giovedì 28 gennaio 2010

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ZENIT

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Servizio quotidiano - 28 gennaio 2010

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Il Papa invita a promuovere un autentico umanesimo cristiano
Nell'udienza ai membri delle Pontificie Accademie

ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- In un'epoca come la nostra che “risente fortemente di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo”, occorre un autentico umanesimo cristiano capace di armonizzare ragione e fede. E quanto ha detto Benedetto XVI nel ricevere questo giovedì in udienza i membri delle Pontificie Accademie, in occasione della loro Seduta pubblica incentrata sul tema “La formazione teologica del presbitero”.

Di fronte a “metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione”, ha detto il Papa, le Pontificie Accademie devono favorire una formazione “che promuova l’uomo nella sua integralità e completezza”.

“Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani”, ha sottolineato il Pontefice.

“Tale impegno – ha aggiunto – deve essere particolarmente cogente nell’ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato”.

In particolare, ha proseguito, nella ricerca filosofica e teologica le Pontificie Accademie sono chiamate “a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l’interpellano nei vari ambiti del sapere e dell’esperienza umana”.

Il ricordo del Papa è poi andato all'incontro con gli artisti in Cappella Sistina, del 21 novembre scorso. A questo proposito, il Papa ha definito "delicato e importante" il "dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica".

Il Santo Padre ha quindi indicato come modello cui ispirarsi san Tommaso d’Aquino.

“Egli, infatti – ha spiegato –, riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede”.

E' quindi necessario, ha concluso il Papa, “che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e così promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano”.

Lo stesso mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie, ha fatto riferimento a san Tommaso d'Aquino nel suo indirizzo d’omaggio al Santo Padre.

Il Dottore Angelico, ha ricordato l'Arcivescovo secondo quanto riportato da “L'Osservatore Romano”, “confessava che 'tra gli impegni a cui si possa dedicare un uomo, nessuno è più perfetto, più sublime, più fruttuoso e più dolce della ricerca della Sapienza'”.

“Ed esortando al rigore dell'analisi – ha continuato il presule –, ammoniva che 'il sapiente onora l'intelletto perché, tra le realtà umane, è quella a cui Dio riserva l'amore più intenso'”.

“Per questo – ha aggiunto – invocava Dio di 'penetrare le tenebre del mio intelletto con un raggio della tua luce, allontanando da me le doppie tenebre in mezzo alle quali sono nato, quelle del peccato e dell'ignoranza'”.

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Gioia in Vaticano: il Patriarca serbo ha invitato il Papa per il 2013
Sua Beatitudine Irinej vuole organizzare un grande incontro ecumenico

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il Vaticano ritiene “molto incoraggiante” la proposta del nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa serba, Sua Beatitudine Irinej, di invitare il Papa nel suo Paese nel 2013 in occasione di un grande incontro ecumenico.

Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, in alcune dichiarazioni al quotidiano di Belgrado Blic ha riconosciuto che si tratta di un annuncio “che accogliamo con grande gioia”.

Nella prima conferenza stampa concessa questo giovedì, il Patriarca serbo, eletto il 22 gennaio, ha proposto una visita di Benedetto XVI nella città di cui finora era Vescovo, Nis, nella Serbia sud-orientale, luog di nascita dell'imperatore Costantino il Grande, in occasione dei 1.700 anni dell'editto di Milano (313).

Quell'editto stabilì la libertà religiosa nell'Impero romano, mettendo fine alle persecuzioni rivolte dalle autorità contro certi gruppi religiosi, soprattutto i cristiani.

Riferendosi al predecessore di Irinej alla guida della Chiesa ortodossa serba, padre Lombardi ha spiegato che è “un segno del fatto che il dialogo iniziato al tempo del Patriarca Pavle continuerà con il nuovo Patriarca”.

Allo stesso modo, ha auspicato “un passo ulteriore perché possiamo incontrarci e considerare le possibilità di cooperazione”.

Il portavoce vaticano ha spiegato che è prematuro parlare di programmi o incontri, ma ha anche assicurato che la Santa Sede segue con grande interesse questo avvenimento così importante per la Chiesa in Serbia.

Secondo quanto aveva spiegato il Patriarca, la visita del Papa in Serbia “potrebbe essere l'occasione perché le nostre Chiese stabiliscano un primo contatto e, con un po' di fortuna, per continuare questi contatti e intraprendere un nuovo cammino”.

In una conferenza stampa storica, visto che fino a questo momento un Patriarca serbo non aveva mai usato questa forma di comunicazione, ha aggiunto: “Questo nuovo cammino dovrebbe essere cristiano e sincero, con il desiderio di costituire un'unica Chiesa di Cristo”.

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Forum alla Pontificia Accademia Teologica sulla "Luce di Cristo"
Dal 28 al 30 gennaio a Roma

di Anita S. Bourdin

ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La “Luce di Cristo” è il tema cristologico scelto dalla Pontificia Accademia Teologica per il suo congresso internazionale.

Segue le orme dell'Enciclica di Giovanni Paolo II Redemptor hominis, ha spiegato padre François-Marie Léthel, che sottolinea questa eredità e allo stesso tempo l'importanza della teologia dei santi, come quella che Benedetto XVI realizza nelle sue catechesi al Popolo di Dio.

Padre Léthel è segretario della Pontificia Accademia e questo martedì ha partecipato alla conferenza stampa di monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.

Questo mercoledì monsignor Ravasi ha presentato le sessione pubblica delle sette Accademie Pontificie in Vaticano.

Il V Forum Internazionale organizzato dalla Pontificia Accademia Teologica è in svolgimento dal 28 al 30 gennaio a Roma ed è intitolato “Lumen Christi. Tra mysterium, esperienza e prospettive nella via lucis ecclesiae”.

