giovedì 15 luglio 2010

"Abbiamo tappato la perdita." E' iniziata la verifica della struttura di contenimento da 75 tonnellate. In Borsa il titolo corre

Marea nera, l'annuncio di Bp "Abbiamo tappato la perdita"
E' iniziata la verifica della struttura di contenimento da 75 tonnellate
L'esperimento proseguirà ancora per 24 ore, in Borsa il titolo corre


Bp segna un punto fermando per la prima volta il flusso della marea nera nel Golfo del Messico ma è pur sempre bufera sul gigante del greggio: Downing Street nega, ma gli Stati Uniti soffiano sul fuoco, e torna a tingersi di giallo il ruolo della multinazionale petrolifera nel trasferimento in Libia dell'uomo di Lockerbie Abdel Bassett Ali al-Megrahi.

Secondo un portavoce del premier britannico David Cameron «non ci fu legame» fra il colosso del greggio e la decisione dell'esecutivo scozzese di rilasciare per ragioni mediche e umanitarie l'agente segreto libico. Ma stamattina la stessa Bp aveva confermato di aver fatto lobby sul governo di Londra per concludere il trasferimento di prigionieri: l'ammissione era venuta dopo che un gruppo di senatori, alle prese con il furore popolare per il maxi-disastro del Golfo, aveva chiesto un'inchiesta sulle azioni della multinazionale nel caso Megrahi. L'appello dei senatori, accompagnato dall'auspicio che Bp chiuda con le trivellazioni in Libia, era stato accolto dal segretario di Stato Hillary Clinton che aveva promesso di esaminare il dossier.
Intanto negli Usa le immagini tv hanno mostrato i primi risultati del test cruciale sulla nuova struttura di contenimento del pozzo Macondo esploso il 20 aprile: per la prima volta da allora il geyser sottomarino si è fermato. L'esperimento proseguirà ancora per 24 ore ma a Wall Street il titolo Bp è schizzato al rialzo di oltre il 10%, una boccata di ossigeno per il gruppo che sembra vicino a vendere alla rivale Apache asset per 10 miliardi di dollari. «È bello vedere che il petrolio non esce più nel Golfò, si è congratulato il vicepresidente Kent Wells. Restano sullo sfondo le polemiche: che Bp, e il suo progetto di esplorazione petrolifera nel golfo della Sirte e nel deserto occidentale della Libia, fossero stati tra i fattori presi in considerazione nel trasferimento di Megrahi, lo aveva ammesso, poco dopo il rilascio dell'uomo di Lockerbie, l'allora ministro della giustizia britannico Jack Straw.

Il colosso del greggio era tornato in Libia nel 2004, dopo mesi di lobby personale dell'allora amministratore delegato John Browne sul colonnello Gheddafi. E alla fine del 2007, per ammissione oggi della stessa Bp, la società britannica disse la sua per la «lentezza» con cui venivano condotti i negoziati per l'accordo con la Libia sul trasferimento dei prigionieri. «Eravamo consapevoli che questa situazione avrebbe potuto avere un impatto negativo sugli interessi commerciali britannici nonchè della ratifica da parte del governo libico sul programma di esplorazione petrolifera concordato da Bp», si legge in un comunicato dell'azienda. Alla fine nel 2007 Megrahi non venne rilasciato o trasferito. Solo due anni dopo, tra le proteste dell'amministrazione Obama e delle famiglie del Jumbo Pan Am esploso nel cielo di Lockerbie, il governo scozzese lo liberò per ragioni umanitarie. Condannato nel 2001 per terrorismo, Megrahi pareva in fin di vita per un tumore ma a un anno di distanza è ancora vivo. «Bp non dovrebbe guadagnare sul petrolio libico a spese delle vittime del terrorismo», ha detto il senatore democratico Charles Schumer, uno dei firmatari della lettera alla Clinton.









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