mercoledì 31 marzo 2010

[ZI100331] Il mondo visto da Roma

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Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 31 marzo 2010

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Il Papa: il Triduo pasquale introduce al tempo del "nuovo inizio"
La riflessione all'udienza generale nel Mercoledì Santo

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2009 (ZENIT.org).- Il Triduo pasquale costituisce il “fulcro dell'intero anno liturgico” e introduce al tempo del “nuovo inizio”. Così il Papa ha sottolineato il significato dei giorni nei quali la Chiesa celebra il mistero della passione, della morte e della risurrezione di Gesù.

Nella catechesi svolta in occasione dell'Udienza generale del mercoledì, in piazza San Pietro, Benedetto XVI ha spiegato che il preludio alle celebrazioni del Triduo è la Messa Crismale, durante la quale, Vescovo e presbiteri rinnovano le promesse sacerdotali.

Un gesto – ha detto – che “assume quest’anno, un rilievo tutto speciale, perché collocato nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, che ho indetto per commemorare il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars”.

Per questo il Santo Padre ha espresso nuovamente a tutti i sacerdoti l'auspicio che: “sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Cristo e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!’”.

Parlando quindi della celebrazione in Cena Domini, nella quale si fa memoria dell'istituzione dell'Eucaristia, il Papa ha ricordato che il Signore “si rende presente in modo reale col suo corpo donato e col suo sangue versato quale sacrificio della Nuova Alleanza”.

Al tempo stesso, ha continuato, egli costituisce “gli apostoli e i loro successori ministri di questo sacramento, che consegna alla sua Chiesa come prova suprema del suo amore”.

In questo senso, il gesto della lavanda dei piedi “rivela il suo amore sino alla fine, un amore infinito, capace di abilitare l'uomo alla comunione con Dio e di renderlo libero”.

La morte sulla Croce di Gesù che si consuma il Venerdì Santo, ha spiegato ancora Benedetto XVI, è connessa in modo “inscindibile” con l’Ultima Cena.

“Nella prima – ha riflettuto il Pontefice – Gesù dona il suo Corpo e il suo Sangue, ossia la sua esistenza terrena, se stesso, anticipando la sua morte e trasformandola in un atto d’amore”.

La morte, ha continuato, “viene da lui resa atto di comunicazione di sé, strumento di salvezza e proclamazione della vittoria dell’amore”.

Il Papa ha quindi richiamato il significato del “silenzio” del Sabato Santo, “tempo di attesa e di speranza”. Un silenzio che verrà squarciato dal canto dell'Alleluia che “annuncia la resurrezione di Cristo e proclama la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte”.

“Vi esorto pertanto a vivere intensamente questi giorni affinché orientino decisamente la vita di ciascuno all'adesione generosa e convinta a Cristo, morto e risorto per noi”, ha concluso il Santo Padre.

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Il Papa ai giovani dell'UNIV: testimoniate Gesù Cristo con gioia
Lettera dei ragazzi al Benedetto XVI: "grati per la presenza dei sacerdoti"

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2009 (ZENIT.org).- Circa 4.000 giovani partecipanti alla 43ª edizione del Forum UNIV hanno preso parte questo mercoledì mattina all’Udienza generale con Benedetto XVI, in Piazza San Pietro.

Il Santo Padre  ha salutato gli universitari, provenienti da diversi paesi, che partecipano al Congresso internazionale promosso dalla Prelatura personale dell’Opus Dei, sottolineando che “siete venuti a Roma in occasione della Settimana Santa per una esperienza di fede, di amicizia e di arricchimiento spirituale”.

Il titolo dell’UNIV 2010 è “Può il cristianesimo ispirare una cultura globale?”. A questo proposito, il Papa ha invitato i giovani a “riflettere sull’importanza degli studi universitari per formare quella ‘mentalità cattolica universale’ che san Josemaria descriveva così: ampiezza di orizzonti e vigoroso approfondimento di ciò che è perennemente vivo nell’ortodossia cattolica”.

“Si accresca in ciascuno – ha aggiunto – il desiderio di incontrare personalmente Gesù Cristo, per testimoniarlo con gioia in ogni ambiente”.

Al termine dell’Udienza, una delegazione degli universitari ha consegnato al Santo Padre una lettera di ringraziamento e di solidarietà, firmata dal presidente del Forum UNIV 2010, il giovane austriaco  Robert Weber: “Grazie per aver indetto quest’Anno sacerdotale per la Chiesa e per il mondo. Vediamo che molti colgono l’occasione di fatti dolorosi per la Chiesa e per il Papa per seminare dubbi e sospetti. A questi seminatori di diffidenza vogliamo dire con chiarezza che non accettiamo la loro ideologia. Li rispettiamo, ma esigiamo da loro il rispetto per la nostra fede e il riconoscimento del diritto che abbiamo di vivere da cristiani in una società pluralista”.

“Ognuno di noi - si legge ancora nella lettera -, anche chi non ha il dono della fede, conosce direttamente innumerevoli sacerdoti, cappellani universitari, parroci, direttori spirituali e confessori. Li conosciamo di prima mano, non attraverso i giornali, e siamo grati per la loro presenza disponibile, efficace, sacrificata, aperta a tutti. A tutti loro, e al Papa in primo luogo, vogliamo dire: grazie!”.

“Grazie, Santità, per il coraggio con il quale invita tutti i fedeli della Chiesa a seguire Cristo con una donazione totale senza lasciarci intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti – conclude la lettera –. E grazie a Dio, che ha donato al suo gregge un Pastore che fin dal primo momento ha detto che la Chiesa è giovane e viva più che mai”.

Gli incontri UNIV sono nati nel 1968 con l’ispirazione  e l’incoraggiamento di san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei. Da allora, tutti gli anni i partecipanti sono stati ricevuti dal pontefice, prima Paolo VI, poi Giovanni Paolo II.

I partecipanti, studenti universitari provenienti da 30 università italiane e più di 200 di tutto il mondo, lavorano lungo la settimana sul tema proposto nelle diverse attività culturali che si svolgono in vari luoghi di Roma: conferenze, colloqui, mostre, dibattiti, gruppi di studio, tavole rotonde.

La Prelatura dell'Opus Dei organizza attività di formazione cristiana di complemento al programma generale. L’incontro costituisce anche un'opportunità per conoscere la città di Roma seguendo le orme della storia della Chiesa sin dai primi secoli.

 

[Per maggiori informazioni: www.univforum.org/]

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Card. Levada al New York Times: riconsiderare gli attacchi contro il Papa
E' un uomo su cui il mondo "può e dovrebbe contare", afferma
del Cardinale William J. Levada*


CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- Nel nostro melting pot di popoli, lingue e background, gli americani non sono considerati esempi di "alta" cultura, ma possiamo essere orgogliosi della nostra passione per la giustizia. In Vaticano, dove lavoro attualmente, i miei colleghi - sia i confratelli Cardinali durante gli incontri che gli officiali nel mio ufficio - vengono da vari Paesi, continenti e culture. Scrivendo questa risposta oggi (26 marzo 2010), ho dovuto ammettere con loro di non essere fiero del quotidiano New York Times come esempio di giustizia.

Lo dico perché il Times di oggi presenta sia un lungo articolo della nota commentatrice Laurie Goodstein intitolato "Warned About Abuse, Vatican Failed to Defrock Priest" ("Avvertito degli abusi, il Vaticano non ha sospeso un sacerdote") che un editoriale di accompagnamento dal titolo "The Pope and the Pedophilia Scandal" ("Il Papa e lo scandalo della pedofilia"), in cui i redattori definiscono l'articolo della Goodstein un rapporto inquietante che fa da base alle proprie accuse contro il Papa. Sia l'articolo che l'editoriale mancano di qualsiasi ragionevole standard di giustizia che gli americani hanno ogni diritto di trovare - e si aspettano di trovare - nei loro media principali.

Nel primo paragrafo, la Goodstein si basa su quelli che descrive come "dossier rinvenuti di recente" per sottolineare ciò che il Vaticano (ad esempio il Cardinale Ratzinger e la sua Congregazione per la Dottrina della Fede) non ha fatto - "sospendere padre Murphy". Uno scoop, in apparenza. Solo dopo otto paragrafi di prosa altisonante la Goodstein rivela che padre Murphy, che ha abusato in modo orribile di circa 200 bambini audiolesi mentre lavorava in una scuola dell'Arcidiocesi di Milwaukee dal 1950 al 1974, "non solo non è mai stato processato o punito dal sistema giudiziario della Chiesa, ma ha anche ottenuto un 'lasciapassare' dalla polizia e dai procuratori che hanno ignorato i racconti delle vittime, in base ai documenti e alle interviste con queste ultime".

