martedì 18 maggio 2010

[ZI100518] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 18 maggio 2010

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Card. Dias: "Il mondo ha bisogno di sacerdoti e missionari a 3D"
Interviene all'assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- In un mondo pieno di sfide come quello attuale, c'è bisogno di sacerdoti e missionari “a 3D”, ha affermato il Cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

“Il mondo ha bisogno di sacerdoti e missionari a 3D, che curino la Dottrina, la Disciplina, la Devozione”, ha dichiarato intervenendo questo lunedì pomeriggio all'assemblea generale della Pontificie Opere Missionarie (POM), in svolgimento a Roma fino al 21 maggio.

“Ogni sacerdote, nel suo cammino di crescita e nel suo ministero, deve curare 3 dimensioni: Dottrina, Disciplina, Devozione”, ha spiegato, come riferisce l'agenzia Fides.

Per il porporato, “guardare alla Dottrina significa essere fedeli alla Parola di Dio, al magistero della Chiesa, nell’osservanza delle parole del Santo Padre”.

La Disciplina, ha aggiunto, “è molto importante al giorno d’oggi, e andrebbe maggiormente approfondita”.

“Si tratta della disciplina mentale e corporale, segno e frutto di una maturità umana e spirituale. Rientrano in questo campo la formazione alla castità e alle corrette relazioni con l’altro sesso; la gestione delle discordie e dei conflitti nelle relazioni e nella comunità; la gestione del tempo libero e dell’uso delle nuove tecnologie”.

Quanto alla Devozione, ha sottolineato che “il sacerdote, in ogni sua piccola azione quotidiana, deve tenere ben presente di essere un uomo di Dio, deve dare primato allo spirito, ricordando di essere nel mondo ma non del mondo”.

“Nel complesso, siate persone che ‘traspirano il Sacro’, soprattutto nella celebrazione della Santa Messa e nell’amministrare i Sacramenti, aiutando il prossimo ad incontrare la persona vivente e operante di Gesù Cristo”, ha chiesto ai sacerdoti e ai missionari presenti.

Ogni presbitero, così come ogni cristiano, “ha nel suo DNA lo spirito della missione”. In caso contrario, “è un cristiano malformato o non ancora ben formato”,

Il porporato ha quindi concluso indicando modello di sacerdote che ha vissuto in pienezza le tre dimensioni ricordate il Cardinale John Henry Newman, che Benedetto XVI beatificherà il 19 settembre prossimo durante la sua visita in Inghilterra.

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Un argentino nuovo Generale dell'Ordine Mercedario
Fr. Pablo Bernardo Ordoñe

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- A mezzogiorno di questo martedì, il Capitolo Generale dell'Ordine della Beata Vergine Maria della Mercede, riunito dal 1° maggio, ha eletto Maestro (Superiore) Generale fr. Pablo Bernardo Ordoñe.

Il sacerdote argentino, di 41 anni, era finora superiore provinciale dell'Ordine Mercedario in Argentina, incarico per il quale era stato eletto l'11 novembre 2008.

Dopo essere stato eletto da un'ampia maggioranza dei padri capitolari, il presidente del Capitolo gli ha chiesto se accettava l'incarico. Espressa affermativamente la sua volontà, fr. Ordoñe ha emesso il giuramento e la professione di fede, secondo il rituale.

Il Capitolo Generale, che si svolge nel contesto dei preparativi per celebrare gli 800 anni della fondazione dell'Ordine, concluderà i suoi lavori sabato 22 maggio.

Padre Ordoñe è nato a Tucumán il 15 gennaio 1969 ed è stato ordinato sacerdote a Córdoba il 28 febbraio 1998. Succede nell'incarico di Maestro Generale a fr. Giovannino Tolu.

Il Reale, Celestiale e Militare Ordine di Nostra Signora della Mercede e della Redenzione degli Schiavi, più conosciuto come Ordine della Mercede, è stato fondato da San Pietro Nolasco (ca. 1180-1249) per la redenzione dei cristiani prigionieri dei musulmani.

I Mercedari si impegnano con un quarto voto, oltre a quelli tradizionali di povertà, castità e obbedienza degli altri Ordini: il voto di liberare altri più deboli nella fede, anche se ciò può mettere in pericolo la propria vita.

In questo momento, l'Ordine ha circa 700 frati in tutto il mondo.



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Docu-film "Un Gesuita nel Regno del Drago"
Un DVD sul grande missionario in Cina Matteo Ricci

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- Grazie al docu-film “Un Gesuita nel Regno del Drago”, è possibile rivivere la vita e le opere del grande missionario della Cina padre Matteo Ricci in occasione del 400° anniversario della sua morte.

L'opera è stata girata tra l'Italia e la Cina e contiene immagini originali dei luoghi in cui Ricci nacque, crebbe e si formò.

Della durata di 60 minuti circa, per la regia di Gjon Kolndrekaj e la distribuzione di www.H2onews.org,“Un Gesuita nel Regno del Drago” ha ottenuto l'alto patrocinio della Curia generalizia della Compagnia di Gesù e della Diocesi di Macerata.

In una lettera inviata nel maggio scorso a monsignor Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata, in occasione dell'inizio delle celebrazioni per il IV centenario di padre Ricci, Papa Benedetto XVI ha sottolineato “la profonda simpatia che nutriva per i cinesi, per la loro storia, per le loro culture e tradizioni religiose”, che “ha reso originale e, potremmo dire, profetico il suo apostolato”.

È possibile ricevere il DVD in italiano, spagnolo, inglese, portoghese, tedesco, francese e cinese scrivendo all'indirizzo email matteoricci@my-h2onews.org.

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Ostensione della Sindone


L'esercito dei "fratini viola" a guardia della Sindone
Parlano alcuni dei volontari che lavorano all'Ostensione 2010

di Chiara Santomiero

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- "Se le persone hanno fatto tanta strada - magari dall'estero - per arrivare qui a Torino a venerare la Sindone, come si può rimandarle indietro?". E' la domanda che si pone Carlo Stroppiana, il responsabile dei volontari per l'Ostensione 2010.

