lunedì 2 giugno 2008

2 giugno: un nuovo volto per la democrazia italiana | Democrazia è parola greca, usata per primo da Erodoto, Carl Schmitt, Schumpeter, consensus

2 giugno: un nuovo volto per la democrazia italiana

Immagine attivaDemocrazia è parola greca, usata per primo da Erodoto, nel senso di "governo del popolo". Per Aristotele la parola assumeva un significato negativo, come forma degenerata della "politeia", che sarebbe invece la forma migliore per una costituzione. Aristotele, nell'Etica, privilegiava la "medietas" e riteneva che, anche in politica, il governo migliore era dato dalla "classe media": quelli che non erano né troppo ricchi né troppo poveri.

Oggi, il termine democrazia ha assunto un significato altamente positivo. Dopo la fine tragica dei "totalitarismi" del secolo scorso, la democrazia è la speranza del futuro. Schumpeter, nella sua opera più famosa, "Capitalismo, socialismo, democrazia", definisce il metodo democratico come "quell'insieme di accorgimenti costituzionali per giungere a decisioni politiche, che realizzino il bene comune". La decisione è quindi il fulcro del metodo democratico.

Sotto tale profilo, i modi per prendere una decisione non sono solo i due generalmente accolti: unanimità e maggioranza. Ce n'è un terzo, chiamato "consensus", che pur non essendo sempre comunemente applicato, risulta il migliore. D'altronde ridurre il metodo democratico ad una pura "maggioranza numerica" rischia di tradire il fine stesso della democrazia: il bene comune.
Una decisione assunta all'unanimità, teoricamente la migliore, può incorrere facilmente nei pericoli dell'unanimismo e dell'appiattimento sulle posizioni del potente di turno.

Una decisione presa "a maggioranza" risulta comoda dal punto di vista operativo, ma rafforza l'atteggiamento conflittuale della minoranza.
La decisione, assunta per generale "consenso", più o meno esplicitamente espresso, è sempre frutto di compromesso e si raggiunge dopo ampia e approfondita discussione. Ed è, certamente, la forma più democratica ed efficace. È quella che meglio si avvicina alla cosiddetta "volontà generale", delineata da Rousseau, in contrapposizione alla "volontà di tutti", come somma delle volontà particolari.

La decisione scaturita dal "consensus", da un "sentire comune", fu, in qualche modo, quella adottata dai "padri costituenti" per l'elaborazione ed approvazione della Costituzione, di cui quest'anno ricordiamo il 60°, perché entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Nella giornata del Referendum del 2 giugno 1946, oltre alla scelta del sistema istituzionale monarchia/repubblica, si chiamavano gli italiani (maschi e femmine, per la prima volta) ad eleggere i rappresentanti dell'Assemblea Costituente, destinata a dare all'Italia la nuova Carta Costituzionale, al posto dello "Statuto Albertino", concesso (octroyé) nel 1848, l' "annus mirabilis". E i risultati numerici furono estremamente equilibrati, rappresentando correttamente la complessità della società italiana uscita dalla guerra : DC 207 seggi, PSI 115, , PCI 104 , PLI 41, Partito d'Azione 7.

La Costituzione della Repubblica Italiana, ponendo l'accento sulla parola "Repubblica" (res-publica) intendeva e intende tuttora riferirsi specificatamente ad un sistema politico di tutti gli italiani per il bene di tutti gli italiani.

Giovanni Sartori, trattando della democrazia, ne evidenzia i vari trabocchetti: dall'importanza che si dà alla parola piuttosto che alla cosa, alla diversa preminenza che viene data da singoli o gruppi politici ai due termini del rapporto reale/ideale. Il bipolarismo può essere un sistema politico più funzionale, perché produce stabilità ed efficienza, ma certamente non è il più democratico.

"Il bipolarismo - ha scritto Eric Hobsbawm – è affetto da un dilemma cruciale: non è democratico, dal punto di vista del criterio della rappresentanza".

L'idea che chi vince le elezioni, sia pure con tutte le garanzie democratiche, possa poi governare in nome della maggioranza e non in nome di tutti i cittadini, è una aberrazione della politica. In un sistema democratico, all'opposizione spetta un ruolo privilegiato. La dialettica politica è l'anima della governabilità. Probabilmente anche in politica bisognerebbe adottare il metodo Rogers per la risoluzione dei conflitti: non "io vinco e tu perdi", ma "io vinco e tu vinci". Il superamento della conflittualità sta nella reciproca vittoria, nel senso che chi arriva alla gestione del potere, lo fa per il bene di tutti: perché più onesto, più capace, più liberale. L'idea, invece, che chi conquista il potere abbia carta bianca per eliminare i "nemici" non fa parte del metodo democratico.

E' interessante notare come lo stesso Mussolini, almeno teoricamente, riteneva che si dovesse bandire dalla politica la casta partitica, tanto da raccomandare, in un colloquio del 1934, al grande costituzionalista tedesco Carl Schmitt, "Salvi lo Stato dal partito". E nel suo libro-confessione, "Ex Captivitate Salus", Schmitt riconosce: "Ci si classifica attraverso il proprio nemico. Ci si inquadra grazie a ciò che si riconosce come nemico. […] Chi posso in generale riconoscere come mio nemico? Evidentemente soltanto colui che mi può mettere in questione. E chi può mettermi in questione? Solo io stesso. O mio fratello. Ecco. L'Altro è mio fratello. "

Mario Setta

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Francis*PAC

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