venerdì 8 gennaio 2010

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ZENIT

Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 08 gennaio 2010

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Il Papa ringrazia l'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano
Il suo servizio permette ai pellegrini di vivere "un'autentica esperienza religiosa"

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Ricevendo questo venerdì mattina i dirigenti e gli agenti dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, Benedetto XVI li ha ringraziati per il loro servizio, “particolarmente importante per lo svolgimento della missione del Romano Pontefice”.

L'operato degli agenti, infatti, “consente il clima di tranquilla serenità che permette a quanti vengono a visitare il centro della Cristianità la possibilità di un’autentica esperienza religiosa, a contatto con testimonianze fondamentali della fede cristiana, quali la tomba dell’apostolo Pietro, le reliquie di tanti Santi e le tombe di numerosi Pontefici, amati e venerati dal popolo cristiano”, ha osservato.

“Grazie per questo prezioso servizio che rendete al Papa e alla Chiesa!”, ha esclamato il Pontefice. “Il Signore vi ricompensi per i sacrifici spesso nascosti in favore di tanti credenti e visitatori ed a tutela della missione del Papa”.

Il Vescovo di Roma ha riconosciuto che a ciascuno vengono chiesti “impegno e grande responsabilità nel compimento del proprio dovere”, ma “agli occhi della fede” questi devono “costituire un modo particolare per servire il Signore e quasi 'preparargli la strada', perché l’esperienza vissuta presso il centro della Cristianità rappresenti per ciascun pellegrino o visitatore una particolare occasione per l’incontro col Signore, che cambia la vita”.

Il Papa ha anche confessato di aver potuto notare “in molte occasioni” “la premura e la sensibilità d’animo” che ispirano il servizio dei membri dell'Ispettorato, “come pure la fedeltà e la dedizione, non disgiunte da notevoli sacrifici che esso comporta”, e si è detto certo che questi atteggiamenti “sono frutto anche della vostra fede e del vostro amore per la Chiesa”.

“Quanto siete chiamati a svolgere valga a rendervi sempre più forti e coerenti nella fede e a non aver timore o rispetto umano nel manifestarla nell’ambito delle vostre rispettive famiglie, del vostro lavoro e dovunque veniate a trovarvi”, ha chiesto, affidando i presenti e il loro lavoro “alla materna protezione di Maria Santissima, Madre di Gesù e Regina di ogni famiglia”, affinché “accolga le vostre intenzioni e le avvalori presentandole al suo Figlio”.

L'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano conta circa 150 agenti e, come come tutte le divisioni della Polizia di Stato, dipende dal Ministero dell'Interno.

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Cardinale Kasper: "I cristiani devono essere uniti di fronte all'oppressione"
Invia una lettera al Patriarca copto di Alessandria dopo l'attacco a cristiani copti

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, ha segnalato che “tutti i cristiani devono restare uniti di fronte all'oppressione a cercare insieme la pace che solo Cristo può dare”.

Lo ha fatto in una lettera che ha inviato a Sua Santità Shenouda III, Papa copto di Alessandria e Patriarca della Sede apostolica di San Marco, per esprimere la sua vicinanza dopo gli attacchi contro i cristiani copti in seguito alla liturgia di Natale a Nagaa Hamadi, nell'Alto Egitto, questo mercoledì.

“Ogni volta che i nostri cristiani soffrono ingiustamente, è una ferita al Corpo di Cristo che tutti noi credenti condividiamo”, afferma nella lettera, pubblicata questo venerdì dalla Sala Stampa della Santa Sede.

“Insieme – ha continuato – condividiamo questa tristezza, e insieme preghiamo per la cura, la pace e la giustizia”.

Il porporato inizia il suo messaggio confessando di aver appreso con dolore “la tragica notizia della morte e del ferimento di vari cristiani copti dopo la Messa di Natale a mezzanotte a Nagaa Hamadi”.

“La prego di sapere che sono unito nella preghiera a Sua Santità e alla comunità cristiana copta in questo momento”, ha indicato.

Il Cardinale Kasper conclude la sua lettera assicurando di pregare “per il riposo delle anime dei defunti e per la guarigione dei feriti, così come per la consolazione delle famiglie delle vittime”.

Si congeda poi “con rispetto e stima”, dicendo “Resto suo in Cristo”.

L'attentato è avvenuto al termine della Messa di Natale (celebrata la notte del 6 gennaio secondo il calendario della Chiesa ortodossa copta) nella città di Nagaa Hamadi, a circa 65 chilometri da Luxor.

I fedeli stavano uscendo dalla chiesa della Vergine Maria quando sono stati raggiunti da colpi di arma da fuoco sparati da un veicolo. Sono morti sei cristiani e un agente di sicurezza musulmano.

Nei giorni precedenti il Natale, i cristiani del luogo avevano ricevuto varie minacce. L'agenzia Asianews ha dichiarato il vero obiettivo dell'attacco sarebbe stato il Vescovo Kirollos, che in quel momento si trovava all'interno del tempio, secondo quanto ha detto egli stesso alla Middle East Christian Association.

I cristiani egiziani, in maggioranza copti, rappresentano circa il 10% della popolazione.

Il Ministero degli Interni egiziano ha affermato che la causa dell'assalto è stata la vendetta per l'aggressione di una bambina musulmana da parte di un cristiano a novembre. Dopo il fatto, c'erano stati vari disordini nella località, tra cui l'incendio delle proprietà di alcuni cristiani.

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Santa Sede: nomine nella Commissione per la Tutela dei Monumenti
Il direttore dei Musei Vaticani è il nuovo presidente
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato questo venerdì il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici ed Artistici della Santa Sede. 

Paolucci sostituisce nell'incarico il Vescovo Giorgio Corbellini, che ricopriva l'incarico da poco più di sei mesi.

La Sala Stampa della Santa Sede ha informato anche della nomina di Maria Cristina Carlo-Stella, Capo Ufficio presso la Fabbrica di San Pietro, a segretaria della Commissione.

In base alla Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 1988, la Fabbrica di San Pietro è l'organismo incaricato della conservazione e del decoro della Basilica di San Pietro.

Il Papa ha inoltre nominato monsignor Nicolas Henry Marie Denis Thevenin, consigliere di Nunziatura di prima classe, protonotario apostolico di numero.

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Notizie dal mondo


Attaccate quattro chiese cristiane in Malaysia
Tre templi protestanti e uno cattolico

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Anche la Malaysia non è esente dagli attacchi ai templi cristiani. Questo giovedì notte, infatti, i fondamentalisti musulmani hanno attaccato tre chiese protestanti e una cattolica.

Padre Lawrence Andrew, direttore del settimanale cattolico Herald, ha riferito all'agenzia AsiaNews che “non vi è un pericolo immediato, ma la situazione è comunque preoccupante”.

Gli attacchi arrivano dopo che il 31 dicembre la Corte Suprema di Kuala Lumpur ha annullato l'ordinanza del Ministero dell'Interno che impediva alla Chiesa cattolica di pubblicare la parola “Allah” per riferirsi al Dio cristiano sull'Herald (cfr. ZENIT, 6 gennaio 2010).

Il sacerdote ha osservato che è in atto “una campagna di propaganda nazionale” della maggioranza musulmana, secondo cui “il nome Allah può essere usato solo per riferirsi al Dio dell’islam”.