A pochi giorni dalla conclusione dell'evento, l'accesso al duomo per i pellegrini - da oggi 18 maggio fino al 22 - è stato prolungato dalle 20.00 fino alle 22.30. Sono aumentati anche i turni per i volontari ma nessuno si lamenta.

Il piccolo esercito dei "fratini viola", la casacca che li contraddistingue, presidiano i varchi d'ingresso, controllano i flussi, rispondono alle richieste d'informazioni, organizzano l'accesso per i disabili e le persone con difficoltà, si alternano nella lettura davanti alla Sindone, invitano con gentile fermezza i pellegrini ad uscire dal duomo per lasciare il posto agli altri in coda.

"Stiamo sfidando tutti i limiti di capienza - aggiunge Stroppiana - e purtroppo questo accorcia la sosta davanti alla Sindone. Dobbiamo insistere per il rispetto dei tempi affinché il flusso delle persone sia costante e tutti abbiano la possibilità di fermarsi per qualche momento di riflessione".

"E' un dispiacere anche per noi - afferma Cesina Tarizzo, una delle volontarie che ha prestato il servizio di lettura davanti alla Sindone - chiedere alle persone di far posto agli altri gruppi, soprattutto sapendo che arrivano da lontano, che l'attesa per entrare è stata lunga, spesso con un tempo non clemente. Si vede che si staccano a fatica dalla balaustra della passerella: hanno tante cose nel cuore da deporre davanti a quel Lenzuolo".

Tarizzo è una degli oltre 4 mila volontari "in servizio" per questa Ostensione. "Vanno dai 18 agli 84 anni - spiega Stroppiana -; circa il 40% ha più di sessant'anni ma ci sono anche delle classi di liceo. La maggioranza è costituita da donne". Il servizio è stato preceduto da alcuni incontri di formazione con notizie storiche e scientifiche relative alla Sindone, raccomandazioni sullo stile dell'accoglienza "e anche - scherza Stroppiana - su come eludere le domande dei giornalisti...".

Più del 50% dei volontari è tornato di nuovo a prestare servizio dopo le esperienze delle Ostensioni del 1998 e del 2000. "Il Santo Padre - racconta Stroppiana - ha dato l'annuncio di questa Ostensione a giugno del 2008 e a settembre, nonostante la dispersione del periodo estivo di mezzo, avevamo già mille offerte di disponibilità. Nelle schede di adesione abbiamo chiesto di segnare se avessero già il fratino viola e tra il 53 e il 58% hanno risposto di sì. E' stato il segno di un legame forte con l'esperienza fatta".

La Sindone, secondo Stroppiana "interroga, chiama ad un incontro a ‘tu per tu' e questo vale anche per i volontari. Noi chiediamo un turno di 4 ore, per almeno 6 volte: alcuni lo fanno 30 volte. Spesso si fermano poi in duomo rientrando dalla porta centrale: Qualcuno li chiama ad un colloquio".

"Per quanta sofferenza possa esserci nella nostra vita - afferma Tarizzo, che ha già fatto la volontaria nelle due precedenti Ostensioni - alzare lo sguardo verso l'uomo torturato della Sindone ridona la speranza nella vita che non finisce. E' ciò che ho letto nello sguardo di alcune mamme che spingevano verso la teca il figlio disabile: più che chiedere miracoli, univano il loro dolore a quello espresso nel mistero della Sindone per chiedere il coraggio di affrontarlo e andare avanti. Tante lacrime e dolore ma anche tanta speranza".

Alberto Ansaldi, in pensione da un anno e mezzo, è alla sua prima esperienza da volontario. "Mi sono occupato del servizio d'ordine - racconta -, guidando le persone ad incanalarsi in modo giusto nel percorso, raccomandando il silenzio, aiutandole a transitare velocemente nei tratti dove non si può sostare".

"Mi ha colpito - aggiunge - l'enorme flusso di visitatori in un momento in cui, a causa dello scandalo della pedofilia, la Chiesa vive una fase di difficoltà. Gente da tutto il mondo è stata capace di guardare ‘oltre' e di venire qui a Torino davanti alla Sindone con un atteggiamento caratterizzato da poca curiosità e molta attenzione e devozione". Importante anche il rapporto con gli altri volontari "conoscere le persone in una scelta di servizio, permette di cogliere aspetti più profondi e veri di esse".

"Molti volontari - racconta Stroppiana - venendo a salutarmi perché hanno terminato i loro turni, hanno chiesto di tenerci in contatto, dispiaciuti per la fine di questa esperienza. Intanto c'è già un primo appuntamento: lunedì 24 maggio, l'arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, ci ha chiesto di ritrovarci insieme nel piazzale della chiesa del Santo Volto per ringraziarci e salutarci. Sarà un momento di gioia insieme e poi... arrivederci alla prossima Ostensione!".

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Notizie dal mondo


Una "Nuova Pentecoste" per l'Africa
Si apre la Consulta per implementare le proposizioni del Sinodo

di Nieves San Martín

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- Come assicurare l'implementazione delle proposizioni della II Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi celebrata in Vaticano nel 2009?

E' questo il principale obiettivo della Consulta post-sinodale organizzata congiuntamente da Caritas Africa e dal Dipartimento Giustizia e Pace del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), in programma a Maputo (Mozambico) dal 23 al 26 maggio prossimi.

“Si spera che la Consulta promuova la collaborazione e la sinergia tra varie strutture ecclesiali dell'Africa, soprattutto le organizzazioni della Caritas e le commissioni Giustizia e Pace, per un apporto più forte e più efficace della Chiesa al momento di affrontare alcune delle sfide identificate dai padri sinodali, e quindi di aiutare a costruire un continente riconciliato con sé e con il resto del mondo”.

“Un continente in cui si trovino la verità e l'amore, e la giustizia e la pace si abbraccino”, segnalano il secondo vicepresidente del SECAM, il Vescovo Francisco João Silota, di Chimoio (Mozambico), e il presidente di Caritas Africa, l'Arcivescovo Cyprian Kizito Lwanga, di Kampala (Uganda), nella loro lettera di invito ai partecipanti, secondo quanto rende noto la pagina web di Caritas Internationalis.

