giovedì 14 gennaio 2010

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Servizio quotidiano - 14 gennaio 2010

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Benedetto XVI: persona e bene comune, pilastri dell'azione politica
Nell'udienza agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- L'attenzione alla persona e la ricerca del bene comune, al di là di egoismi e particolarismi, devono essere i due cardini attorno a cui ruota ogni azione politica. Lo ha detto Benedetto XVI ricevendo questo giovedì mattina, in Vaticano, gli amministratori della Regione Lazio, del Comune di Roma e della Provincia di Roma.

La persona umana ha sottolineato il Papa “è al centro dell'azione politica e la sua crescita morale e spirituale deve essere la prima preoccupazione per coloro che sono stati chiamati ad amministrare la comunità civile”.

Inoltre, ha aggiunto, “è fondamentale che quanti hanno ricevuto dalla fiducia dei cittadini l'alta responsabilità di governare le istituzioni avvertano come prioritaria l'esigenza di perseguire costantemente il bene comune”.

Esprimendo quindi apprezzamento per gli sforzi compiuti dalle amministrazioni locali in favore delle fasce più deboli, il Pontefice ha quindi posto l'accento sulla necessità di fare della famiglia, in particolare delle famiglie numerose, “il principio ispiratore di ogni vostra scelta”, come “nella realizzazione dei nuovi insediamenti della città, perché i complessi abitativi che vanno sorgendo non siano solo quartieri dormitorio”.

Per questo, ha proseguito, è opportuno che “siano previste quelle strutture che favoriscono i processi di socializzazione”, evitando “la chiusura nell'individualismo” dannosa per ogni convivenza umana.

Il Santo Padre ha poi fatto riferimento alla costruzione delle nuove parrocchie, “che oltre ad essere punti di riferimento per la vita cristiana, svolgono anche una fondamentale funzione educativa e sociale” e all’apertura degli “oratori dei piccoli”, dove i bambini possono giocare serenamente mentre i genitori sono al lavoro.

Dal Papa anche un appello perché le strutture sanitarie siano gestite con attenzione e responsabilità, con competenza professionale e con spirito di dedizione generosa verso i malati.

Non è mancato quindi un accenno alla necessità e all'urgenza “di aiutare i giovani a progettare la vita sui valori autentici, che fanno riferimento ad una visione 'alta' dell’uomo e che trovano nel patrimonio religioso e culturale cristiano una delle sue espressioni più sublimi”.

“Oggi - ha detto - le nuove generazioni chiedono di sapere chi sia l'uomo e quale sia il suo destino e cercano risposte capaci di indicare loro la strada da percorrere per fondare l’esistenza sui valori perenni”.

“In particolare, nelle proposte formative circa i grandi temi dell'affettività e della sessualità, così importanti per la vita, occorre evitare di prospettare agli adolescenti e ai giovani vie che favoriscono la banalizzazione di queste fondamentali dimensioni dell'esistenza umana”.

“A tale scopo, la Chiesa chiede la collaborazione di tutti, in particolare di quanti operano nella scuola, per educare a una visione alta dell’amore e della sessualità umana”, ha concluso.

Nel suo indirizzo di saluto all'inizio dell'udienza, il Vicepresidente della Regione Lazio, Esterino Montino, ha riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dalla Chiesa nel sociale ed ha rivelato che la Regione ha reso “operativa la legge sugli oratori: nel 2009, le risorse erogate ammontano a 5 milioni di euro. Fra il 2006 e il 2008, abbiamo finanziato 394 progetti. Altri 650 sono al vaglio di una commissione appositamente costituita”.

Dal canto suo, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno ha illustrato i progetti offerti dalla capitale come il Centro Benedetto XVI a Monte Mario destinato ai giovani disagiati e in difficoltà, e l'Osservatorio per le libertà religiose volto a contrastare i gesti di intolleranza, ed ha ribadito il suo impegno contro violenze e illegalità.

Infine il Presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, ha indicato come priorità la lotta “alla povertà e all'esclusione sociale”, denunciando la crescita delle disuguaglianze, della precarietà nel lavoro, del degrado urbano, ed ha indicato nell' “inclusione sociale, nell'integrazione culturale e nella solidarietà la chiave fondamentale per la crescita complessiva della società”.

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Il Pontificio Consiglio "Cor Unum" organizza l'assistenza cattolica ad Haiti
Chiede all'agenzia umanitaria dei Vescovi USA di coordinare gli sforzi

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Il Pontificio Consiglio “Cor Unum” ha chiesto all'agenzia umanitaria internazionale dei Vescovi degli Stati Uniti, il Catholic Relief Services (CRS), di coordinare in questa fase gli sforzi di assistenza alle vittime del terremoto che ha devastato Haiti questo martedì.

Lo spiega, in un comunicato pubblicato questo giovedì dalla Sala Stampa della Santa Sede, lo stesso organismo vaticano dedicato a coordinare le iniziative delle istituzioni caritative cattoliche.

Secondo il testo del Pontificio Consiglio, istituito da Papa Paolo VI nel 1971, “il personale già sul posto, che conta più di 300 membri attivi da tempo in Haiti, l'esperienza passata, le capacità e le risorse di CRS, permetteranno pronto ed efficace coordinamento degli sforzi della Chiesa”.

Questi sforzi, ricorda “Cor Unum” citando Benedetto XVI, “devono essere generosi e concreti per venire incontro alle pressanti necessità dei nostri fratelli e sorelle in Haiti”.

Il comunicato sottolinea che, durante l'Udienza generale di questo mercoledì, il Papa ha rivolto un appello all'assistenza spirituale e materiale dopo il catastrofico sisma.

“La Chiesa cattolica non mancherà di attivarsi immediatamente tramite le sue istituzioni caritative per venire incontro ai bisogni più immediati della popolazione”, ha detto il Santo Padre.

Il testo del dicastero vaticano ricorda che “come in passato per altre tragedie di questo tipo, i cattolici sono già presenti con la loro assistenza concreta”.

“Diverse agenzie cattoliche sono all'opera e inviano personale, che è particolarmente richiesto in maniera urgente”.

Il CRS è attivo ad Haiti da più di 55 anni e questo martedì sera ha già assunto un impegno immediato di mobilitare cinque milioni di dollari per far fronte all'emergenza, fornendo ad esempio cibo, kit igienici, zanzariere e tavolette per rendere potabile l'acqua.

I rappresentanti del CRS hanno riconosciuto la difficoltà dal punto di vista delle comunicazioni e dei trasporti ad Haiti e si sono impegnati a “lavorare duramente per portare aiuto a queste persone che hanno sofferto tanto”.

Tra le necessità più urgenti in questo momento figurano la ricerca e il salvataggio delle persone rimaste intrappolate sotto le macerie, l'assistenza ai feriti, la sicurezza alimentare e idrica e la creazione di rifugi per i senzatetto.



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Il Museo Ebraico di Roma, il primo ad essere visitato da un Papa
Presentata alla stampa la mostra "Et ecce gaudium", che si inaugurerà domenica

di Carmen Elena Villa

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Domenica prossima, oltre alla Sinagoga di Roma, Benedetto XVI visiterà il Museo Ebraico. E' la prima volta nella storia della Chiesa che un Papa visita un museo ebraico.

Per l'occasione, l'istituzione ha organizzato la mostra “Et ecce gaudium”, sugli ebrei romani e la cerimonia di elezione dei Pontefici, che si aprirà domenica 17 gennaio durante la visita del Papa alla Comunità ebraica romana e rimarrà aperta fino all'11 marzo.

La mostra è stata presentata questo giovedì nel corso di una conferenza stampa realizzata nel Museo Ebraico di Roma.

L'esposizione contiene preziosi oggetti medievali con cui la comunità ebraica dava il benvenuto a un nuovo Pontefice, riconoscendolo come Vescovo della Città Eterna.

Durante il Medioevo, ogni Papa, dopo essere stato eletto, compiva una solenne cavalcata che andava dal Vaticano alla Basilica di San Giovanni in Laterano.

La Comunità ebraica era incaricata di decorare una parte del percorso della processione: dall'Arco di Tito al Colosseo. Gli ebrei lo adornavano con tappeti, tessuti preziosi che si realizzavano con un fondo di grandi tavole decorate con figure simboliche e pergamene su cui erano stati scritti alcuni motti e delle citazioni bibliche.

Sono questi gli oggetti che verranno esposti nel Museo attiguo alla Sinagoga di Roma per illustrare un capitolo importante delle relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunità ebraica.