La chiesa cattolica danneggiata nell'attentato è quella dell’Assunzione a Petaling Jaya. Gli assalitori hanno lanciato una bomba Molotov all’interno dell’edificio, senza provocare danni ingenti.

Padre Lawrence ha riferito che oltre ai luoghi di culto sono state attaccate alcune “auto di proprietà dei cattolici: carrozzerie danneggiate e vetri infranti, ma non vi sono feriti”.

In seguito alla decisione della Corte Suprema, nelle vie di Kuala Lumpur si è svolta questo venerdì una manifestazione di protesta promossa da 58 organizzazioni non governative (ONG) musulmane, alla quale hanno partecipato circa 300 persone.

“La protesta non ha fatto registrare incidenti – ha detto padre Lawrence ad AsiaNews – perché la polizia ha fatto un buon lavoro. Le forze di sicurezza sono impegnate a mantenere la calma, per prevenire un’escalation delle violenze”.

“Siamo preoccupati ma la situazione non è ancora di pericolo – ha aggiunto –. Abbiamo avviato una stretta collaborazione con il Governo, per contribuire a riportare la tranquillità del Paese”.

Per evitare ulteriori violenze, ha confessato, “non useremo la parola Allah nelle edizioni del nostro giornale finché la magistratura non avrà emesso la sentenza definitiva”.

“Oggi la tv ha trasmesso in tutto il Paese la preghiera del venerdì. Durante il sermone si è ripetuto più volte che Allah è il Dio dei musulmani e essi soli lo possono utilizzare – ha concluso –. È un tentativo di mettere sotto pressione i giudici, perché cancellino la sentenza della Corte suprema. Con un clima di questo genere, non sarà possibile svolgere un processo equo e giusto”.

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Vietnam: nuova aggressione della polizia in una parrocchia di Hanoi
Feriti dei fedeli che tentavano di evitare la distruzione di una croce

HANOI,venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Forze di polizia hanno fatto irruzione nella parrocchia di Dong Chiem (Vietnam) e hanno abbattuto una croce situata su una collina che si eleva nel territorio della parrocchia, ha reso noto la pagina web dell'Arcidiocesi di Hanoi questo mercoledì mattina.

Alcuni parrocchiani presenti sulla collina al momento della distruzione della croce hanno informato telefonicamente i due sacerdoti responsabili della parrocchia.

La parrocchia appartiene all'Arcidiocesi di Hanoi ed è situata nel distretto di My Duc, che dal punto di vista amministrativo fa parte della capitale, riferisce l'agenzia delle Missioni Estere di Parigi (MEP), Eglises d'Asie.

Il parroco ha spiegato che alle 7.30 del mattino è stato avvertito del fatto che molti poliziotti avevano circondato il villaggio e si disponevano a distruggere la croce elevata sulla collina.

Avvertiti di questo pericolo, i fedeli si sono recati sul luogo per cercare di difendere la croce. Hanno affrontato i poliziotti, che li hanno colpiti. Due di loro sono stati feriti gravemente.

L'operazione di polizia per distruggere la croce è iniziata verso le tre del mattino. Circa 500 agenti di pubblica sicurezza muniti di gas lacrimogeni, manganelli elettrici e fucili e accompagnati da cani poliziotto erano ancora sul luogo al momento della conversazione telefonica.

Tutti gli ingressi al villaggio sono stati bloccati e nessuno poteva entrare o uscire. Gli stessi poliziotti hanno trasferito i due feriti verso una destinazione sconosciuta, senza permettere che i loro familiari li accompagnassero.



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Tunisia: muore in un'esplosione un Padre Bianco italiano
Padre Gian Battista Maffi era nel Paese dal 2007

TUNISI, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Un missionario italiano, il Padre Bianco Gian Battista Maffi, è stato trovato morto questo mercoledì in Tunisia dopo un'esplosione, informa un comunicato di padre José Cantal, Provinciale del Magreb, e di padre Giovanni Marchetti, Provinciale d'Italia.

Il vicario generale della prelatura della Tunisia dei Missionari d'Africa, padre Ramón Echeverría, ha informato di un'esplosione avvenuta questo martedì, 5 gennaio, verso le due del pomeriggio, “durante la presentazione di alcuni libri della biblioteca dell'IBLA”, l'Istituto di Lettere Arabe, fondato nel 1931.

“Padre José Maria Cantal, Provinciale dei Padri Bianchi, è andato nella sua stanza cercando l'origine dell'esplosione”, ha spiegato padre Echeverría.

“Verso l'una e mezza del pomeriggio, José María aveva voluto utilizzare il fax che si trova nell'ufficio di Gian Battista e lo ha trovato che dormiva nel piccolo letto al lato della finestra, come faceva di solito”, ha aggiunto.

“Dopo l'esplosione, è andato a cercare un estintore e, verso le due e un quarto, è entrato nella biblioteca con questo”.

“Arrivato sul luogo in cui c'erano le fiamme, ha trovato il corpo inerte steso al suolo; José María è convinto che fosse già morto”, ha indicato.

“E' tornato qualche istante dopo con John MacWilliam per cercare di portare via il corpo”, ma “è stato impossibile per le fiamme e il fumo”. In seguito sono intervenuti i pompieri e la polizia.

Per padre Echeverría, “la grande domanda è sapere l'origine dell'esplosione e del fuoco”.

“E' difficile per i compagni dell'IBLA, difficile per i Padri Bianchi e per la Diocesi, e ancor più difficile per la famiglia di Gian Battista – ha constatato –. Sua madre ha 87 anni”.

I Padri Bianchi si uniscono nella preghiera “per Gian Battista, sua madre, la sua famiglia e la Diocesi”.

La pagina web dei Padri Bianchi rende omaggio a padre Maffi, di 54 anni, 26 dei quali di vita missionaria.

Era stato ordinato sacerdote a Cremona nel 1984, prima di partire come missionario per il Mali, dov'era rimasto dal 1985 al 1988. In seguito era stato chiamato per l'animazione missionaria a Treviglio.

Nel 1996 aveva ripreso i suoi studi al P.I.S.A.I., il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica di Roma, dove aveva seguito un corso di Islamologia, e successivamente si era recato al Cairo per imparare l'arabo.

Padre Gianbattista Maffi lavorava nella biblioteca dell'IBLA dal 1° ottobre 2007.




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Un altro "attentato" a un cattolico al Parlamento Europeo
Giorgio Salina denuncia un tentativo di discriminazione contro la Reding

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- A Bruxelles è in corso il rinnovo della Commissione europea, presieduta da José Manuel Barroso: la Signora Viviane Reding, lussemburghese, già Commissario della Società dell'informazione e mezzi di comunicazione, è candidata ad un nuovo ruolo di Commissario che tra le proprie competenze avrebbe anche i diritti umani, e quindi l’Agenzia relativa che ha sede a Vienna.

Tuttavia, secondo quanto rivelato a ZENIT da Giorgio Salina, Presidente dell’Associazione per la Fondazione Europa, “la Signora Reding ha un grave difetto che è un impedimento ad assumere questo ruolo: è cattolica!”.

Sarà ascoltata in audizione, presso il Parlamento Europeo martedì 12 gennaio 2010, dalle 13.00 alle 16.00 davanti alla Commissione Libertà, giustizia e affari interni, Diritti della donna e uguaglianza di genere, Cultura, Petizioni ed altre.