L'eredità di Giovanni Paolo II

Padre Léthel ha ricordato che il Forum viene organizzato ogni due anni e che l'aspetto cristocentrico dei suoi lavori si ispira a un'indicazione di Giovanni Paolo II durante un'udienza concessa nel 2002 e nella sua Enciclica dedicata a Cristo “Redentore dell'uomo”.

Papa Wojtyła ricevette in udienza i membri della Pontificia Accademia Teologica il 16 febbraio 2002.

Nel suo discorso, disse che “il compito primario della Pontificia Accademia di Teologia è la meditazione del mistero di Gesù Cristo, nostro Maestro e Signore, pienezza di grazia e di verità (cfr Gv 1,16). E' da questa sorgente di luce che scaturisce il mandato dell'annuncio, della testimonianza e dell'impegno nel dialogo sia ecumenico, sia interreligioso”.

La teologia e l'esperienza dei santi

Padre Léthel ha quindi sottolineato l'impegno dell'Accademia in questa linea di riflessione teologica, tenendo conto dell'“esperienza dei santi” e di quella “del Popolo di Dio”.

Il segretario della Pontificia Accademia, monaco francese, è famoso per la sua tesi sulla teologia dei santi, “Conoscere l'Amore di Cristo che supera ogni Conoscenza. La Teologia dei Santi”.

Nel suo colloquio con ZENIT, ha detto che nell'introduzione insiste sull'“eroicità delle virtù di Giovanni Paolo II”, confermate da Benedetto XVI il 19 dicembre scorso (cfr. ZENIT, 20 dicembre 2009).

Giovanni Paolo II, ha spiegato il teologo, “non è solo un grande Papa e un grande uomo di pensiero. La santità della sua vita è garantita, e bisognerà reinterpretare i suoi insegnamenti come quelli di un santo”.

Un altro aspetto sviluppato da padre Léthel è l'importanza delle “ammirevoli” catechesi di Benedetto XVI nelle Udienze generali del mercoledì.

“Dopo i Padri della Chiesa, il Papa ha evocato i santi del Medioevo. Ha citato Teresa del Bambin Gesù parlando ai teologi il 1° dicembre 2009, l'ha citata di nuovo il 2 dicembre, nella sua catechesi al Popolo di Dio, in linea con un grande autore spirituale del Medioevo, Guglielmo di Saint-Thierry”.

E' questa l'idea di fondo della teologia dei santi, come diceva Teresina: “Non c'è alcun punto nella preghiera che i Santi Paolo, Agostino, Tommaso d'Aquino, Giovanni della Croce, Francesco e tanti altri illustri amici di Dio abbiano tolto a questa scienza divina che ha rapito i più grandi geni”.

La teologia dei santi è anche quella di San Tommaso d'Aquino, di Francesco d'Assisi, di Teresa di Lisieux, di quanti avevano una cultura molto vasta e di altri con una cultura più limitata, ma che sono i “conoscitori di Dio” proprio perché “amano” con tutto il cuore.

“Chi ama è nato da Dio e conosce Dio; chi non ama, non ha conosciuto Dio perché Dio è Amore”.

Il programma del Forum

Il programma previsto include un saluto di monsignor Ravasi, un'introduzione del professor Manlio Sodi, S.D.B., presidente dell'Accademia, e una presentazione del significato e della traiettoria di questo Forum per padre Léthel.

I participanti saranno ricevuti da Benedetto XVI, che pronuncerà un atteso discorso.

Le sessioni di lavoro affronteranno, giovedì pomeriggio, “Il tema della luce nella teologia biblica sapienziale” e “Il Cristo Luce che illumina il pensiero teologico”.

Questo venerdì, il Forum affronterà i temi “Luce di Cristo, l'esperienza della luce nella vita cristiana” e “La teologia in dialogo con il pensiero e la cultura del nostro tempo”.

Sabato, prima delle conclusioni presentate dal presidente dell'Accademia, monsignor Marcello Bordoni, ex presidente nominato da Giovanni Paolo II e docente emerito dell'Università del Laterano, riceverà la medaglia di “emerito” in occasione dei suoi 80 anni.

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Prima visita pastorale di mons. Zimowski in un ospedale di Roma
Il Capo del Dicastero per la Pastorale della Salute all'Ospedale San Pietro
ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- "Un sentito grazie ai Fatebenefratelli, a tutti coloro che operano in favore dei malati e in particolare, anche in considerazione dell’Anno Sacerdotale in corso, ai cappellani". È il ringraziamento espresso dall’Arcivescovo Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute durante la visita effettuata questo giovedì mattina all’Ospedale San Pietro di Roma.

Monsignor Zimowski, accompagnato dal Segretario del Dicastero, monsignor José L. Redrado, O.H, ha presieduto – secondo quanto si legge in una nota del Dicastero vaticano – una liturgia eucaristica nella Chiesa del nosocomio alla quale hanno preso parte con grande partecipazione circa un centinaio fra medici, infermieri, volontari, malati, e le suore Ancelle della Sacra Famiglia e Francescane di Nostra Signora delle Vittorie che prestano la propria opera al San Pietro.

Tra le personalità dei Fatebenefratelli presenti, il Padre Provinciale, fra’ Pietro Cicinelli,  il Direttore Generale degli Ospedali della Provincia Romana, fra’ Gerardo D’Auria, il Superiore Generale dell’Ospedale San Pietro, fra’ Michele Montemurri, e il Sovrintendente Sanitario, dott. Giovanni Roberti.  

Monsignor Zimowski  ha quindi incontrato personalmente una rappresentanza del personale sanitario e dei malati e ha visitato i reparti di pediatria, oncologia, cardiologia, le unità di terapia intensiva coronarica e neonatale.