Alcune pergamene sono ancora conservate. Si tratta di quelle che davano il benvenuto a Pontefici come Clemente XII (1730), Benedetto XIV (1740) Clemente XIII (1758), Clemente XIV (1769) e Pio VI (1755).

L'archivio della Comunità ebraica di Roma è stato dichiarato nel 1981 di “notevole interesse storico” da parte del Ministero italiano dei Beni Culturali e Ambientali. Conserva soprattutto documenti che vanno dall'inizio del XVI secolo agli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.

“Papa Benedetto XVI è il primo Pontefice a visitare un museo ebraico, così come il Museo Ebraico di Roma è il primo museo ebraico a essere visitato da un Papa. E' quindi un grandissimo onore per il nostro museo, e con questo si aprono per noi le celebrazioni del cinquantenario”, ha detto durante la conferenza stampa la direttrice dell'istituzione, Daniela Di Castro.

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La prova vivente della rete clandestina di aiuti agli ebrei di Pio XII
Intervista a uno dei suoi membri, don Giancarlo Centioni

di Jesús Colina



ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Alcuni settori dell'opinione pubblica hanno chiesto nelle ultime settimane prove concrete degli aiuti offerti da Pio XII agli ebrei durante la persecuzione nazista. Il sacerdote italiano Giancarlo Centioni, di 97 anni, è la prova vivente, perché è l'ultimo membro in vita della rete clandestina creata da Papa Pacelli.

Dal 1940 al 1945 è stato Cappellano militare a Roma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e ha vissuto in una casa di sacerdoti tedeschi della Società dell'Apostolato Cattolico - Padri Pallottini -, che l'hanno coinvolto nella rete di salvataggio.

“Siccome ero Cappellano fascista, era più facile aiutare gli ebrei”, ha dichiarato spiegando i motivi per i quali venne scelto per partecipare a questa rischiosa operazione.

“I miei colleghi sacerdoti pallottini, venuti da Amburgo, avevano fondato una società che si chiamava 'Raphael's Verein' (società di San Raffaele), che era stata istituita per l'aiuto agli ebrei”, ha rivelato.

Uno degli obiettivi della rete consisteva nel permettere la fuga dalla Germania, attraverso l'Italia, verso la Svizzera o Lisbona (Portogallo), motivo per il quale la rete contava su alcuni uomini in ciascuno di questi quattro Paesi. Con il tempo, ne fecero parte anche alcuni ebrei.

In Germania, ricorda don Centioni, la società era guidata da padre Josef Kentenich, conosciuto in tutto il mondo come il fondatore del Movimento apostolico di Schönstatt. Questo sacerdote pallottino venne poi fatto prigionero e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau fino alla fine della guerra.

“A Roma, in Via Pettinari 57, il capo di tutta questa attività era padre (Anton) Weber, il quale aveva un contatto diretto con Pio XII e la Segreteria”, ha spiegato il sacerdote.

Una delle principali attività della rete consisteva nel consegnare passaporti e soldi alle famiglie ebree perché potessero fuggire.

“Il denaro e i passaporti venivano dati da padre Anton Weber e venivano consegnati alle persone. Però lui li otteneva direttamente [nel video dell'intervista si può constatare come il sacerdote sottolinei la parola 'direttamente'] dalla Segretaria di Stato di Sua Santità, per nome e conto di Pio XII”.

“Con me hanno aiutato almeno 12 sacerdoti tedeschi a Roma”, prosegue il sacerdote, spiegando che la rete ricevette un aiuto decisivo anche da parte della Polizia italiana, in particolare dal vicequestore di Mussolini, Romeo Ferrara, che lo informava sul luogo in cui si trovavano le famiglie ebree alle quali doveva portare i passaporti, “anche di notte”.

Tra coloro che padre Centioni aiutò a Roma c'è ad esempio la famiglia Bettoja, ebrea, proprietaria di alcuni alberghi della città.

Il poliziotto lo mandò di notte a casa loro vestito da Cappellano militare italiano, perché i soldati tedeschi non lo arrestassero.

Il sacedote ricorda nitidamente la paura e la difficoltà dell'operazione, data anche la diffidenza della famiglia che doveva aiutare.

“Ho bussato, ma non volevano aprire. Alla fine dico: 'Guardi, io sono un sacerdote, un Cappellano, vengo per aiutarvi, per portarvi un lasciapassare'”.

“'Lo giuri', ha risposto una voce dall'altra parte della porta. 'Lo giuro, eccomi qua, mi potete vedere attraverso l'occhiolino'”.

Il sacerdote venne ricevuto dalla signora Bettoja con i bambini.

“Ho detto: 'Prima delle 7 andate via di casa con la vostra macchina, perché alla 7 dalla frontiera del Lazio potete andare a Genova'. Fuggirono e si salvarono. E' una delle tante famiglie”.

Gli interventi della rete iniziarono già prima dell'invasione tedesca in Italia, ha ricordato padre Centioni, e durarono, “almeno per quanto ne so io, anche dopo il '45, perché i rapporti di padre Weber con il Vaticano e gli ebrei erano molto vivi”.

“Tanta brava gente”, dice, pensando soprattutto alle famiglie ebree.

“Tra quelli che ci hanno poi aiutato ci sono stati due ebrei che abbiamo nascosto: un letterato, (Melchiorre) Gioia, e un grande musicista compositore di Vienna del tempo, che scriveva le canzoni e faceva le operette, Erwin Frimm”.

Il sacerdote li nascose in alcune case di Roma, soprattutto nella sua residenza religiosa di Via Pettinari 57.

“E loro ci hanno aiutato molto dando indicazioni precise”, ha riconosciuto. A volte questo lavoro comportava il rischio della propria vita, come il sacerdote ha potuto ben presto verificare.

“Ho aiutato Ivan Basilius, una spia russa, che io non sapevo fosse russo o spia; era ebreo. Purtroppo le SS lo arrestarono e nel taccuino c'era il mio nome. Allora, apriti cielo! Mi chiamò la Santa Sede, Sua Eccellenza Hudal [alto e influente prelato tedesco a Roma], e mi disse: 'Venga qua, perché vengono le SS ad arrestarla'. 'E che ho fatto?', chiesi. 'Lei ha aiutato una spia russa'. 'Io? Che ne so? Chi è?'. Allora sono fuggito”.

Don Centioni, come Cappellano, conobbe l'ufficiale tedesco Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma e autore dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono assassinati 335 italiani, tra cui molti civili ed ebrei.

“Durante il periodo tedesco, dopo che a marzo fecero la carneficina [alle Fosse Ardeatine], dissi a Kappler, che vedevo spesso: 'Perché non ha chiamato i Cappellani militari alle Fosse Ardeatine?'. 'Perché li avrei eliminati e avrei eliminato anche lei'”, rispose l'ufficiale nazista.

Don Centioni assicura che le centinaia di persone che ha potuto aiutare erano a conoscenza di chi c'era dietro tutto questo, per questo motivo insiste: “Li aiutava Pio XII, attraverso noi sacerdoti, attraverso la 'Raphael's Verein'”.

L'intervista è stata concessa a ZENIT e all'agenzia multimediale www.h2onews.org, che l'ha pubblicata questo giovedì.

Il caso di don Centioni è stato scoperto e analizzato, comparando altre testimonianze, dalla Pave the Way Foundation (http://www.ptwf.org), creata dall'ebreo di New York Gary Krupp.

Di questa intervista ha potuto dare fede l'avvocato italiano Daniele Costi, presidente della Fondazione in Italia.

Il racconto trova riscontro documentale nella decorazione concessa dal Governo polacco in esilio a don Centioni (croce d'oro con due spade, “per la nostra e la vostra libertà”).

Il sacerdote cita inoltre le manifestazioni di gratitudine che ha ricevuto da parte di alcuni degli ebrei aitutati: i signori Zoe e Andrea Maroni, il professor Melchiorre Gioia, il professor Aroldo Di Tivoli, le famiglie Tagliacozzo e Ghiron, i cui figli poterono salvarsi, raggiungendo gli USA, con passaporti di fortuna procurati loro tramite il Vaticano.

[Per vedere l'intervista: www.h2onews.org]





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Programma della visita del Papa alla Comunità ebraica di Roma
Previsto un omaggio alle vittime delle persecuzioni
di Anita S. Bourdin

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Durante la sua visita, prevista per domenica 17 gennaio, alla grande Sinagoga di Roma per un incontro con la comunità ebraica, Benedetto XVI renderà omaggio alle vittime della persecuzione nazista deportate nell'ottobre 1943 e morte nella Shoah.

