martedì 22 dicembre 2009

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Servizio quotidiano - 22 dicembre 2009

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I cattolici di lingua ebraica sostengono Pio XII
Solo Dio, affermano, può sapere se ha fatto abbastanza per salvare gli ebrei

GERUSALEMME, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Per i cattolici di lingua ebraica di Israele potrebbe non essere mai “umanamente possibile” determinare se Papa Pio XII fece “abbastanza” per salvare gli ebrei durante l'Olocausto, tuttavia le molte virtù del Pontefice della Seconda Guerra Mondiale sono innegabili.

Il Vicariato dei Cattolici di Lingua Ebraica in Israele (www.catholic.co.il) ha emesso questo lunedì una dichiarazione in cui esprime il proprio sostegno alla decisione di Benedetto XVI di approvare un decreto che testimonia le virtù eroiche di Pio XII, un gesto che spalanca la via verso la gloria degli altari per Papa Pacelli.

Perché Pio XII sia dichiarato beato dalla Chiesa, deve essere approvato un decreto che testimoni un miracolo attribuito alla sua intercessione.

La nota, firmata dal vicario della comunità, il sacerdote gesuita David Neuhaus, e dai sacerdoti del Vicariato, lamenta che la decisione ha scatenato una nuova “tempesta nelle relazioni tra gli ebrei e i cattolici”.

Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress, ha affermato in una dichiarazione che “ci sono serie preoccupazioni relative al ruolo politico di Papa Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale, e non dovrebbero essere ignorate”.

Lauder ha esortato il Vaticano ad aprire i propri archivi riguardanti gli anni della Guerra, tra il 1939 e il 1945, ed ha aggiunto che finché ciò non accadrà una sua beatificazione sarà “inopportuna e prematura”.

La dichiarazione della comunità cattolica di lingua ebraica di Israele, tuttavia, sottolinea i tanti risultati di Pio XII, tra cui gli sforzi per promuovere una ricerca biblica scientifica, che “unisce ebrei e cristiani e influenza notevolmente la definizione dell'eredità biblica condivisa ebraico-cristiana”.

“Il Papa, il cui pontificato è durato dal 1939 al 1958, è stato attivo in molti settori e ha lasciato la sua impronta sulla Chiesa del XX secolo”, afferma la dichiarazione. “I cattolici lo ricordano e onorano la sua memoria in un contesto ecclesiale molto più ampio di quello che riguarda solo gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale”.

Le accuse

Riferendosi a quanti criticano la direzione della Chiesa da parte di Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale, la nota afferma che si “respingono la diffamazione di Pio XII” e le accuse della sua “codardia e perfino del suo antisemitismo e della collaborazione con il nemico nazista. Queste accuse sono assolutamente infondate”.

“Allo stesso modo, respingiamo le interpretazioni che vedono ogni onore a Pio XII come una minimizzazione dell'importanza della Shoah o un passo indietro nell'enorme progresso dei rapporti tra ebrei e cattolici nei decenni scorsi”.

Detto questo, la comunità dice di “capire il disagio di molti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle ebrei che pensano che il Papa 'non abbia fatto abbastanza' per salvare gli ebrei dalle sofferenze della Shoah”.

“Comprendiamo il grido 'non ha fatto abbastanza' come un grido di profondo dolore che deriva dal senso di tradimento del popolo ebraico al momento della prova”, spiega la dichiarazione. “Il mondo non fece abbastanza visto che è innegabile che sei milioni di membri del popolo ebraico siano stati assassinati”.

“In definitiva, non ci può essere alcun 'abbastanza' nel tentativo di far fronte a una tragedia delle dimensioni della Shoah!”, dichiara la nota.

“Il Papa avrebbe potuto fare di più?”, chiede il testo. “La domanda è legittima e comprensibile, ma forse non ha alcuna risposta umana”.

“Solo Dio può sapere se fece davvero tutto ciò che era nelle sue forze”.

Padre Neuhaus e gli altri sacerdoti del Vicariato ricordano, tuttavia, l'esistenza di un ampio filone di ricerca storica che documenta gli forzi diplomatici di Pio XII alla fine della Seconda Guerra Mondiale e le sue istruzioni a chiese e monasteri perché aiutassero gli ebrei che fuggivano dalle persecuzioni, al punto da fornire loro falsi documenti e farli uscire dalle zone controllate dai nazisti.

“Continuiamo a pregare”, conclude la nota, che sia nella Chiesa che nel popolo ebraico si continui a cercare insieme la verità storica per poter educare i nostri figli al rispetto reciproco e alla fratellanza, e che si portino avanti gli sforzi per collaborare alla 'guarigione del mondo' (tikkum olam)”.