L’odierno appuntamento all’Ospedale San Pietro, situato sulla via Cassia,  è la prima di una serie di tre visite, programmate dal Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute in altrettanti nosocomi della capitale e in concomitanza col 25° anniversario dell’istituzione del Dicastero e la 18ma Giornata Mondiale del Malato che si celebreranno nella Città del Vaticano e a Roma tra il 9 e l’11 febbraio prossimi.

Il San Pietro è un ospedale dei Fatebenefratelli, l’Ordine religioso fondato nel XVI secolo da San Giovanni di Dio che gestisce centinaia di strutture analoghe in tutto il mondo. Il nosocomio si avvale attualmente di oltre 1000 collaboratori. 

I suoi indirizzi strategici, in armonia con i principi dei Fatebenefratelli e i bisogni assistenziali, possono essere così riassunti: centralità del malato e dunque assistenza globale, unicità della stessa assistenza, umanizzazione delle terapie, continuità delle cure, equità di accesso e attenzione agli utenti delle fasce cosiddette “deboli”.

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Ex presidente dell'Europarlamento presenterà il Messaggio quaresimale del Papa
Hans-Gert Pöttering è ora presidente della Fondazione Konrad Adenauer

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'ultimo presidente del Parlamento Europeo, Hans-Gert Pöttering, presenterà il 4 febbraio in Vaticano il Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Quaresima di quest'anno.

Alla conferenza stampa interverranno anche il Cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, e monsignor Giampietro Dal Toso, sottosegretario di questo dicastero vaticano.

Il Messaggio del Papa per la Quaresima avrà per tema “La giustizia di Dio si è manifestata per mezzo della fede in Cristo” (Rm 3, 21-22).

Pöttering, attualmente presidente della Fondazione Konrad Adenauer, nato il 15 settembre 1945, è stato membro del Parlamento Europeo dal 1979, unico ad essere presente fin dalle prime elezioni.

Presidente dell'Europarlamento dal 2007 al 2009, è membro del Partito Popolare Europeo per l'Unione Democratica Cristiana della Germania (CDU).

Ha studiato Diritto, Scienze Politiche e Storia all'Università di Bonn, a quella di Ginevra, al Graduate Institute of International Studies di Ginevra e alla Columbia University di New York.

Il 10 dicembre scorso è intervenuto a un atto organizzato dall'Ambasciata tedesca presso la Santa Sede in occasione del 75° compleanno del Cardinal Cordes per esprimere il suo impegno per la difesa delle radici cristiane dell'Europa, così come per il “dialogo onesto” con i seguaci dell'islam.

In particolare, in quel discorso si è opposto alla sentenza del Tribunale europeo per i Diritti Umani di Strasburgo del 3 novembre, in cui si considera la presenza del crocifisso nelle aule una violazione della libertà religiosa.

Per Pöttering la sentenza rappresenta una “mancanza di rispetto per i fedeli”, perché “dimostra mancanza di comprensione delle esigenze del dialogo culturale nel mondo odierno”, visto che “il crocifisso è un segno dell'amore di Dio”.

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Notizie dal mondo


Nasce un sito Internet sui cristiani perseguitati
"Dove Dio piange" mostra la testimonianza di agenti pastorali in zone di pericolo
BEIRUT / KÖNIGSTEIN, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Un sito Internet dedicato alle nuove persecuzioni subite dai cristiani è stato lanciato il 25 gennaio su iniziativa della Catholic Radio and Television Network (Crtn) dell'associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). 

Si tratta della pagina web in inglese “Where God Weeps - the suffering Church in focus”, http://www.wheregodweeps.org/ (“Dove Dio piange, una messa a fuoco sulla sofferenza della Chiesa”).

Il nuovo sito vuole offrire agli utenti informazioni complete sulla situazione dei Paesi in cui molti cristiani sono esiliati o uccisi, e raccoglie testimonianze di Vescovi, Cardinali e missionari sul tema.

Secondo quando ha riferito all'agenzia Sir Mark Riedemann, direttore di Crntv, “il sito offre una importante opportunità per le persone che vogliono conoscere maggiormente le sofferenze patite dai cristiani nel mondo. Le persecuzioni sono in aumento e quelle contro i cristiani in particolare. Al punto che in alcuni Paesi è a rischio la stessa sopravvivenza della Chiesa”.

Chi visiterà questa pagina potrà quindi scoprire come nel XXI secolo la gente continui a dare la vita per far fruttare il seme del Vangelo, annunciando il Signore in luoghi in cui tanti cristiani sono discriminati e perseguitati.

L'elemento centrale di “Dove Dio piange” è un reportage che si realizza una volta al mese da un Paese diverso. Si tratta di un documentario di circa 12 minuti in cui si offrono statistiche, un panorama generale della realtà e testimonianze o interviste a qualche leader della Chiesa locale.

“Dove Dio piange” ha dedicato questo mese il suo approfondimento alla situazione dei cristiani in Libano. Oltre alla panoramica generale, si offre la testimonianza di Paul Karn, direttore nazionale della Pontifical Mission Society nel Paese.

Il reportage mostra come il Libano, pur essendo un Paese democratico in cui coesistono 18 credo diversi, sia in continuo pericolo per via dei Paesi vicini, il cui regime è teocratico o dittatoriale.

Molti cristiani di altri Paesi asiatici arrivano a rifugiarsi in Libano in modo clandestino per le continue minacce o persecuzioni.

“Dove Dio piange” non si ferma al piano informativo, concentrandosi anche su quello propositivo. Offre agli utenti modi per aiutare a sostenere economicamente le azioni evangelizzatrici e il seminario e illustra il sostegno offerto dalle Diocesi libanesi ai cristiani che vi si rifugiano.