La retata venne ordinata dal comandante delle SS della Roma occupata, Herbert Kappler, su richiesta di Berlino. Più di mille ebrei romani vennero arrestati e deportati nei campi di concentramento. Solo 16 persone, tra cui un'unica donna, tornarono dall'inferno.

Il Papa renderà anche omaggio alla memoria di un bambino morto durante l'attentato terroristico del 1982 contro la Sinagoga di Roma, attacco severamente condannato da Giovanni Paolo II il giorno dopo (il 10 ottobre) dopo l'Angelus.

Benedetto XVI inaugurerà anche un'esposizione che rimarrà aperta al pubblico fino all'11 marzo, intitolata "Et Ecce gaudium".

Si tratta di 14 stampe del XVIII secolo realizzate dalla comunità ebraica di Roma per l'incoronamento di diversi Papi: Clemente XII (1730), Clemente XIII (1758), Clemente XIV (1769) e Pio VI (1775). Le rappresentazioni sono state trovate negli archivi storici della Comunità ebraica di Roma.

La "Radio Vaticana" ha pubblicato il programma della visita del Pontefice alla Comunità ebraica:

Ore 16.15: partenza dal Vaticano

Ore 16.25: arrivo a Largo XVI Ottobre, al famoso Portico d'Ottavia, nel ghetto. Il Papa sarà accolto da Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, e da Renzo Gattegna, presidente delle Comunità ebraiche d'Italia. E' previsto che deponga dei fiori davanti alla lapide che commemora la deportazione del 16 ottobre 1943.

Ore 16.30: il Papa si incamminerà per Via Catalana, verso la Sinagoga. Si fermerà davanti alla lapide che ricorda l'attentato del 9 ottobre 1982, sul luogo dove morì il piccolo Stefano Taché, di due anni. Più di 30 persone che uscivano in quel momento dalla Sinagoga rimasero ferite. Il Papa sarà ricevuto ai piedi della scalinata dal Gran Rabbino, Riccardo Di Segni. Durante l'ingresso nella Sinagoga, il coro canterà il Salmo 126. Il Pontefice attraverserà il corridoio centrale e si dirigerà verso la tribuna. Prima di salirvi, saluterà alcune autorità civili presenti. A destra siederanno i membri cattolici e quelli ebraici della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, a sinistra i membri del seguito papale. Il Papa e il Rabbino siederanno al centro.

Ore 17.00: accoglienza di Benedetto XVI con tre indirizzi di saluto: saluto del presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici; saluto del presidente delle Comunità ebraiche d'Italia, Renzo Gattegna;saluto del Gran Rabbino, Riccardo Di Segni. Il coro intonerà il salmo 133. Discorso del Papa. Scambio di doni. Il coro intonerà l'inno di professione della fede "Anì Maamin".

Ore 17.35 : conclusione dell'incontro ufficiale nella grande Sinagoga. Il Papa e il Gran Rabbino usciranno per incontrarsi in privato in una sala contigua alla Sinagoga. Il coro canterà durante l'uscita.

Ore 17.45: il Papa e il Gran Rabbino usciranno nel giardino della Sinagoga, passeranno davanti all'ulivo piantato per ricordare la visita e scenderanno nel Museo ebraico di Roma. Inaugurazione dell'esposizione "Et Ecce gaudium".

Ore 18.00: nella sinagoga spagnola (nel sottosuolo della grande Sinagoga) il Papa incontrerà alcuni rappresentanti della Comunità ebraica.

Ore 18.15: il Pontefice lascerà la Sinagoga, tornando in Vaticano verso le 18.30.

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Anno Sacerdotale


Stati Uniti: la Chiesa propone "Dieci cose per promuovere le vocazioni"
Iniziativa del direttore dell'Ufficio per il Clero, la Vita Consacrata e le Vocazioni

di Roberta Sciamplicotti

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Dal 10 al 16 gennaio, la Chiesa cattolica negli Stati Uniti celebra la Settimana Nazionale per la Consapevolezza Vocazionale. Per incoraggiare i cattolici a promuovere le vocazioni, padre David Toups, direttore ad interim dell'Ufficio per il Clero, la Vita Consacrata e le Vocazioni della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB), presenta “Dieci cose” che i cattolici possono fare per promuovere le chiamate al sacerdozio e alla vita religiosa.

I primi cinque passi sono diretti a tutti i cattolici, gli altri sono essenzialmente un invito ai giovani cattolici a dire “sì” a una vocazione religiosa.

Quanto alle piste per tutti i cattolici, padre Toups invita in primo luogo a “pregare per un aumento delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”, proseguendo con l'invitare a “insegnare ai giovani come pregare”.

“Papa Benedetto XVI ha dichiarato che se non si insegna ai nostri giovani come pregare non sentiranno mai Dio che li chiama a una relazione più profonda con Lui e nel discepolato della Chiesa”, ha osservato.

Il terzo punto sottolineato dal presbitero è la necessità di “invitare giovani e adolescenti attivi a prendere in considerazione una vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata”, che è poi necessario, prosegue nella quarta pista, “rendere attraente”, mostrando “il sacerdozio per ciò che è realmente – una chiamata ad essere un padre spirituale per l'intera famiglia della fede”.

Allo stesso modo, aggiunge, “la vita consacrata per una ragazza è una chiamata ad essere uniti a Cristo in un modo unico, e ad essere una madre spirituale per quanti incontra nella sua vita e nel suo servizio”.

“La sfida per i sacerdoti e le religiose è essere modelli gioiosi delle loro vocazioni”, ha sottolineato.

I religiosi sono quindi invitati a predicare la vocazione, della quale “bisogna parlare regolarmente se si vuole che una 'cultura vocazionale' getti radici in case e parrocchie”.

Suggerimenti per i giovani in discernimento vocazionale

Padre Toups dedica gli ultimi cinque punti di “Dieci cose che promuovono le vocazioni” ai giovani in discernimento, invitandoli come prima cosa a “praticare la fede”. “Tutti abbiamo bisogno che ci venga ricordato come l'obiettivo della nostra vita sia crescere in una relazione profonda, intima e amorevole con Dio. E' il primo passo che deve compiere ogni giovane che desidera discernere una qualsiasi chiamata nella sua vita”.

E' poi necessario “entrare nel Silenzio”, “chiave per la sanità e la completezza”. “Possiamo 'sentire' la voce di Dio solo se stiamo in silenzio”, spiega il sacerdote. “La gente dovrebbe provare a trascorrere ogni giorno 15 minuti di tranquilla preghiera – è lì che si può iniziare a ricevere ua chiara indicazione per la vita”.

I giovani sono poi invitati ad essere “buoni discepoli”, prosegue, sottolineando che “i ragazzi possono diventare veri seguaci di Gesù Cristo servendo chi li circonda”.

“Scoprendo la vostra chiamata al discepolato, scoprite anche la vostra chiamata particolare all'interno della Chiesa”.

“Chiedete a Dio cosa vuole dalla vostra vita e sappiate che Egli vuole solo ciò che è bene per voi”, dice ai giovani padre Toups nel non punto. “Se infatti siete chiamati al sacerdozio o alla vita consacrata, questa sarà la via verso la gioia e la soddisfazione”.

“Se sentite che Dio vi sta invitando a 'provarci', fate domanda in seminario o in un ordine religioso – conclude il sacerdote –. Ricordate, il seminario o il convento è un luogo di discernimento. Non sarete ordinati o non vi verrà chiesto di professare i voti per molti anni, ma vi sarà data un'ampia opportunità di esplorare la possibilità di una chiamata al sacerdozio o alla vita religiosa”.

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Notizie dal mondo


Caritas Haiti: "il peggior disastro" vissuto dal Paese
Parla il responsabile per le emergenze

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- “Questo è il peggior disastro che ha vissuto Haiti”, afferma Joseph Jonides Villarson, responsabile per le emergenze di Caritas Haiti, descrivendo la situazione che vive il Paese dopo il devastante terremoto del 12 gennaio.

“A Port-au-Prince sono morte molte persone. I loro cadaveri giacciono ovunque nelle vie della capitale. Molta gente è ancora intrappolata sotto le macerie. Gli ospedali sono stracolmi di morti e feriti. Il rischio di epidemie è altissimo”, spiega in un comunicato inviato alla rete internazionale Caritas attraverso la posta elettronica, l'unica via di comunicazione attualmente possibile nell'isola.

“Le vie e le piazze della città – prosegue il messaggio del responsabile per le emergenze della Caritas haitiana – sono piene di gente che non sa dove andare. Temiamo che inizino a verificarsi episodi di violenza se questa situazione si prolungherà, visto che la presenza della polizia è appena visibile”.