L'invitato principale alla Consulta sarà il Cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che pronuncerà l'intervento sul tema guida: “Il Sinodo dei Vescovi per l'Africa – Una Nuova Pentecoste per l'Africa”. Questo intervento, molto atteso, segnalerà le aree prioritarie alle quali i partecipanti alla Consulta dovrebbero dare più attenzione.

La Consulta sarà anche un'opportunità perché i leader ecclesiali in Africa e le loro controparti del Nord esaminino e concretizzino modi di collaborazione e identifichino azioni prioritarie per integrare il Piano d'Azione del SECAM e dell'Africa in materia di Riconciliazione, Giustizia e Pace per i prossimi anni per approfittare del dinamismo creato dal Sinodo, il cui tema è stato “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”.

“Attendiamo 135 partecipanti, inclusi tre Cardinali e 45 Vescovi provenienti da 45 Paesi. Il presidente del SECAM, il Cardinale Polycarp Pengo, Arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania), e il segretario generale di Caritas Internationalis Lesley-Anne Knight onoreranno la Consulta con la loro presenza”.

“Siamo molto compiaciuti per il fatto che questa prossima Consulta abbia suscitato un interesse considerevole, e il nostro più grande desiderio è che le 57 proposizioni presentate dai padri sinodali nell'ottobre 2009 si traducano in un piano realista e concreto per i prossimi anni per sostenere il processo di riconciliazione, promuovere la giustizia e appoggiare la costruzione della pace, passi essenziali nella lotta contro la povertà”, ha affermato il segretario esecutivo di Caritas Africa Jacques Dinan, presidente di Caritas Mauritius.

La Consulta, una “Nuova Pentecoste per l'Africa”, verrà inaugurata la Domenica di Pentecoste con una Messa solenne presieduta dal Cardinale Turkson nel Padiglione di Maxaneque, uno stadio coperto al centro di Maputo, alla presenza di rappresentanti del Governo e della popolazione mozambicana.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Sudafrica: la Chiesa cattolica chiede la fine del traffico di esseri umani
Partecipa a un incontro a Pretoria alla vigilia dei Mondiali di calcio


di Omar Árcega

CITTA' DEL MESSICO, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- Emigrare per questioni di lavoro è sempre una situazione di precarietà, ma diventa molto più grave se nel luogo in cui si arriva per lavorare per sopravvivere si viene perseguitati.

E' la situazione che hanno vissuto individui di vari etnie, culture e nazionalità che hanno costruito “il sogno americano”. La pressione era frutto di iniziative personali o di gruppo.

Con l'approvazione della legge SB-1070, nota come “Legge Arizona”, questa persecuzione diventa politica di Stato in questo territorio degli Stati Uniti, e si apre la porta alla sua adozione in altre zone.

E' questo il bilancio che fa di questa legge controversa, che dovrebbe entrare in vigore ad agosto, “El Trabajador Católico”, bimensile della Casa di Ospitalità Juan Diego di Houston (Texas). Nel suo numero di maggio-giugno, la pubblicazione sottolinea alcuni punti.

Conseguenze della legge

Permette che le forze dell'ordine arrestino qualsiasi persona perché sembra latina, cioè per le sue fattezze e/o per il colore della pelle. Obbliga anche il personale sanitario e del settore dell'insegnamento a denunciare alle autorità le persone che ricevono questo servizio nel caso in cui abbiano tratti non caucasici.

Permette istanze contro agenzie governative che ostacolino l'applicazione delle leggi sull'immigrazione e rende illegale contrattare persone senza documenti come lavoratori giornalieri o trasportarli conoscendone lo status legale.

Reazioni della società

Vari settori della società nordamericana hanno levato la voce contro questa disposizione, perché genera una dinamica di discriminazione ed esclusione. Nelle settimane seguite alla sua approvazione sono state organizzate marce di protesta in 70 città dell'Unione Americana e sono state convocate iniziative anche in vari Paesi latinoamericani.

Los Angeles, San Francisco, Portland e Austin sono le città che si sono unite al boicottaggio commerciale contro l'Arizona come forma di protesta. Si calcola che circa 60.000 bambini rimarranno abbandonati perché i loro genitori saranno espulsi o vedranno ridotte le proprie possibilità di lavoro.

La Chiesa leva la voce

Anche la Chiesa cattolica ha lanciato attraverso i suoi rappresentanti una condanna energica. Il Cardinale Roger Mahony, Arcivescovo di Los Angeles, l'ha definita una “legge nazista”, mentre il Vescovo di Phoenix, monsignor Thomas Olmsted, ha firmato alcune settimane fa un comunicato firmato anche da leader di varie denominazioni religiose in cui si avvertiva del pericolo di approvare una legge che faccia della discriminazione una politica di Stato.

Il 9 maggio la Rete Cattolica della Diversità Culturale, formata da Vescovi, religiosi, religiose e laici di tutte le etnie degli Stati Uniti, ha reso nota una lettera di sostegno ai Vescovi dell'Arizona in cui afferma che “questa legge indebolisce il tessuto sociale mediante la creazione di un'atmosfera di discriminazione contro alcuni membri della comunità, la creazione di profili delle minoranze e il timore delle persone di colore indipendentemente dalla loro condizione migratoria”.

Si lamenta anche la mancanza di leadership sia dei repubblicani che dei democratici a livello federale, e si chiede un'azione immediata sulla riforma migratoria perché “possiamo trovare la via da seguire affinché siano salvaguardati e protetti i diritti e la dignità degli esseri umani, inclusi gli illegali, così come l'integrità delle nostre frontiere”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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Cina: la Diocesi di Shanghai inizia l'Anno di Matteo Ricci
Potrebbe diventare santo anche il suo amico Xu, il primo cattolico di Shanghai

SHANGHAI, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- La Diocesi cinese di Shanghai ha iniziato martedì scorso l'Anno di Matteo Ricci, che celebrerà fino all'11 dicembre in occasione del 400° anniversario della morte del missionario pioniere in Cina.

Con un atto celebrato nel seminario di Sheshan, alla periferia della città, è iniziato questo periodo speciale di grazia in cui la Chiesa chiede un impulso al compito evangelizzatore tra i sacerdoti, i religiosi e i laici, ha detto il Vescovo di Shanghai, monsignor Aloysius Jin Luxian, durante la cerimonia.

