".

L'Italia ha i nervi scoperti. Sempre di più si litiga per un niente. La guerriglia urbana ormai è diventata un fatto quasi ordinario. L'abbiamo vista a Pianura, nei giorni dell'emergenza della monnezza. L'abbiamo rivista a Ponticelli, sempre a Napoli, con lo sgombero di un campo nomadi, preso a pietrate e a molotov da scugnizzi, gente comune, malavitosi ed esponenti della camorra. Si è materializzata con la devastazione degli ultrà napoletani nella prima giornata di campionato. Ed è ritornata dopo la mattanza di nigeriani a Castelvolturno.

«Senza accorgersene, sta scomparendo quella coscienza del sociale e solidale che ha fatto l'Italia di ieri», ha scritto don Antonio Mazzi su questo giornale. Italiani brutta gente, insomma. Siamo diventati i veri barbari in casa nostra. Invasori del nostro Paese.

Francesco Anfossi
   
   
PALERMO, DAGLI AL LAVAVETRI!

Palermo, fine agosto: nella zona del Palazzo dei Normanni un giovane automobilista aggredisce brutalmente un inerme lavavetri romeno, ma l'immigrato è salvato da un noto giornalista e poi soccorso da molti palermitani che gli esprimono concretamente la loro solidarietà. Una volta medicato, il lavavetri si è allontanato per il timore di essere identificato, in quanto privo del permesso di soggiorno. E l'aggressione razzista è rimasta impunita. A salvare il lavavetri è stato il giornalista Franco Nicastro, decano dei cronisti giudiziari e presidente dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia.

«Quando mi sono avvicinato», racconta Nicastro, «l'aggressore è fuggito immediatamente, altrimenti le conseguenze del pestaggio sarebbero state molto più drammatiche. Con grande soddisfazione, ho notato che molti cittadini palermitani si sono fermati ad aiutare il romeno (semi-svenuto e sanguinante) e hanno condannato duramente l'odiosa aggressione. La mia città si è confermata accogliente e tollerante. Tuttavia, con mio sommo stupore, il giorno successivo, le Forze dell'ordine, invece di cercare l'aggressore, hanno identificato tutti i lavavetri della zona!».

Pietro Scaglione

 

PIÙ CHE IL CRIMINE REGNA LA PAURA

È inutile fare giri di parole: in Italia non c'è nessuna "emergenza sicurezza". Mentre invece è assai reale la paura degli italiani, sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti. I media hanno registrato il calo dei furti d'auto: 20 mila "colpi" in meno tra 2006 e 2007. Ma questa è la punta dell'iceberg. Lo dimostra il rapporto The Burden of Crime in the Eu ("Il peso del crimine nella Ue") curato da prestigiosi centri di ricerca (Gallup, Istituto Max Planck, Unicri, Geox), finanziato dalla Commissione europea e presentato alla fine del 2005.

Il rapporto raccoglie i dati di 15 Paesi storici dell'Unione più Polonia, Ungheria ed Estonia. La conclusione è che «i crimini più comuni, come furti con scasso, furti, rapine e aggressioni, sono calati in tutti i Paesi Ue, e in modo significativo, negli ultimi dieci anni, con le uniche eccezioni di Belgio e Irlanda». Ma parliamo dell'Italia. Primo dato: considerato l'insieme dei dieci reati più comuni, si scopre che l'Italia è dodicesima su diciotto Paesi, con una riduzione di circa il 40 per cento rispetto al 1988. La criminalità comune affligge gli italiani assai meno che i cittadini dei Paesi del Nord, per non parlare di irlandesi (primi) e inglesi (secondi).

Andiamo più nello specifico. Furti con scasso: l'Italia è quinta, dopo Gran Bretagna, Danimarca, Estonia e Irlanda. Furti e borseggi: l'Italia è quattordicesima. Rapine: l'Italia è diciottesima su diciotto. Violenze sessuali: l'Italia è tredicesima su diciotto. Il Paese più virtuoso d'Europa, sotto questo aspetto, è l'Ungheria. Aggressioni e minacce: l'Italia è diciottesima su diciotto. Crimini legati a questioni di razza, fede e orientamento sessuale: l'Italia è diciottesima su diciotto, non siamo per nulla inclini a discriminare. È la Francia il Paese più rischioso per i "diversi". L'Italia è anche "bassa" (quindicesima su diciotto) per i reati compiuti contro gli immigrati, cosa che ci fa onore se pensiamo che in Europa il 15 per cento degli immigrati denuncia di aver subìto un reato.

Truffe e frodi: Italia diciassettesima su diciotto, meglio di noi solo la Finlandia, il peggio in Estonia. Corruzione: andiamo un po' peggio ma nulla di drammatico. L'Italia è dodicesima su diciotto, meglio persino del Lussemburgo. I più corrotti: i greci. I più corretti? I finlandesi.

Insomma, ci piaccia o no, nel mondo reale l'Italia è un Paese piuttosto sicuro. Però tanta è la paura. Siamo quinti in Europa per furti con scasso ma secondi (dopo la Grecia) nella convinzione che entro un anno verranno a rubarci in casa. Ancor più clamoroso: gli italiani sono terzi (dopo Grecia e Lussemburgo) nel considerare pericolose le strade al calar della notte, con lo stesso timore dei primi anni Novanta. Il che porta a una conclusione: il problema vero, in Italia, non è il crimine. È la paura.

Fulvio Scaglione

 

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