“Il presidente di Caritas Haiti, il Vescovo Pierre André Dumas, ha rivolto via radio un appello alla calma e alla solidarietà – rivela il testo –. Le necessità più urgenti sono tende da campo, coperte, vestiti, acqua potabile, cibo, prodotti di base, lampade e batterie, oltre al sostegno psicologico alle vittime”.

Secondo quanto confermano i brevi rapporti di Caritas Haiti, la situazione di caos che si vive in tutto il Paese è assoluta, soprattutto per il collasso delle comunicazioni telefoniche e della maggior parte delle vie terrestri.

Come ha spiegato il direttore della Caritas diocesana di Cayes, Jean Hervé Francois, in un altro messaggio elettronico, “la rete Caritas ad Haiti è totalmente collassata. Ci passiamo l'un l'altro le notizie per questa via”.

Questo mercoledì, il personale locale di Caritas Haiti ha proceduto alla distribuzione di tende e prodotti di prima necessità in vari ospedali e cliniche della capitale.

Caritas Haiti dispone di varie scorte di aiuti umanitari e di un'importante équipe di volontari che si stanno incaricando di aiutare le vittime del sisma. Nelle prossime ore, a tutto questo personale volontario si unirà una squadra di esperti in emergenze di Caritas Internationalis, che sosterranno sul luogo il piano d'emergenza.

Appello alla mobilitazione

Il presidente di Caritas Internationalis, il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, ha rivolto un appello alla comunità internazionale perché “unisca tutti i suoi sforzi per aiutare” Haiti.

“E' un Paese molto povero che ha bisogno di tutto il nostro sostegno”, ha segnalato il porporato, che ha anche ricordato come “avvertiamo da tempo della mancanza di sviluppo ad Haiti, della sua estrema povertà e di come la precarietà delle infrastrutture rendeva il Paese più vulnerabile di fronte ai disastri naturali”.

Il Cardinale Rodríguez Maradiaga afferma che “ora che uno dei Paesi più poveri del mondo si trasformerà nel centro di attenzione dei mezzi di comunicazione e nella priorità dell'azione umanitaria come risultato di questa catastrofe naturale, è possibile che nascano finalmente le soluzioni e gli impegni necessari per alleviare la miseria degli haitiani e la povertà strutturale di questa Nazione”.

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Vescovi d'Occidente in Terra Santa: la pace ha bisogno di coraggio politico
Visita annuale del Coordinamento delle Conferenze Episcopali di Europa e America

GERUSALEMME, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi del Coordinamento delle Conferenze Episcopali di Europa e America a Sostegno della Chiesa in Terra Santa hanno chiesto questo giovedì coraggio politico per raggiungere la pace nella regione.

L'appello è stato lanciato attraverso un comunicato stampa pubblicato dopo il loro decimo incontro annuale con gli ordinari cattolici in Terra Santa, che in questa occasione ha riunito per cinque giorni - fino a questo giovedì - 26 presuli e rappresentanti.

“Esortiamo tutti a sostenere i funzionari pubblici che prendono iniziative coraggiose per una soluzione giusta del conflitto – una soluzione a due Stati con sicurezza e riconoscimento per Israele e uno Stato possibile e indipendente per i palestinesi”, segnala il comunicato.

“Per noi – sottolineano i Vescovi – non si tratta solo di politica; è una questione di diritti umani fondamentali”.

“Nonostante le ferite di questa terra, l'amore e la speranza sono vivi – aggiungono –. La pace con la giustizia è ottenibile, ma i leader politici e tutte le persone di buona volontà hanno bisogno di coraggio per raggiungerla”.

Il rappresentante della Conferenza Episcopale Spagnola nel Coordinamento, monsignor Joan Enric Vives, ha affermato in questo senso che “bisogna tornare a fare ciò che si è già stabilito attraverso le Nazioni Unite: creare due Stati con frontiere ben definite e con sicurezza, e uno statuto internazionale per la città di Gerusalemme”.

“E' necessario che la comunità internazionale dia il suo apporto perché ciò sia possibile”, ha sottolineato.

“Bisogna trovare vie di soluzione e vie umanitarie di giustizia e pace in Terra Santa – ha rimarcato, secondo quanto ha reso noto la delegazione per i mezzi di comunicazione del Vescovado di Urgell –. Si devono trovare vie giuste per coloro che continuano a vivere nell'ingiustizia”.

I Vescovi hanno vissuto diversi incontri, visite, celebrazioni e sessioni di lavoro, con un'attenzione speciale alla situazione cruciale a Gerusalemme Est, alla confisca dei beni e agli sfollamenti.

Accordi Santa Sede-Israele

Hanno anche incontrato il Patriarca Latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e il Nunzio in Israele e delegato apostolico in Terra Santa, monsignor Antonio Franco, con i quali hanno affrontato, tra le altre questioni, l'applicazione degli accordi tra la Santa Sede e Israele.

I Vescovi hanno espresso la propria preoccupazione per le grandi difficoltà dei religiosi a soggiornare in Terra Santa per motivi di studio o di lavoro, considerando che si sta mettendo in discussione la libertà della Chiesa.

“Esortiamo alla piena applicazione dell'Accordo Fondamentale e all'agevolazione di visti agli agenti di pastorale perché la Chiesa compia la sua missione”, hanno sottolineato nel comunicato finale.

Nelle visite alle parrocchie, all'Università di Betlemme e al seminario di Beit Sahour, i presuli hanno ascoltato le storie quotidiane dei cristiani che vivono in Terra Santa, constatando il crescente distanziamento tra israeliani e palestinesi e una mancanza di contatto umano che ostacola fiducia e dialogo.

“La violenza, l'insicurezza, la demolizione delle case, i permessi e i problemi con i visti, il muro, l'espropriazione di terre e altre politiche minacciano sia la soluzione di due Stati che la presenza cristiana”, avverte il testo.

“Le soluzioni sono ben note ai dirigenti, ma ciò di cui c'è bisogno è volontà politica e coraggio”, sottolinea il comunicato, intitolato “Il coraggio di raggiungere la pace in Terra Santa”.

Sinodo sul Medio Oriente

Nel testo, i presuli chiedono “ai fedeli delle nostre Nazioni di pregare per la Chiesa in Terra Santa, per una pace giusta e il successo del prossimo Sinodo sul Medio Oriente, che è importante per tutta la regione e per il mondo”.

Esortano anche a “conoscere meglio la situazione e a venire in pellegrinaggio per verificare la fede vibrante delle 'pietre vive' della Chiesa locale, il 'Quinto vangelo'”.

“Nella situazione attuale, è difficile mantenere la speranza – spiegano –, ma come cristiani tutti siamo nati con Cristo a Betlemme; tutti moriamo e risuscitiamo a una nuova vita a Gerusalemme”.

I Vescovi hanno incontrato anche intellettuali e membri di Caritas Gerusalemme e di altre istituzioni internazionali di servizio e aiuto e di azione per i diritti umani, così come rappresentanti diplomatici di Germania e Francia e del Ministero degli Esteri di Israele e alti rappresentanti delle istituzioni governative israeliane e palestinesi.

I presuli, accompagnati dal Nunzio, hanno espresso al capo di gabinetto del Ministero degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, le principali preoccupazioni delle Chiese cristiane di fronte alla situazione attuale.

L'applicazione del cosiddetto “Nuovo piano per Gerusalemme”, in svolgimento dall'approvazione di una risoluzione del Governo israeliano del 2005 per gli anni 2006-2013, sta permettendo nuovi insediamenti ebraici nella Città Vecchia di Gerusalemme e la demolizione di case palestinesi.

Questo fatto cambia l'equilibrio esistente a Gerusalemme tra le tre religioni – musulmani, ebrei e cristiani – che considerano santa la città.

Speranze

I Vescovi hanno inoltre apprezzato i progetti promossi dal Patriarcato Latino per la costruzione di 72 abitazioni a Beit Safafa, hanno avuto contatti incoraggianti con l'Università Cattolica di Betlemme e i suoi studenti e hanno visitato i seminari maggiore e minore del Patriarcato a Beit Jala.

Per il segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, padre Duarte da Cunha, i Vescovi europei vogliono esprimere con questa visita in Terra Santa “il loro desiderio di comprendere meglio e di mostrare i problemi della gente in quei territori”.

Si tratta “di offrire un segno tangibile della vicinanza delle nostre Chiese ai cristiani di Terra Santa e della loro amicizia con gli abitanti di Israele e Palestina”.