Nel paragrafo 13, tuttavia, commentando una dichiarazione di padre Lombardi (il portavoce vaticano) per cui il Diritto Canonico non proibisce ad alcuno di riportare casi di abuso alle autorità civili, la Goodstein scrive: "Non ha spiegato perché non sia mai accaduto in questo caso". Ha dimenticato, o i suoi revisori non hanno letto, ciò che ha scritto al paragrafo 9 sul fatto che Murphy ottenne "un 'lasciapassare' dalla polizia e dai procuratori"? In base al suo racconto, sembra chiaro che le autorità penali erano state informate, molto probabilmente dalle vittime e dalle loro famiglie.

Il resoconto della Goodstein rimbalza avanti e indietro come se non fossero passati circa vent'anni tra i racconti degli anni Sessanta e Settanta all'Arcidiocesi di Milwaukee e alla polizia locale e la richiesta di aiuto dell'Arcivescovo Weakland al Vaticano nel 1996. Perché? Il fulcro dell'articolo non riguarda i fallimenti da parte della Chiesa e delle autorità civili nell'agire correttamente in quel momento. Io, ad esempio, guardando questo rapporto, sono d'accordo sul fatto che padre Murphy meritasse di essere sospeso dallo stato clericale per il suo comportamento criminale, cosa che sarebbe stata la conseguenza normale di un processo canonico.

Il fulcro dell'articolo della Goodstein, però, consiste nell'attribuire il fatto di non aver proceduto alla sospensione a Papa Benedetto anziché alle decisioni diocesane dell'epoca. L'autrice usa la tecnica di ripetere le tante accuse di varie fonti (non ultime quelle del suo stesso giornale) e cerca di usare questi "dossier rinvenuti di recente" come base per accusare il Papa di indulgenza e mancanza d'azione in questo caso e presumibilmente in altri.

Dall'altro lato, mi sembra che abbiamo nei confronti di Papa Benedetto un grande debito di gratitudine per aver introdotto le procedure che hanno aiutato la Chiesa ad agire di fronte allo scandalo degli abusi sessuali sui minori da parte di sacerdoti. Questi sforzi sono iniziati quando il Papa era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e sono continuati dopo che è stato eletto Pontefice. Il fatto che il Times abbia pubblicato una serie di articoli in cui viene ignorato l'importante contributo che ha fornito - soprattutto nello sviluppo e nell'implementazione della Sacramentorum Sanctitatis Tutela, il Motu proprio di Giovanni Paolo II del 2001 - mi sembra tale da giustificare l'accusa di mancanza di giustizia che dovrebbe essere la caratteristica di ogni giornale che goda di buona reputazione.

Lasciatemi dire quella che a mio avviso sarebbe una giusta lettura del caso di Milwaukee. Le ragioni per cui la Chiesa e le autorità civili non hanno agito negli anni Sessanta e Settanta non sono apparentemente contenute in questi "dossier rinvenuti di recente". E il New York Times non sembra interessato a capire perché. Ciò che emerge, però, è questo: dopo quasi 20 anni come Arcivescovo, Weakland ha scritto alla Congregazione chiedendo aiuto per far fronte a questo caso terribile di gravissimi abusi. La Congregazione ha approvato la sua decisione di intraprendere un processo canonico, visto che il caso coinvolgeva istigazioni nella confessione - uno dei graviora delicta (crimini più gravi) per i quali la Congregazione aveva responsabilità di indagare e agire in modo appropriato.

Solo quando ha saputo che Murphy stava morendo, la Congregazione ha suggerito a Weakland di sospendere il processo canonico, visto che avrebbe implicato un lungo processo di acquisizione di testimonianze di una serie di vittime sorde e del sacerdote accusato. Ha quindi proposto misure per assicurare che venissero imposte appropriate restrizioni al suo ministero. La Goodstein suggerisce che questa azione implica "indulgenza" nei confronti di un sacerdote colpevole di crimini orribili. La mia interpretazione è che la Congregazione aveva capito che il complesso processo canonico sarebbe stato inutile se il sacerdote stava morendo. Di recente ho ricevuto una lettera non richiesta dal vicario giudiziario che presiedeva il giudizio nel processo canonico, che mi dice di non aver mai ricevuto alcuna comunicazione di sospendere il processo e che non sarebbe stato d'accordo con questa decisione. Ma padre Murphy nel frattempo era morto. Da credente, non ho dubbi sul fatto che Murphy si troverà davanti a Colui che giudica i vivi e i morti.

La Goodstein riferisce anche di quelle che chiama "altre accuse", relative alla riassegnazione di un sacerdote che aveva in precedenza abusato di bambini a un'altra Diocesi da parte dell'Arcidiocesi di Monaco, ma l'Arcidiocesi ha più volte spiegato che il Vicario Generale responsabile, monsignor Gruber, ha ammesso il suo errore nel compiere quell'assegnazione. E' anacronistico che la Goodstein e il Times sostengano che la conoscenza degli abusi sessuali che abbiamo nel 2010 avrebbe dovuto essere in qualche modo intuita da quanti detenevano l'autorità nel 1980. Non è difficilel per me pensare che il professor Ratzinger, nominato Arcivescovo di Monaco nel 1977, avrebbe fatto quello che fa la maggior parte dei nuovi Vescovi: permettere a chi era già incaricato di amministrare 400 o 500 persone di continuare a svolgere il lavoro che gli era stato assegnato.

Guardando indietro alla mia storia personale di sacerdote e Vescovo, posso dire che nel 1980 non avevo mai sentito alcuna accusa di abusi sessuali di questo tipo da parte di un sacerdote. E' stato solo nel 1985, quando assistevo come Vescovo ausiliare a un incontro della nostra Conferenza Episcopale Statunitense durante la quale vennero presentati dati sulla questione, che sono venuto a sapere di questi fatti. Nel 1986, quando venni nominato Arcivescovo di Portland, iniziai a far fronte personalmente alle accuse di abusi sessuali, e anche se la "curva di apprendimento" era rapida era anche limitata dai casi particolari presentati alla mia attenzione.

Ecco alcune cose che ho imparato da allora: molti bambini sono riluttanti a riferire casi di abusi sessuali da parte del clero. Quando si presentano da adulti, il motivo più frequente non è chiedere una punizione per il sacerdote, ma informare il Vescovo e il direttore del personale di modo che ad altri bambini possa essere risparmiato il trauma che hanno subito.

Nel trattare con i sacerdoti, ho imparato che molti presbiteri, di fronte alle accuse del passato, ammettono spontaneamente le proprie colpe. Dall'altro lato, ho anche imparato che non è rara la negazione, che in alcuni casi neanche i programmi terapeutici sono riusciti a far venir meno. Anche terapeuti professionisti non sono giunti a una chiara diagnosi in alcuni di questi casi; spesso le loro raccomandazioni erano troppo vaghe per essere utili. I terapeuti sono stati però molti utili alle vittime nel far fronte agli effetti a lungo termine degli abusi infantili. Sia a Portland che a San Francisco, dove ho affrontato casi di abusi sessuali, le Diocesi hanno sempre messo a disposizione fondi (spesso attraverso la copertura assicurativa diocesana) per la terapia delle vittime degli abusi sessuali.

Dal punto di vista delle procedure ecclesiastiche, l'esplosione della questione degli abusi sessuali negli Stati Uniti ha portato all'adozione, in un incontro della Conferenza Episcopale a Dallas nel 2002, di una "Carta per la Difesa dei Minori dagli Abusi Sessuali". Questo testo fornisce linee guida uniformi su come riportare gli abusi sessuali o sulle strutture di riferimento (Consigli che includono clero, religiosi e laici, compresi esperti), rapporti a un Consiglio nazionale e programmi educativi per parrocchie e scuole per aumentare la consapevolezza e la prevenzione degli abusi sessuali sui bambini. In molti altri Paesi le autorità ecclesiali hanno adottato programmi simili: uno dei primi è stato quello della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles in risposta al Rapporto Nolan, opera di una commissione di alto livello di esperti indipendenti nel 2001.