L'evento “non è solo una commemorazione, ma ha anche un significato pratico” per i cattolici su come possono portare avanti l'opera del gesuita italiano di adattare la fede alla cultura cinese, ha spiegato.

La Diocesi ha preparato per questi sette mesi un programma di attività che include un seminario, la composizione di un inno, incontri di preghiera e un'ordinazione sacerdotale per chiudere quest'Anno speciale.

L'atto ufficiale di apertura dell'11 maggio è stato celebrato al termine di un pellegrinaggio diocesano al santuario mariano di Sheshan.

Circa mille cattolici si sono riuniti nella Basilica minore di Santa Maria per pregare per il rafforzamento nella sequela dei passi di padre Ricci, vissuto tra il 1552 e il 1610.

All'atto, il Vescovo ausiliare di Shanghai, monsignor Joseph Xing Wenzhi, ha sottolineato che padre Ricci ha seguito i costumi cinesi, ha compreso la cultura del Paese ed è stato amico di intellettuali cinesi.

“Merita di essere un modello per la nostra Diocesi di diffusione del Vangelo in questo periodo di rapidi cambiamenti”, ha affermato.

Ha assistito all'evento di apertura dell'Anno di Matteo Ricci anche il console generale d'Italia a Shanghai, Massimo Roscigno, che ha esortato a seguire l'esempio del missionario di forgiare “amicizia tra Cina e Italia”.

Amicizia feconda

Roscigno ha anche indicato che se il sacerdote non avesse ricevuto l'aiuto del suo migliore amico cinese, Paolo Xu Guangqi, non avrebbe potuto completare i suoi scritti in cinese o tradurre i classici cinesi in latino.

Alcuni cattolici in Cina sperano che anche questo amico, il primo cattolico di Shanghai, possa essere proclamato santo insieme a padre Matteo Ricci.

Paolo Xu Guangqi (1562-1633) fu un ufficiale imperiale che collaborò con il gesuita italiano nella traduzione in cinese di testi occidentali di matematica, idraulica, astronomia, trigonometria e geografia.

Tradussero insieme in latino anche classici del confucianesimo, introducendo così in Europa la filosofia cinese dominante.

Padre Ricci giunse a Pechino nel 1601, e l'imperatore cinese gli permise di restare nella capitale fino alla morte, l'11 maggio 1610.

La sua Diocesi natale, Macerata, ha rilanciato il suo processo di beatificazione a gennaio, e alcuni cattolici di Shanghai sperano che Xu possa avere lo stesso onore se la sua Diocesi inizierà presto il processo.

Il Vescovo gesuita di Shanghai, monsignor Aloysius Jin Luxian, di 94 anni, ha spiegato che molte organizzazioni diocesane, come una scuola, un centro di servizi sociali e una residenza per anziani, portano il nome di Xu Guangqi.

Xu, nato a Shanghai, fu un burocrate e uno scienziato nell'ambito dell'agricoltura, dell'astronomia e della matematica della dinastia Ming.

Conobbe padre Ricci nel 1600 e rimase colpito dalla sua saggezza e santità. Tre anni dopo, venne battezzato e prese il nome di Paolo.

Invitò un altro sacerdote gesuita a evangelizzare la sua città natale e nacque così la prima famiglia cattolica a Shanghai.

In concomitanza con l'Esposizione Universale, il Museo di Shanghai promuove la mostra “Matteo Ricci: un incontro di civiltà con la Cina Ming”, che si potrà visitare da maggio a ottobre.



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Italia


Contardo Ferrini, modello dell'uomo cattolico
Presentato il Premio letterario "Città di Verbania"

di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- E' stato presentato sabato 15 maggio il primo Premio letterario "Città di Verbania", intitolato al beato Contardo Ferrini (1859-1902), che è stato tra i giuristi più apprezzati e tra i maggiori romanisti del suo tempo.

Per la sua vita virtuosa e caritatevole il Pontefice Pio XII lo indicò come modello "dell'uomo cattolico dei nostri giorni".

Proveniente da una famiglia agiata e praticante - il papà docente di fisica al Politecnico, la madre molto religiosa, sorella dell'abate Bucellati professore di diritto penale - Ferrini si dedicò intensamente agli studi e alle opere di educazione e assistenza degli altri. 

A 24 anni era già docente di diritto a Pavia; la sua carriera di cattedratico si svolgerà successivamente a Messina, Modena e infine, nel '94, ancora a Pavia

In campo scientifico sono molto conosciuti i suoi scritti; in particolare il suo trattato sul diritto penale romano che rimarrà per allievi e studiosi un testo fondamentale.

Fu consigliere comunale di Milano dal 1895 al 1899. Diede esempio di saggio amministratore e cattolico coerente. Si battè per difendere l'insegnamento della religione nelle scuole primarie.  Pubblicò libri di riflessione religiosa indicando la lotta nel quotidiano per mantenere fisso il riferimento a Dio e alle sue leggi.

Morì a soli 43 anni, colpito dal tifo.

L'organizzazione del Premio è stata  promossa dall'assessorato  alla  Cultura  della  Città  di  Verbania  e  dall'associazione  "Dignitatis  Personae"  di  Domodossola.

Nella conferenza stampa di presentazione l'assessore alla Cultura Lidia Carazzoni insieme  al  sindaco Marco  Zacchera hanno sottolineato la  volontà di ricordare  il beato Contardo Ferrini con  l'istituzione di un Premio letterario che ne riscopra l'eccezionalità dell'uomo e l'attualità del pensiero.

Tra le ragioni che hanno dato vita all'iniziativa  emerge l'intenzione di  far  crescere  un dibattito  stimolante  su  temi  attualissimi  quali  l'economia  responsabile,  la  trasformazione della famiglia,  i valori profondi dell'esistenza, prendendo spunto dalle  intuizioni  innovative di Contardo Ferrini in tema di fede, religione, politica e impegno sociale.

Ideato nel 150° anniversario della nascita del beato milanese che morì a Suna di Verbania e che aveva elevato il Lago Maggiore a luogo di studio e lavoro, il Premio debutta nel 2010 con una selezione di sei libri.