Le serie trasmesse da “Dove Dio piange” si possono vedere anche sui canali televisivi EWTN Global, Salt & Light TV (Canada) e Boston Catholic TV, e seguire sulle stazioni radio EWTN Radio, Sacred Heart Radio, Guadalupe Radio, Ave Maria Radio.




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L'Assemblea Europea rimanda il voto sui "diritti dei gay"
Per un esperto, la risoluzione minaccia le libertà fondamentali

STRASBURGO, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa ha deciso questo mercoledì di rimandare la votazione su un documento relativo alla cosiddetta discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale.

L'Assemblea riprenderà l'analisi del documento, intitolato “Discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere”, nella sua prossima sessione di aprile.

Il rinvio è stato provocato dal “gran numero di emendamenti sul rapporto”, ha spiegato lo European Center for Law and Justice.

Una dichiarazione di questo gruppo sottolinea che il documento “ha incontrato forti opposizioni soprattutto perché diminuisce notevolmente e addirittura minaccia diritti fondamentali come la libertà d'espressione, la libertà religiosa e di coscienza, l'interesse dei bambini e l'interesse e il diritto sovrano degli Stati di difendere la moralità pubblica, la famiglia e il migliore interesse del bambino”.

Grégor Puppinck, direttore dello European Center for Law and Justice, ha detto a ZENIT che la risoluzione “tende a forzare opinioni e coscienze, imponendo l'idea che ogni tipo di relazione – eterosessuale, omosessuale, bisessuale o transessuale – sia uguale dal punto di vista della natura e della moralità”.

Puppinck ha spiegato l'errata filosofia sottostante alla risoluzione: “La sessualità umana, come ogni attività volontaria, ha una dimensione morale: è un'attività che coinvolge la volontà dell'individuo al servizio di un fine; non è un''identità'”.

“In altre parole, appartiene all'agire e non all'essere, anche se le tendenze omosessuali potrebbero essere profondamente radicate nella personalità”.

L'attività sessuale, ha indicato, viene paragonata a elementi come la razza, l'età o l'essere maschio o femmina, ma questi criteri, sottolinea, appartengono all'“essere”, non all'“agire”.

Quando la sessualità viene rimossa dalla sfera della moralità, ha aggiunto Puppinck, la “giustificazione morale di una differenza di trattamento – di una discriminazione – diventa impossibile: i vari tipi di comportamento sessuale sono presentati in astratto come neutri ed equivalenti tra loro”.

“Esprimere un'opinione sul tema è impossibile se non proibito”, ha segnalato.

Il Centro si oppone anche a un'altra misura che verrà dibattuta in Assemblea: venerdì si dovrebbe infatti votare su una strategia per ridurre la popolazione, che promuoverà l'aborto.

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La comunità di Taizé invita a pregare per Haiti il 12 di ogni mese
Gli aiuti Caritas giungono intanto alla devastata Léogâne

TAIZÉ, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- A seguito dei suggerimenti di un giovane haitiano, la Comunità di Taizé ha invitato tutti coloro che possono a pregare, individualmente o in gruppo, per il popolo di Haiti il 12 di ogni mese per 12 mesi, dopo il terremoto del 12 gennaio.

Il sevizio stampa della Comunità ha reso noto che prima del 12 febbraio verrà pubblicato sulla web di Taizé un suggerimento di preghiera da usare in quel giorno.

Il giovane che ha proposto l'iniziativa è stato volontario a Taizé nell'estate 2006. Ora ha sottolineato l'importanza della preghiera e assicura che i canti di Taizé gli danno “una forza e una fiducia che non avrei mai potuto immaginare”.

“Non so più distinguere tra la vita e la morte – ha scritto –, ma Dio è grande, ed essendo amore è già pronto il suo piano d'amore”.

La Caritas a Léogâne

Nel frattempo, la Caritas è riuscita a far giungere vari camion di aiuti umanitari urgenti a Léogâne, una località a circa 30 chilometri da Port-au-Prince che è stata praticamente distrutta dal terremoto.

Accompagnato dalle forze del contingente di pace dell'ONU, il convoglio ha trasportato lotti familiari di cibo, tende, coperte, tavolette per la depurazione dell'acqua e contenitori idrici per circa 5.000 persone, distribuiti alle vittime in modo personalizzato.

Il personale Caritas ha anche costruito in loco un ospedale da campo per prestare assistenza medica alle vittime. Il dispensario è stato installato dietro la distrutta chiesa di Léogâne e assiste circa 80 pazienti al giorno.

Anche se l'ospedale di Léogâne non è stato distrutto, la gente non vi entra per timore che crolli. Si aspetta di procedere a una stima dei danni dell'immobile per dissipare ogni timore sulla sicurezza della struttura.

“Bisogna tener conto che già prima del terremoto il sistema di copertura sanitaria a Léogâne era decisamente precario”, ha affermato il dottor Joost Butenop, consulente medico della Caritas a Port-au-Prince.

Accanto a questo intervento specifico a Léogâne, la rete Caritas ad Haiti svolge un'attiva opera di assistenza medica alle vittime nella capitale e nell'area metropolitana, dove presta assistenza d'emergenza in vari punti mobili, oltre a sostenere con personale medico e farmaci il lavoro dell'ospedale San Francesco di Sales.

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El Salvador: i Vescovi sollecitano il Papa sulla causa di mons. Romero
Celebrazioni per il 30° anniversario della sua morte

SAN SALVADOR, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La Conferenza Episcopale di El Salvador (CEDES) ha chiesto a Papa Benedetto XVI la “rapida conclusione” del processo di beatificazione dell'Arcivescovo Óscar Arnulfo Romero, di cui il 24 marzo ricorreranno i 30 anni dalla morte.