Per il sacerdote, questa visita rappresenta un momento per “ascoltare, con umiltà, le gioie e le speranze, le necessità e le difficoltà, non solo delle varie comunità cristiane e cattoliche presenti in Terra Santa, ma anche delle popolazioni di Israele e Palestina”.

Padre da Cunha ha aggiunto che “la Chiesa in Europa ha bisogno di questo tipo di incontri per costruire ponti di solidarietà e speranza con le comunità cristiane dei Territori palestinesi e di Israele, e per determinare meglio il tipo di interventi di sostegno ai nostri fratelli e alle nostre sorelle cristiani”.

Iniziativa della Santa Sede

Il Coordinamento rappresenta Vescovi cattolici delle Conferenze Episcopali europee e nordamericane. E' nato a Gerusalemme nel 1998 su richiesta della Santa Sede, e i Vescovi si incontrano ogni anno con gli ordinari di Terra Santa.

Attraverso la preghiera, l'esortazione a recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa e la persuasione politica, i presuli del Coordinamento cercano di mostrare la propria solidarietà con la Chiesa locale, che affronta un difficile clima socio-politico.

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Portogallo: il no della Chiesa alle adozioni da parte di omosessuali

FATIMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Nel corso della riunione del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Portoghese (CEP), svoltasi in questi giorni nel Santuario di Fatima, i Vescovi hanno affrontato il tema della recente legalizzazione del matrimonio omosessuale in Portogallo (cfr. ZENIT, 11 gennaio 2010).

In una conferenza stampa dopo l'incontro, i presuli hanno ribadito che una “questione così profonda e delicata come il matrimonio” meritava “più ponderazione, riflessione, tempo per valutare le conseguenze”, ha reso noto l'ufficio stampa del Santuario.

I Vescovi hanno anche ricordato come sia stata “accantonata” la “richiesta di circa un centinaio di migliaia di cittadini” che sollecitava un referendum sulla questione.

“Se non si considera la possibilità di un referendum su una questione importante e delicata come la struttura familiare basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, ci si chiede se ci sarà mai una ragione per promuovere un referendum”, ha dichiarato il portavoce della CEP, padre Manuel Morujão.

La Chiesa, ha aggiunto, è “radicalmente contraria” alla possibilità di adozione di bambini da parte di coppie omosessuali.

“Tutte le persone meritano di essere trattate con tutto il rispetto, ma anche la famiglia e il matrimonio devono essere trattati con tutto il rispetto”, ha osservato.

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Nasce la prima banca di immagini sulla vita della Chiesa
"Imagines Ecclesiae" ha più di 200.000 fotografie

MADRID, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- E' nato “Imagines Ecclesiae”, la prima banca di immagini sulla vita della Chiesa cattolica in Internet, la cui vocazione è mostrare la straordinaria bellezza e ricchezza della Chiesa e il bene che questa apporta alla società.

I responsabili di “Imagines Ecclesiae”, iniziativa pioniera promossa dalla società “Flashes de la Iglesia”, hanno constatato che questi aspetti sono poco riflessi nel panorama informativo di oggi.

Il suo direttore, Carlos Moya, riconosce che avviando il progetto “eravamo preoccupati di mostrare la vera immagine della Chiesa ai mezzi di comunicazione e al pubblico in generale, in un mondo in cui il laicismo imperante in molti Paesi vuole sempre più sottrarre alla Chiesa cattolica l'influenza reale che ha nella vita pubblica e sociale”.

Per questo motivo, la finalità di “Imagines Ecclesiae” è quella di fornire, “con la massima professionalità e con l'uso più efficace possibile delle nuove tecnologie disponibili”, fotografie sull'attività del Papa, i grandi avvenimenti della Chiesa nel mondo, i dibattiti e gli eventi che interessano la società in generale.

I suoi servizi fotografici coprono con particolare attenzione i temi relativi alla difesa della vita e della famiglia, l'educazione, la giustizia sociale, le tradizioni, le questioni bioetiche, l'eutanasia, l'aborto, la contraccezione, il rispetto dei diritti umani e l'esercizio della libertà religiosa.

Attualmente, “Imagines Ecclesiae” ha una base di oltre 200.000 fotografie.

L'équipe è formata da fotografi e giornalisti, tecnici, commerciali e incaricati della gestione, che hanno grande esperienza nell'ambito dell'informazione religiosa.

La banca di immagini conta anche su una rete di collaboratori abituali o sporadici che garantiscono un'ampia copertura internazionale.

Si può accedere alle fotografie di “Imagines Ecclesiae” navigando sulla pagina web www.imaginesecclesiae.com e usando il suo motore di ricerca.

Gli utenti possono visitare anche il portale www.flashesdelaiglesia.es e cliccare sul collegamento diretto alla banca di immagini, che pubblica i suoi servizi in spagnolo, inglese, francese, tedesco, portoghese e italiano.

I professionisti, i mezzi di comunicazione e le organizzazioni hanno a disposizione varie tariffe per l'uso e la riproduzione delle fotografie della banca.

Visto che la priorità di “Imagines Ecclesiae” è la diffusione della vera immagine della Chiesa, i suoi commerciali hanno la piena disponibilità di personalizzare le tariffe adattandole a ogni situazione.

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Dottrina Sociale e Bene Comune


L'ecologia sottratta all'ecologismo
Il discorso del Papa al Corpo diplomatico

di Stefano Fontana*

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Quasi tutto il Discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede è stato incentrato sulla “salvaguardia del creato”, espressione con cui la Chiesa preferisce chiamare il cosiddetto problema ecologico.

Allo stesso tema il Papa aveva dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1 gennaio 2010.

Nel Discorso egli sottrae l’ecologia all’ecologismo. In che modo? Nel modo con cui sempre si superano le ideologie: allargando la prospettiva. Ogni ideologia è infatti una riduzione di prospettiva: l’ideologia è la parte che pretende di valere per il tutto. Per questo la si combatte allargando la prospettiva e recuperando il quadro del tutto.

Il Papa attua questo allargamento stabilendo i collegamenti del problema ambientale con altri aspetti di una ecologia intesa in senso ampio.

Con il diritto alla vita, prima di tutto - «come sarebbe possibile separare, o addirittura contrapporre la salvaguardia dell’ambiente a quella della vita umana, compresa la vita prima della nascita?» -, la corretta gestione delle risorse, l’aumento delle spese militari e dei conflitti armati, dovuto spesso alla concorrenza nella corsa alle risorse, le migrazioni dato che «Le gravi violenze che ho appena evocato, unite ai flagelli della povertà e della fame, come pure alle catastrofi naturali ed al degrado ambientale, contribuiscono ad ingrossare le fila di quanti abbandonano la propria terra», e perfino il problema della “laicità positiva”.

Cosa mai avrà a che fare questo problema con l’ecologia? Il collegamento è duplice.

Prima di tutto è dovuto al fatto che la Chiesa può dare il proprio contributo alla salvaguardia del creato se gode della necessaria libertà religiosa. In secondo luogo perché  «E’ nel rispetto che la persona umana nutre per se stessa che si manifesta il suo senso di responsabilità verso il creato».

Dobbiamo pensare alle pietre e alle piante, all’aria e all’acqua, agli animali e al clima per rispetto, prima che di tutto ciò, della persona. Ma possiamo veramente rispettare la persona ed averne la retta concezione senza il riferimento a Dio? Questo è quanto collega, secondo Benedetto XVI, il problema ambientale con la questione antropologica e, al fondo, con la stessa questione teologica.

Da cui la frase chiave del Discorso: «La negazione di Dio sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione! Ne consegue che la salvaguardia del creato non risponde in primo luogo ad un’esigenza estetica, ma anzitutto a un’esigenza morale, perché la natura esprime un disegno di amore e di verità che ci precede e che viene da Dio».

In questo contesto si inseriscono anche le raccomandazioni sul cambiamenti degli stili di vita. «Che la luce e la forza di Gesù ci aiutino a rispettare l’"ecologia umana", consapevoli che anche l’ecologia ambientale ne trarrà beneficio, poiché il libro della natura è uno ed indivisibile», si è augurato il papa.

Ha quindi auspicato «un grande sforzo educativo, per promuovere un effettivo cambiamento di mentalità ed instaurare nuovi stili di vita». E’ evidente che questi “nuovi stili di vita” richiamano qualcosa di più grande che non riciclare la plastica, rifornirsi di detersivi dai dispenser ecologici, magiare biologico e non consumare troppa acqua quanto ci si lava i denti.

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*Stefano Fontana è direttore dell'Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla Dottrina Sociale della Chiesa.