Il direttore organizzativo del Premio, Alberto Di Giglio, ha indicato negli autori Stefano  Jurgens,  Marco  Palmisano,  Felice  Serasso,  Erri  De  Luca, Andrea  Vitali  e  Michele  Giulio  Masciarelli  i  candidati al concorso.

Il nome del vincitore e la consegna del Premio avverrà in ottobre. 

Stefano  Jurgens è  in  concorso con  "Nel  cognome del padre. Viaggio nell'anima di un uomo di spettacolo", edito da Curcio nel 2009.

"La gioia di un giorno qualunque. La presenza di Dio nel mondo di oggi"  (Piemme, 2009) è l'opera con cui è in concorso Marco Palmisano.

Felice Sarasso è stato selezionato per "Carolina Beltrami. Sindacalista di Dio" (San Paolo, 2009).

È sempre del 2009, edito da Feltrinelli, il libro con cui è in gara Erri De Luca. Il titolo è "Il peso della farfalla".

Andrea Vitali è presente con "Pianoforte vendesi", pubblicato nel 2009 da Garzanti.

Michele  Giulio  Masciarelli è in concorso con  "Il  grido  di Benedetto XVI", sempre del 2009 (Tau edizioni).

Per presentare il tema in concorso che è "L'uomo in un mondo che cambia. Il contributo letterario della spiritualità cristiana", sono giunti a Verbania gli  scrittori  Magdi  Cristiano  Allam,  Rosa Alberoni e Paolo Brosio.

Nel  suo  intervento  Cristiano Allam  ha  raccontato  la  propria  esperienza di musulmano convertito  al  cristianesimo,  descritta  nel  libro  "Grazie  Gesù". 

Il  suo  percorso  -  ha  spiegato  -  è  stato  improntato  a  quei  principi  di  verità  e  giustizia  che  ne  hanno contraddistinto prima  l'attività giornalistica e, poi, quella politica. La sua scelta, così come  le  dure  prese  di  posizione  contro  l'integralismo  dei  -  come  li  chiama  lui  -  "taglialingua", gli  sono  costate numerose  fatwe che  lo obbligano a  viaggiare  con una scorta di sette persone. Ciò non ha fatto venir meno il suo impegno sociale, animato dai valori cristiani.

Rosa Alberoni ha  ripercorso  la sua storia di cristiana, dall'infanzia  vissuta  in  campagna  ai momenti  più  difficili  della  sua  vita,  quando s'è  aggrappata  a  quei  valori. 

Il  suo  intervento  ha preso spunto dalla sua ultima opera "Intrigo  al Concilio  Vaticano  II"  per mostrare quante sofferenze sono state generato dalle ideologie che hanno tentato di cancellare Dio, come dall'illuminismo, i totalitarismi del ‘900 e le teorie evoluzionistiche.

La Alberoni ha  ammonito  a  distinguere,  nella  società  come  nella  Chiesa,  tra  il bene e il male, e "per scegliere la giusta via - ha concluso -  bisogna riscoprire il Dio che si è rivelato agli uomini attraverso il figlio Gesù Cristo".

Paolo Brosio ha raccontato la sua conversione, prendendo spunto dal libro "A un passo dal baratro", in cui ha narrato la sua parabola di giornalista che ha  trovato  la  notorietà  nel  mondo  dello  spettacolo  e  che,  dopo  essere  rimasto prigioniero di quella notorietà, s'è risollevato solo grazie alla riscoperta della fede.

 

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L'impegno dell'Azione cattolica per un'Europa più solidale
Si è concluso a Cracovia il V Incontro continentale Europa Mediterraneo

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- Coltivare la passione educativa che è nel Dna dell’Azione cattolica; assumere il dialogo come atteggiamento umano e spirituale; condividere le diverse forme di povertà; approfondire il tema della comunicazione tramite i media; promuovere la scelta associativa come opzione qualificante per la cura delle relazioni: sono i cinque ambiti di impegno scelti dai rappresentanti delle associazioni di Azione cattolica di Europa e Mediterraneo nell’incontro continentale “Pane, vita, pace, libertà. Laici di Azione cattolica nelle città per un mondo più umano” conclusosi il 16 maggio a Cracovia (Polonia).

“Sono ambiti – sottolinea il Documento finale dell’incontro - che richiedono una assunzione globale della dottrina sociale della Chiesa, alla ricerca e nella costruzione del bene comune, a tutti i livelli, con gli uomini e le donne di buona volontà”.

Viene segnalata una priorità trasversale: “la trasmissione della fede alle giovani generazioni e il loro pieno coinvolgimento nella vita dell’associazione, della Chiesa e della società”.

L’assemblea, infine, ha individuato alcuni impegni concreti da realizzare nell’immediato tra i quali inviare un messaggio di solidarietà alla Conferenza episcopale della Grecia; promuovere una maggiore attenzione e collaborazione con la Conferenza degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) e il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e partecipare al cammino delle Chiese del Medio Oriente  verso il Sinodo di ottobre.

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Segnalazioni


Un convegno a Roma analizza l'"ateologia naturale"
Il 20 e il 21 maggio presso il Camillianum

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- “L'ateologia naturale. La sofferenza interpella la ragione e la fede” è l'argomento del convegno che l’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria Camillianum ha organizzato per il 20 e il 21 maggio.

“Si parla di 'ateologia naturale' a proposito della realtà del male che rende irragionevole e inaccettabile credere in Dio”, spiegano gli organizzatori in un comunicato.

“Perché Dio non fa in modo che i mali non avvengano? Se Dio è buono e onnipotente perché c’è il male nel mondo? Perché lo permette?”.

La teodicea, ricorda il testo, “interpreta il male come una necessità per realizzare il bene nel 'migliore dei mondi possibili'; il pensiero credente, pur non spiegando, aiuta a rispondere in modo esistenzialmente coinvolgente”.

Nel contesto attuale, la realtà del male “pone il problema della razionalità, del rapporto tra fede e ragione, tra credere e sapere”.

“La sofferenza critica la razionalità logico-argomentativa e si appella alla razionalità dialogante; la razionalità si 'allarga', diventa rispetto e dialogo e questo perché si fonda sulla trascendenza dialogante”.

“Non solo 'perché Dio permette il male?', ma 'come pensare Dio che permette il male?'”.