Monsignor Romero, Arcivescovo di San Salvador, venne assassinato il 24 marzo 1980 da un cecchino mentre celebrava l'Eucaristia nell'ospedale per i malati di cancro della Divina Provvidenza.

I Vescovi salvadoregni hanno adottato questa decisione nella loro prima riunione annuale, celebrata di recente, come ha reso noto il Vescovo ausiliare di San Salvador Gregorio Rosa Chávez attraverso una pubblicazione della sua parrocchia.

“Una decisione importante (dell'incontro dei Vescovi) è stata quella di scrivere una lettera al Santo Padre per esprimere l'interesse dei nostri pastori per la rapida conclusione del processo di canonizzazione di monsignor (Romero)”, afferma monsignor Rosa Chávez.

Questa domenica, l'Arcivescovo di San Salvador José Luis Escobar ha annunciato che la Chiesa inizierà gli atti commemorativi del 30° anniversario dell'assassinio del presule con alcune giornate di riflessione.

Ha anche raccomandato ai salvadoregni di pregare e promuovere il “culto privato” per favorire la beatificazione di monsignor Romero, chiedendo inoltre rispetto per la figura del presule assassinato per non ostacolare il processo.

“Vorrei lanciare un appello alla preghiera”, ha dichiarato. “Se qualcuno viene canonizzato, è perché Dio lo vuole”.

Nel corso di una conferenza stampa, ha ammesso che la causa “è in fase avanzata”, ma ha detto di non sapere “quanto tempo manca” a che monsignor Romero sia dichiarato beato.

“Avremmo desiderato che in una data come questa si fosse data la notizia gradita a tutti che monsignor Romero veniva dichiarato beato, ma non abbiamo alcuna notizia”, ha affermato.

In questo contesto, ha invitato i fedeli “a raccomandarsi a Dio per intercessione di monsignor Romero” e a far giungere testimonianze di grazie, favori e miracoli ricevuti.

“Per la verità abbiamo visto poca devozione privata, e su questo punto è necessario un cambiamento. Non ci può essere un culto pubblico per una persona il cui caso è all'esame del Vaticano, ma ci può essere in forma privata e deve esserci sempre più”, ha aggiunto.

A suo avviso, è bene che il processo di canonizzazione si svolga in un ambiente “sereno”, lontano da qualsiasi “manifestazione di carattere sociale e politico”.

“Abbiamo chiesto in molte occasioni un estremo rispetto per la causa di monsignor Romero”, ha spiegato.

La Commissione per la Verità, che ha indagato sui crimini commessi durante la guerra civile salvadoregna (1980-1992), ha stabilito in un rapporto divulgato nel marzo 1993 che l'assassinio di Romero è stato presumibilmente ordinato da Roberto D'Aubuisson, fondatore del partito Alianza Republicana Nacionalista (Arena).

L'Arcivescovo, in cui onore si celebrerà quest'anno una giornata della gioventù organizzata dalla Chiesa, denunciava dal pulpito le ingiustizie contro la popolazione e gli omicidi perpetrati dagli “squadroni della morte”.

“L'obiettivo che ci spinge quest'anno, trentesimo anniversario (...), è favorire uno spazio di incontro, convivenza, riflessione, devozione e mistica del Servo di Dio monsignor Óscar Arnulfo Romero”, ha dichiarato monsignor Escobar.

Il presule ha invitato i giovani a partecipare alle giornate di riflessione che inizieranno nei prossimi giorni e culmineranno con una celebrazione eucaristica di fronte alla Cattedrale il 20 marzo.



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Card. Amigo Vallejo: "Nei mezzi di comunicazione servono giornalisti cristiani"
L'Arcivescovo emerito di Siviglia commenta il messaggio del Papa sulle comunicazioni sociali

di Gilberto Hernández

SIVIGLIA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Nel contesto del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest'anno, sul tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”, il Cardinale Carlos Amigo Vallejo, OFM, Arcivescovo emerito di Siviglia, ha parlato con ZENIT dei mezzi di comunicazione, in particolare del giornalismo cattolico e della sua importanza per la Chiesa.

Nel settore della comunicazione, ha spiegato, la Chiesa si trova “davanti a due estremi”: “da un lato, la vita e l'attività della Chiesa non si conoscono, sono emarginate e si passa sopra con indifferenza a tutto ciò che odora di religione”, “dall'altro, sorprende che quei media che si dichiarano apertamente difensori della scomparsa dell'aspetto religioso dalla vita pubblica e sociale siano quelli che dedicano più spazio alle notizie riferite alla Chiesa, sempre, com'è da aspettarsi, con una versione negativa”.

Per il porporato, il trattamento che questi media riservano, ad esempio, agli interventi del Papa è “caratterizzato dal pregiudizio e dalla voglia di squalificare Benedetto XVI”.

“Si estrapolano le parole dal contesto, e sicuramente non è stato neanche letto il testo originale pronunciato dal Santo Padre, né si è avuta alcuna cura nell'analizzarlo a dovere”.

“Bisogna dire che il Papa sbaglia, offrendo inoltre una specie di magistero parallelo, che non accetta alcuna opinione diversa dall'ideologia che è dietro questo mezzo di comunicazione”, ha denunciato.

In questo contesto, la battaglia dei mezzi di comunicazione cattolici per portare il Vangelo, la voce del Papa e dei pastori e la visione cristiana delle cose a un mondo che si chiude sempre più di fronte a tutto ciò che è religioso è “non solo adeguata, ma anche necessaria e perfino imprescindibile”.