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Italia


Domenica, raccolta straordinaria per Haiti nelle chiese d'Italia
Indetta dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana
ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi italiani hanno lanciato un appello alla solidarieta per rispondere all'immane tragedia che in queste ore ha colpito la popolazione di Haiti provocando decine di migliaia di morti.

"Raccogliendo l'accorato invito del Santo Padre - spiega un comunicato -, domenica 24 gennaio 2010 in tutte le chiese d'Italia si terrà una raccolta straordinaria indetta dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto nell'isola caraibica".

Le offerte raccolte dovranno essere integralmente inviate con sollecitudine a Caritas Italiana, Via Aurelia 796 - 00165 Roma, utilizzando il conto corrente postale n. 347013 o mediante bonifico bancario su UniCredit Banca di Roma SpA, via Taranto 49, Roma - Iban: IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119 specificando nella causale "Emergenza Terremoto Haiti".

Per altre offerte, è anche possibile utilizzare i seguenti canali:

-- Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma - IBAN IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012

-- Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma - IBAN IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113

-- CartaSi e Diners, telefonando a Caritas Italiana tel. 06.66177001, in orario d'ufficio.

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Immigrati di Rosarno, vittime della malavita e dell'illegalità
Il presidente delle Acli: il problema dell'Italia sono i mali antichi del nostro Paese

ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- “Il problema dell’Italia non sono gli immigrati ma i mali antichi del nostro Paese: l’illegalità, il lavoro nero, la malavita organizzata, l’assenza dello Stato in ampi territori della Penisola”. Ad affermarlo è il presidente nazionale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (Acli), Andrea Olivero, intervenendo sui fatti dei giorni scorsi, in Calabria.

“Dove non c’è legalità – ha detto Olivero in una nota diramta dalle Acli – è impossibile la convivenza civile. Quanto accaduto a Rosarno ha posto in evidenza una questione risaputa e irrisolta: la situazione di sfruttamento e illegalità diffusa in ampie zone d’Italia e in molti settori lavorativi, quello agricolo in particolare, che non riguarda solo i lavoratori immigrati”.

“E ancora la presenza radicata della criminalità organizzata, l’assenza dello Stato non solo come presidio di ordine pubblico ma come presidio sociale – ha aggiunto –. Il problema allora non è 'rimandare a casa gli immigrati', come si ostina a dire qualcuno, ma favorire la presenza regolare degli stranieri (molti di quelli presenti a Rosarno erano rifugiati o richiedenti asilo), ristabilire finalmente la legalità in quei territori e nel mondo del lavoro”.

“Bene ha fatto oggi il ministro del lavoro Sacconi annunciando tolleranza zero contro il lavoro irregolare in agricoltura – ha commentato Olivero –. Si poteva fare prima, ora speriamo che alle parole seguano i fatti”.

Per quanto riguarda l’immigrazione, il presidente delle Acli ha poi puntato il dito contro chi “diffonde odio e fomenta paure, stravolgendo la realtà di un fenomeno che già oggi rappresenta per l’Italia una grande risorsa economica, sociale e culturale”.

“Per questo motivo – ha concluso – abbiamo voluto dare la nostra adesione alle iniziative che si vanno organizzando a marzo per sottolineare il valore prezioso e insostituibile della presenza degli immigrati nel nostro Paese”.

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Un giudice del tribunale di Salerno aggira la legge 40

di Antonio Gaspari

ROMA giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Ha destato scalpore la decisione del giudice Antonio Scarpa del Tribunale di Salerno di autorizzare il 13 di gennaio la selezione embrionale a una coppia fertile portatrice di una malattia ereditaria, l'Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1(SMA1).

Il giudice ha risposto positivamente ad una coppia che intende accedere alle pratiche di selezione embrionale, senza tenere conto che tale autorizzazione viola la legge che regola la procreazione assistita per coppie non fertili.

Secondo Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (MpV), “si tratta di una decisione che ancora una volta fa carta straccia del principio di uguale dignità di ogni essere umano e del principio della solidarietà verso i più piccoli e più fragili. Una deriva che era già cominciata con l‘annullamento da parte della Corte Costituzionale di quella disposizione che vieta la produzione sovrannumeraria di embrioni”.

“La legge 40 – ha continuato Casini – afferma fin dal suo primo articolo che anche il figlio è soggetto titolare di diritti fin dalla fecondazione. Gravissima è dunque da parte del giudice la disapplicazione della norma. Una disapplicazione che suona come rivolta contro il legislatore che ha approvato la legge 40 e contro la volontà popolare che quella legge ha difeso con maggioranze plebiscitarie”.

Il Presidente del MpV ha sostenuto che “contro questo atteggiamento che non è nasce e rischia di non fermarsi a Salerno, non c’è che un solo rimedio: proclamare con forza legislativa non ignorabile e sottratta alla libera interpretazione dei magistrati che tutti gli esseri umani sono uguali fin dal concepimento. Questo è il senso e lo scopo della modifica dell’articolo 1 del Codice Civile che è stata già proposta alla Camera ed al Senato. Auspico che le forze politiche trovino la compattezza per farla mettere presto in discussione e sostenerla”.

Il prof. Lucio Romano, copresidente dell’Associazione Scienza & Vita, ha precisato che “il doloroso vissuto della coppia di Salerno, non può farci dimenticare che, ancora una volta attraverso una sentenza, si vuole scardinare la Legge 40, finalizzata a regolare le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una legge votata dal Parlamento e confermata da un Referendum”.

“Inoltre – ha continuato Lucio Romano – con questa decisione, la drammaticità di un singolo caso viene utilizzata per introdurre surrettiziamente una componente di discriminazione eugenetica”.

Il giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza & Vita, ha affermato che “generare in modo consapevole molteplici embrioni portatori di anomalie, per poi privarli di ogni chance esistenziale, riduce la vita umana nella sua prima fase al rango di una cosa totalmente soggetta all’altrui dominio, in totale contrasto col riconoscimento del concepito come soggetto, di cui all’art. 1 della Legge 40”.

“In sostanza – ha proseguito il giurista – si finisce per privare il potere legislativo del compito suo proprio di definire gli assetti normativi nel quadro complessivo della norme costituzionali, salvo, ovviamente, il vaglio circa la non trasgressione delle medesime che compete alla Consulta”.

“La pronuncia in esame – ha concluso Eusebi – apre per la prima volta a una generazione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioè non finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgere l’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzionale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già iniziata”. 

Anche il Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto dal prof. Adriano Pessina, ha emesso una nota in cui esprime il “suo totale disaccordo rispetto alla sentenza emessa dal tribunale di Salerno, con la quale si viola palesemente la legge 40 approvata dal Parlamento e sottoposta al referendum”.

“Questa sentenza – spiega la nota – permette il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ad una coppia non sterile e la autorizza ad una selezione preimpianto che costituisce di fatto la legittimazione di alcuni tribunali di una prospettiva eugenetica”.

“Pur comprendendo l’umano desiderio di ogni coppia di avere un figlio sano - continua la nota -, è necessario ribadire come tra il sacrificio del proprio desiderio e il sacrificio della vita altrui una società civile debba sempre far prevalere il rispetto e la tutela della vita”.

La nota sottolinea, infine, che “questa sentenza è in netto contrasto con lo spirito e la lettera della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità” e conclude affermando che “è oggetto di scandalo civile la costante deriva di alcuni magistrati che nelle questioni bioetiche si sostituiscono alle leggi italiane e alla coscienza morale del Paese”.

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Segnalazioni


Nuovo DVD su "San Josemaría Escrivá in Vaticano"
ROMA, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- E' disponibile online un nuovo DVD che racconta la storia della possente statua marmorea del fondatore dell'Opus Dei, benedetta dal pontefice Benedetto XVI e collocata nel 2005 sulla facciata della basilica di San Pietro.

Il documentario contiene importanti testimonianze inedite sulla vita e la personalità del santo, fra esse quelle del Prelato dell'Opus Dei, Javier Echevarría, e dello scultore italiano Romano Cosci, che aiutano lo spettatore a rintracciare un significato profondo che va oltre l’ammirazione a prima vista della statua.

Il DVD include anche la storia delle 39 statue dei santi fondatori che ci sono in Vaticano e un reportage fotografico.

Il DVD "San Josemaría Escrivá in Vaticano" è disponibile in italiano, inglese e spagnolo sul sito di HDH Communications, distributore esclusivo dei documentari del Centro Televisivo Vaticano.