L'incontro si svolgerà presso l'Aula Magna del Camillianum (L.go O. Respighi 6, Roma).

Giovedì 20 maggio i lavori si svolgeranno dalle 15.30 alle 18.30. Dopo il saluto del Preside, il professor Luciano Sandrin m.i., la professoressa Palma Sgreccia, docente di Filosofia al Camillianum, introdurrà il convegno, la cui prima sessione avrà per tema “Come testimoniare l’amore di Dio nella sofferenza”. Il moderatore sarà il professor Eugenio Sapori m.i., docente di Teologia al Camillianum.

Alla prima sessione interverranno il professor Massimo Petrini, vicepreside del Camillianum, su “La geografia della sofferenza”, e il Preside Sandrin m.i. su “La teodicea pastorale”. Seguirà una tavola rotonda su “Creatività e sofferenza” coordinata dal professor Arnaldo Pangrazzi m.i., docente di Teologia Pastorale Sanitaria al Camillianum.

Venerdì 21 maggio, dalle 9.30 alle 12.30, si svolgerà la seconda sessione, sul tema “Come pensare Dio che permette il male”. Moderatore sarà la professoressa Palma Sgreccia.

Interverranno il professor Charles Morerod op, Rettore della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, su “È necessario 'provare' che Dio esiste? L’epistemologia riformata di Alvin Plantinga”; il professor Lubomir Zák, docente di Teologia Fondamentale alla Pontificia Università Lateranense, su “Il potere di Dio si vede nella povertà. La teodicea trinitaria di Pavel Aleksandrovic Florenskij”; il professor Marco Salvati o.p., ordinario di Teologia Dogmatica alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, su “Contro la sapienza la malvagità non può prevalere” (Sap 7,30); il professor Alessandro Di Chiara, docente di Filosofia Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Venezia, che disserterà su “Dio e la Libertà originaria. La trasfigurazione del dolore nella bellezza”.

Il Comitato scientifico è composto da José Michel Favi m.i., Massimo Petrini, Luciano Sandrin m.i. e Palma Sgreccia.

Per ulteriori informazioni: Tel. 06.32.97.495; 06.32.96.950; Fax 06.32.96.352; www.camillianum.com.

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Interviste


Il cristianesimo ha contribuito o penalizzato la civiltà?
Intervista a Francesco Agnoli, autore di "Indagine sul cristianesimo"

di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- Secondo una diffusa pubblicistica, il cristianesimo è stato causa di sventure e di calamità che hanno contraddistinto gli ultimi due millenni della storia occidentale: dall'Inquisizione alle Crociate, dalla compravendita della salvezza con le indulgenze alla lotta della Chiesa per il potere temporale.

Nonostante l'evidente contributo del cristianesimo alla nascita e allo sviluppo della cultura, dell'arte, della musica, della scienza, del diritto, vengono pubblicati articoli e libri in cui la storia della cattolicità  viene ridotta a una accozzaglia di racconti folcloristici che avrebbe tenuto l'umanità nelle tenebre della superstizione per secoli, causando discriminazioni, persecuzioni e delitti.

Per cercare di dare risposta a tutte queste accuse, e soprattutto per fornire una analisi oggettiva di quanto il cristianesimo abbia contributo allo sviluppo della civiltà, Francesco Agnoli ha scritto il libro : "Indagine sul cristianesimo. Come si costruisce una civiltà" (Piemme).

Docente di Liceo, Agnoli collabora con «Il Foglio», «Avvenire», «Il Timone», «Radici Cristiane» e Radio Maria. È autore di diverse pubblicazioni, tra le quali: Storia dell'aborto nel mondo, 1968 e La liturgia tradizionale (Fede & Cultura); Dio, questo sconosciuto e Chiesa, sesso e morale (insieme a Marco Luscia, Sugarco); Roberto Grossatesta. La filosofia della luce (ESD). Per Piemme ha già pubblicato Perché non possiamo essere atei. Il fallimento dell'ideologia che ha rifiutato Dio (2009).

Il volume racconta i tanti meriti del cristianesimo dalla protezione dell'infanzia all'abolizione della schiavitù, dalla lotta contro la magia alla rivalutazione della figura e del ruolo della donna, dall'impegno per la giustizia sociale alle lotte per i diritti di libertà e rappresentanza politica, dalla promozione all'istruzione alla fondazione degli ospedali e delle opere sociali, fino alle più recenti battaglie in favore della vita e della famiglia.

Per comprendere le ragioni di questa apologia del cristianesimo, ZENIT ha intervistato Francesco Agnoli.

Quali sono secondo lei le parole, le storie e le idee espresse  da Gesù Cristo che hanno avuto diretta influenza sullo sviluppo delle civiltà?

Agnoli: Tutta la vita di Gesù ha avuto una influenza enorme sulla nostra storia: basti pensare all'idea della Sacra Famiglia: per secoli abbiamo ritenuto che un padre, una madre e un figlio fossero la famiglia ideale. Né poligamia, né asservimento della donna, né chiusura alla vita... Dopo duemila anni di cristianesimo, oggi ci si chiede se un uomo e una donna servano a fare una famiglia o bastino due uomini; ci si chiede se la vita dei figli sia ancora sacra, o sottoposta al capriccio dei genitori... Basta guardare un quadro della Sacra Famiglia per capire cosa è umano, cosa corrisponde alla nostra natura e cosa no. Cristo ci ha insegnato anzitutto ad essere uomini veri, e come tali creature la cui dignità deriva dall'essere figli di Dio. Ci ha insegnato il valore della Verità e quello della Carità.

Oggi molti giornali parlano della Chiesa cattolica come di una banda di pedofili, ma lei sostiene che nella storia i cristiani si sono distinti per la strenua difesa dei bambini fin dal concepimento, hanno lottato contro l'infanticidio, hanno costruito scuole, orfanotrofi, ospedali... Può illustrarci il suo punto di vista?