“Il giornalismo cattolico può essere una vera coscienza critica, il che è molto positivo e aiuta a conoscere e a cercare la verità oggettiva – ha commentato –. Non aspettiamoci che un atteggiameno così nobile passi inosservato. Gli ostacoli, la ridicolizzazione e l'interesse a mettere a tacere la voce della Chiesa e dei suoi media seguiranno subito”.

Interpellato sulle caratteristiche che deve avere il giornalismo cattolico, il porporato ha detto che, “come diceva quel famoso comunicatore che è stato il Cardinale Herrera Oria, un quotidiano cattolico deve essere in primo luogo un buon quotidiano, cioè un mezzo di comunicazione ben fatto dal punto di vista tecnico”.

Allo stesso modo, bisogna essere “obiettivi nel contenuto e fedeli alla dottrina sociale della Chiesa nel commento”.

Quanto alle caratteristiche dell'azione del cattolico nei mezzi di comunicazione, devono essere quelle espresse dal magistero della Chiesa: “vera informazione, rispetto delle leggi morali, tener conto del fatto che la persona e la comunità umana sono il fine e la misura dell'uso dei mezzi di comunicazione sociale”.

“Se il giornalista si professa cattolico – ha aggiunto –, questa condizione non solo non deve limitare la libertà d'espressione e il diritto all'informazione, ma deve essere una garanzia di professionalità”.

“C'è bisogno di professionisti cristiani, e anche di mezzi di comunicazione per poter dire la nostra in una società democratica, aperta e pluralista”.

“Non sempre esiste un autentico interesse per svolgere questa missione – ha riconosciuto –. Non si trova neanche il sostegno necessario per realizzare quest'opera apostolica. I fedeli contribuiscono generosamente a mantenere le opere caritative e assistenziali della Chiesa, ma non c'è ancora la consapevolezza che la Chiesa deve anche predicare il Vangelo attraverso i vari mezzi di comunicazione”.

[Traduzione dallo spagnolo e adattamento di Roberta Sciamplicotti]

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Dottrina Sociale e Bene Comune


La Teologia della Liberazione è una risposta alle ingiustizie sociali?

di padre Piero Gheddo*

ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Un amico mi chiede come mai non si parla più di “Teologia della Liberazione”. Perché avrebbe prodotto i suoi frutti positivi e oggi altri temi e problemi sono venuti alla ribalta, in America Latina e nel mondo.

Il 7 dicembre 2009, Benedetto XVI ha ricevuto i Vescovi del Sud Brasile in visita “ad limina” ed ha lanciato un accorato appello a superare le divisioni suscitate nella Chiesa dalla Teologia della Liberazione che si ispirava al marxismo.

Il Pontefice ha affermato che le comunità ecclesiali in Brasile devono sperimentare l'esperienza del perdono perché le ferite delle polemiche possano finalmente cicatrizzare.

Nell'agosto scorso (2009) – ha ricordato Benedetto XVI - sono stati commemorati i 25 anni dell'Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede, su alcuni aspetti della Teologia della Liberazione.

In essa – ha spiegato il Papa – “si sottolineava il pericolo che comportava l'accettazione acritica da parte di alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo”.

In realtà, come affermava nel 1984 il Cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella Teologia della Liberazione ci sono molte correnti, perché la liberazione è uno dei messaggi centrali della Rivelazione, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento.

Una di queste correnti, soprattutto negli ultimi tre decenni del XX secolo, ha preso come elemento di interpretazione sociale ed economica l'analisi marxista – il materialismo storico – per cercare di comprendere la complessa e ingiusta, a volte scandalosa, realtà sociale che si vive in America Latina.

Questa corrente è stata chiamata Teologia della Liberazione (di analisi marxista). Secondo quanto ha spiegato Benedetto XVI ai Vescovi brasiliani, “le sue conseguenze più o meno visibili, fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive”.

Per questo, ha supplicato, “quanti in qualche modo si sono sentiti attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione, di confrontarsi nuovamente con la suddetta Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre a mani tese”.

Citando Giovanni Paolo II, ha dichiarato che la “regola suprema” della fede della Chiesa non deriva dall'analisi marxista, ma “dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente”.

Per questo motivo, Papa Benedetto si è rivolto a quanti vedono ancora una risposta nella Teologia della Liberazione ai problemi sociali, auspicando che “il perdono offerto e accolto in nome e per amore della Santissima Trinità, che adoriamo nei nostri cuori, ponga fine alla sofferenza dell'amata Chiesa che peregrina nelle terre della Santa Croce”, cioè il Brasile.

Come ho detto all’inizio la Teologia della Liberazione può aver prodotto anche frutti positivi. Quando sono andato la prima volta in Brasile, mi ha stupito il fatto che la Chiesa era ben impiantata nelle regioni costiere del paese-continente, mentre nelle regioni interne si trattava spesso di una missione o prima evangelizzazione.

Quando i padri del Pime sono giunti in Amazzonia e nel Paranà nel 1946 e pochi anni dopo in Mato Grosso, hanno trovato popoli che avevano ricevuto la fede qualche secolo prima, portata dai “missionari itineranti”, ma che di cristiano avevano proprio poco.

L’attenzione creata nelle Chiese latino-americane dalla Teologia della Liberazione per le popolazioni più povere e abbandonate ha spinto le diocesi, i missionari e gli istituti religiosi verso le regioni e i popoli non ancora evangelizzati, con risultati molto positivi. Basti dire che nel 1946 il Brasile aveva un’ottantina di diocesi, oggi circa 350!

Se crediamo che il messaggio di Cristo è il miglior messaggio di liberazione dell’uomo, questo è un fatto straordinario. E ne ringraziamo il Signore.

 


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* Padre Piero Gheddo, già direttore di "Mondo e Missione" e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell'Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E' autore di oltre 70 libri.