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Nel saluto dal balcone Giovanni Paolo II fu ingannato da Pinochet
Il ricordo del Cardinale Tucci: "Ci prese tutti in giro"

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Giovanni Paolo II non avrebbe mai voluto affacciarsi a fianco di Augusto Pinochet dal balcone del Palazzo della Moneda, nel 1987, ma venne ingannato dal dittatore cileno.

E' quanto ha raccontato il Cardinale Roberto Tucci, 88 anni, che allora era l'organizzatore dei viaggi papali all'estero, in una intervista a “L'Osservatore Romano” nella quale rivela il dietro le quinte di quell'episodio che allora scosse l'opinione pubblica in un momento in cui in Cile gli oppositori venivano torturati e assassinati.

Il porporato gesuita ha confessato di non poter dimenticare “il volto di Wojtyla quando si accorse del tiro che gli giocò Pinochet”.

“Lo fece affacciare con lui al balcone del palazzo presidenziale, contro la sua volontà. Ci prese tutti in giro”, ha esclamato.

“Noi del seguito fummo fatti accomodare in un salottino in attesa del colloquio privato. Secondo i patti - che avevo concordato su precisa disposizione del Papa - Giovanni Paolo II e il presidente non si sarebbero affacciati per salutare la folla”.

“Wojtyla era molto critico nei confronti del dittatore cileno – ha rivelato il Cardinale Tucci – e non voleva apparire accanto a lui. Io tenevo sempre d'occhio l'unica porta che collegava il salottino, dove eravamo noi del seguito, alla stanza nella quale erano il Papa e Pinochet. Ma con una mossa studiata li fecero uscire da un'altra porta”.

“Passarono davanti a una grande tenda nera chiusa - ci raccontò poi il Papa furioso - e Pinochet fece fermare lì Giovanni Paolo II, come se dovesse mostrargli qualcosa”.

Successivamente, “la tenda fu aperta di colpo e il Pontefice si ritrovò davanti il balcone aperto sulla piazza gremita di gente. Non poté ritrarsi, ma ricordo che quando si congedò da Pinochet lo gelò con lo sguardo”.

Al contrario, ha ricordato il Cardinale Tucci, il presidente argentino Raúl Alfonsín “fu più rispettoso, e non pretese assolutamente di comparire al suo fianco”.

“In Africa invece re, dittatori e governanti corrotti lo tiravano da tutte le parti per sfruttarne l'immagine – ha detto –. Lui lo sapeva, ma era uno scotto da pagare per incontrare la gente. Ne era addolorato, ma sopportava. Con noi poi si sfogava. E quando parlava non risparmiava le denunce”.

Il porporato, che è stato anche direttore della rivista “La Civiltà Cattolica” e direttore generale della “Radio Vaticana”, ha poi parlato dei tanti viaggi programmati e mai realizzati.

Come quello che il Papa voleva compiere a Sarajevo durante la guerra, nel 1994. “Quando compii il sopralluogo con Alberto Gasbarri - attuale direttore amministrativo della Radio Vaticana e organizzatore dei viaggi papali fuori d'Italia - ci costrinsero a indossare il giubbotto antiproiettile. Era troppo pericoloso e quasi impossibile garantire l'assoluta sicurezza”.

“Ricordo con dispiacere invece il fallimento della visita ad Hong Kong – ha continuato –. Il Cardinale John Baptist Wu Cheng-chung, Vescovo dal 1975, mi manifestò le sue perplessità. Hong Kong aveva ancora la sua autonomia, ma la presenza del Papa poteva essere interpretata come un atto scortese nei confronti di Taiwan: eravamo nel 1994, alla vigilia del passaggio di Hong Kong alla Cina, avvenuta nel 1997”.

“Altra delusione fu il fallimento del viaggio che il Papa voleva fare in Iraq dopo la guerra del Golfo. Ricordo che raggiungemmo una base militare in aereo in piena notte. Poi sei ore di macchina sino a Baghdad. Siamo stati tre giorni a discutere con due vice-ministri degli Esteri, i quali sostenevano che il Papa non aveva capito niente, perché Abramo era musulmano”.

“Alla fine ci dissero che il Papa nella terra di Abramo, cioè nel sud dell'Iraq, ai confini con l'Iran, avrebbe rappresentato un rischio molto serio per possibili attentati, dei quali avrebbero poi incolpato gli iracheni”.

Il Cardinale Tucci ha quindi parlato dei mancati incontri con il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II.