Agnoli: La Chiesa ha inventato gli orfanatrofi, gli ospedali, il concetto stesso di dignità umana. Per quanto riguarda i bambini la nostra Fede ci insegna che Dio stesso si è fatto bambino. Questa idea ha cambiato la storia dell'infanzia: nel mondo pagano antico, ma anche oggi nel mondo non cristiano, l'uccisione dei bambini già nati era considerata lecita, normale. Nell'antica Roma il padre aveva diritto a riconoscere il figlio o meno: se non lo faceva lo abbandonava alle bestie, alla morte, oppure lasciava che fosse fatto schiavo da qualcun altro.

Il mito di Romolo e Remo e quello di Edipo ci dicono, insieme naturalmente alle fonti storiche, quanto fosse diffusa l'esposizione alla morte dei bambini, di quelli malati, di quelli non voluti, di quelli temuti per motivi di superstizione vari.  Il primo a considerare l'infanticidio un delitto sarà Costantino, l'imperatore convertito. Oggi, che la perdita della fede caratterizza sempre più la nostra società, anche la sacralità della vita si perde: penso non solo all'aumento della pedofilia in tutta la società, che data dagli anni Sessanta, cioè dalla cosiddetta rivoluzione sessuale, ma anche alla sempre maggior diffusione dell'aborto, anche agli ultimi mesi di gestazione, o all'eutanasia sui bambini in Olanda...oppure alla piaga dei divorzi, le cui vere vittime, milioni ogni anno, sono anzitutto i figli.

Quali sono secondo lei i principali contributi alla civiltà apportati dalla cultura e dalla fede cristiana?

Agnoli: Il cristianesimo ha cambiato la condizione della donna e dei bambini; ha portato il concetto di libertà: nel mondo romano più di un terzo della popolazione era schiavo, e poteva essere ucciso, marchiato a fuoco, bruciato... Ha posto fine ai giochi gladiatorii, cioè a migliaia e migliaia di persone sacrificate nei circi e nelle arene agli dei inferi e alla folla plaudente; ha sostituito i sacrifici umani, presenti in tutte le religioni del mondo, con il divino sacrificio della Messa; ha creato l'istituzione dell'ospedale; ha contribuito alla nascita delle università e del pensiero scientifico; ha generato la gran parte dell'arte di cui la nostra Italia è scrigno privilegiato...

Cosa manca alla  Chiesa oggi per far conoscere le ragioni della fede cattolica e rinnovare la società con l'umanesimo cristiano?

Agnoli: Alla Chiesa di oggi mancano certamente i santi, gli uomini innamorati di Cristo che hanno fatto la storia della nostra civiltà, benché sui libri di storia compaiano di rado. Nel mio libro narro molte di queste storie di grandezza umana, nate dall'amore per Cristo e da una visione soprannaturale della realtà. Il cristianesimo di oggi è molto poco spirituale, molto orizzontale, umano, terribilmente condizionato dalle ideologie utopiche dell'Ottocento e del Novecento. E' un cristianesimo che non appassiona perché manca spesso di slancio, di generosità, di affidamento nella Grazie e nella grandezza di Dio.

Perché nel periodo dopo il Concilio Vaticano II una parte della Chiesa cattolica sembra aver avuto paura di fare apologetica?

Agnoli: Perché si è voluto dialogare col mondo, aggiornarsi, conformarsi al mondo. Ma come diceva Chesterton il mondo non ha bisogno di una Chiesa che si muova dietro di lui e  con lui, ma di una Chiesa che muova il mondo, lo vivifichi e lo sproni: al Bene, al Vero, all'unico fine dell'uomo che è la salvezza eterna.

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La predica del Venerdì Santo di Cantalamessa: un passo indietro o avanti?

ROMA, martedì, 18 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito un articolo scritto da padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., Predicatore della Casa Pontificia, in merito alle polemiche suscitate dalla sua predica di quest'anno per la celebrazione della Passione del Signore.




* * *

Passato il clamore seguito alla mia predica del Venerdì Santo in San Pietro, in presenza del papa, vorrei chiarire quali erano le mie intenzioni nel pronunciare le frasi incriminate dell’omelia, perché l’incidente non noccia al dialogo ebreo-cristiano, ma piuttosto lo incoraggi, e anche per mostrare che la reazione del mondo ebraico non è stata dappertutto la stessa.

Approfittando del fatto che quest’anno la Pasqua ebraica cadeva nella stessa settimana della Pasqua cristiana, avevo deciso di far giungere agli ebrei un saluto da parte dei cristiani, proprio dal contesto del Venerdì Santo che è stato sempre, per loro, occasione di comprensibile sofferenza. Tanto più che il tema centrale della predica era contro la violenza e, di essa, il popolo ebraico molta esperienza lungo i secoli. Già in passato, del resto, nel 1998, in una coincidenza analoga tra Pasqua ebraica e Pasqua cristiana, avevo dedicato tutta la predica del Venerdì Santo a mettere in luce le radici dell'antisemitismo cristiano, unendomi alla richiesta di perdono, lanciata in quel tempo al mondo ebraico dal papa Giovanni Paolo II. La stampa, anche ebraica, diede ampio risalto a quel discorso.

Pochi giorni prima del Venerdì Santo, mi è giunta la lettera di un amico ebreo italiano (la lettera esiste davvero, non è una mia finzione letteraria!); egli paragonava a certi aspetti dell’antisemitismo i continui attacchi alla Chiesa e al papa, in particolare l’uso dello stereotipo e il passaggio dalla responsabilità individuale a quella collettiva nel caso della pedofilia del clero. Ho deciso allora, dietro consenso dell’interessato, di citarla nella predica perché mi sembrava un gesto di grande nobiltà da parte di un ebreo, esprimere, in un momento come questo, la sua solidarietà con il capo della Chiesa cattolica, un gesto che, ritenevo, avrebbe incoraggiato i cristiani a fare altrettanto, in circostanze simili, nei confronti del popolo ebraico.

Né io né l’amico ebreo pensavamo minimamente all’antisemitismo della Shoa, ma all’antisemitismo come atteggiamento culturale, che è ben più antico e più diffuso della Shoa. L’antisemitismo, per esempio dell’affare Dreyfus, o quello che consiste nel far ricadere su tutto il popolo ebraico, anche attuale, la responsabilità della morte di Cristo. (Caso tipico,appunto, di passaggio dalla responsabilità individuale a quella collettiva!).