E' stato solo nel 2001, con la pubblicazione del Motu proprio di Papa Giovanni Paolo II "Sacramentorum Sanctitatis Tutela" (SST), che la responsabilità di guidare la risposta della Chiesa cattolica al problema degli abusi sessuali di minori da parte del clero è stata assegnata alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Questo documento papale è stato preparato per Papa Giovanni Paolo II sotto la guida del Cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Contrariamente a ciò che affermano alcuni media, l'SST non ha eliminato la responsabilità del Vescovo locale di agire nei casi di abusi sessuali sui minori da parte di chierici. Né, come altri hanno teorizzato, era parte di un progetto per interferire con la giuridizione civile in questi casi. L'SST ordina ai Vescovi di riferire accuse credibili di abuso alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che può aiutare i presuli ad assicurare che i casi vengano gestiti in modo appropriato, in base al diritto ecclesiastico applicabile.

Ecco alcuni progressi compiuti da questa nuova legislazione della Chiesa (SST). Ha previsto un processo amministrativo semplificato per arrivare a una sentenza, riservando l'iter più formale del processo canonico a casi più complessi. Ciò è stato particolarmente utile nelle Diocesi missionarie e di piccole dimensioni, che non hanno un forte complemento di giuristi canonici. Prevede l'erezione di tribunali interdiocesani per assistere le piccole Diocesi. La Congregazione ha la facoltà di derogare dalla prescrizione di un crimine per permettere di fare giustizia anche in casi "storici". L'SST ha inoltre emendato il Diritto Canonico nei casi di abusi sessuali stabilendo i 18 anni come limite di età di un minore per essere conforme al diritto civile in vigore in molti Paesi. Prevede un riferimento per i Vescovi e i superiori religiosi per avere consigli uniformi su come gestire i casi che riguardano i sacerdoti. Al di sopra di tutto, forse, c'è il fatto che ha definito i casi di abusi sessuali sui minori da parte dei chierici graviora delicta, crimini più gravi, come quelli contro i sacramenti dell'Eucaristia e della Penitenza, sempre affidati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ciò mostra la serietà con cui la Chiesa di oggi assume la propria responsabilità di assistere Vescovi e superiori religiosi per evitare che questi crimini vengano commessi in futuro e per punirli quando si verificano. Ecco un'eredità di Papa Benedetto che facilita enormemente il lavoro della Congregazione che ora ho l'onore di guidare, a beneficio di tutta la Chiesa.

Dopo la Carta di Dallas del 2002, sono stato nominato (all'epoca come Arcivescovo di San Francisco) per far parte di un team di quattro Vescovi che doveva ottenere l'approvazione da parte della Santa Sede delle "Norme Essenziali" che i Vescovi americani hanno sviluppato per permetterci di far fronte alla questione degli abusi. Visto che queste norme si intersecavano con il Diritto Canonico esistente, richiedevano un'approvazione prima di essere implementate come diritto particolare per il nostro Paese. Sotto la presidenza del Cardinale Francis George, Arcivescovo di Chicago e attualmente presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, il nostro team ha lavorato con esperti canonisti vaticani in molti incontri. Abbiamo trovato nel Cardinale Ratzinger e negli esperti che ha scelto perché ci incontrassero una cordiale comprensione dei problemi che affrontavamo come Vescovi americani. E' stato soprattutto grazie alla sua guida che siamo riusciti a far sì che il nostro lavoro si concludesse con successo.

L'editoriale del Times si chiede "come gli officiali vaticani non abbiano tratto lezioni dall'enorme scandalo negli Stati Uniti, dove in tre anni più di 700 sacerdoti sono stati sospesi". Posso assicurare il Times del fatto che il Vaticano non ignorava allora e non ignora oggi quelle lezioni, ma l'editoriale prosegue con i soliti pregiudizi: "Ma quando leggiamo l'inquietante rapporto di Laurie Goodstein... su come il Papa, mentre era ancora Cardinale, venne personalmente avvertito su un sacerdote... Ma i leader della Chiesa scelsero di difendere la Chiesa anziché i bambini. Il rapporto illustrava il tipo di comportamento che la Chiesa voleva scusare per evitare lo scandalo". Scusatemi, revisori. Perfino l'articolo della Goodstein, basato su "dossier rinvenuti di recente", pone le parole relative alla volontà di difendere la Chiesa dallo scandalo sulle labbra dell'Arcivescovo Weakland, non del Papa. E' proprio questo tipo di fusione anacronistica che penso giustifichi le mie accuse sul fatto che il Times, affrettandosi ad emettere un verdetto di colpevolezza, manca di giustizia nei confronti di Papa Benedetto XVI.

Come membro a tempo pieno della Curia Romana, la struttura di governo che adempie ai compiti della Santa Sede, non ho il tempo di far fronte agli articoli quasi quotidiani del Times, scritti da Rachel Donadio e altri, e men che meno allo scimmiottamento di Maureen Dowd dell'"inquietante rapporto" della Goodstein. Ma quando parliamo di un uomo con cui e per cui ho il privilegio di lavorare, come prefetto suo "successore", un Papa le cui Encicliche sull'amore, la speranza e la virtù economica ci hanno sorpresi e ci hanno fatto pensare, le cui catechesi quotidiane e le cui omelie della Settimana Santa ci ispirano, e sì, la cui azione per aiutare la Chiesa a far fronte efficacemente agli abusi sessuali sui minori continua ad aiutarci, chiedo al Times di riconsiderare il suo attacco contro Papa Benedetto XVI e di dare al mondo una visione più bilanciata di un leader su cui può e dovrebbe contare.

* Il Cardinal Levada è Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

Il testo è tratto dall'edizione on-line del Catholic San Francisco

[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]

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Benedetto XVI chiede rispetto, tolleranza e dialogo tra le religioni
Nelle intenzioni di preghiera per il mese di aprile
CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI chiede le preghiere dei credenti perché nei rapporti tra i credenti delle varie religioni prevalgano rispetto, tolleranza e dialogo.

Lo si legge nelle intenzioni di preghiera per il mese di aprile contenute nella lettera pontificia che il Papa ha affidato all'Apostolato della Preghiera per quest'anno.

L'intenzione generale di preghiera per il mese di aprile è: "Perché ogni spinta al fondamentalismo e alll'estremismo sia contrastata dal costante rispetto, dalla tolleranza e dal dialogo tra tutti i credenti".

Ogni mese si prega anche per un'intenzione missionaria. Quella di aprile recita: "Perché i cristiani perseguitati a causa del Vangelo, sostenuti dallo Spirito Santo, perseverino nella fedele testimonianza dell'amore di Dio per l'intera umanità".

L'Apostolato della Preghiera (www.adp.it) è un'iniziativa seguita da circa 50 milioni di persone nei cinque continenti.

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"La memoria e la speranza", una mostra sull'arte d'Abruzzo
Arredi liturgici da salvare dopo il sisma del 2009

di Mariaelena Finessi


ROMA, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- «È molto bello il significato simbolico di questo ritorno temporaneo, ad limen Petri, di oggetti che hanno conosciuto la tragedia del terremoto», così Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani accoglie la mostra "La memoria e la speranza" sul recupero degli arredi liturgici dell’Abruzzo colpito dal sisma lo scorso 6 aprile.

In esposizione, fino al 31 maggio, circa 200 esemplari dello straordinario patrimonio artistico e liturgico della regione abruzzese, provenienti dai luoghi simbolo della sua tradizione religiosa e culturale: i più interessanti arrivano dalla Cattedrale dell'Aquila, altri dall'Abbazia di Collemaggio dove è sepolto Papa Celestino V, dal Convento di San Giuliano, prima sede dal 1415 del Movimento dell'Osservanza, diffuso grazie all'operato di San Bernardino da Siena, e infine dal Convento e dalla Basilica di San Bernardino, dove è la tomba del grande Santo.

Le opere sono esposte con le loro "ferite" per far comprendere al pubblico lo stato in cui si trovano queste testimonianze preziose del connubio di arte e fede. Accoglierli nei Musei Vaticani «è allora un atto di pietà e di memoria – spiega Paolucci -, quella memoria che la Chiesa custodisce per coltivare la speranza e far dimorare, su di essa, la cultura».

«Questa mostra è, sì, uno sguardo al nostro passato – commenta monsignor Giuseppe Molinari, arcivescovo de L'Aquila -, un passato ricco di tesori d'arte ancora inesplorati, ma vuole essere anche un invito per gli abruzzesi a guardare avanti. La bellezza ha un sapore di eternità, non solo perché l'opera d'arte trionfa sull'azione demolitrice del tempo ma anche perché l'opera d'arte ricorda ad ogni generazione che siamo fatti per la bellezza».

