domenica 26 settembre 2010

Web: Il genio (cattivo) di Facebook filantropo a orologeria

Esce il film su Zuckerberg e lui si rifà il look donando 100 milioni. La pellicola si basa sulla versione dei suoi ex soci che lo accusano di averli accoltellati alle spalle

Esce il film su Zuckerberg e lui si rifà il look donando 100 milioni. La pellicola si basa sulla versione dei suoi ex soci che lo accusano di averli accoltellati alle spalle

MILANO - «Quando metti su un'organizzazione con cinquecento milioni di amici inevitabilmente ti fai anche qualche nemico», minimizza Scott Rudin, uno dei produttori del film della Sony-Columbia su «Facebook» presentato in anteprima venerdì sera al Film Festival di New York. Ma «The Social Network», diretto da David Fincher («Seven», «Fight Club», «Zodiac», «Benjamin Button») e scritto da Aaron Sorkin (sceneggiatore di «The West Wing»), promette di diventare una spina piantata nel fianco dell'azienda Usa di maggior successo, quando, la settimana prossima, uscirà nelle sale americane. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ne esce, infatti, come uno studente di Harvard geniale ma i cui comportamenti sono deviati da rabbia e solitudine; uno pronto ad accoltellare alle spalle amici e partner e ad appropriarsi di idee altrui per di arrivare al successo. Il film si ispira a un libro, «The Accidental Billionaires» (miliardari per caso), nel quale Ben Mezrich ha raccolto le versioni dei soci iniziali di Facebook di cui Mark si è liberato mentre costruiva l'azienda. Soprattutto Eduardo Saverin, il «compagno di banco» che a Boston gli procurò tutti soldi necessari per decollare e che poi diventerà miliardario a Wall Street. Ma anche Sean Parker, il fondatore di Napster e Tyler e Cameron Winklevoss, due gemelli che avevano chiamato Zuckerberg per sviluppare insieme un nuovo sito web. Mark per un pò collaborò, poi andò via con le loro idee. Qualche anno fa i gemelli gli hanno fatto causa, ottenendo un indennizzo di 65 milioni di dollari.

Difficile dire, dalla «première» di un festival, se questo film cambierà la percezione di Facebook e del suo fondatore tra i «fan» della rete sociale. L'altra sera a New York il successo è stato grande, ma l'attenzione dei cronisti si è concentrata soprattutto su un maldestro tecnico del suono che, perdendo il controllo dell'asta che sorreggeva i microfoni sulla testa dei protagonisti del film, ha rischiato di ferire gravemente Justin Timberlake, l'attore che impersona Sean Parker. Zuckerberg non ne esce bene, ma il film va preso con le molle: mescola ricostruzione storica e «fiction» e racconta una storia nella quale non ci sono eroi, solo personaggi che si combattono l'un l'altro. Una storia post-moderna della civiltà digitale ma, nota qualche critico, animata dalle stesse passioni - lealtà, amicizia, lotta senza scrupoli per il successo - su cui si potrebbe costruire un film sull'antica Roma. Forse è proprio questo che i capi della società di Palo Alto temono di più: la società fatta dai giovani per i giovani che rompe con tutti i modelli del passato e per questo viene idealizzata da molti utenti che non si preoccupano più di cose come la difesa della loro «privacy», riportata a terra, raccontata come il luogo di una qualunque battaglia di potere. Dal mito a una livida realtà, si scivola verso la dura definizione del tecnologo e saggista Jaron Lanier, per il quale «Facebook riduce la vita a un database». Forse è anche per contrastare questo possibile effetto negativo che Zuckerberg ha deciso di donare ben 100 milioni di dollari alle scuole di Newark, in New Jersey. Un regalo enorme, il primo impegno filantropico di Zuckerberg. Lui nega secondi fini e il suo gesto è comunque un gesto generoso: in genere i benefattori diventano tali in età avanzata mentre Mark ha 26 anni.

Ma l'annuncio della donazione, fatto durante lo show di Oprah Winfrey nelle stesse ore della «première» di «The Social Network», è una coincidenza sospetta che ha alimentato polemiche. Del resto Facebook continua a crescere a perdifiato, sottraendo introiti pubblicitari alle grandi reti televisive e perfino a Google, ed è comprensibile che voglia evitare incidenti di percorso. Lunedì, alla Settimana della Pubblicità di New York, per il terzo anno consecutivo l'intervento più seguito sarà quello della direttrice generale di Facebook, Sheryl Sandberg. Nulla di strano se si considera che Facebook sta navigando verso i 550 milioni di utenti, 165 milioni dei quali sono negli Usa (più di un americano su due ha un «account» con la rete sociale) e che, secondo Zuckerberg, il traguardo del miliardo di seguaci è a portata di mano. Le polemiche, le indagini di varie «authority», le accuse di violare sistematicamente la «privacy» degli utenti per estrarre il maggior valore pubblicitario possibile dai dati personali dei frequentatori del «social network», non hanno frenato in alcun modo Facebook che ha appena archiviato un'altra settimana di record, suoi e del suo fondatore: Zuckerberg è stato collocato da Forbes al 35esimo posto della lista degli uomini più ricchi d'America, con un patrimonio stimato in 6,9 miliardi di dollari: sette posizioni sopra Steve Jobs di Apple, che, con 6,1 miliardi, è 42esimo. 100 milioni versati per una buona causa possono essere, così, un gesto gigantesco e disinteressato o un piccolo investimento per difendere l'immagine di un «brand» che rischia di perdere il suo fascino.

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