Salina ha spiegato che “si sta preparando un vero e proprio attentato del tutto simile a quello praticato per ‘bocciare’ Rocco Buttiglione, anche lui perché cattolico”.

“Vorrò vedere se esponenti politici italiani avranno ancora la sfrontatezza di dire che anche la signora Reding se l’è cercata, come hanno detto la volta scorsa”, ha commentato Salina.

Il Presidente dell'Associazione per la Fondazione Europa, ha precisato che “si sta preparando un'aggressione discriminatoria” guidata da Sophia in 't Veld, del Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa, neo Presidente della Piattaforma per la secolarizzazione della politica, già copresidente dell’intergruppo Gay e Lesbiche.

Contro la signora Viviane Reding anche Miguel Angel Martínez Martínez del Gruppo dell'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, Hannes Swoboda del Gruppo dell'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo e Rebecca Harms del Gruppo Verde/Alleanza libera europea.

“Eppure – ha commentato Salina – sono tutti Eurodeputati che parlano di lotta alla discriminazione ad ogni piè sospinto!”.

Swoboda ha chiesto al Presidente della Commissione, Barroso, se sarebbe disposto a cambiare i portafogli dei Commissari a seguito dell’esito delle audizioni dei Candidati designati, qualora ciò fosse suggerito come necessario dal Parlamento Europeo.

Il Presidente Barroso ha risposto che il Trattato di Lisbona afferma chiaramente che l'organizzazione interna del collegio dei commissari è responsabilità della Commissione, ma che avrebbe ascoltato i suggerimenti del Parlamento.

“C’è curiosità su come si comporteranno i deputati italiani del PD, ma non solo: cosa faranno?”, si è chiesto Salina.

“Si alleeranno con gli altri in questa 'guerra santa' contro i cattolici? Perché sia chiaro già fin d’ora che di questo si tratta e non altro, esattamente come per Buttiglione”, ha quindi concluso.

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Ponti di solidarietà e di speranza tra l'Europa e la Terra Santa

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Anche nel 2010 si svolgerà l’annuale visita (dal 10 al 14 gennaio prossimo) di una delegazione di ventisei persone tra vescovi e rappresentanti di Conferenze episcopali e Organismi ecclesiali europei e nord americani visiteranno le popolazioni cristiane e le Chiese presenti in Terra Santa.

L’annuale visita è organizzata dal Coordinamento delle Conferenze episcopali a favore della Chiesa della Terra Santa e dell’Assemblea dei Vescovi cattolici della Terra Santa.

Quest’anno, su esplicito mandato dei Presidenti delle Conferenze episcopali membri del CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa) riunitisi in Plenaria nell’ottobre scorso (Parigi, 1-4 ottobre 2009), farà parte della delegazione ecclesiale anche padre Duarte da Cunha, Segretario generale del CCEE.

“Con questa visita, i Vescovi europei, hanno inteso esprimere il loro desiderio di comprendere meglio e condividere le difficoltà delle popolazioni di quei territori e allo stesso tempo dare un segno tangibile della vicinanza che le nostre Chiese hanno verso i cristiani della Terra Santa e dell’amicizia nei confronti del popolo israeliano e palestinese”, ha detto padre Duarte da Cunha.

“Nei prossimi giorni – ha aggiunto –, ci metteremo in ascolto, con umiltà, delle gioie e speranze, dei bisogni e delle difficoltà, non solo delle varie comunità cristiane e cattoliche presenti in Terra Santa ma anche della popolazione israeliana e palestinese”.

“La Chiesa in Europa – ha spiegato il Segretario generale del CCEE – ha bisogno di questo tipo di incontri per costruire ponti di solidarietà e di speranza con le comunità cristiane nei territori palestinesi ed in Israele e per definire al meglio il genere di interventi a sostegno dei nostri fratelli cristiani”.

La delegazione inizierà il suo viaggio incontrando le comunità cristiane a Gaza e le parrocchie nella West Bank.

Nei giorni seguenti sono previsti incontri con le popolazioni locali, giovani sacerdoti e seminaristi, una visita all’università di Bethlehem e al Seminario di Beit Safa.

Particolarmente attesi sono gli incontri, mercoledì 13, con il Presidente Shimon Peres e il Presidente Mahmud Abbas.

La visita si concluderà giovedì 14 gennaio a Gerusalemme con una celebrazione al Santo Sepolcro e con una conferenza stampa.

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Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa
Il 31 gennaio, 24 ore di preghiera e celebrazioni eucaristiche
GERUSALEMME, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Per il prossimo 31 gennaio i cristiani di tutto il mondo sono invitati a partecipare a una Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, accompagnata da celebrazioni eucaristiche e adorazioni di 24 ore ininterrotte.

Si tratta della seconda edizione di questa iniziativa, in memoria di San Giovanni Bosco, che lo scorso anno ha unito più di 500 città del mondo, per più di 700 eventi tra celebrazioni eucaristiche e adorazioni.

L'iniziativa è promossa da un gruppo di giovani della Terra Santa e dell'Italia, in particolare dall'Apostolato “Giovani per la Vita”, dall'Associazione dei Papaboys, dai gruppi di Adunanza Eucaristica e dalle Cappelle di Adorazione Perpetua.

Lo scorso anno Benedetto XVI ha inviato un breve messaggio di incoraggiamento per esprimere il suo “compiacimento” “per gli intenti che ispirano tale lodevole iniziativa tesa ad implorare luce per le coscienze e la conversione dei cuori e per la riconciliazione e la fraterna convivenza tra le popolazioni della Terra Santa”.

Per iscriversi personalmente o come gruppo o associazione basta visitare su Facebook il gruppo “Vogliamo la pace in Terra Santa 2”, aderendo all’evento della Giornata di Preghiera, oppure inviando una mail all’indirizzo ufficiostampa@papaboys.it (comunicando, luogo e ora).

Il giorno 25 gennaio sarà presente su internet, ed a mezzo stampa, la lista dei luoghi in tutto il mondo dove si potrà partecipare ad una iniziativa per la Pace.  

Sul sito dell’Associazione nazionale Papaboys (www.papaboys.it), dell’Apostolato “Giovani per la Vita” (www.youthfl.org) e sul sito di Adunanza Eucaristica (www.adorazione.org) saranno trasmesse tutte le informazioni riguardanti l’evento con aggiornamenti, interviste, servizi fotografici e filmati. 

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Bielorussia: proibito a due parroci polacchi di svolgere attività religiosa

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Due parroci cattolici polacchi in Bielorussia sono gli ultimi cittadini stranieri ai quali è stato proibito di svolgere attività religiosa nel Paese.

Forum 18 ha reso noto che i sacerdoti sono il cappuccino Jan Bonkowski, che è stato per vent'anni parroco della chiesa dell'Annunciazione nel villaggio di Mizhevitsi, e il gesuita Edward Smaga, della parrocchia della Santissima Trinità di Indura. Entrambi hanno dovuto sospendere la propria attività religiosa alla fine del 2009.

Un terzo sacerdote, della parrocchia di San Giovanni Battista di Volpa, è stato minacciato di non ottenere il permesso, ma ha detto a Forum 18 che “ora è tutto a posto”.