Nel dettaglio, la mostra è organizzata in cinque sezioni, «in un progetto espositivo preesistente e quindi riciclato – spiega Sante Guido, uno dei curatori dell'evento – al fine di non sprecare altro denaro, da destinare invece ai restauri». La prima sezione comprende le opere provenienti dal territorio della diocesi de L'Aquila, come ad esempio la croce processionale da Sant'Eusanio Forconese, piccolo borgo medievale, opera di Amico di Antonio di Notaramico.

La seconda sezione è dedicata alla Basilica di San Bernardino, fulcro della religiosità aquilana: il santo è raffigurato con l'umile saio mentre mostra la tavoletta con il monogramma del Movimento dell'Osservanza nella nota effige dipinta da Sano di Pietro e voluta da San Giovanni da Capestrano. La terza sezione ha come protagonisti la figura di Papa San Celestino V e la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, da lui voluta e duramente segnata dal terremoto.

La quarta sezione costituisce il cuore dell'intera esposizione, dedicata alla Cattedrale de L'Aquila mentre l'ultima sezione presenta i manufatti preziosi provenienti da chiese delle aree limitrofe come la cassetta delle reliquie di San Franco Eremita, custodita ad Assergi ed esposta per la prima volta al pubblico.

La mostra offre anche importanti risvolti scientifici, poiché lo studio delle opere da presentare in esposizione ha consentito di scoprire nuove ed inedite opere del famoso orafo abruzzese Nicola da Guardiagrele, nonché di ritrovare parte di un reliquiario da lungo tempo disperso. Tante altre sono le novità: ad esempio, per la prima volta in assoluto ed eccezionalmente presentati insieme, vengono esposti la tavoletta (quella originale con un sole d’oro su fondo blu) ed il saio di San Bernardino; mentre la “Madonna con Bambino” di Saturnino Gatti, danneggiata durante la mostra del G8, è ritornata alla sua originaria bellezza grazie all’Istituto Superiore del Restauro.

L’esposizione, unica nel suo genere, ha inoltre una ragione nobile: sensibilizzare i visitatori dei Musei Vaticani a partecipare al restauro con micro sponsorizzazioni accessibili anche a singoli privati cittadini. Ogni singolo visitatore può contribuire infatti al restauro e alla conservazione dei diversi oggetti, adottando un'opera d'arte da salvare attraverso il versamento di una somma, anche minima, sul conto corrente bancario intestato a: ARCIDIOCESI DELL'AQUILA - IBAN: IT 33 Q 05584 03200 000000061704, attivo presso Banca Popolare di Milano Ag. 251 – Roma.

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Pellegrinaggio ad Ars e Lourdes dei Cappellani ospedalieri cattolici
Dal 14 al 19 aprile prossimi
ROMA, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- Saranno Ars e Lourdes, in Francia, le mete del Pellegrinaggio dei Cappellani ospedalieri cattolici in programma dal 14 al 19 aprile prossimi.

L’iniziativa, organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, sarà guidata dall’Arcivescovo Zygmunt Zimowski e da monsignor José L. Redrado, O.H, rispettivamente Presidente e Segretario del Dicastero dedicato alla Pastorale della salute.

Il pellegrinaggio è stato programmato in occasione del 25° anniversario dell’istituzione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e in concomitanza con l’Anno Sacerdotale in corso.

Le conferenze e le meditazioni saranno guidate, fra gli altri, dal Vescovo di Ozieri, monsignor Sergio Pintor, già Coordinatore nazionale per la pastorale sanitaria della Conferenza Episcopale Italiana, e dal mariologo padre Stefano de Fiores S.M.M.

Circa 60 sono i cappellani, religiosi e diocesani, che vi prenderanno parte in rappresentanza di dodici Paesi e quattro continenti: Asia, Africa, America Meridionale ed Europa.

La complessa logistica del pellegrinaggio sarà curata dall’UNITALSI, che ha già generosamente contribuito all’attuazione di molti degli eventi realizzati in occasione della XVIII Giornata  Mondiale del Malato, celebrata l’11 febbraio scorso.

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Monsignor Shomali, Vescovo ausiliare del Patriarca Latino di Gerusalemme
GERUSALEMME, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato monsignor William Shomali, sacerdote e Cancelliere del Patriarcato Latino, Vescovo Ausiliare del Patriarca Latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, ha reso noto la "Radio Vaticana" questo mercoledì.

Monsignor Shomali è nato a Beit Sahour (Palestina) nel 1950 ed è stato ordinato sacerdote nel 1972.

Ha servito per 8 anni in alcune parrocchie della Giordania, per 19 anni è stato professore, poi Decano degli studi teologici e inoltre Rettore del Seminario di Gerusalemme. In seguito è stato per altri 7 anni Amministratore Generale del Patriarcato Latino. Ha anche animato per molti anni la Commissione per la Liturgia e la Musica Sacra.

Ha conseguito il Dottorato in Liturgia presso la Pontificia Università Sant'Anselmo di Roma e continua a insegnare questa materia al Seminario di Beit Jala. Ha conseguito anche la Licenza in Letteratura inglese presso l'Università Yarmouk, in Giordania.

"Sono commosso per la fiducia riposta in me dal Santo Padre, dal Patriarca di Gerusalemme e dai sacerdoti della mia Diocesi", ha dichiarato monsignor Shomali venendo a sapere della sua nomina.

"Prometto di voler essere un fedele servitore di Cristo e del mio popolo, di consacrare tutte le mie forze per sostenere la fede e la speranza dei fedeli, rafforzare il dialogo ecumenico ed interreligioso e lavorare per la pace e la riconciliazione in questa Terra Santa, lacerata da un conflitto plurisecolare", ha aggiunto.

Diffondendo l'annuncio della nomina, il Patriarca Twal ha espresso la propria soddisfazione e ha chiesto ai fedeli di accompagnare con le loro preghiere il nuovo Vescovo, soprattutto in questa Settimana Santa.

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Notizie dal mondo


Campagna laica internazionale di sostegno al Papa e ai sacerdoti
Promossa dall'associazione E-Cristians
BARCELLONA, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- "Sacerdoti, coraggio! Abbiamo bisogno di voi. Confidiamo in voi. Vi affidiamo i nostri figli", indica un messaggio che laici di vari Paesi stanno inviando ai sacerdoti e diffondendo attraverso le reti sociali.

L'iniziativa è nata questo martedì ad opera dell'associazione E-Cristians per combattere la "campagna reale e molto evidente che presenta il Papa e i sacerdoti per quello che non sono", ha spiegato a ZENIT il presidente, Josep Miró i Ardèvol.

I promotori dell'iniziativa credono che "se ogni laico si mostrasse un po' attivo l'azione potrebbe avere un effetto moltiplicatore", e sperano che "un'ondata di fiducia nei nostri sacerdoti e nel Papa riempia il mondo".

"Esiste una campagna che vuole presentare come normali quelli che sono fatti eccezionali accumulati nel corso del tempo, manipolando dati e avvenimenti", indica uno dei messaggi di sostegno che hanno cominciato a circolare su Internet.

"Pensiamo che sia il momento che noi laici manifestiamo la nostra opinione, ciò che pensiamo, la fiducia che abbiamo nei loro confronti e il fatto che abbiamo bisogno di loro, e gliela facciamo arrivare direttamente", ha spiegato Miró.

"Crediamo che questa campagna possa incidere su alcuni sacerdoti perché all'improvviso si trovano di fronte a una specie di dito accusatore che viene a dire loro che sono un focolaio di delinquenza, e di un crimine molto grave".

Il presidente di E-Cristians ha spiegato che "negli Stati Uniti, dove ci sono stati più sacerdoti denunciati - e una trasgressione della presunzione di innocenza -, c'è stata una media di meno di otto casi all'anno, che decresce negli ultimi dieci anni".

Ciò avviene in un Paese di 300 milioni di abitanti, in cui solo nelle scuole cattoliche - senza contare parrocchie e altri centri - ci sono due milioni e mezzo di bambini.

"In Germania, il 99,96% dei crimini di pederastia denunciati è opera di laici - ha continuato Miró -. Non ho visto alcun quotidiano interrogarsi su questa percentuale".

"La pederastia è una tentazione, un male degli uomini di questa società - ha denunciato -. La presenza di questo male tra i sacerdoti è infinitamente minore che nel resto della società, e non parliamo delle persone che si dedicano all'insegnamento".