“La prima volta quando il Papa doveva recarsi in Austria. Per volontà della Santa Sede organizzai un incontro con il Patriarca di Mosca Alessio II, perché padre Pierre Duprey, allora segretario dell'attuale Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, aveva sondato il terreno e sembrava che i tempi fossero maturi”.

“C'erano state trattative e avevano deciso che a Vienna avrebbero potuto incontrarsi. Preparai tutto nei minimi dettagli – ha ricordato –. Avevamo scelto il monastero cistercense della Santa Croce. Ma pochi giorni prima il Patriarcato di Mosca ci fece sapere che l'incontro non ci sarebbe stato”.

“Il motivo, ci dissero, era il cattivo trattamento riservato in Ucraina dai cattolici agli ortodossi per il recupero delle loro chiese, un pretesto”.

“La stessa cosa accadde in occasione della visita a Pannonhalma, in Ungheria, nel 1996. Anche quella volta era tutto pronto, ma poi vennero poste ulteriori condizioni e saltò tutto”.

Il Cardinale Tucci ha quindi accennato alla sua amicizia con Giovanni XXIII, che lo scelse come perito durante il Concilio Vaticano II, richiamando un aneddoto: una udienza concessagli dal Papa alla vigilia del famoso congresso della Democrazia cristiana nel gennaio del 1962 a Napoli, nel corso del quale Aldo Moro convinse l'intero gruppo dirigente del partito sulla necessità di un'alleanza con il Partito Comunista Italiano.

“Durante l'incontro – ha detto il porporato – il Pontefice mi ripetè una cosa che mi aveva già confidato durante il primo dei nostri incontri, cioè che non desiderava occuparsi delle cose dell'Italia e avrebbe voluto che la Segreteria di Stato fosse molto cauta nelle questioni italiane”.

“Mi disse che non si intendeva di politica e, in ogni caso, pensava che il Papa, appartenendo alla Chiesa universale, non dovesse essere coinvolto in questioni particolari riguardanti l'Italia”, ha continuato.

“A proposito delle divisioni interne alla Democrazia cristiana, aggiunse - credo riferendosi alla sinistra - che andavano comunque rispettati anche quelli che non erano, per così dire, sulle posizioni più accettabili, perché si trattava comunque di persone che difendevano le loro idee in buona fede”.

“Io non me ne intendo – disse Giovanni XXIII – ma francamente non capisco perché non si possa accettare la collaborazione di altri che hanno un'ideologia diversa per fare cose in sé buone, purché non vi siano cedimenti dottrinali'”.

“Capii così che Moro avrebbe avuto via libera – ha affermato il Cardinale Tucci –. Penso anzi che allo statista venne comunicata questa posizione del Papa perché, conoscendo la sua fede, non credo che avrebbe proceduto altrimenti su quella strada”.



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La Pontificia Missione per la Palestina compie 60 anni

GERUSALEMME, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- La Pontificia Missione per la Palestina, un'agenzia papale per il sostegno e lo sviluppo del Medio Oriente, ha celebrato quest'anno il suo 60° anniversario.

L'agenzia è stata fondata nel 1949 come soluzione “temporanea” per fornire aiuto ai rifugiati palestinesi.

La celebrazione dell'anniversario si è svolta il mese scorso nel Notre Dame of Jerusalem Center.

L'Arcivescovo Antonio Franco, Nunzio Apostolico in Israele, ha presieduto una Messa per l'occasione, concelebrata dall'Arcivescovo Elias Chacour di Akka, dal Vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, ausiliare di Gerusalemme, da monsignor William Shomali, cancelliere del Patriarcato Latino di Gerusalemme, e da altri sacerdoti.

Durante il ricevimento che ha seguito la Messa, il direttore regionale della Missione, Sami El-Yousef, nominato di recente, ha parlato del quadruplice obiettivo dell'agenzia: assistenza umanitaria, sostegno pastorale, comunicazione interreligiosa e consapevolezza pubblica.

Ha anche presentato un nuovo logo per l'organizzazione che mira a sottolineare la partnership tra la Santa Sede e il popolo palestinese nel costruire la sua società.

Attualmente, la Missione serve anche la popolazione di Israele, della Striscia di Gaza, della West Bank e di Giordania, Iraq, Libano e Siria.



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Sette consultori per la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi
Nominati anche due membri della Congregazione per le Cause dei Santi

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato sette consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, secondo quanto reso noto questo martedì dalla Sala Stampa della Santa Sede.