Padre Aleksandr Amialchenia, in rappresentanza della Conferenza dei Vescovi Cattolici della Bielorussia, ha dichiarato che i divieti non hanno motivo, sottolineando che i due sacerdoti non sono stati banditi dal Paese.

“Tutto ciò che sappiamo è che il loro permesso di svolgere attività religiosa non è stato rinnovato”, ha dichiarato. Sull'onda dei divieti, ha aggiunto, il Vescovo di Grodno, Aleksandr Kashkevich, ha esortato più volte le autorità a concedere i permessi necessari.

Igor Popov, del Dipartimento per gli Affari Religiosi di Grodno, si è rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda, chiedendo “Quali sacerdoti?” prima di concludere la conversazione telefonica che intendeva approfondire le cause dell'accaduto.

Secondo padre Amialchenia, i due sacerdoti in questione dovrebbero trovarsi attualmente in Polonia. Se dovessero tornare in Bielorussia, non potrebbero compiere legalmente riti religiosi.

Difendendo il rifiuto di dare ai sacerdoti il permesso di continuare a svolgere attività religiosa, Marina Tsvilik, dell'Ufficio governativo del Plenipotenziario per gli Affari Religiosi ed Etnici della capitale bielorussa Minsk, ha dichiarato che “i documenti di alcune persone non sono stati presentati in modo corretto”.

Un altro problema sarebbe il fatto che padre Bonkowski celebrava in polacco, lingua parlata o compresa da molti cattolici bielorussi, soprattutto in regioni come quella di Grodno, che confinano con la Polonia e hanno una popolazione etnicamente mista.

Secondo la Tsvilik, la lingua in cui i sacerdoti svolgono le loro funzioni è irrilevante ai fini della decisione in merito al permesso o meno a continuare ad esercitarle. Ha tuttavia sottolineato che i servizi devono essere svolti “nelle nostre lingue”, che ha identificato nel russo e nel bielorusso, in cui i religiosi devono officiare “almeno una volta al mese”.

“Officiamo nella lingua che i fedeli parlano e capiscono”, ha affermato a questo proposito padre Amialchenia, che ha anche respinto le accuse di irregolarità nella presentazione dei documenti dei religiosi e ha dichiarato di non sapere perché, mentre nel resto del Paese le Diocesi devono rinnovare i permessi per l'attività religiosa degli stranieri una volta all'anno, nella regione e nella Diocesi di Grodno devono farlo ogni sei mesi.

L'Arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, di Minsk-Mohilov, ha detto a Forum 18 che quando non vengono rinnovati i permessi sono i fedeli a risentirne di più.

Forum 18 stima che più dei 2/3 dei 33 cittadini stranieri a cui dal 2004 è stato proibito di svolgere attività religiosa siano cattolici. In particolare, sono oggetto del provvedimento i sacerdoti e le suore impegnati nel far fronte a questioni sociali come l'alcolismo.

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I Vescovi della Repubblica Ceca denunciano le decisioni sul crocifisso
Lamentano l'"insensibilità" religiosa della Corte Europea

PRAGA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi della Repubblica Ceca invieranno un appello all'Europa per ricordare i suoi principi, soprattutto a proposito della recente decisione per la quale i crocifissi nelle scuole rappresentano una violazione dei diritti.

La Conferenza Episcopale Ceca ha emesso una dichiarazione questo martedì, primo giorno della sua assemblea plenaria a Praga, in cui afferma di sperare “che gli Stati membri del Consiglio d'Europa non neghino i principi su cui il Consiglio e la Corte Europea per i Diritti Umani sono stati creati”.

La dichiarazione è stata scritta in risposta alla recente decisione della Corte Europea per i Diritti Umani che ha deciso a favore di una madre che ha protestato per la presenza del crocifisso nella scuola italiana frequentata dai figli.

La Corte non ha ordinato la rimozione dei crocifissi, ma il Governo italiano ha comunque presentato un ricorso contro la sentenza.

Il Parlamento Europeo doveva votare sul ricorso il 17 dicembre, ma ha rimandato la decisione a un incontro successivo.

Nel frattempo, il Catholic Family and Human Rights Institute ha riportato che una decisione “poco pubblicizzata” della Corte Costituzionale italiana del mese scorso mette in discussione la legittimità della decisione della Corte europea.

La Corte Costituzionale ha infatti stabilito che “se le sentenze della Corte Europea per i Diritti Umani sono in conflitto con le norme della Costituzione italiana, queste sentenze mancano di legittimità”, ha affermato l'Istituto.

Questa decisione, ha aggiunto, potrebbe “incoraggiare” altri Paesi come l'Irlanda, attualmente “sfidata” dalla Corte per i Diritti Umani per la sua posizione sulla difesa della vita dei concepiti.

Salvaguardia

La dichiarazione dei Vescovi cechi afferma che “la Corte Europea per i Diritti Umani è un'autorità giudiziaria creata da una decisione degli Stati europei , associati nel Consiglio d'Europa, per spiegare la Convenzione Europea per la Difesa dei Diritti Umani e le Libertà Fondamentali al fine di assicurare il compimento dei doveri che risultano dalla Convenzione”.

Citando lo statuto del Consiglio d'Europa, sottolinea che l'obiettivo dell'organizzazione dovrebbe essere “raggiungere una maggiore unità tra i suoi membri per salvaguardare e realizzare gli ideali e i principi che rappresentano la loro eredità comune e favorire il loro progresso economico e sociale”.

La Conferenza Episcopale ha tuttavia osservato che “la decisione della Corte Europea per i Diritti Umani, seguendo la tendenza a rimuovere la croce dalla vita pubblica e sociale, contraddice questo obiettivo fondamentale del Consiglio d'Europa e della Convenzione Europea”.

La cristianità, ha spiegato, “proclamando tradizionalmente diritti e libertà senza tempo di ogni uomo, è un fattore costante degli ideali e dei principi che creano un patrimonio comune degli Stati europei”.

Allo stesso modo, aggiunge la dichiarazione, “la croce, come attributo cristiano fondamentale, è allo stesso tempo un simbolo della comune eredità europea”.

La decisione della Corte europea “manifesta un atteggiamento insensibile verso i sentimenti religiosi delle Nazioni europee, le loro tradizioni e la cooperazione internazionale nel settore dell'assistenza sanitaria e dell'aiuto umanitario e sociale nella Croce Rossa”, dichiarano i Vescovi.

“La Conferenza dei Vescovi cechi respinge questi sforzi di eliminare le manifestazioni tradizionali della cultura cristiana dalla vita sociale e di sostituirle con atteggiamenti atei”.



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Segnalazioni


Il "Codex Pauli", il più grande tributo all'Apostolo delle Genti
Verrà presentato in Campidoglio il 13 gennaio prossimo

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Un’opera monumentale, unica nel suo genere, concepita sullo stile degli antichi codici monastici ed arricchita da una minuziosa selezione di fregi, miniature e illustrazioni, provenienti da manoscritti di datazione diversa dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura. Si tratta del “Codex Pauli”.

L'opera, un tomo unico di 424 pagine di alto valore ecumenico, è dedicata a Benedetto XVI, che ha indetto le celebrazioni per il bimillenario della nascita di san Paolo. La tiratura è limitata a 998 copie numerate.

Per il Codex Pauli è stato creato, inoltre, il font originale “Paulus 2008”, che rispecchia la grafia dell’amanuense della Bibbia Carolingia (IX sec.).