"Nessuno, però, ha mai detto che i professori hanno connotazioni pedofile", ha osservato.

In questo senso, Miró si è riferito a uno studio del 1994 realizzato in Spagna, secondo il quale il 25% delle bambine e il 10% dei bambini ha subito abusi da parte dei docenti.

"E' una percentuale molto più alta di quella dei sacerdoti, ma nessuno vi ha prestato attenzione; è quindi in atto una campagna, con manipolazione di dati e loro uso malintenzionato".

Il presidente de E-Cristians, membro del Pontificio Consiglio per i Laici, ritiene che questa campagna di discredito nasca soprattutto in area anglosassone.

A questo proposito, ha sottolineato "due mezzi di comunicazione particolarmente importanti: in Inghilterra la BBC, negli Stati Uniti il New York Times".

"Sono i due riflettori che schiacciano da anni la Chiesa su questo tema, pur non essendo gli unici", ha dichiarato.

Nel caso dell'Europa, gli attacchi sono più dispersi, ha ricordato Miró, denunciando anche "lo sforzo, da parte di alcuni mezzi di comunicazione e di certe persone, tra cui Hans Küng, di mettere a fuoco casi in Germania con l'obiettivo di danneggiare prima Ratzinger e ora il Papa".



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Un numero telefonico per aiutare le minoranze religiose del Pakistan
Annuncio del Presidente del Paese
ISLAMABAD, martedì, 30 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il Presidente del Pakistan, Ali Zardari, ha annunciato l'istituzione di un numero telefonico d'emergenza per aiutare le minoranze religiose oppresse, ha riferito l'agenzia delle Missioni Estere di Parigi Eglises d'Asie (EDA).

Il 22 marzo scorso, Zardari ha annunciato l'avvio di questa linea direttamente collegata al Ministero delle Minoranze.

I membri delle minoranze religiose del Paese vittime della violenza potranno usarla per denunciare gli atti che subiscono e chiedere aiuto alle autorità.

La notizia giunge in un contesto caratterizzato da vari casi di atroce violenza commessi contro i cristiani dai musulmani.

Il Presidente del Pakistan, vedovo dell'ex Primo Ministro Benazir Bhutto, assassinata, vive chiuso nel palazzo presidenziale tra imponenti misure di sicurezza per paura degli attentati.

Ali Zardari ha chiesto al Ministro delle Minoranze, Shahbaz Bhatti, che è cattolico, che i contatti tra il Ministero e il suo gabinetto si realizzino in modo molto stretto per favorire la rapida reazione delle autorità in caso di necessità.

Ha anche chiesto la creazione di una commissione nazionale interreligiosa incaricata di discutere con il Governo i temi che impediscono l'armonia interreligiosa nel Paese.

Per i responsabili della comunità cristiana del Pakistan, questi annunci sono benvenuti e vanno nella giusta direzione, soprattutto se permettono alle minoranze religiose di farsi ascoltare dalla polizia, che molto spesso rifiuta di registrare le denunce delle vittime di questo tipo di violenza.

Gli stessi responsabili considerano anche che la reazione delle massime autorità è debole e giunge in ritardo rispetto ai fatti degli ultimi giorni.

Il segretario esecutivo della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Pakistan ha lamentato in particolare il silenzio del Ministro Shahbaz Bhatti, segnalando che il Governo "finora non ha preso le misure necessarie per prevenire la violenza commessa contro le minoranze e perseguire chi la commette".

Negli ultimi giorni, gli atti di violenza contro i cristiani sono stati numerosi ed efferati.

Il 22 gennaio, una bambina cattolica di 12 anni è morta per i maltrattamenti inflitti dal suo datore di lavoro, un potente avvocato musulmano di Lahore, che in seguito è stato accusato del delitto.

Un'altra giovane cristiana è stata uccisa il 10 marzo da una donna che gestisce un bordello e che l'aveva venduta a un musulmano tentando di convertirla a forza all'islam per fargliela sposare.

Incinta, la ragazza ha avuto la forza di spiegare il suo calvario alla polizia, ma non ha voluto registrare la sua denuncia.

Il "marito", dopo essersi reso conto della sua iniziativa, l'ha bruciata viva cospargendola di benzina.

Il 23 marzo è stata spezzata la vita di un'intera famiglia di cristiani al servizio di un ricco musulmano di Rawalpindi.

Arshed Masih e sua moglie Martha lavoravano da cinque anni per lo sceicco Mohammad Sultan, lui come autista e lei come domestica.

Sultan ha chiesto loro di convertirsi all'islam se volevano restare al suo servizio. Di fronte al rifiuto dei coniugi, si sono succedute le minacce e la coppia è stata accusata del furto di alcuni oggetti di valore.

Arshed Masih è stato bruciato vivo dal suo datore di lavoro il 19 marzo, sua moglie è stata violentata da alcuni agenti di polizia che vivono di fronte alla residenza di Mohammad Sultan.

Dopo tre giorni di agonia, Arshed Masih è morto nell'ospedale della Sacra Famiglia di Rawalpindi.

Aveva 38 anni e ha lasciato tre figli tra i 7 e i 12 anni, che ha quanto pare hanno assistito al calvario dei genitori.

Anche nelle zone tribali che confinano con l'Afghanistan alcuni membri delle minoranze religiose hanno subito atti violenti.

Alla fine di febbraio, due fedeli sikh sono stati sequestrati e poi decapitati, visto che le loro famiglie, di poveri agricoltori, non potevano pagare il riscatto richiesto.

Il 10 marzo, nella provincia della frontiera del nord-est, un commando sospettato di appartenere ai talebani ha fatto irruzione in alcuni locali occupati dal personale di World Vision.

Sei impiegati pakistani di questa ONG di ispirazione cristiana sono morti e altri sette sono rimasti feriti.



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Segnalazioni


"I Venerdì di Propaganda": la morte e i funerali di Giovanni Paolo II
Il 9 aprile prossimo alla Libreria Internazionale Paolo VI di Roma
ROMA, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il 9 aprile prossimo, alle ore 17.30, per “I Venerdì di Propaganda: Temi e Autori” organizzati dalla Libreria Editrice Vaticana in Via di Propaganda 4, a Roma, nella Libreria Internazionale Paolo VI, Giovanni Tridente presenterà il suo libro “La morte e i funerali di Giovanni Paolo II. Analisi qualitativa di un evento mediatico”.

A coordinare l'incontro sarà la scrittrice Neria De Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari e direttrice ad Alghero del periodico “Salpare”.

A cinque anni dalla morte e dai funerali di Giovanni Paolo II, il libro ripercorre le tappe comunicative più significative di quei momenti, dando conto di come i “vaticanisti” italiani hanno raccontato gli ultimi momenti di vita del Papa polacco.

Giovanni Tridente ha ottenuto la licenza in Comunicazione Sociale Istituzionale presso la Pontificia Università della Santa Croce conseguendo anche il dottorato nella medesima disciplina.

Dal 2002 è iscritto all’albo dei giornalisti ed è Direttore responsabile di alcune testate tra cui la rivista degli studenti delle Università Pontificie di Roma, Synthesis.

Attualmente è professore incaricato di Etica Informativa e Legislazione di stampa presso l’Università Santa Croce e responsabile dell’Ufficio Stampa della medesima istituzione. Nel 2006 ha pubblicato Attacco all’informazione. Un approccio etico alla copertura mediatica del terrorismo (Apollinare Studi).

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Interviste


Come i "vaticanisti" hanno raccontato la morte e i funerali di Wojtyla
2000 gli articoli analizzati, scritti da oltre 650 giornalisti presenti sul campo

di Jesús Colina

ROMA, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- A cinque anni dalla morte e dai funerali di Giovanni Paolo II (aprile 2005), un libro ripercorre le tappe comunicative più significative di quei momenti, dando conto di come i giornalisti vaticanisti italiani hanno raccontato gli ultimi momenti di vita del Papa polacco.  

Pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, La morte e i funerali di Giovanni Paolo II nella stampa italiana è stato scritto dopo aver assistito alla grande mobilitazione di gente proveniente da tutto il mondo. Lo scopo era di comprendere le ragioni di un avvenimento planetario del tutto inatteso fino a quel momento, secondo soltanto alla tragedia dell’11 settembre in termini di attenzione mediatica. 

i tratta senza dubbio dei prodromi di quella che è poi diventata la devozione popolare più estesa di tutti i tempi, verso uno dei personaggi che hanno fatto la storia dell’ultimo secolo. Insomma, le ragioni per cui oggi la gente attende con ansia la beatificazione di Giovanni Paolo II sono da ricercare proprio negli eventi dell’aprile del 2005, a partire dall’indimenticabile grido del Santo Subito, quando qualcosa è cambiato, o meglio si è consolidato nel rapporto tra Wojtyla e il suo popolo. 