Si tratta del rettore dell'Almo Collegio Capranica, monsignor Ermenegildo Manicardi; del Promotore di Giustizia Sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Markus Graulich, SDB, e del vicerettore della Pontificia Università Urbaniana, Godfrey Igwebuike Onah.

Sono stati nominati consultori anche il docente di Antico Testamento e Lingue bibliche presso l'"Institut de Théologie de la Compagnie de Jésus", l'"Université Catholique de l'Afrique de l'Ouest" di Abidjan (Costa d'Avorio) e l'"Hekima College Jesuit School of Theology" di Nairobi (Kenya) padre Paul Béré; il Rettore Magnifico del Pontificio Ateneo S. Anselmo, Juan Javier Flores Arcas, OSB; il Preside dell'Istituto Francescano di Spiritualità presso la Pontificia Università "Antonianum" e professore di Teologia Dogmatica e di Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana Paolo Martinelli OFM Cap; Samir Khalil Samir, S.I., professore di Storia della Cultura Araba e di Islamologia presso l'Università "St Joseph" di Beirut (Libano).

La Segreteria Generale è l'organo permanente del Sinodo dei Vescovi ed è presieduta da un Segretario generale, nominato dal Papa, assistito dal Consiglio della Segreteria, formato da Vescovi, alcuni dei quali eletti dallo stesso Sinodo, altri dal Papa.

Il Sinodo dei Vescovi con la sua Segreteria Generale permanente non fa parte della Curia Romana e non dipende da questa, ma è sotto l'autorità diretta ed esclusiva del Santo Padre, al quale rimane unito nel governo universale della Chiesa.

La prossima riunione del Sinodo dei Vescovi si svolgerà dal 10 al 24 ottobre 2010 in Vaticano, quando verrà celebrata l'Assemblea Speciale per il Medio Oriente sul tema “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola' (Atti, 4, 32)”.

Questo martedì Benedetto XVI ha nominato anche due nuovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi: il Nunzio Edmond Farhat e il Vescovo di Frascati, monsignor Raffaello Martinelli.

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Notizie dal mondo


A Natale, un pensiero per i bambini e gli anziani di Betlemme
Iniziative della Custodia di Terra Santa per la comunità cristiana

ROMA, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- In occasione del Natale, la Custodia di Terra Santa invita a rivolgere un pensiero speciale alle comunità cristiana di Betlemme, soprattutto ai bambini e agli anziani.

“La povertà della nascita di Cristo a Betlemme, oltre che oggetto di adorazione per i cristiani, è anche scuola di vita per ogni uomo. Essa ci insegna che per combattere la miseria, tanto materiale quanto spirituale, la via da percorrere è quella della solidarietà, che ha spinto Gesù a condividere la nostra condizione umana”, ricorda la Custodia francescana citando le parole del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2009.

“Un gesto d’aiuto anche se simbolico è un’occasione per tutti per fare l’esperienza di Francesco d’immedesimazione con la povertà della nascita di Gesù e del suo esempio per noi”, aggiungono i religiosi francescani, spiegando che con le offerte raccolte si sosterranno, in coordinamento con la parrocchia francescana di Santa Caterina di Betlemme e con la supervisione della Custodia di Terra Santa, due iniziative, a sostegno dei bambini e degli anziani.

“La complicata situazione politica ed economica – avvertono – colpisce fortemente i più deboli e mette sempre più a rischio la sopravvivenza della comunità cristiana. Molte famiglie sono senza redditi, con gravi problemi alle spalle, e fanno molta fatica a prendersi cura dei bambini come degli anziani. Si riscontrano sempre più casi di abbandono”.

Il progetto “Un aiuto per i più piccoli”, ricordano gli organizzatori, “vuole favorire la maturazione personale e sociale di bambini e ragazzi in difficoltà”.

Molti bambini e ragazzi “non ricevono una educazione adeguata” e si riscontrano spesso “problemi di apprendimento causati da un ambiente familiare violento e particolarmente duro”.

La situazione è resa ancor più difficile dal fatto che nei territori dell’Autonomia Palestinese “non esiste alcuna forma di assistenza medico sanitaria pubblica. Le cure legate a qualsiasi tipo di malattia sono a carico delle famiglie che non ricevono altro aiuto se non dalla parrocchia”.

“In caso vengano diagnosticate importanti malattie (...) e cure finanziariamente impegnative – affermano –, il parroco, verificata la serietà e urgenza del bisogno, cerca aiuto finanziario rivolgendosi alla Custodia di Terra Santa e a sostenitori privati sensibilizzando le comunità locali e internazionali”.