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Italia


Le battaglie di un direttore storico di Avvenire, sempre dalla parte dell'uomo
Presentato a Roma un libro che ripercorre la vicenda di Angelo Narducci

di Chiara Santomiero

ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Giornalista, direttore del quotidiano “Avvenire” dal 1969 al 1980, deputato al Parlamento europeo, intellettuale cristianamente impegnato, uomo di cultura e poeta di un certo rilievo: sintetizza così la figura di Angelo Narducci, nella prefazione del libro a lui dedicato, il giornalista ed amico Angelo Paoluzi.

Anche il titolo del libro curato da Giuseppe Merola, dottore di ricerca in Storia del giornalismo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale della Pontificia Università Salesiana di Roma, enuncia “Angelo Narducci e Avvenire. Storia di un giornalista, poeta, politico con l’ansia di essere cristiano”, quasi a non poter tenere distinti gli aspetti di una personalità poliedrica che ha segnato un periodo particolare della stampa cattolica italiana.

A 25 anni dalla morte del giornalista aquilano, la pubblicazione presentata mercoledì a Roma presso la Sala Marconi di Radio Vaticana per iniziativa della Libreria editrice vaticana, dell’Unione cattolica stampa italiana del Lazio e della Aracne editrice, ripercorre i precedenti e la storia di Avvenire e il ruolo svolto da Narducci nell’avvio del quotidiano dei cattolici italiani.

“Un giornale voluto da Paolo VI – ha sottolineato Angelo Scelzo, sottosegretario del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali –, figura di grande riferimento per Narducci che nutriva per il pontefice amicizia e stima così come una grande amicizia lo legava ad Aldo Moro”.

“Non a caso – ha sottolineato Scelzo – l’editoriale più amaro scritto da Narducci nei suoi anni da direttore di Avvenire fu proprio quello per la morte di Aldo Moro, che avrebbe voluto salvare a tutti i costi e la cui vicenda lo segnò profondamente anche negli anni successivi all’uccisione dello statista”.

La vicenda Moro non fu l’unico avvenimento lacerante degli anni della direzione Narducci, segnati dalla contestazione, dal terrorismo, dalla contrapposizione del mondo in blocchi, dalla guerra fredda e, nella vita della Chiesa, delle battaglie contro le leggi a favore del divorzio e dell’aborto.

Dalle colonne di Avvenire Narducci lanciò numerosi appelli in difesa del valore della famiglia intesa come “cellula essenziale di ogni società” e “chiesa domestica: cioè centro di amore, non chiuso in se stesso, ma aperto e destinato a riverberarsi su tutti gli uomini e sul mondo”.

“Nella nettezza delle posizioni e senza concessioni compromissorie – ha affermato Paoluzi in una testimonianza inserita da Merola nel testo -, Angelo si guadagnò il rispetto di amici ed avversari (considerando che tra questi c’erano anche cattolici, culturalmente autorevoli e diversamente pensanti) per il tono con il quale seppe impostare i problemi che facevano salva la dignità di tutti”.

“Quando si trattò di difendere la famiglia dalla legge Baslini-Fortuna che legalizzava il divorzio – sottolinea ancora l’autore del libro – e dalla legge 194 che legalizzava l’aborto, Avvenire si impegnò a dare un’informazione chiara ed esauriente sul dibattito parlamentare cercando di consentire all’opinione pubblica di farsi un’idea propria”.

In questi due avvenimenti che contrassegnarono la vita della Chiesa e della società italiana nel 1974 e nel 1976, l’attuale direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, legge “una risonanza tra il tempo di Narducci e il nostro, segnato dal referendum del 2005 sulla legge 40 in materia di fecondazione assistita e la battaglia intorno alla famiglia del biennio 2006-2008 che ha portato molta amarezza anche nel mondo cattolico”.

Le mobilitazioni di oggi e quelle di allora, secondo Tarquinio, “sono unite dal concetto di 'cosa è l’uomo' e del perché non debba essere manipolato”. “Ciò che emerge con forza dalle pagine di Narducci – ha affermato Tarquinio intervenendo alla presentazione del libro – è al centro del giornalismo che cerchiamo di fare anche oggi ad Avvenire, un giornale che non ha mai rinunciato all’obiettivo di essere un quotidiano d’informazione e controinformazione, controcorrente rispetto al pensiero comune”.

E se “gli avversari sono gli stessi degli anni di Narducci”, le questioni sono state portate su “un crinale più scivoloso, quello dei distinguo” circa le definizioni di vita e di morte. Caso emblematico quello di Eluana Englaro “persona non 'già' morta, come veniva sostenuto, ma disabile gravissima alimentata ed accudita amorevolmente”.

Caso emblematico, secondo Tarquinio, “di un tempo in cui ci viene detto che stare dalla parte della libertà e della vita è l’esatto opposto di quanto abbiamo creduto”. Seguendo “l’eredità dei grandi direttori che ci hanno preceduto – ha affermato Tarquinio – vogliamo sostenere che l’uomo è uomo sempre, quando è appena nato, quando è malato, quando viaggia per il mondo come un fagotto come accade agli immigrati: è sempre la stessa persona umana”.

Sull’esempio di Narducci, ha concluso il direttore di Avvenire “vogliamo essere capaci di fare un giornalismo al servizio della comunità, con 'pazienza' e 'innocenza', la sola qualità capace di vincere il male”.

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Discorso di Benedetto XVI nell'udienza alle Pontificie Accademie
Occorre promuovere un autentico umanesimo cristiano

ROMA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza, in Vaticano, i membri delle Pontificie Accademie in occasione della 14a Seduta pubblica.

 





* * *

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

illustri Presidenti e Accademici,

Signore e Signori!