ZENIT ha intervistato l’autore, Giovanni Tridente, professore incaricato di Etica informativa e legislazione di stampa presso la Pontificia Università della Santa Croce. 

Professore, quali sono i risultati più interessanti che il libro veicola? 

Tridente: Direi innanzitutto il totale degli articoli analizzati, che ammonta a circa 2000 unità suddivise tra le quattordici più importanti testate italiane (Avvenire, Corriere della Sera, Il Foglio, il Giornale, il Manifesto, Il Messaggero, Il Sole 24 Ore, Il Tempo, la Repubblica, La Stampa, Liberazione, Libero, L’Osservatore Romano, l’Unità). I due quotidiani che hanno dedicato più servizi e riservato maggiore spazio ai diversi eventi e celebrazioni sono la Repubblica e il Corriere della Sera, che superano il 14% del campione. 

Vi è poi la grande quantità di  autori che in tutto il periodo hanno siglato almeno un articolo. Si tratta di un esercito di oltre 650 persone tra “vaticanisti” – la maggioranza –, politici, ecclesiastici ed esponenti del mondo della cultura. Tra questi vi è anche l’autrice più giovane, Maria Vittoria di Viterbo, che all’età di soli 9 anni, il 4 aprile del 2005 pubblica sulla prima pagina de Il Tempo una lettera indirizzata al Pontefice defunto. 

Sul piano strettamente redazionale, vi è un 7% di reportage realizzati tra la gente, a dimostrazione che il giornalista è stato a contatto diretto con le persone e i luoghi dell’evento, senza perdersi quei dettagli sicuramente emozionanti, poi assumibili dai rispettivi servizi.  

Altro dato significativo è che il 22% dei testi parla del Papa e della Chiesa in una chiave completamente positiva, tessendone in un certo senso le “lodi”, mentre solo un risicato 2% presenta l’immagine del Pontificato sotto una luce negativa criticando espressamente la Chiesa. Si tratta di semplici testi di background scritti ad esempio da opinionisti di un determinato orientamento ideologico che non hanno mai condiviso le linee e le peculiarità del magistero papale. 

Che riflessioni si possono trarre circa il comportamento della stampa registrato in quei giorni? 

Tridente: Colpisce senza ombra di dubbio la capacità della stampa, quella cosiddetta “laica”, di soffermarsi sul tema della sofferenza di Giovanni Paolo II, dettagliando i confini di ciò che è risultato essere un vero è proprio “Vangelo del dolore”, che i media stessi riconoscono come tale. 

Grazie anche all’attenzione dei giornali e delle televisioni, la testimonianza e la schiavitù della malattia di Papa Wojtyla non sono rimaste lettera morta; hanno dato vita ad un clima di buoni propositi, con le migliaia di persone che dopo aver ascoltato e visto ciò che accadeva, si sono sentite mosse da affetto, pietà, compassione e solidarietà nei confronti del Santo Padre.  

In questa linea, non va neppure trascurata l’abilità e la volontà dei giornali di inquadrare la mobilitazione delle masse che invadevano San Pietro nel contesto di un pellegrinaggio di fede. Non poche cronache hanno parlato, infatti, di Chiesa in cammino, viva e giovane!

Persino i cosiddetti “grandi della terra”, la folta delegazione dei Capi di Stato, sono rimasti oscurati dall’imponenza del potere vero delle persone, scaturito dalla forza del loro amore, dal coraggio delle loro idee, della loro fede e della speranza dei loro animi che la stampa non ha potuto far altro che constatare e rilanciare. 

 Dei funerali, poi, sconvolge non solo la folla, ma anche la solennità del rito, con tutti i suoi simboli, dal crocifisso al libro dei Vangeli. Interessanti in tal senso le interpretazioni date proprio alla struggente immagine del libro del vangelo sfogliato da un vento impetuoso, dirompente, come dirompente sarebbe stato “per la Chiesa e per il mondo l’intero pontificato appena concluso”. 

Chi è stato dunque ad imporre l’agenda dei media? 

Tridente: Possiamo affermare con assoluta certezza che i vari organi di stampa non hanno trascurato alcun particolare della serie di eventi e celebrazioni dell’aprile del 2005, e non poteva essere altrimenti vista la popolarità di Wojtyla ed il fatto che lui non ha mai evitato i mezzi di comunicazione, neppure quando potevano risultargli sconvenienti, consapevole che attraverso di loro poteva raggiungere direttamente le persone. 

A dettare l’agenda dei media è stato senz’altro Giovanni Paolo II, che con la sua testimonianza – in una società che guarda al successo, alla bellezza e al divertimento – ha consentito a tutti di riflettere sul valore della sofferenza e della morte. Attraverso i giornali e le televisioni ha quindi ribadito come lo stesso dolore e la stessa morte, se ben vissuti, possono “addirittura” acquisire dignità. 

Un ruolo chiave lo ha rivestito anche la gente comune, le singole persone convenute a Roma cariche delle loro storie personali ed ansie spirituali. La folla è stata la protagonista inattesa che mentre si domandava il senso dell’esistenza e onorava la grandezza dell’uomo Wojtyla ha spinto i mezzi di comunicazione a porsi nuove domande e a ridare patria sui giornali alla religione, alle testimonianze di fede, alle preghiere, al significato della Messa… 

Mi piace dire che si è trattato di una festa della comunicazione, sia umana che religiosa, di cui sono state protagoniste le persone, a cominciare dal Papa, con la folla e i giornalisti, e da cui ne è uscita beneficiata la religione, il senso del sacro e l’immagine del papato. 

Si può dire che la morte e i funerali di Giovanni Paolo II siano stati l’atto di evangelizzazione più importante della vita del pontefice? 

Tridente: Guardando a quanto accaduto e all’eco che ancora oggi conservano quei momenti, insieme alle sempre più crescenti espressioni di devozione popolare, si può affermare senza tema di smentita che la morte e i funerali del Papa polacco sono stati l’approdo naturale della sua testimonianza di vita ed hanno confermato, ove mai ci fossero ancora dubbi, lo spirito missionario di servizio alla Chiesa e la fiduciosa, totale e filiale donazione al Signore del Servo di Dio Giovanni Paolo II.  

Si tratta di immagini e sentimenti tuttora vivi nell’animo dei milioni di individui nel mondo che “quel giorno c’erano”, e siamo certi che al solo pensiero i loro cuori ancora vibrano in un personale e segreto sussulto.   

 


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"La pace, e quindi l'Europa, ci viene affidata ogni giorno"
Parla il presidente del comitato organizzatore de "Il Nove in Europa"
di Anita S. Bourdin

ROMA, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il 60° anniversario della Dichiarazione di Robert Schuman, allora Ministro degli Esteri francese, il 9 maggio 1950, è l'occasione per un incontro di cristiani europei a Verdun e Metz, in Francia, dal 7 al 9 maggio, Il Nove in Europa.

Sarà l'occasione per "testimoniare all'Europa che la Chiesa è al suo fianco", spiega padre Cédric Burgun, presidente del Comitato organizzatore, sottolineando la responsabilità di ogni cristiano: "La pace, e quindi l'Europa, ci viene affidata ogni giorno".

Ogni giorno la Festa dell'Europa, il 9 maggio, ricorda la Dichiarazione di Robert Schuman. Perché si convoca quest'anno "Il Nove in Europa", perché celebrare questo 60° anniversario?

Burgun: L'Europa vive da 60 anni un periodo di pace che non ha conosciuto dai tempi del trattato di Verdun! I Padri dell'Europa ci hanno lasciato questo bene inestimabile e spetta a noi prenderne coscienza. Molti nostri contemporanei hanno perso il senso della storia e non se ne rendono conto. Sicuramente l'Europa non ha solo aspetti positivi, ma ha il merito di aver pacificato il nostro continente. Celebrare questo anniversario vuol dire accogliere questo dono da un lato con riconoscenza, dall'altro anche con una certa consapevolezza: la pace, e quindi l'Europa, ci viene affidata ogni giorno.