L’obiettivo del progetto è “sostenere le 'pietre vive' più fragili, cioè i bambini poveri, in quel luogo così speciale della Terra Santa, proprio lì dove Dio si è fatto bambino”.

Allo stesso modo, la Custodia di Terra Santa si adopera per migliorare la situazione delle persone di età più avanzata, ricordando che “Betlemme è anche anziana”.

“Quando qualcuno pensa a Betlemme, pensa innanzitutto che è il luogo dove nacque Gesù. Pensa ai tanti bambini che sono nati e continuano a nascere qui, in questa terra tanto santa quanto difficile e piena di contraddizione. Ma Betlemme non è solo un luogo di nascita, è anche un luogo dove la gente cresce, diventa adulta, e perché no, a volte invecchia”.

La Custodia, attraverso il parroco e i frati presenti a Betlemme, “desiderano sostenere le famiglie a prendersi cura degli anziani e supportare il lavoro della Società Antoniana di Betlemme che dal 1913 opera nel tentativo di servire i più poveri ed i meno abbienti”.

Nel 1942, ricorda, è stata fondata una casa per anziani dove oggi 5 suore di varia nazionalità, chiamate “Gianelline”, “dedicano tutte le proprie energie ad accogliere gli anziani ovvero quella parte di società troppo spesso dimenticata”.

“Ma il cibo, le medicine, l’acqua, l’elettricità, tutto ha un costo anche qui. La maggior parte di questi anziani non ha una famiglia e dunque la retta in teoria richiesta non viene pagata da nessuno”. “L’unica speranza dunque per questi anziani, e per chi ha deciso di dedicare a loro la vita, è la Provvidenza”.

“Con i fondi raccolti si desidera far fronte alle emergenze più immediate legate principalmente all’acquisizione di apparati medicali e medicine, oltre che sopportare le spese per interventi in ospedale e successive cure mediche”.

Allo stesso modo, si vuole ampliare la struttura, attivando anche una casa per anziani per uomini. Ad oggi la struttura è quasi del tutto ultimata. Per accogliere i primi ospiti occorre procedere all’acquisto di “piccoli arredi, materassi, letti, apparati medicali e corredi di prima necessità”.

Per ulteriori informazioni e per conoscere le modalità di donazione: www.proterrasancta.org

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Indonesia: i cattolici temono attacchi a Natale
Danni a una chiesa assaltata da estremisti islamici

JAKARTA, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Circa mille musulmani, tra cui donne e bambini, hanno assaltato una chiesa cattolica in costruzione nella città indonesiana di Bekasi e hanno provocato gravi danni all'edificio, ha reso noto l'agenzia AsiaNews.

L'attacco è avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì, quando la folla, proveniente dalle località vicine di Tarumajaya e Babelan (abitate in gran parte da estremisti islamici), ha invaso l'area della chiesa di Sant'Alberto, una cappella che dipende dalla parrocchia di Sant'Arnaldo di Bekasi.

Un testimone ha spiegato che “un gruppo di motociclisti ha fatto irruzione nell’area in cui sorge la chiesa”, alcuni brandendo striscioni e taniche di cherosene.

Anche se non sono chiare le ragioni dell'attacco, la coincidenza con il primo giorno del nuovo anno islamico porta a pensare che tutto sia collegato alle celebrazioni di quel giorno, che i musulmani indonesiani celebrano per tradizione correndo a bordo di automobili e moto.

La chiesa di Sant'Alberto, i cui lavori sono iniziati nel maggio 2008 dopo l'ottenimento di un regolare permesso di costruzione (necessario per costruire luoghi di culto nel Paese), stava quasi per essere completata.

Gli operai avevano ultimato la realizzazione delle mura perimetrali e del tetto, mentre rimanevano da collocare le piastrelle in ceramica per il pavimento.

La cappella, anche se incompleta, doveva accogliere la comunità cattolica locale per la celebrazione della Messa di Natale.

La polizia e le autorità governative hanno invitato il parroco a celebrare la Messa come previsto, nonostante i danni subiti dall'edificio.

I fedeli, tuttavia, temono nuove aggressioni da parte degli estremisti islamici proprio in occasione del Natale.



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Cina: due seminaristi a Macao, i primi dopo 17 anni
Sono entrati in seminario dopo un viaggio diocesano per giovani in Corea del Sud

HONG KONG, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- La Diocesi di Macao ha da quest'estate due seminaristi per la prima volta in 17 anni, ha reso noto “Eglises d'Asie”, l'agenzia delle Missioni Estere di Parigi (MEP).

