giovedì 15 luglio 2010

Cosentino si dimette da sottosegretario "Fini vuole solo il potere nel partito". Berlusconi era Cesare

"Lascio il governo per concentrarmi sul Pdl in Campania". La decisione dopo un
vertice con Berlusconi a palazzo Chigi, presente anche Verdini. L'Anm: "I
magistrati coinvolti nelle inchieste vadano via"

Cosentino si dimette da sottosegretario "Fini vuole solo il potere nel
partito" Il sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino

ROMA - Dopo un vertice a Palazzo Chigi con il premier, Nicola Cosentino,
coinvolto nell'inchiesta sulla cosiddetta P3, si è dimesso da sottosegretario
all'Economia. "Ho deciso di concerto con il presidente Berlusconi di rassegnare
le mie dimissioni da sottosegretario per potermi completamente dedicare alla
vita del partito, particolarmente in Campania, anche al fine di contrastare
tutte quelle manovre interne ed esterne poste in essere per fermare il
cambiamento", ha detto. La decisione è arrivata dopo che il presidente della
Camera Gianfranco Fini, duramente contestato dai berlusconiani e dalla Lega,
aveva calendarizzato per la prossima settimana una mozione di sfiducia nei
confronti del sottosegretario che avrebbe messo a rischio la tenuta della
maggioranza. E ora l'opposizione canta vittoria, incassando un successo analogo
a quello riportato qualche giorno fa con le dimissioni del ministro Aldo
Brancher 1.

In una nota diffusa subito dopo le dimissioni, Cosentino ha commentato proprio
l'operato di Fini: "Il presidente della Camera con solerzia degna di miglior
causa, dopo che già per due volte proprio alla Camera dei deputati analoghe
mozioni erano state votate e respinte con larga maggioranza, così come anche
una al Senato, ha ritenuto di volerle calendarizzare in tempi brevissimi
basandosi quindi soltanto su indimostrate e inconsistenti notizie di stampa". E
sempre in merito a Fini ha scritto: ''E' risibile che l'onorevole Fini voglia
far passare le sue decisioni come se derivassero da una sorta di tensione
morale verso la legalità quando si tratta soltanto di un tentativo, anche assai
scoperto, di ottenere il potere nel partito tramite Bocchino". Poi l'attacco al
'circo mediatico': ''Contro di me - ha detto - è in atto da due anni una
persecuzione dal solito circo mediatico, da L'Espresso a la Repubblica,
probabilmente perché ho messo fine alle sconfitte del centrodestra in
Campania''. Più tardi, ai microfoni del Tg2, Cosentino ha negato che a
chiedergli le dimissioni sia stato Berlusconi: ''Assolutamente no - ha risposto
-. Sono io che le ho offerte perché è diventata una situazione insostenibile''.

Il deputato mantiene comunque il ruolo di coordinatore del Pdl in Campania.
Nel pomeriggio, dopo la calendarizzazione della mozione di sfiducia alla
Camera, Cosentino e il coordinatore del Pdl Denis Verdini sono stati a palazzo
Chigi a colloquio con Berlusconi, il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio
Cicchitto, il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri, il ministro della Difesa
e coordinatore del Pdl Ignazio La Russa, il vice capogruppo al Senato Gaetano
Quagiarello.

Subito dopo il vertice, Berlusconi ha fatto sapere di aver condiviso la scelta
di Cosentino, ma allo stesso tempo si è detto convinto della sua "totale
estraneità" alle accuse che gli vengono rivolte. "Ho condiviso la decisione di
Nicola Cosentino di dimettersi da sottosegretario - ha affermato il rpemeir in
una nota - Ho altresì avuto modo di approfondire personalmente e tramite i miei
collaboratori la sua totale estraneità alle vicende che gli sono contestate.
Sono quindi certo che la sua condotta durante la campagna elettorale per la
regione Campania è stata improntata alla massima lealtà e al massimo impegno
per ottenere la vittoria di Stefano Caldoro". E sul ruolo di Cosentino
all'interno del Pdl, Berlusconi ha scritto: "Ritengo che potrà proficuamente
continuare a svolgere il suo importante ruolo politico nell'ambito del nostro
movimento per consentirci di conseguire ancora quegli eccellenti risultati di
cui è stato artefice come coordinatore regionale".

All'uscita da Palazzo Chigi, ai cronisti che gli chiedevano se siano opportune
le dimissioni di Verdini, Cosentino ha risposto: "Assolutamente no". Secondo
l'ormai ex sottosegretario, ha ripreso vigore "quello spirito di Tangentopoli
che ha fermato l'Italia per anni. Dobbiamo tornare alla presunzione di
innocenza, non basta un avviso di garanzia" per rendere colpevole una persona.
Su Verdini ferma anche la posizione del coordinatore Pdl e ministro della
Difesa, Ignazio La Russa: ''Non ho visto nessuno che ha chiesto le dimissioni
di Verdini, per me non si è aperta tale questione, e nessuno lo ha chiesto''.