DVD "San Josemaría Escrivá in Vaticano" in italiano: http://www.hdhcommunications.com/index.php?main_page=product_info&cPath=2_4&products_id=303

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Forum


La mancanza di libertà religiosa, problema del secolo
I primi a proteggere i cristiani perseguitati dovrebbero essere i Paesi occidentali

di mons. Giampaolo Crepaldi

TRIESTE, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Non avrei timore ad affermare che il principale problema dell’umanità di oggi è la mancanza di libertà religiosa nel mondo. Nei giorni scorsi tutti siamo stati colpiti dalle notizie che arrivavano dall’Egitto, ove, presso Luxor, alcuni musulmani armati hanno aperto il fuoco contro la comunità cristiano copta che stava uscendo dalla Chiesa ove aveva celebrato il Natale copto che ricorre il 7 gennaio. Alcuni cristiani sono rimasti uccisi.

La persecuzione dei cristiani copti da parte dei musulmani è purtroppo una storia antica: si calcola che negli ultimi 30 anni le vittime siano almeno 4 mila. Mons. Youhannes Zakaria, Vescovo Copto Cattolico di Luxor, nell’Alto Egitto ha ricordato che anche la Pasqua scorsa era stata attaccata la comunità cristiana nel villaggio di Naghamadi e nella sparatoria tre giovani cristiani persero la vita. Il vescovo Kirollos della diocesi di Nag Hamadi, ha dichiarato che “E’ in corso una guerra religiosa per far fuori i cristiani in Egitto”.

Negli ultimi giorni del 2009 sono stati pubblicati tre importanti Rapporti su questioni connesse con la libertà religiosa (purtroppo quest’anno non abbiamo potuto leggere il tradizionale Rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre).

Il primo di questi Rapporti è stato preparato dall’agenzia Fides che, come fa ogni hanno, ha tracciato il bilancio dei missionari cristiani morti nel 2009: 30 sacerdoti, 2 religiose, 2 seminaristi, 3 volontari laici. Sono quasi il doppio rispetto al precedente anno 2008, ed è il numero più alto registrato negli ultimi dieci anni. Ben 23 di questi operatori pastorali sono caduti in America Latina, precisamente in Brasile, Colombia, Messico, Cuba, El Salvador Guatemala e Honduras.

Il secondo Rapporto dal titolo Global Restriction on Religion è stato pubblicato dal Piew Forum on Religion and Public Life di Washington. Il 32% degli Stati pratica un alto livello di intolleranza religiosa. Questo 32% corrisponde al 70% della popolazione mondiale. Significa che miliardi di persone non godono di questo fondamentale diritto. Se a ciò si aggiunge la percentuale dei paesi ove l’intolleranza c’è anche se non in modo acuto, si raggiungono cifre enormi. Il Rapporto Pew dice anche che le aree di maggiore libertà sono quelle ove sono presenti i cristiani: Europa, Americhe, Australia, Africa sub sahariana.

Il terzo Rapporto è stato preparato dal Christian Security Network secondo cui negli Stati Uniti si è registrato un aumento di violenze a parrocchie, Chiese e organizzazioni cristiane: 1.200 crimini nel 2009. Non solo in Malaysia, dove nella notte del 7 gennaio sono state attaccate tre chiese protestanti e una cattolica, ma anche nell’Occidente cristiano, anche se con minore efferatezza, i cristiani sono danneggiati e perfino perseguitati.

La comunità internazionale fa molto male a non affrontare in modo adeguato questi problemi che, tra l’altro, hanno una enorme influenza anche su altri come per esempio la guerra, i ritardi nello sviluppo, le lotte civili, il degrado dell’ambiente. Come ha scritto il papa nella Caritas in veritate, il non rispetto del diritto alla libertà religiosa provoca innumerevoli danni allo sviluppo.

Realisticamente parlando non si può non notare la grave situazione di persecuzione dei cristiani nel mondo. Dall’ Iraq, ove l’antica comunità cristiana è in via di estinzione, alla Malaysia, all’India, al Pakistan, all’Egitto sui cristiani si avventano sia i governi (come in Cina o in Vietnam) sia gruppi della società civile (come in India o Bangladesh), oppure tutte e due come in Arabia Saudita. Altrettanto realisticamente ci si chiede chi debba proteggere i cristiani perseguitati. La Chiesa fa quello che può con i mezzi che le sono propri. Qualcuno fa giustamente appello alla Comunità internazionale. Ma questa è in gran parte composta da Stati che praticano l’intolleranza religiosa.

Qualcuno, altrettanto giustamente, si appella all’opinione pubblica internazionale. Ma questa è costituita per il 70%, come abbiamo visto, da persone che vivono in situazione di illibertà religiosa. Senza nulla togliere alla Comunità politica internazionale e alla Opinione pubblica internazionale a me sembra che un ruolo primario dovrebbero averlo i paesi occidentali, quelli che al cristianesimo devono la propria civiltà e tra i cui frutti annoveriamo anche i diritti dell’uomo e lo Stato di diritto. Dovrebbero essere questi i primi a muoversi di comune accordo.

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*Mons. Giampaolo Crepaldi è Arcivescovo di Trento. Questo commento è stato pubblicato anche dalla Newsletter dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina sociale della Chiesa (n. 271, Verona, 11 Gennaio 2010)

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Documenti


Custode di Terra Santa: "pregate per Gerusalemme"
Messaggio per la II Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa

GERUSALEMME, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio inviato da padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, in vista della II Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, che si svolgerà il 31 gennaio prossimo e prevederà una 24 ore no-stop di celebrazioni eucaristiche e adorazioni.

L'iniziativa è promossa da un gruppo di giovani della Terra Santa e dell'Italia, in particolare dall'Apostolato “Giovani per la Vita” (www.youthfl.org), dall'Associazione dei Papaboys (www.papaboys.it), dai gruppi di Adunanza Eucaristica (www.adorazione.org) e dalle Cappelle di Adorazione Perpetua.



* * *

"Chiedete pace per Gerusalemme:/ vivano sicuri quelli che ti amano; sia pace nelle tue mura, / sicurezza nei tuoi palazzi. Per i miei fratelli e i miei amici / io dirò: "Su te sia pace!" Per la casa del Signore nostro Dio, / chiederò per te il bene" (Salmo 122): pregare per Gerusalemme è un imperativo posto nel cuore della preghiera. Una novità perenne. Un richiamo antico che ancora oggi desta la nostra attenzione, la nostra partecipazione, come un'urgenza che ci sta a cuore, un dovere che si compie per amore, con amore.

Per la seconda volta si raccolgono in preghiera e attorno a questa preghiera molte persone, gruppi, movimenti, Chiese. Un coro che si passa la voce da un punto all'altro del mondo e invoca la pace per un piccolo lembo di terra che ci appartiene perché ci è stato dato insieme alla fede nel Signore Gesù; nel Padre che ha saputo amarci da sempre e per sempre e ha voluto che fossimo salvati dal sacrificio del Figlio; nello Spirito che ci fa sentire nel cuore il dovere e la gioia di corrispondere a tanto dono con la responsabilità della fraternità, con l'impegno concreto per la giustizia e la pace.

Unirci a questo coro richiede allora di metterci in comunione gli uni con gli altri, per diventare quel noi che fa diventare personale, diretto, il rapporto con Dio: Padre nostro.  A lui chiediamo pace per la Terra Santa, per la Terra della nostra redenzione. E subito ci accorgiamo che è un dono che abbiamo già ricevuto, quando un diverso coro lodava Dio e diceva "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

Che ne abbiamo fatto di quella pace? Come abbiamo accolto il Principe della pace? Pregare per la pace in Terra Santa diventi allora un volersi ritrovare nella sincerità, ognuno davanti a se stesso, gli uni davanti agli altri, tutti insieme davanti a Dio per ri-scoprire il dono della pace, per assumerci la responsabilità della pace, per ri-dare gli uni agli altri il dono che abbiamo così gratuitamente ricevuto.

E ammaestrati dal Signore, fiduciosi che egli sa di cosa abbiamo bisogno, ci impegneremo a vivere la giustizia, la misericordia, il perdono, la riconciliazione, la compassione. Impareremo a farci prossimi di chi soffre in questa Terra, per questa Terra, per la mancanza di pace di cui soffre tutta la Terra Santa. La pace ha bisogno di preghiera, di impegno, di coraggio. Auguri, dunque, perché da questa Seconda Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, nasca un concreto impegno per la riconciliazione e la pace, e ogni iniziativa che ne seguirà sia sostenuta con fermezza e coerenza.


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Discorso di Benedetto XVI agli amministratori locali di Roma e del Lazio

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo giovedì in Vaticano gli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma, in occasione del tradizionale scambio di auguri per il nuovo anno.