L'opera verrà presentata in Campidoglio, presso la Sala della Protomoteca, il 13 gennaio prossimo alle ore 17:30, in preparazione alla Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani (18-25 gennaio).

Saranno presenti, tra gli altri: il Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete emerito della Basilica di San Paolo fuori le Mura; l’Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura; l’Archimandrita Mtanios Haddad, Apocrisario di Sua Beatitudine Gregorios III Laham, Patriarca melkita d’Antiochia e di tutto l’Oriente; padre Edmund Power, Abate di San Paolo fuori le Mura; e il senatore Sandro Bondi, Ministro per i Beni e le Attività culturali. Modererà il giornalista responsabile di Rai Vaticano Giuseppe De Carli.

Il Codex Pauli ospita i contributi inediti, appositamente preparati, del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I; del Patriarca di Mosca e di Tutte le Russie, Kirill; di Gregorios III Laham; del dr. Rowan Williams, Primate della Comunione Anglicana; del dr. Eduard Lohse, Vescovo emerito della Chiesa Evangelica di Hannover; e di molti altri.

L'opera si apre con un’articolata parte introduttiva, organizzata secondo alcune sezioni.

Nella prima, Annus Pauli, viene ripercorsa l’avventura dell’Anno dedicato al bimillenario della nascita dell’Apostolo. Ne sono testimoni privilegiati i Cardinali Tarcisio Bertone, Ennio

Antonelli, Raffaele Martino, Jean Louis Tauran, Jozef Tomko, Antonio Rouco Varela, André Vingt-Trois e Walter Kasper.

Nella sezione Roma Pauli viene ripercorsa la ricca tradizione spirituale, liturgica e artistica dei monaci benedettini, che da tredici secoli custodiscono il sepolcro di san Paolo sulla via Ostiense.

Evangelium Pauli è il titolo della terza parte, che presenta la figura e il messaggio del grande Apostolo in dialogo con le culture e con la sensibilità dei nostri giorni. Il Cardinal Kasper legge san Paolo tra Est ed Ovest; il dottor Antonio Paolucci lo ricolloca tra le radici cristiane dell’Europa; il professor M.D. Nanos lo rapporta con l’ebraismo, il professor D.A. Madigan con l’Islam. Ma molti altri sono gli approfondimenti: san Paolo come cosmopolita, viaggiatore, missionario, apostolo, e modello di dialogo interreligioso.

Nell’ultima parte, Vita Pauli, si affronta l’interrogativo sull’identità di Saulo/Paolo dopo duemila anni di interpretazione, esaltazione, avversione, strumentalizzazione dell’Apostolo e del suo messaggio.

Sfogliando le pagine del Codex, il Paolo di ieri, presente con il testo originale greco, ci raggiunge attraverso la traduzione in lingua corrente. Accanto al corpus paulinum integrale, comprendente le tredici Lettere dell’Apostolo, l’opera offre anche il testo italiano-greco degli Atti degli Apostoli e della Lettera agli Ebrei.

Un’ultima sezione raccoglie un’accurata selezione dei poco conosciuti Apocrifi riguardanti Paolo (Atti di Paolo; Lettere di Paolo e dei Corinzi; Martirio del santo Apostolo Paolo; Atti di Paolo e Tecla; Lettera ai Laodicesi; Corrispondenza tra Paolo e Seneca; Apocalisse di Paolo).

Ogni singolo testo si apre con una presentazione curata dai più noti esegeti di san Paolo e si conclude con una pagina di Lectio divina, secondo la millenaria tradizione monastica.

La presentazione e le introduzioni agli scritti paolini sono di mons. Gianfranco Ravasi, affiancato da autorevoli studiosi, biblisti e teologi, quali il cardinale Carlo Maria Martini, Romano Penna, Rinaldo Fabris, Primo Gironi, Antonio Pitta, Stefano Romanello, Giuseppe Pulcinelli, Paolo Garuti e Marco Valerio Fabbri.

“Il Codex Pauli – spiega padre Edmund Power nella presentazione – è primariamente un atto di venerazione alla Parola di Dio. È la Parola che dà la vita. Questo libro trae la propria ispirazione dalla figura del Dottore delle Genti, figura complessa e spiccata, incapace di nascondersi: le sue Lettere, le sue parole, mostrano in maniera eloquente la sua personalità energica e dinamica”.

“Un uomo che sa essere ironico, perfino sarcastico, eppure mai privo di una parte affettuosa, ispirata, maestosa, che ci fa vedere in lui un uomo 'ossessionato dal Cristo' – spiega –. Così anche il corpus del Codex Pauli è un magma di creatività umana, da cui scaturiscono bellezza e amore”.

“Secondo la tradizione monastica, l’arte è lo sforzo d’incarnare una visione interiore ricorrendo alla forma espressiva di una Bellezza in se stessa inesprimibile – continua l'Abate di San Paolo fuori le Mura –. Non tutti riescono a percepirla chiaramente: ecco perché l’opera artistica cerca di spingere ciascun contemplante a orientarsi verso l’unico Dio, quale fonte di ogni bellezza”.

“Chi cerca e ama la bellezza mediante il linguaggio dell’arte si indirizza verso il Divino – sottolinea –. Quest’opera si propone lo stesso fine”.

[Per maggiori informazioni: www.codexpauli.itpaolo.pegoraro@codexpauli.it]

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Tutto Libri


La storia della sacra famiglia e del giovane Gesù
In un libro di don Nicola Bux

di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La nascita e la vicenda di Gesù è il mistero dei misteri. Mille le domande: era veramente il figlio di Dio? Qual è la sua storia terrena? E’ vissuto come tutti gli altri bambini e giovani? Ha lavorato come falegname aiutando suo padre? Chi era veramente Maria sua madre, e Giuseppe suo padre?

Per rispondere a queste e altre domande, don Nicola Bux, professore di Liturgia orientale e di Teologia dei sacramenti nella Facoltà Teologica Pugliese, consultore delle Congregazioni per la Dottrina della Fede e per le Cause dei Santi e consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, ha scritto il libro: “Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi della Sua venuta nella storia” (edizioni Cantagalli).

Secondo don Nicola, “non sono da condividere quelle posizioni esegetiche che hanno negato la storicità dei fatti e li hanno ridotti al genere letterario del ‘racconto d’infanzia’ quasi che la rivelazione sia avvenuta fuori della storia e renda impossibile verificarla col metodo storico”.

L’autore è convinto che “fede e storia come fede e ragione, seppur distinte non sono separabili” per questo motivo il libro accompagna i lettori in un pellegrinaggio ideale alla riscoperta dei luoghi che fecero da cornice all’evento straordinario dell’ingresso di Dio nella storia.

La narrazione non si svolge con cieca devozione, ma è una ricerca appassionata dei fatti condotta con metodo storico per stabilire una mappa che permetta di toccare con mano il mistero del figlio di Dio che è venuto in Terra.

Don Nicola ha svolto una raccolta e comparazione rigorosa delle prime cronache della vita di Gesù. Ha ricostruito la genealogia e la vita familiare della sacra famiglia, ha ritrovato in Terra Santa i luoghi dell’infanzia di Maria, i suoi spostamenti, ci mostra la casa paterna in cui la Vergine ricevette la visita dell’Angelo Gabriele, osserva commosso la grotta in cui nacque il Salvatore e ci invita a contemplare il mistero di Gesù fanciullo.