Le Diocesi di Metz e Verdun, particolarmente segnate dalle questioni europee nella loro storia e geografia, desiderano sottolineare questo anniversario e proporre così un impegno europeo più forte. La presenza in Lorena di un Padre dell'Europa, Robert Schuman, non può lasciarci indifferenti di fronte alla causa europea.

A chi si rivolge questo congresso?

Burgun: "Il Nove in Europa" si rivolge a tutti i cristiani europei desiderosi di riflettere insieme sul nostro impegno in Europa. C'è quindi una forte dimensione ecumenica, e daremo la parola a rappresentanti di altre confessioni cristiane. I cristiani non possono chiamare l'Europa alla pace e all'unità se non danno l'esempio, se essi stessi non intraprendono il cammino. E' il nostro primo impegno.

Dall'altro lato, questo incontro si rivolge in modo particolare ai religiosi e alle religiose d'Europa. Perché? In Europa sono 400.000 e vivono in veri "laboratori", anche esempi, di vita fraterna e comunitaria. Mi anima quindi una convinzione: i religiosi, che vivono un po' l'eccellenza della vita cristiana, hanno una testimonianza da darci su questo "vivere insieme" che è diventato il leitmotiv dell'Europa fin dall'inizio: In varietate concordia (Nella diversità, la concordia). Questo "vivere insieme" sarà il nostro tema generale.

Il nostro incontro si rivolge poi anche ai "politici" che vogliono dialogare con noi su questi argomenti importanti. L'Europa vuole l'impegno dei cristiani, così come lo vuole la politica. Questo dialogo oggi è fondamentale. Se è necessario, ci sarà la traduzione simultanea: tutti gli interventi saranno in francese.

Quali personalità hanno già risposto all'appello, dall'Europa ma anche dal Vaticano?

Burgun: Molti hanno già risposto, e me ne rallegro. Ad esempio, il Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e il Cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata. Avremo anche il piacere di avere il postulatore ufficiale della causa di beatificazione di Robert Schuman, padre Bernard Ardura, presidente della Pontificia Commissione di Scienze Storiche. Ci sarà anche monsignor Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa. Attendiamo un alto rappresentante ortodosso, così come monsignor Kenneth Letts, vicario generale per gli anglicani in Francia.

Accoglieremo personalità politiche: Vaira Vike-Freiberga, ex presidente della Repubblica di Lettonia, e Alojz Peterle, ex Primo Ministro della Slovenia e deputato europeo. Entrambi interverranno con delle conferenze.

Hanno risposto al nostro appello anche il Cardinale André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi, presidente della Conferenza Episcopale di Francia, Vescovi tedeschi e uomini politici francesi che desideravano stare accanto alla Chiesa in questo anniversario.

Nel momento in cui lo scetticismo sulla costruzione dell'Europa sembra dominare in un certo numero di cristiani, l'iniziativa "Il Nove in Europa" può essere attraversata dalla stessa audacia di quella di Schuman?

Burgun: Abbiamo voluto celebrare l'Europa! E già questo, forse, è audace. Incontro molti cristiani che mi chiedono perché celebrare l'Europa, perché festeggiare l'Europa, ma bisogna ricordare che l'ambiente politico e anticlericale dell'epoca di Schuman non era per forza migliore di quello di oggi. Questo gli ha impedito di impegnarsi, di investire? Gli ha impedito di sognare un'Europa unita e riconciliata? No. Ha visto i difetti ed è andato avanti. Noi adduciamo spesso la mancanza di ascolto e la mancanza di accoglienza delle nostre parole da parte dei politici per non impegnarci. Bisogna ragionare in un altro modo. Vogliamo tornare a dire e a testimoniare all'Europa che la Chiesa è al suo fianco, che la esorta e la vuole aiutare, consapevole che ci sono cose da trasformare.

In tutte le sue componenti, incluse quelle religiose, "Il Nove in Europa" è stato riconosciuto come "Progetto europeo" ufficiale della Commissione Europea e ora fa parte del programma "L'Europa dei cittadini", della Direzione Generale "Educazione, Audiovisivi e Cultura". Che cosa le ispira questo riconoscimento?

Burgun: Questo riconoscimento sottolinea che c'è una vera volontà di partnership da parte dell'Europa. La Chiesa agisce anche per l'educazione e la cultura, l'unità e la pace europee. A Bruxelles sono in attesa di questo tipo di iniziativa "cittadina" e non hanno paura di farsi coinvolgere in un progetto come questo, nel momento in cui tale progetto è sufficientemente aperto ed europeo. Credere che il finanziamento europeo non voglia altro che progetti laici è disconoscere il funzionamento delle istituzioni. Vogliono stare al nostro fianco e sostenerci. Sta a noi saper scegliere le occasioni!

Questo incontro si svolgerà ai confini di Francia, Germania e Lussemburgo. Quali sono gli appuntamenti principali?

Burgun: Apriremo il nostro "pellegrinaggio" a Verdun, luogo di riconciliazione franco-tedesca, il pomeriggio di venerdì 7 maggio alla presenza delle autorità civili locali e forse anche di alcune autorità nazionali. Ci accompagnerà il Nunzio Apostolico in Francia, monsignor Luigi Ventura. Ci sarà una retrospettiva storica della costruzione europea e della vita di Robert Schuman; seguiranno la conferenza "ortodossa", i vespri ortodossi e infine un concerto di musica sacra.

Sabato mattina andremo a pregare a Douaumont, l'ossario costruito per la memoria, per la celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinal Rodé nella Cattedrale di Verdun; passeremo poi a Scy-Chazelles, alla cappella funeraria di Robert Schuman e alla sua casa, poi alla Cattedrale di Metz per gli interventi pomeridiani, da parte del Cardinal Tauran e della signora Vike-Freiberga. Sabato sera ci sarà un "luce e suono" per celebrare questo anniversario.

La celebrazione solenne del 9 maggio avrà luogo la domenica nella Cattedrale di Metz, per accogliere più persone possibile. Al mattino ci sarà un intervento di monsignor Letts, poi la Messa solenne, con l'omelia del Cardinale André Vingt-Trois. Nel pomeriggio ci saranno gli interventi di monsignor Giordano e del signor Peterle. I vespri concluderanno il nostro incontro. Ci sarà anche un importante messaggio di speranza inviato solennemente a tutti gli europei in quel giorno, ma c'è un'altra sorpresa... bisogna venire!

Il processo di riconciliazione e di pace sembra avere ancora difficoltà in Europa: contenziosi nei Balcani, divisione di Cipro, ma anche grandi disuguaglianze economiche e sociali, con la delocalizzazione delle industrie e l'emigrazione dall'Est all'Ovest. Schuman ha qualcosa da dire a questa Europa dei 27?

Burgun: Sessant'anni fa Schuman ha proposto un atto di riconciliazione. Non dobbiamo affrettarci a credere che questo tema appartenga alla storia. Ci sono sfide di riconciliazione che attendono oggi e domani l'Unione Europea. Giovanni Paolo II, in un discorso dell'11 ottobre 1988 al Parlamento Europeo, aveva già segnalato tre sfide lanciate all'UE in cui l'argomento principale è la riconciliazione: dell'uomo con il creato, e qui penso soprattutto alle sfide ecologiche ed energetiche che ci attendono; dell'uomo con i suoi simili - questo impegno nell'incontro dell'altro e della sua cultura; dell'uomo con se stesso, in particolare con tutte le sfide della bioetica.

Che cosa faremo di queste sfide? Che cosa faremo della pace?

Che cosa bisogna fare per sapere di più de "Il Nove in Europa", e soprattutto per iscriversi?

Burgun: Il programma dettagliato e completo si trova sul sito Internet dell'evento: http://www.le9eneurope.eu/it/.

Sabato 8 maggio c'è un programma speciale dedicato ai giovani, e avremo la veglia del sabato sera in comune.

Tutte le proposte sono totalmente gratuite e aperte al maggior numero possibile di persone. Ad ogni modo, se si vuole beneficiare di autobus, alloggio a Verdun e Metz e pasti ci si può iscrivere. Ci sono ancora posti!

Per qualsiasi informazione, info@9mai2010.eu.




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Notizie Flash


Dalla Terra Santa la Pasqua on line

GERUSALEMME, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).- A partire da martedì, il Franciscan Multimedia Center (FMC), centro di produzione televisivo promosso dalla Custodia di Terra Santa e H2onews, www.h2onews.org, agenzia informativa cattolica multimediale, in 9 lingue, trasmetteranno, attraverso le loro pagine web, i principali eventi della Settimana Pasquale, che si svolgeranno in Terra Santa.