* * *

Illustri Signori e Gentili Signore!

Sono lieto di incontrarvi in questo tradizionale appuntamento, che ci offre l’occasione di scambiarci cordiali auguri per il nuovo anno e di riflettere sulla realtà del nostro territorio, nel quale da 2000 anni è presente il Successore di Pietro, come Vescovo di Roma e Arcivescovo metropolita della Provincia ecclesiastica romana, che comprende l’intero Lazio. Vi sono grato per questa visita e porgo il mio deferente e cordiale saluto al Vice Presidente della Giunta Regionale del Lazio, On. Esterino Montino, al Sindaco di Roma, On. Gianni Alemanno, ed al Presidente della Provincia di Roma, On. Nicola Zingaretti, ai quali desidero esprimere il mio vivo ringraziamento per le cortesi parole che mi hanno rivolto anche a nome delle Amministrazioni che essi guidano. Con loro, saluto i Presidenti delle rispettive Assemblee Consiliari e tutti i presenti.

La crisi che ha investito l'economia mondiale – come è stato ricordato - ha avuto conseguenze anche per gli abitanti e le imprese di Roma e del Lazio. Allo stesso tempo, essa ha offerto la possibilità di ripensare il modello di crescita perseguito in questi ultimi anni. Nell’Enciclica Caritas in veritate ho ricordato che lo sviluppo umano per essere autentico deve riguardare l'uomo nella sua totalità e deve realizzarsi nella carità e nella verità. La persona umana, infatti, è al centro dell'azione politica e la sua crescita morale e spirituale deve essere la prima preoccupazione per coloro che sono stati chiamati ad amministrare la comunità civile. È fondamentale che quanti hanno ricevuto dalla fiducia dei cittadini l'alta responsabilità di governare le istituzioni avvertano come prioritaria l'esigenza di perseguire costantemente il bene comune, che "non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene" (Caritas in veritate, 7). Affinché ciò avvenga, è opportuno che nelle sedi istituzionali si cerchi di favorire una sana dialettica perché quanto più le decisioni e i provvedimenti saranno condivisi tanto più essi permetteranno un efficace sviluppo per gli abitanti dei territori amministrati.

In tale contesto, desidero esprimere apprezzamento per gli sforzi compiuti da codeste Amministrazioni per venire incontro alle fasce più deboli ed emarginate della società, in vista della promozione di una convivenza più giusta e solidale. Al riguardo, vorrei invitarvi a porre ogni cura perché la centralità della persona umana e della famiglia costituiscano il principio ispiratore di ogni vostra scelta. Ad esso, in particolare, occorre far riferimento nella realizzazione dei nuovi insediamenti della città, perché i complessi abitativi che vanno sorgendo non siano solo quartieri dormitorio. A tal fine, è opportuno che siano previste quelle strutture che favoriscono i processi di socializzazione, evitando così che sorga e si incrementi la chiusura nell'individualismo e l'attenzione esclusiva ai propri interessi, dannose per ogni convivenza umana. Rispettando le competenze delle autorità civili, la Chiesa è lieta di offrire il proprio contributo perché in questi quartieri ci sia una vita sociale degna dell'uomo. So che in diverse zone periferiche della città ciò è già avvenuto, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale per la realizzazione di importanti opere, ed auspico che tali esigenze siano tenute presenti dovunque. Sono grato per la consolidata collaborazione esistente fra le Amministrazioni da voi guidate e il Vicariato, in particolare per quanto concerne la costruzione dei nuovi complessi parrocchiali, che, oltre ad essere punti di riferimento per la vita cristiana, svolgono anche una fondamentale funzione educativa e sociale.

Tale collaborazione ha permesso di raggiungere significativi obiettivi. Al riguardo, mi piace ricordare che in alcuni nuovi quartieri, dove vivono in particolare giovani famiglie con bambini piccoli, le comunità ecclesiali, consapevoli che l'apertura alla vita è al centro del vero sviluppo umano (cfr Ibid., 28), hanno realizzato gli "oratori dei piccoli". Tali utili strutture permettono ai bambini di trascorrere le ore della giornata, mentre i genitori sono al lavoro. Confido che una sempre più feconda sinergia fra le diverse istituzioni permetta il sorgere nelle zone periferiche, come anche nel resto della città, di analoghe strutture che aiutino i giovani genitori nel loro compito educativo. Auspico, altresì, che possano essere adottati anche ulteriori provvedimenti in favore delle famiglie, in particolare di quelle numerose, in modo che l'intera città goda dell'insostituibile funzione di questa fondamentale istituzione, prima e indispensabile cellula della società.

All’interno della promozione del bene comune, l'educazione delle nuove generazioni, che costituiscono il futuro della nostra Regione, rappresenta una preoccupazione predominante che gli Amministratori della cosa pubblica condividono con la Chiesa e con tutte le organizzazioni formative. Da alcuni anni la Diocesi di Roma e quelle del Lazio sono impegnate a offrire il loro contributo per far fronte alle istanze sempre più urgenti che pervengono dal mondo giovanile e che chiedono risposte educative adeguate di alto profilo. È davanti agli occhi di tutti la necessità e l'urgenza di aiutare i giovani a progettare la vita sui valori autentici, che fanno riferimento ad una visione "alta" dell’uomo e che trovano nel patrimonio religioso e culturale cristiano una delle sue espressioni più sublimi. Oggi le nuove generazioni chiedono di sapere chi sia l'uomo e quale sia il suo destino e cercano risposte capaci di indicare loro la strada da percorrere per fondare l’esistenza sui valori perenni. In particolare, nelle proposte formative circa i grandi temi dell'affettività e della sessualità, così importanti per la vita, occorre evitare di prospettare agli adolescenti e ai giovani vie che favoriscono la banalizzazione di queste fondamentali dimensioni dell'esistenza umana. A tale scopo, la Chiesa chiede la collaborazione di tutti, in particolare di quanti operano nella scuola, per educare a una visione alta dell’amore e della sessualità umana. Desidero, a tal proposito, invitare tutti a comprendere che, nel pronunciare i suoi no, la Chiesa in realtà dice dei alla vita, all’amore vissuto nella verità del dono di sé all’altro, all'amore che si apre alla vita e non si chiude in una visione narcisistica della coppia. Essa è convinta che soltanto tali scelte possano condurre ad un modello di vita, nel quale la felicità è un bene condiviso. Su questi temi, come anche su quelli della famiglia fondata sul matrimonio e sul rispetto della vita dal suo concepimento fino al suo termine naturale, la comunità ecclesiale non può che essere fedele alla verità "che, sola, è garanzia di libertà e della possibilità di uno sviluppo umano integrale" (Ibid., 9).

Infine, non posso non esortare le autorità competenti ad un’attenzione costante e coerente al mondo della malattia e della sofferenza. Le strutture sanitarie, così numerose a Roma e nel Lazio, che offrono un importante servizio alla comunità, siano luoghi nei quali si incontrano sempre più gestione attenta e responsabile della cosa pubblica, competenze professionali e dedizione generosa verso il malato, la cui accoglienza e cura, devono essere il criterio sommo di quanti operano in tale ambito. Roma e il Lazio, accanto alle strutture sanitarie pubbliche, vedono da secoli la presenza di quelle di ispirazione cattolica, che operano a favore di ampie fasce della popolazione. In esse si cerca di coniugare la competenza professionale e l’attenzione al malato con la verità e la carità di Cristo. Infatti, ispirandosi al Vangelo, esse si sforzano di accostarsi alle persone sofferenti con amore e speranza, sostenendo anche la ricerca di senso e cercando di fornire risposte agli interrogativi che inevitabilmente sorgono nei cuori di quanti vivono la difficile dimensione della malattia e del dolore. L’uomo ha, infatti, bisogno di essere curato nella sua unità di essere spirituale e corporale. Confido pertanto che, nonostante le persistenti difficoltà economiche, tali strutture possano essere adeguatamente sostenute nel loro prezioso servizio.

Gentili Autorità, mentre esprimo la mia viva gratitudine per la cortese e gradita visita, assicuro la mia cordiale vicinanza e la mia preghiera per voi, per le alte responsabilità che vi sono state affidate e per gli abitanti delle realtà che amministrate. Il Signore vi sostenga, vi guidi e dia compimento alle attese di bene presenti nel cuore di ciascuno.

Con tali sentimenti, con affetto e benevolenza imparto la Benedizione Apostolica, estendendola di cuore alle vostre famiglie e a quanti vivono ed operano a Roma, nella sua provincia e nell’intero Lazio.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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