Così inteso, il paragone non mi sembrava così assurdo come si è voluto far credere. Poche settimane prima, un giornalista laico, Ernesto Galli della Loggia, sulla prima pagina del “Corriere della sera”, aveva denunciato il diffondersi, nella cultura moderna, di un vero e proprio “anticristianesimo”. Sono molti, del resto, a pensare che più che da amore e pietà per le vittime della pedofilia, la campagna dei media sia mossa da volontà di mettere in ginocchio la Chiesa. Qualcosa che ricorda l’ “Ecrasez l’infame” di Voltaire. L’ex sindaco di New York, Ed Koch, in un articolo del “The Jerusalem Post”, ha scritto: “Credo che i continui attacchi da parte dei media alla Chiesa Cattolica e a Papa Benedetto XVI siano diventate manifestazioni di anti-cattolicesimo. La sequela di articoli sugli stessi eventi non ha più, a mio parere, lo scopo di informare, ma semplicemente di punire”.

Questo non significa minimamente tacere o sottovalutare la gravità dei casi di pedofilia del clero. In quella stessa omelia parlavo, anche se non era il tema principale del discorso, della “violenza sui bambini di cui si sono sciaguratamente macchiati non pochi membri del clero”. In una predica alla Casa Pontificia dell’Avvento 2006 avevo addirittura proposto di indire un giorno di digiuno e di penitenza per esprimere solidarietà alle vittime della pedofilia, una proposta che ebbe larga eco nella stampa.

Come ha potuto dunque, da queste premesse ben intenzionate, svilupparsi una tempesta mediatica delle proporzioni che conosciamo? Lo ha spiegato un rabbino ebreo, una settimana dopo l’incidente, sul più diffuso quotidiano di Israele, “The Jerusalem Post” (11.04.2010), in un articolo intitolato “Siamo dei cattivi ascoltatori”. Vale la pena riassumerne alcuni passaggi perché mostrano come, intesa correttamente, la mia predica non costituisce un passo indietro nel dialogo tra ebrei e cristiani, ma un passo avanti.

Devo pensare, scrive il rabbino Alon Goshen Gottstein, che nessun portavoce ebreo che ha criticato l’affermazione del predicatore ha mai letto la sua omelia. Essi molto probabilmente hanno reagito a un giornalista che chiedeva un commento su una certa frase, e hanno dato una risposta in merito a quella frase. I giornalisti, estrapolando una citazione da un testo più lungo, fissano i termini del problema, i portavoce ebrei rispondono, ne nasce una storia, si crea uno scandalo…

Uno sguardo a ciò che il predicatore francescano ha realmente detto racconta una storia diversa, di cui il minimo che si possa dire è che dissipa l’impressione negativa generata dalle frasi che hanno fatto i titoli dei giornali. L’omelia del Venerdì Santo è stata per secoli il momento più temuto dagli ebrei. Dopo aver ascoltato tale omelia, la folla usciva per le strade e gli ebrei temevano per la loro vita. Le rappresentazioni teatrali della Passione del Venerdì Santo erano fonte costante di violenza contro i giudei...Con questo retroscena, sorprende notare ciò che Padre Cantalamessa ha fatto di questa occasione. Egli usa questo momento nella basilica di San Pietro, in presenza del papa, per augurare “Buona festa di Pasqua” agli ebrei! Ma il predicatore non si ferma qui: saluta noi ebrei con parole prese dalla Mishna, citate nell’Hagadda, il più popolare dei testi giudaici. Pensare agli ebrei come fratelli di fede durante la liturgia papale del Venerdì Santo è il frutto di decenni di lavoro nel campo delle relazioni giudeo-cristiane. Che questo abbia potuto essere detto così naturalmente e quasi a caso, questa è la vera notizia…

Non abbiamo colto tutto questo perché abbiamo notato solo il paragone tra i violenti attacchi contro la Chiesa e quelli perpetrati con gli ebrei. E anche in questo caso abbiamo omesso di ascoltare per intero la voce dell’ebreo citato dal Padre francescano. “C’è solo una risposta appropriata a tutto ciò: riconoscimento del significato sereno e profondo di quanto accaduto e dire: Grazie, P. Cantalamessa!”

P. Cantalamessa ha fatto le dovute scuse, ma anche noi dobbiamo esprimere le nostre scuse per aver mancato di ascoltare il messaggio come fu pronunciato, per aver permesso ai media di creare una falsa storia, ignorando quella vera. La battaglia contro le presentazioni selettive e superficiali del nostro messaggio religioso è una battaglia comune, nella quale le voci delle persone pensose di tutte le religioni devono collaborare. “Il tema dell’omelia del predicatore era contro la violenza. Questi ultimi fatti ci hanno mostrato come anche il cattivo ascolto può essere fonte di violenza”.

Alla voce del rabbino di Gerusalemme si è unita quella di Guido Guastalla, assessore alla cultura della comunità ebraica di Livorno, in un articolo pubblicato da “Cultura cattolica” e riassunto ne “L’Osservatore Romano” del 19 Aprile 2010. A causa della mia predica, una parte dell’opinione pubblica e della stampa italiana ha promosso, nei giorni dopo Pasqua, una campagna per sospendere la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione che l’Università di Macerata aveva da tempo decretato di conferirmi. È stata di nuovo una ebrea, la docente di biologia Marisa Levi, il cui padre aveva perso l’insegnamento al tempo del fascismo, a prendere le mie difese. In una lettera di sostegno al Rettore, notava: “Il fatto che fossero state scritte da un ebreo rendeva molto più significative quelle parole di solidarietà al Papa, citate da padre Cantalamessa. Al di là di questo caso specifico, sono molto preoccupata da un sistema di informazione che, a partire da parole chiave appositamente scelte e staccate dal contesto, le diffonde con rapidità estrema, senza sapere cosa la persona ha detto veramente”.

Spero che questa nota serva a rassicurare tanti miei lettori o ascoltatori sparsi nel mondo, sconcertati da ciò che hanno letto o ascoltato nei media, e soprattutto a convincere gli amici ebrei che i miei sentimenti nei loro confronti non sono cambiati e che hanno, nel predicatore della Casa Pontificia, un promotore, non un nemico del dialogo con loro.

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