L’autore attinge a fonti diverse e antichissime, e compie un viaggio straordinario nella Terra Santa, seguendo le orme dei primi grandi cronachisti, rileggendo i racconti dei santi, analizzando il commento dei vescovi, e così ci porta a conoscere la storia del Salvatore quella dei suoi genitori terreni e dei nonni materni.

E poi ci fa conoscere meglio il Battista e gli Apostoli, cerca di rispondere al perchè Gesù nacque a Betlemme, fa rivivere il contesto storico, racconta di Erode e la strage degli innocenti, della fuga in Egitto, dei pastori e dei Magi che vennero ad adorarlo.

Nel libro don Nicola analizza e illustra le chiese costruite sui luoghi che la tradizione indica come quelli segnati dalla Sacra famiglia e da Gesù, rinnovando lo stupore di scoprire l’orma ed i segni di quella persona che diceva di essere il figlio di Dio.

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Parola e vita


Battesimo: il concepimento che da' la vita eterna
Vangelo della domenica del 10 gennaio 2010

di padre Angelo del Favero*


ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).-“Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”.(…) Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Lc 3,15-22).

Oggi la vita e la luce di Dio sono discese nel mio cuore, per la gioia della mia casa e di tutta la Chiesa”: queste semplici parole sono state scritte nel “ricordo” del Battesimo della piccolissima Sara, avvenuto pochi giorni fa in Casa Accoglienza e atteso con gioia da tutte le mamme, i bambini, gli operatori, gli amici e dalla comunità parrocchiale: tutto il “popolo della vita” era in attesa!

La liturgia, oggi, ci offre il “ricordo” del giorno del Battesimo dell’adulto Gesù,..ad una sola settimana dall’incontro del Bambino con i Magi a Betlemme! Sì, ma non sono passati trent’anni in sette giorni, dal momento che Dio è bambino da sempre, sempre e per sempre, come afferma la Scrittura: “Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!”(Eb 13,8).

Informa Luca che “il popolo era in attesa”: di che cosa? Di un grande evento: ma non si trattava del Battesimo di Gesù, bensì dell’imminente venuta del Messia, annunciata da Giovanni con toni apocalittici: “Tiene in mano la pala per pulire la sua aia…brucerà la paglia con fuoco inestinguibile” (Lc 3,17).

Possiamo immaginare la straordinaria impressione che dovettero destare la figura e l’annuncio del Battista nell’atmosfera accesa di quel momento della storia di Gerusalemme. Finalmente c’era di nuovo un profeta, qualificato come tale anche dalla sua vita. Finalmente si annunciava un nuovo agire di Dio nella storia. Giovanni battezza con l’acqua, ma il più Grande, Colui che battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco, è già alle porte” (Benedetto XVI, “Gesù di Nazaret”, p. 35).

Come suggeriscono queste osservazioni a polarizzare l’attenzione è soprattutto il battezzatore umano, ed anche per questo nessuno dei presenti è in grado di comprendere la portata delle sue parole.

Nemmeno Nicodemo comprenderà il valore del Battesimo nello Spirito, quando Gesù glielo spiegherà direttamente: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 2,3). Il maestro d’Israele, infatti, replica:“Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” (Gv 2,4).

Certamente anche noi oggi non riusciamo a comprendere a fondo il mistero del Battesimo; per questo ascoltiamo il Vicario del Maestro divino:“Si tratta di un nuovo inizio, e cioè di morte e di risurrezione, di ricominciare la vita da capo e in modo nuovo. Si potrebbe quindi dire che si tratta di rinascita. Tutto ciò verrà espressamente sviluppato solo nella teologia battesimale cristiana, ma è già incoativamente presente nella discesa di Gesù nel Giordano e nella risalita dalle sue acque (B. XVI, id., p. 36).

Gesù, in effetti, parlando di “rinascita” non intende il parto, ma il concepimento: “un nuovo inizio, ricominciare la vita da capo e in modo nuovo”. Significa che lo Spirito Santo, nel Battesimo, “concepisce” l’uomo nuovo “fecondando” quello vecchio e sterile di prima e trasformandolo realmente in “figlio di Dio” ( 1Gv 3,1).

Per questo il Battesimo in acqua e spirito è condizione necessaria alla salvezza. Per esso noi entriamo nella grande famiglia della Chiesa come un bambino entra nella propria famiglia quando è concepito nel grembo della madre.

L’efficacia della parola divina “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” consiste nella trasformazione dell’uomo nell’immagine e somiglianza di Cristo, in forza del potere che il Battesimo trae dalla morte e Risurrezione del Signore, rispettivamente rappresentate dalla discesa e dalla risalita di Gesù dalle acque del Giordano.

Ed ecco allora due domande che sorgono sul Battesimo e alle quali limito questo mio commento: una riguarda Colui che non aveva bisogno del Battesimo e lo ha ricevuto; l’altra riguarda coloro che pur avendo bisogno del Battesimo per la loro salvezza, non lo hanno ricevuto e non lo possono ricevere: i bambini concepiti che muoiono nel grembo senza Battesimo, sia per cause naturali, sia perché precocemente uccisi. La domanda riguarda anche tutti i bimbi concepiti nei laboratori e distrutti o congelati.

1) La prima domanda è: perché l’“Autore della vita” e del Battesimo, ha voluto essere battezzato? Premesso che la parola “battesimo” per Gesù designa la propria morte, il motivo sta in questo: che era necessaria la sua identificazione con noi peccatori per consentire la nostra identificazione con Lui Salvatore.

L’ingresso di Gesù nell’acqua, in solidarietà con i peccatori, rappresenta “l’ingresso nei peccati degli altri, è discesa “all’inferno” non solo da spettatore, ma con-patendo e con una sofferenza trasformatrice, convertendo gli inferi, travolgendo e aprendo le porte dell’abisso” (B.XVI, id., p. 40).

Con l’immersione nel Giordano Gesù ha anticipato la sua morte in croce, e con la risalita dall’acqua ha anticipato la sua risurrezione, così “il punto della sua anticipazione della morte è ora diventato per noi il punto della nostra anticipazione della risurrezione insieme con Lui” (B.XVI, id., p.39). Questo “punto” è l’acqua stessa battesimale.

La conseguenza è questa: ogni volta che le “acque del Giordano” (santificate dal Battesimo di Gesù e rese capaci di comunicare la Vita divina) entrano in contatto con il battezzando catecumeno, operano realmente la sua liberazione dal Maligno (il forte di Lc 11,21), in forza dello Spirito di Cristo risorto (il più forte di Lc 11,22).

Ascoltiamo ancora il Papa: “Questo Forte, invincibile con le sole forze della storia universale, viene sopraffatto e legato dal più Forte che, essendo della stessa natura di Dio, può prendere su di sé tutta la colpa del mondo e la esaurisce soffrendola fino in fondo. Questa lotta è la “svolta” dell’essere, che produce una nuova qualità dell’essere, prepara un nuovo cielo e una nuova terra. Il sacramento – il Battesimo – appare quindi come dono di partecipazione alla lotta di trasformazione del mondo intrapresa da Gesù nella svolta della vita che è avvenuta nella sua discesa e risalita” (id., p. 40-41).