Oltre ai servizi informativi giornalieri, sarà possibile seguire in diretta, Giovedì Santo, la veglia dell’Ora Santa, dal Getsemani, nei luoghi dell’agonia di Gesù. I due canali televisivi Cancao Nova e Telepace, cureranno la distribuzione via satellite dell’evento, per canali televisivi europei, del latino america e Stati uniticattolici.

Tutto questo si trova anche attraverso la pagina internet  della Custodia http://www.youtube.com/videocustodia e di H2onews www.h2onews.org.

La collaborazione tra il FMC e H2onews, nasce per dare concretezza operativa all’appello lanciato dal Custode di Terra Santa, Padre Pierbattista Pizzaballa, “affinchè i media cattolici si adoperino per far conoscere le realtà e la bellezza dei Luoghi Santi, a partire dalla S. Pasqua”.

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Udienza del mercoledì


Benedetto XVI: "il Triduo pasquale, fulcro dell'intero anno liturgico"
Catechesi per l'Udienza generale del mercoledì

ROMA, martedì, 30 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale in piazza San Pietro, dove ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sul significato del Triduo Pasquale, culmine dell’itinerario quaresimale.

 



* * *

Cari Fratelli e Sorelle,

stiamo vivendo i giorni santi che ci invitano a meditare gli eventi centrali della nostra Redenzione, il nucleo essenziale della nostra fede. Domani inizia il Triduo pasquale, fulcro dell'intero anno liturgico, nel quale siamo chiamati al silenzio e alla preghiera per contemplare il mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore.

Nelle omelie i Padri fanno spesso riferimento a questi giorni che, come osserva Sant’Atanasio in una delle sue Lettere Pasquali, ci introducono «in quel tempo che ci fa conoscere un nuovo inizio, il giorno della Santa Pasqua, nella quale il Signore si è immolato» (Lett. 5,1-2: PG 26, 1379).

Vi esorto pertanto a vivere intensamente questi giorni affinché orientino decisamente la vita di ciascuno all'adesione generosa e convinta a Cristo, morto e risorto per noi.

La Santa Messa Crismale, preludio mattutino del Giovedì Santo, vedrà domani mattina riuniti i presbiteri con il proprio Vescovo. Nel corso di una significativa celebrazione eucaristica, che ha luogo solitamente nelle Cattedrali diocesane, verranno benedetti l’olio degli infermi, dei catecumeni e il Crisma. Inoltre, il Vescovo e i Presbiteri, rinnoveranno le promesse sacerdotali pronunciate il giorno dell’Ordinazione. Tale gesto assume quest’anno, un rilievo tutto speciale, perché collocato nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, che ho indetto per commemorare il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. A tutti i Sacerdoti vorrei ripetere l’auspicio che formulavo a conclusione della Lettera di indizione: «Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Cristo e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!».

Domani pomeriggio celebreremo il momento istitutivo dell’Eucaristia. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinti, confermava i primi cristiani nella verità del mistero eucaristico, comunicando loro quanto egli stesso aveva appreso: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me» (1Cor 11,23-25). Queste parole manifestano con chiarezza l’intenzione di Cristo: sotto le specie del pane e del vino, Egli si rende presente in modo reale col suo corpo donato e col suo sangue versato quale sacrificio della Nuova Alleanza. Al tempo stesso, Egli costituisce gli Apostoli e i loro successori ministri di questo sacramento, che consegna alla sua Chiesa come prova suprema del suo amore.

Con suggestivo rito, ricorderemo, inoltre, il gesto di Gesù che lava i piedi agli Apostoli (cfr Gv 13,1-25). Tale atto diviene per l’evangelista la rappresentazione di tutta la vita di Gesù e rivela il suo amore sino alla fine, un amore infinito, capace di abilitare l’uomo alla comunione con Dio e di renderlo libero. Al termine della liturgia del Giovedì santo, la Chiesa ripone il Santissimo Sacramento in un luogo appositamente preparato, che sta a rappresentare la solitudine del Getsemani e l’angoscia mortale di Gesù. Davanti all’Eucarestia, i fedeli contemplano Gesù nell’ora della sua solitudine e pregano affinché cessino tutte le solitudini del mondo. Questo cammino liturgico è, altresì, invito a cercare l’incontro intimo col Signore nella preghiera, a riconoscere Gesù fra coloro che sono soli, a vegliare con lui e a saperlo proclamare luce della propria vita.

Il Venerdì Santo faremo memoria della passione e della morte del Signore. Gesù ha voluto offrire la sua vita in sacrificio per la remissione dei peccati dell’umanità, scegliendo a tal fine la morte più crudele ed umiliante: la crocifissione. Esiste una inscindibile connessione fra l’Ultima Cena e la morte di Gesù. Nella prima Gesù dona il suo Corpo e il suo Sangue, ossia la sua esistenza terrena, se stesso, anticipando la sua morte e trasformandola in un atto di amore. Così la morte che, per sua natura, è la fine, la distruzione di ogni relazione, viene da lui resa atto di comunicazione di sé, strumento di salvezza e proclamazione della vittoria dell’amore. In tal modo, Gesù diventa la chiave per comprendere l’Ultima Cena che è anticipazione della trasformazione della morte violenta in sacrificio volontario, in atto di amore che redime e salva il mondo.

Il Sabato Santo è caratterizzato da un grande silenzio. Le Chiese sono spoglie e non sono previste particolari liturgie. In questo tempo di attesa e di speranza, i credenti sono invitati alla preghiera, alla riflessione, alla conversione, anche attraverso il sacramento della riconciliazione, per poter partecipare, intimamente rinnovati, alla celebrazione della Pasqua.

Nella notte del Sabato Santo, durante la solenne Veglia Pasquale, "madre di tutte le veglie", tale silenzio sarà rotto dal canto dell’Alleluia, che annuncia la resurrezione di Cristo e proclama la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte. La Chiesa gioirà nell’incontro con il suo Signore, entrando nel giorno della Pasqua che il Signore inaugura risorgendo dai morti.

Cari Fratelli e Sorelle, disponiamoci a vivere intensamente questo Triduo Santo ormai imminente, per essere sempre più profondamente inseriti nel Mistero di Cristo, morto e risorto per noi. Ci accompagni in questo itinerario spirituale la Vergine Santissima. Lei che seguì Gesù nella sua passione e fu presente sotto la Croce, ci introduca nel mistero pasquale, perché possiamo sperimentare la letizia e la pace del Risorto.

Con questi sentimenti, ricambio fin d’ora i più cordiali auguri di santa Pasqua a tutti voi, estendendoli alle vostre Comunità e a tutti i vostri cari.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Nel rivolgere un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, saluto gli universitari, provenienti da diversi Paesi, che partecipano al Congresso internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. Cari amici, siete venuti a Roma in occasione della Settimana Santa per una esperienza di fede, di amicizia e di arricchimento spirituale. Vi invito a riflettere sull’importanza degli studi universitari per formare quella "mentalità cattolica universale" che san Josemaria descriveva così: "ampiezza di orizzonti e vigoroso approfondimento di ciò che è perennemente vivo nell’ortodossia cattolica". Si accresca in ciascuno il desiderio di incontrare personalmente Gesù Cristo, per testimoniarlo con gioia in ogni ambiente. Saluto, inoltre, i partecipanti al torneo di calcio "Città di Rieti", come pure i rappresentanti della Scuola "Monsignor Manfredini", di Varese. Tutti ringrazio per la loro visita, augurando a ciascuno che questi giorni della Settimana Santa siano occasione propizia per rafforzare la fede e l'adesione al Vangelo.

Rivolgo infine il mio cordiale pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. La contemplazione della passione, morte e risurrezione di Gesù, cari giovani, vi renda sempre più saldi nella testimonianza cristiana. E voi, cari ammalati, traete dalla Croce di Cristo il sostegno quotidiano per superare i momenti di prova e di sconforto. A voi, cari sposi novelli, venga dal mistero pasquale, che in questi giorni contempliamo, un incoraggiamento a fare della vostra famiglia un luogo di amore fedele e fecondo.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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Documenti sulla web di ZENIT


Meditazioni e preghiere per la Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2009 (ZENIT.org).- Nella Sezione Documenti della pagina web di ZENIT è possibile trovare il testo delle meditazioni e delle preghiere preparate dal Cardinale Camillo Ruini per la Via Crucis al Colosseo.

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