I giovani Tommaso d'Aquino Hoi Ka-tak, di 18 anni, e Domenico Cheong Iau-chong, di 20, studiano nel seminario maggiore dello Spirito Santo a Hong Kong, visto che il seminario di San Giuseppe di Macao ha chiuso nel 1994 per mancanza di studenti.

Tommaso d'Aquino Hoi appartiene a una famiglia non cattolica. Sono stati gli studi in una scuola di Salesiani a fargli scoprire la fede e a farlo poi unire alla Chiesa.

Colpito dalla testimonianza di vita di vari sacerdoti, si è convertito, e dopo alcuni anni di catechesi ha ricevuto il Battesimo quando era quindicenne.

Quando ha confidato ai suoi genitori il desiderio di diventare sacerdote, si sono allarmati. Avevano letto sui giornali che in alcuni Paesi i presbiteri avevano abusato sessualmente di giovani e pensavano che gli studi in seminario non lo avrebbero aiutato a crescere.

Per Domenico Cheong, la scelta del sacerdozio è stata un po' diversa. Nato in una famiglia cattolica da tre generazioni, ha maturato la sua decisione a poco a poco.

Un viaggio in Corea del Sud nel 2007 lo ha confermato nella sua scelta di vita. Quell'anno, in collaborazione con un'organizzazione internazionale di laici che lavora alla promozione delle vocazioni chiamata Club Serra, la Diocesi di Macao aveva organizzato un viaggio nella dinamica Chiesa cattolica della Corea del Sud, per far conoscere ai giovani di Macao una nuova esperienza ecclesiale.

Hoi e Cheong hanno partecipato al viaggio, e per Cheong ha rappresentato l'occasione di rendersi conto che i sacerdoti a Macao erano sempre più anziani e che non c'era stata alcuna vocazione locale dal 1992. Dopo questo viaggio, ha deciso di diventare sacerdote.

Padre Domenico Un Wai-meng presiede la Commissione per le vocazioni della Diocesi di Macao. Nel 1992, anno della sua ordinazione, ha fatto parte dell'ultima serie di sacerdoti diocesani formati a Macao.

Vedere due ragazzi che si preparano al sacerdozio per Macao suscita in lui un'autentica gioia, “e ancor di più in questo Anno Sacerdotale”, ha confessato.

Il sacerdote ha spiegato che Domenico Cheong era impegnato fin da piccolo in un coro di bambini e che Tommaso d'Aquino Hoi ha partecipato attivamente a un servizio caritativo di aiuto ai più poveri di Macao e della Cina continentale.

Dal canto loro, Cheong e Hoi sono ben consapevoli che uomini come loro scarseggiano. A loro avviso, la mancanza di vocazioni locali è dovuta al fatto che i giovani cattolici di Macao non sono diversi dagli altri giovani: sono più attratti da un'esistenza fatta di piaceri materiali che dallo stile di vita semplice e umile di un sacerdote, e a ciò si aggiunge la paura del celibato.

Tommaso d'Aquino Hoi spera, tuttavia, che la decisione che ha preso esorti altri giovani, per ora restii, a compiere il passo e a rispondere alla chiamata al sacerdozio.

Domenico Cheong aggiunge di conoscere alcuni di questi giovani e di credere che alcuni si uniranno a loro nei prossimi anni.

I due ragazzi dicono di sperare che i laici preghino ancor di più per le vocazioni e sostengano la vita sacerdotale e religiosa.

Quando sarà sacerdote, Tommaso d'Aquino Hoi si immagina in una parrocchia. Secondo lui, i cattolici a Macao esprimono “una forte pietà e una fede semplice”, ma non vivono pienamente il messaggio di Cristo di “amarsi gli uni gli altri”.

La chiamata al sacerdozio alla quale risponde lo porterà, una volta ordinato, “ad aiutarli ad approfondire la loro fede per vivere secondo lo spirito del Vangelo”, ha spiegato all'agenzia Ucanews.

Attualmente Macao ha 20.000 cattolici su una popolazione di 450.000 abitanti. Ha una sola Diocesi, con 22 sacerdoti diocesani e 40 sacerdoti religiosi.



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Spagna: per genitori e docenti, obiezione di coscienza di fronte all'aborto
Proposta della CONCAPA dopo l'approvazione della nuova legge

MADRID, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- La Confederazione Cattolica dei Genitori degli Alunni (CONCAPA) proporrà ai genitori e ai docenti l'obiezione di coscienza e/o la denuncia davanti ai tribunali se verranno costretti a insegnare, nelle scuole spagnole, l'aborto come diritto.