Tutto scaturisce dalla vittoria della Pasqua, e come istituendo l’Eucaristia nel Cenacolo Gesù ha anticipato il suo sacrificio sul Calvario, offrendosi liberamente e realmente (non con gesto semplicemente simbolico) alla sua passione per darsi in Carne da mangiare e Sangue da bere, così nel Giordano Gesù anticipa realmente la sua vittoria sulla morte, ne comunica l’efficacia salvifica alle acque e consegna per sempre al battezzato le chiavi della vita.

2) Il tema della seconda domanda rappresenta una questione sempre più drammatica ed urgente per la Chiesa e il mondo intero: “nonostante che a prima vista possa sembrare marginale rispetto ad altre questioni teologiche, solleva invece interrogativi di grande spessore e profondità. In questo nostro tempo sta crescendo sensibilmente il numero di bambini che muoiono senza essere stati battezzati. (…).. questo fenomeno è anche in parte conseguenza della fecondazione in vitro e dell’aborto. Alla luce di questi sviluppi si ripropone con nuova urgenza l’interrogativo sulla sorte di questi bambini(Commissione Teologica Internazionale, “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo”, 2007, Introduzione).

Ho voluto io sottolineare “questi bambini” per fermare l’attenzione sulla loro identità: si tratta di tutti gli esseri umani concepiti, a partire dall’istante della fecondazione.

Per ognuno di loro (più di un miliardo di bambini solo negli ultimi vent’anni) valgono queste conclusioni della citata dichiarazione della C.T.I.: “Se un bambino non battezzato è incapace di un votum baptismi, allora, in virtù dei medesimi vincoli di comunione, la Chiesa può forse intercedere per il bambino ed esprimere a suo nome un votum baptismi efficace davanti a Dio. Inoltre la Chiesa di fatto esprime proprio un tale votum nella liturgia, per quella stessa carità verso tutti rinnovata in ogni celebrazione eucaristica. Gesù ha insegnato: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5); da ciò comprendiamo la necessità del Battesimo sacramentale. Similmente ha detto: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53); dal che comprendiamo la necessità (strettamente correlata) dell’Eucaristia. Tuttavia, come questo secondo testo non ci conduce ad affermare che non può essere salvato chi non ha ricevuto il sacramento dell’Eucaristia, così non si dovrebbe dedurre dal primo testo che non può essere salvato chi non ha ricevuto il sacramento del Battesimo. Dovremmo invece arrivare alla conclusione che nessuno è salvato senza una qualche relazione al Battesimo e all’Eucaristia, e quindi alla Chiesa, che da questi sacramenti è definita. Ogni salvezza ha una qualche relazione con il Battesimo, l’Eucaristia e la Chiesa. Il principio per cui “fuori della Chiesa non c’è salvezza” significa che non c’è salvezza che non provenga da Cristo e che non sia ecclesiale per sua stessa natura. (…) La nostra conclusione è che i molti fattori che abbiamo sopra considerato offrono seri motivi teologici e liturgici per sperare che i bambini che muoiono senza Battesimo saranno salvati e potranno godere della visione beatifica. Sottolineiamo che si tratta qui di motivi di speranza nella preghiera, e non di elementi di certezza. Vi sono molte cose che semplicemente non ci sono state rivelate (cfr Gv 16,12). Viviamo nella fede e nella speranza nel Dio di misericordia e di amore che ci è stato rivelato in Cristo, e lo Spirito ci spinge a pregare in gratitudine e letizia incessante (cfr 1 Ts 5,18)” (C.T.I., id., n. 98-102).

Questo lungo messaggio, oltre a costituire un opportuno chiarimento dottrinale, sia fonte di profonda consolazione per ogni mamma divenuta pienamente e dolorosamente consapevole di avere spento nel suo grembo la vita del suo bambino. Ascolti ora le parole che, dalla finestra del Cielo spalancata su di lei, le rivolge il Papa santo della Vita (per esprimere anche la mia vicinanza personale, trasformo il “voi” del testo nel “tu”): “Non lasciarti prendere dallo scoraggiamento e non abbandonare la speranza. Sappi comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretalo nella sua verità. Se ancora non l’hai fatto, apriti con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia ti aspetta per offrirti il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Ti accorgerai che nulla è perduto e potrai chiedere perdono anche al tuo bambino, che ora vive nel Signore(Enciclica “Evangelium vitae”, n. 99).


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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.


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La Chiesa alle sue origini

ROMA, venerdì, 8 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il contributo del Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo emerito di Milano, contenuto nel “Codex Pauli”, un'opera unica dedicata a Benedetto XVI al termine dell’Anno Paolino.




* * *

La cristianità primitiva ci ha lasciato un racconto sui primi sviluppi del movimento cristiano. Citato verso il 180 dagli Atti dei Martiri di Lione e dalla Epistula Apostolorum, esso è menzionato nel Canone Muratoriano (seconda metà del II secolo) sotto il titolo di Acta omnium Apostolorum e ne viene indicato anche il nome dell’autore, cioè Luca. Il titolo usuale del libro è “Atti degli Apostoli”. Tale titolo non gli è stato però attribuito dall’autore, che aveva concepito questo libretto come la seconda parte di un’opera complessiva sulle origini cristiane (cfr. Lc 1,1-4 e At 1,1).

Negli Atti è narrata la diffusione del messaggio della risurrezione di Gesù secondo una linea di progressione geografica che parte da Gerusalemme e, attraverso la Giudea e la Samaria, si estende fino alle regioni della Siria e dell’Asia Minore, e di là alla Grecia, per terminare a Roma. La missione di far percorrere questo itinerario alla Parola di Dio è narrata nei primi dodici capitoli e viene affidata a Pietro. L’azione di Pietro raggiunge il suo momento culminante quando egli ammette al battesimo il pagano Cornelio, centurione romano, senza obbligarlo ad abbracciare la legge di Mosè (At 10,1 – 11,18). A partire dal capitolo 13, il compito di attuare questa predicazione è affidato principalmente a Paolo, che viene così a porsi nel centro della narrazione. Paolo può allargare i confini della sua missione verso le terre più lontane dell’Asia Minore, della Macedonia e della Grecia. Dopo una intensa attività missionaria e dopo una serie estenuante di processi, Paolo viene condotto a Roma. La narrazione si chiude con la descrizione di Paolo prigioniero a Roma.

Vi è oggi un sostanziale accordo tra gli studiosi nel ritenere che l’autore degli Atti degli Apostoli è lo stesso che ha scritto il terzo vangelo. L’accordo tra gli studiosi non è più unanime quando si pone il problema se l’autore sia da identificare con uno di coloro che raccontano in prima persona plurale nelle cosiddette “sezioni noi” (At 16,10-17; 20,5-21; 27,1-28,16). Accettando questa identificazione si viene ad ammettere che l’autore è stato compagno di Paolo in alcuni viaggi, ed è stato quindi testimone oculare di parte degli avvenimenti che riferisce. Si raggiunge così la testimonianza dell’antica cristianità che ha attribuito gli Atti a un compagno di viaggio di Paolo, cioè a Luca, menzionato nell’epistolario paolino (cfr. Col 4,14; Fm 24; 2Tm 4,11).