Non si è fatto attendere l'intervento di Gianfranco Fini: "Dimettersi anche
per potersi meglio difendere in sede giudiziaria era per l'onorevole Cosentino
un atto indispensabile e doveroso di correttezza istituzionale per una evidente
e solare questione di opportunità politica". E sulle accuse che l'ex
sottosegretario gli ha rivolto, il presidente della Camera ha detto: "Quello
che dice mi lascia del tutto indifferente". Poco prima delle dimissioni di
Cosentino, l'ex leader di An aveva insistito sulla necessità di "una politica
durissima con chi non ha un'etica del comportamento pubblico, una politica che
sia intransigente nei confronti di coloro che pensano attraverso la politica di
mettersi al riparo dei doveri che ciascun cittadino ha nei confronti della
comunità".

Le opposizioni. "La maggioranza è nei guai - ha commentato il segretario del
Pd, Pier Luigi Bersani, in visita negli Usa - Questa è una vittoria netta delle
opposizioni e del Pd, che poi il partito di Berlusconi voglia farsi
rappresentare in Campania da una figura come quella di Cosentino lo lasciamo al
giudizio degli elettori". Vari esponenti democratici hanno osservato che è il
terzo caso di dimissioni di un componente del governo, dopo Scajola e Brancher,
nel giro di poche settimane, che la maggioranza è ormai "alle corde" e
l'esecutivo "cade a pezzi". E al tempo stesso hanno sottolineato che la
decisione di Cosentino non risolve "la questione politica aperta dal quadro
inquietante emerso dalle indagini in corso".

Soddisfatto Antonio Di Pietro: ''Era ora. Cosentino non poteva fare
altrimenti. Avrebbe dovuto dimettersi da tempo, visti i suoi precedenti, come
più volte è stato chiesto dall'Italia dei valori - ha affermato in una nota il
leader dell'Idv riferendosi alle accuse di associazione mafiosa mosse dalla
magistratura al coordinatore del Pdl in Campania - Adesso chiediamo, come
abbiamo fatto oggi in aula, che la Camera autorizzi il suo arresto, come ha già
chiesto l'autorità giudiziaria. E dopo la mozione di sfiducia contro Cosentino,
l'Idv si prepara a chiedere una mozione contro l'intero governo Berlusconi.
Continueremo a batterci a difesa della legalita' e della democrazia''.

Di atto di ragionevolezza, anche se tardivo, ha parlato anche il numero uno
dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "Le dimissioni di Cosentino sono un gesto di
ragionevolezza. Resta il rammarico che abbia aspettato la presentazione della
mozione di sfiducia".

La maggioranza. "Una scelta sofferta e responsabile, per sottrarre il governo
a polemiche strumentali" è il giudizio di Gasparri.

Dal canto suo, il finiano Italo Bocchino ha ringraziato il premier:
"Ringraziamo Berlusconi per aver ascoltato il nostro grido d'allarme rispetto
al danno elettorale che la permanenza al governo di Nicola Cosentino stava
provocando al Pdl".

Secco 'no comment' dal ministro dell'Interno Roberto Maroni che già nel
pomeriggio non aveva voluto sbilanciarsi sulla questione, dicendo solo: "C'è un
membro del governo che è sottoposto ad indagine, ma non mi risulta che sia
stato condannato. I casi individuali sono tali, ma sono più gravi degli altri
perché chi riveste cariche pubbliche deve andare oltre l'affermazione di
innocenza''.

Anm. Per non gettare ombre sulla categoria, segnali forti sono chiesti anche
dai magistrati. L'associazione nazionale magistrati chiede le dimissioni delle
toghe coinvolte nelle inchieste sulla cosiddetta P3 scaturita dalle indagini
sull'eolico. "Servono segnali forti. Bisogna avere la capacità di farsi da
parte - ha detto il segretario del sindacato delle toghe Giuseppe Cascini - se
un sospetto cade sulla tua persona lambisce l'istituzione. Un segnale forte
sarebbe che i magistrati coinvolti liberassero l'istituzione e non la
coinvolgessero".

Secondo il segretario dell'Anm, "il tentativo di sottovalutare la gravità
della vicenda è una linea pericolosa perché questa ha le caratteristiche
analoghe a quelle degli anni Ottanta. Le differenze riguardano solo aspetti più
grotteschi e poco istituzionali anche rispetto alla loggia P2 ma il rischio
maggiore è proprio quello di sottovalutare la gravità del fenomeno". Cascini
sottolinea che "i fatti che emergono sono chiarissimi, per questo noi abbiamo
espresso subito la nostra indignazione".

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