E' quanto si legge in un comunicato diffuso dopo l'approvazione, giovedì alla Camera dei Deputati, del disegno di Legge Organica sulla Salute Sessuale e Riproduttiva e sull'Interruzione Volontaria di Gravidanza.

Le associazioni di genitori della Confederazione hanno avvertito che prenderanno questa misura “se si costringerà a insegnare ai nostri figli che l'aborto è un diritto e non un crimine, o si imporrà un'educazione affettivo-sessuale contraria alle nostre convinzioni filosofiche religiose o morali”, segnala il comunicato.

“La maggior parte delle famiglie spagnole non ammetterà che si imponga per legge o per decreto quali devono essere i nostri valori o le nostre credenze, perché difendiamo il rispetto della pluralità e della libertà ideologica”, aggiunge il testo.

Per la CONCAPA, “questa nuova legge sull'aborto presuppone un totale passo indietro, visto che riconosce l'obiezione di coscienza solo a una parte del personale sanitario, mantiene l'aborto libero fino alla 14ma settimana, a partire dai 16 anni di età – senza il consenso dei genitori se la ragazza 'sostiene in modo fondato che questo le provocherà un conflitto grave'”, e “richiede un unico medico per realizzare l'aborto”.

Secondo le associazioni di genitori confederate, “questa legge si basa sulla promessa di diminuire il numero di aborti, cosa falsa visto che è dimostrato che l'aborto non si risolve con più aborti”.

Per questi genitori, il problema si risolve con misure come gli aiuti alla donna incinta, la considerazione di membro della famiglia da quando si conferma la gravidanza – con diritto alle conseguenti prestazioni – e la formazione dei genitori per l'educazione dei figli in questo ambito perché le relazioni sessuali non vengano banalizzate.

Dal canto suo, la Federazione Spagnola delle Associazioni Pro-Vita ha espresso il proprio rifiuto di “una legge che nega il diritto alla vita dei più indifesi e trasforma in falso diritto l'omicidio, l'abbandono delle donne e il calpestare la dignità professionale”.

“Vogliamo dichiarare che l'aspetto che ci rende più tristi è che si vuole trasformare in diritto un delitto che ripugna qualsiasi persona che ama il bene e che gli aiuti alla donna incinta non esistano né nella legge né nelle intenzioni di quanti dicono di ricercare la sicurezza della donna”, segnala in un comunicato.

Il Forum Spagnolo per la Famiglia ha infine dichiarato che la legge “è una delle più radicali del mondo perché non si limita a non difendere il bambino non nato fino a limiti insopportabili, ma configura ideologicamente il diritto all'aborto come parte del diritto della donna alla salute e stabilisce meccanismi per imporre questa visione in tutto il sistema educativo e sanitario spagnolo”.

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Sopravvissuta al cancro grazie alla beata Mary MacKillop
Suora e fondatrice, sarà la prima santa australiana

SYDNEY, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- La donna la cui guarigione da un cancro inoperabile a un polmone è stata dichiarata dalla Chiesa un vero miracolo della beata Mary MacKillop spera che la canonizzazione della suora sia una fonte di ispirazione.

La donna, che desidera rimanere anonima, è stata citata in una dichiarazione rilasciata nel fine settimana dalle Suore di San Giuseppe dopo che il Vaticano aveva annunciato l'approvazione, da parte di Benedetto XVI, del decreto che attesta la veridicità del miracolo.

Il decreto spiana la via alla canonizzazione di Madre Mary MacKillop, che diventerà così la prima santa australiana.

“E' una notizia meravigliosa”, ha dichiarato la donna guarita. “Sono molto grata a Mary MacKillop e all'influenza che ha avuto sulla mia vita”.

“E' il giorno per festeggiare e riflettere sulla vita di Mary, sul lavoro che ha svolto e l'amore che ha mostrato a tante persone ordinarie come noi nel mondo”, ha continuato. “Mary MacKillop mi ha sempre dato speranza e ispirazione, soprattutto nei momenti più difficili della mia vita”.

“Spero che questa notizia dia ad altri, e soprattutto ai giovani australiani, l'ispirazione e l'incoraggiamento a vivere in modo generoso e compassionevole, come ha fatto Mary”.

Questo sabato, Benedetto XVI ha approvato un totale di 21 decreti della Congregazione per le Cause dei Santi, cinque dei quali attribuivano miracoli a persone che la Chiesa ha già dichiarato beate. Tra queste c'è proprio Madre Mary MacKillop.

Altri decreti hanno attestato le virtù eroiche di due Papi, Pio XII e Giovanni Paolo II.