Sono lieto di accogliervi e di incontrarvi, in occasione della Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, momento culminante delle molteplici attività dell’anno. Saluto Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Estendo il mio saluto ai Presidenti delle Pontificie Accademie, agli Accademici e ai Sodali presenti. L’odierna Seduta Pubblica, nel corso della quale è stato consegnato, a mio nome, il Premio delle Pontificie Accademie, tocca un tema che, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, riveste particolare importanza: "La formazione teologica del presbitero".

Oggi, memoria di San Tommaso d’Aquino, grande Dottore della Chiesa, desidero proporvi alcune riflessioni sulle finalità e sulla missione specifica delle benemerite Istituzioni culturali della Santa Sede di cui fate parte e che vantano una variegata e ricca tradizione di ricerca e di impegno in diversi settori. Gli anni 2009-2010, infatti, per alcune di esse, sono segnati da una specifica ricorrenza, che costituisce ulteriore motivo per rendere grazie al Signore. In particolare, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia ricorda la Fondazione avvenuta due secoli fa, nel 1810, e la trasformazione in Accademia Pontificia, nel 1829. La Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum hanno ricordato il loro 130° anno di vita, essendo state fondate entrambe nel 1879. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha celebrato, poi, il 50° della propria trasformazione in Accademia Pontificia. Le Pontificie Accademie di San Tommaso d’Aquino e di Teologia hanno ricordato, infine, il decennale del loro rinnovamento istituzionale, avvenuto nel 1999 con il Motu proprio Inter munera Academiarum, che reca proprio la data del 28 gennaio.

Tante occasioni, dunque, per rivisitare il passato, attraverso la lettura attenta dei pensieri e delle azioni dei Fondatori e di quanti si sono prodigati per il progresso di queste Istituzioni. Ma lo sguardo retrospettivo e la memoria del glorioso passato non possono costituire l’unico approccio a tali eventi, che richiamano soprattutto il compito e la responsabilità delle Accademie Pontificie di servire fedelmente la Chiesa e la Santa Sede, rinnovando nel presente il ricco e diversificato impegno, che già ha prodotto preziosi frutti anche nel recente passato. La cultura contemporanea, e ancor più gli stessi credenti, infatti, sollecitano continuamente la riflessione e l’azione della Chiesa nei vari ambiti in cui emergono nuove problematiche e che costituiscono anche settori in cui operate, come la ricerca filosofica e teologica; la riflessione sulla figura della Vergine Maria; lo studio della storia, dei monumenti, delle testimonianze ricevute in eredità dai fedeli delle prime generazioni cristiane, a cominciare dai Martiri; il delicato ed importante dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica, a cui ho voluto dedicare l’Incontro con personalità del mondo dell’arte e della cultura, svoltosi nella Cappella Sistina lo scorso 21 novembre. In questi delicati spazi di ricerca e di impegno, siete chiamati a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l’interpellano nei vari ambiti del sapere e dell’esperienza umana.

Come ho più volte affermato, l’odierna cultura risente fortemente sia di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo, sia di metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione e, di conseguenza, anche del dialogo, del confronto e della comunicazione interpersonale. Appare, pertanto, urgente e necessario ricreare le condizioni essenziali di una reale capacità di approfondimento nello studio e nella ricerca, perché ragionevolmente si dialoghi ed efficacemente ci si confronti sulle diverse problematiche, nella prospettiva di una crescita comune e di una formazione che promuova l’uomo nella sua integralità e completezza. Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani. Tale impegno deve essere particolarmente cogente nell’ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato, come esige l’Anno Sacerdotale e come conferma la felice scelta di dedicargli la vostra annuale Seduta Pubblica.

Una delle Pontificie Accademie è intitolata a San Tommaso d’Aquino, il Doctor Angelicus et communis, un modello sempre attuale a cui ispirare l’azione e il dialogo delle Accademie Pontificie con le diverse culture. Egli, infatti, riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede. Egli lasciò già nei suoi contemporanei un ricordo profondo e indelebile, proprio per la straordinaria finezza e acutezza della sua intelligenza e la grandezza e originalità del suo genio, oltre che per la luminosa santità della vita. Il suo primo biografo, Guglielmo da Tocco, sottolinea la straordinaria e pervasiva originalità pedagogica di San Tommaso, con espressioni che possono ispirare anche le vostre azioni: Frà Tommaso – egli scrive - "nelle sue lezioni introduceva nuovi articoli, risolveva le questioni in un modo nuovo e più chiaro con nuovi argomenti. Di conseguenza, coloro che lo ascoltavano insegnare tesi nuove e trattarle con metodo nuovo, non potevano dubitare che Dio l’avesse illuminato con una luce nuova: infatti, si possono mai insegnare o scrivere opinioni nuove, se non si è ricevuta da Dio una ispirazione nuova?" (Vita Sancti Thomae Aquinatis, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustrati, ed. D. Prümmer M.-H. Laurent, Tolosa, s.d., fasc. 2, p. 81).

Il pensiero e la testimonianza di San Tommaso d’Aquino ci suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti per offrire risposte adeguate e creative. Fiduciosi nella possibilità della "ragione umana", nella piena fedeltà all’immutabile depositum fidei, occorre – come fece il "Doctor Communis" – attingere sempre alle ricchezze della Tradizione, nella costante ricerca della "verità delle cose". Per questo, è necessario che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e così promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano.

Ringraziando, dunque, le Pontificie Accademie per la generosa dedizione e per l’impegno profuso, auguro a ciascuna di arricchire le singole storie e tradizioni di nuovi, significativi progetti attraverso cui proseguire, con rinnovato slancio, la propria missione. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e, nell’invocare su di voi e sulle Istituzioni a cui appartenete l’intercessione della Madre di Dio, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d’Aquino, di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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