Tuttavia, sulla base della diversa mentalità dell’autore degli Atti e di quello delle Epistole, non si può rinunciare alla fondata tradizione che gli Atti sono opera di uno che ha conosciuto san Paolo. Tra i compagni di viaggio dell’Apostolo, Luca è certamente quello che, a voler tenere conto delle notizie antiche e dell’analisi interna dell’opera, ha le più fondate probabilità per essere designato come l’autore degli Atti.

Luca ha composto il suo libro servendosi di elementi di origine diversa. Benché tutti gli studiosi siano d’accordo nel ritenere che l’autore utilizza per il suo racconto vari tipi di informazioni, tuttavia è molto difficile determinare quale forma avessero le fonti che Luca ha potuto utilizzare. Nel secolo scorso furono fatti vari tentativi per definire con criteri stilistici i documenti scritti che sottostanno ad At 1-15 (come l’esistenza di una fonte antiochena e di una doppia fonte gerosolimitana), ma senza risultati definitivi. Il moltiplicarsi di teorie diverse e tra loro inconciliabili produsse un certo scetticismo. Oggi si tende ad analizzare le singole unità letterarie prese in se stesse, senza pretendere di ricostruire dei veri e propri documenti scritti.

Il materiale che l’autore ha raccolto attingendo a diverse fonti di informazione venne da lui elaborato in un racconto unitario. In esso si distingue una prima epoca dominata dalla figura di Pietro, mentre la seconda ha come protagonista l’apostolo Paolo. Tra le due epoche se ne coglie come una intermedia, di grande importanza, in cui si mostra il passaggio provvidenziale dai giudei ai pagani, e insieme la continuità che permane tra i due gruppi, entrambi inseriti nell’unico disegno divino di salvezza. Riguardo alla struttura degli Atti risultano inadeguate le divisioni che hanno per base soltanto i due personaggi principali del racconto, Pietro e Paolo, perché le loro vicende si intersecano e sono frammiste con quelle di altri personaggi di rilievo (come Stefano e Filippo). Neppure è adeguata la divisione che vorrebbe basarsi sulle parole programmatiche di Gesù in At 1,8: «Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e in Samaria e fino all’estremità della terra».

È comunque possibile dividere il libro nelle cinque parti seguenti: a) Le origini della Chiesa a Gerusalemme (1,1 – 5,42). b) Una nuova e più violenta persecuzione sorge a causa di Stefano (6,1 – 12,25). c) Missione di Barnaba e Paolo in Asia (13,1 – 15,35). d) Missione di Paolo nelle principali città della Grecia e nella grande città di Efeso (15,36 – 20,38). e) Arrivo di Paolo a Gerusalemme, suo imprigionamento e viaggio a Roma, nel centro del mondo conosciuto allora, dove egli annuncia con libertà la Parola di Dio (21,1 – 28,31).

L’autore ha subordinato il disegno generale dell’opera, la sua struttura e il suo stile a una finalità che egli ha espresso nel prologo a Teofilo con queste parole: «affinché ti renda conto della solidità della dottrina su cui sei stato catechizzato». Lo scopo dell’opera rimane molto generico e soggetto a diverse interpretazioni. Per questo si è discusso assai, soprattutto a partire dal secolo XVIII, sulla finalità di Luca nella sua narrazione. Fino a quel tempo si riteneva che Luca volesse semplicemente presentare un quadro delle origini cristiane e difendere Paolo dai suoi avversari. Si profilava, quindi un approccio degli Atti dal taglio storiografico e apologetico. Ma le finalità di questa opera oggi vengono comprese alla luce dell’orizzonte più ampio prospettato sia dall’esame del terzo Vangelo, sia dall’esame di questo suo “secondo libro”. Appare, così, decisivo il ruolo della comunità destinataria dell’opera lucana. Si tratta probabilmente di una comunità composta in gran parte dai pagani convertiti, preoccupati però di tener viva la coscienza delle radici anticotestamentarie del messaggio cristiano. Il libro è posto così sotto il segno della continuità: tra Antico e Nuovo Testamento, tra attività del Cristo e vita delle Chiese; tra Israele e la Chiesa, tra i giudeo-cristiani e i pagani convertiti. Garante invisibile ma sempre operante di questa continuità è lo Spirito. Nella predicazione universale del Vangelo ai pagani le profezie messianiche trovano il loro pieno adempimento, e si mostra così l’unità e la continuità del disegno divino di salvezza.

Tuttavia lo scopo che si prefiggeva l’autore era certamente quello di comunicare importanti valori dottrinali e un autentico messaggio, valido per ogni tempo. Per avere un quadro sintetico degli elementi dottrinali presenti negli Atti, bisogna partire dall’evento centrale da cui ha origine tutto il movimento cristiano, cioè la risurrezione di Cristo.

Gesù glorificato costituisce l’oggetto della fede della Chiesa (9,13), e la predicazione ha appunto lo scopo di mostrare che egli è il Messia predetto dalle Scritture, colui che è stato costituito giudice dei vivi e dei morti, il Figlio di Dio (9,20). Soltanto per la fede in lui (16,31) e per il battesimo nel suo nome (2,38) è possibile ottenere la salvezza (cfr. 4,12) e il perdono dei peccati (5,31).

Centrale è pure il ruolo dello Spirito Santo che pervade con la sua presenza e il suo influsso tutta la vita e l’espansione della Chiesa primitiva. La manifestazione fondamentale dello Spirito si ha nella Pentecoste, che rappresenta per la dottrina sullo Spirito un po’ quello che la risurrezione rappresenta per la cristologia. Nella presenza, tra i testimoni della Pentecoste, di molti che rappresentano i principali popoli allora conosciuti si manifesta la vocazione universale della Chiesa e si realizza la sua missione di essere un segno di unità tra i diversi popoli. La Chiesa (5,11) appare come la comunità di coloro che hanno creduto nel Cristo Risorto e vivono in unità sotto l’autorità degli Apostoli. Tra gli apostoli Pietro gode di una posizione speciale.

È importante pure ricordare il posto che hanno negli Atti la fede (si veda ad es. 2,44; 3,16; 4,4.32; 5,14, ecc.), il battesimo (cfr. 2,38; 8,36; 10,47, ecc.), l’imposizione delle mani per conferire lo Spirito (8,15 – 17; 19,5-6), l’Eucaristia (2,42.46; 20,7.11) e la preghiera (si veda ad es. 4,24-30; 10,9; 12,5; 16,25). Anche le diverse situazioni che scandiscono il cammino delle comunità cristiane (crescita, persecuzione, dispersione, riconferma della fede) e i loro atteggiamenti (gioia, carità, scambio fraterno dei beni, mutuo aiuto, unione, prontezza a soccorrere anche i lontani, ospitalità, coraggio, apertura di cuore e di orizzonti, ecc.) affiorano di continuo nella narrazione. Si ricava così dalla lettura del libro un quadro ricchissimo della vita dei primi cristiani, quadro che viene presentato alle Chiese di tutti i tempi come modello e come stimolo. Gli Atti degli Apostoli sono perciò «un libro per tutti i tempi, un libro molto attuale per il nostro tempo. Bisogna leggerlo tutto in una volta, così come si leggono avidamente i ricordi di famiglia» (H. Jenny).


Card. Carlo Maria Martini

Arcivescovo Emerito di Milano

[© Abbazia San Paolo fuori le Mura - In collaborazione con PAULUS]

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