Eroina

Le Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore, la Congregazione fondata da Mary MacKillop, hanno reagito con grande gioia alla notizia.

“E' un momento speciale non solo per le suore, ma anche per l'Australia e per la Chiesa universale”, ha dichiarato la superiora, suor Anne Derwin.

“Mary è stata riconosciuta veramente santa e una degli autentici eroi australiani”, ha aggiunto. “Era una donna avanti rispetto ai tempi; era audace e tenace, e non lasciava che niente intralciasse la sua cura degli altri”.

“La sua forza, il suo umorismo e la sua visione egualitaria sono molto importanti nella nostra epoca, così complessa”.

“Il riconoscimento universale della santità di Mary per la Chiesa e per il mondo intero ispirerà le generazioni future sia in Australia che in tutto il mondo”, ha affermato suor Anne.

Mary MacKillop, nata a Victoria nel 1842 da genitori scozzesi, fondò le Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore nel 1866, quando aveva 25 anni.

La Congregazione istituì scuole e organizzazioni caritative in tutta l'Australia, soprattutto nelle zone interne. Le suore si prendevano cura degli orfani, dei bambini abbandonati, dei senzatetto, dei malati e degli anziani.

Gli sforzi di Madre MacKillop di fondare la Congregazione incontrarono qualche resistenza da parte della gerarchia ecclesiastica in Australia. A un certo punto venne scomunicata da un Vescovo, ma la sentenza venne annullata cinque mesi dopo.

Morì nel 1909. Da allora la Congregazione da lei fondata è cresciuta e ora ha circa 1.200 suore, che lavorano soprattutto in Australia e in Nuova Zelanda ma sono presenti a livello singolo o in piccoli gruppi anche in altri Paesi del mondo.

Natale in anticipo

Questa domenica, il Cardinale George Pell, Arcivescovo di Sydney, ha definito l'annuncio “un gradito regalo natalizio”.

Il porporato ha sottolineato che gli australiani, che la chiamano Beata Mary MacKillop, dovranno ora abituarsi a chiamarla Santa Mary MacKillop. “E' un cambiamento che saranno molto felici di fare”, ha dichiarato.

Il Cardinale Pell ha riflettuto sul fatto che non è “facile diventare santi”, perché “i santi spesso rispondono alle sfide del tempo e promuovono un rinnovamento religioso”.

“Mary, ad esempio, ha impartito una educazione e una istruzione religiose a molti giovani poveri, soprattutto nelle zone interne”, ha ricordato.

“Mary MacKillop si pone al cuore della tradizione cattolica”, ha affermato l'Arcivescovo di Sydney. “E' stata inusuale nella sua fede e nella sua preghiera, nell'abilità a ispirare gli altri a unirsi a lei – che oggi manca molto –, nella capacità di perdonare e nella sua lealtà alle consorelle e alla gerarchia ecclesiale, che non l'ha sempre trattata bene”.

Madre MacKillop “ha sofferto molto e a volte è stata trattata molto male. Era spesso malata, sempre a corto di soldi, è stata scomunicata da un Vescovo ed espulsa da Adelaide da un altro”.

“Ha pregato e perseverato, non si è mai lasciata andare all'amarezza e ha sempre parlato bene di chi la contrastava”, ha continuato. “Dio l'ha benedetta nelle sue difficoltà e il suo lavoro ha prosperato”.

Al momento della sua morte, nel 1909, aveva fondato 109 case, gestite da 650 suore che insegnavano a 12.400 bambini in 117 scuole in Australia e in Nuova Zelanda.

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Italia


Il Cardinale Bagnasco: Dio ha fiducia negli uomini
Il messaggio del Presidente della CEI per il Natale

ROMA, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- “Vorrei che il messaggio del Natale quest’anno ci facesse sentire quanto Dio ha avuto e continua ad avere fiducia verso gli uomini”. E' l'augurio rivolto dal Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), al popolo italiano.

Il Natale, ha osservato il Presidente della Cei, “senza il mistero del Verbo di Dio fatto uomo, il figlio di Dio fatto carne, evidentemente resterebbe solo una festa e non il vero Natale del Signore”.

“Quindi, auguro a tutti e a ciascuno che il Natale sia veramente un Natale cristiano perché centrato appunto sulla nascita di Dio – ha aggiunto –. Con Dio nella storia è entrato l’eterno nel tempo, l’infinito nel nostro limite, il senso grande della nostra vita di uomini pellegrini verso il cielo”.

Per il Cardinale Bagnasco “una maggiore fiducia dei rapporti umani, a tutti livell” è “un augurio che non solo mi viene dal cuore di pastore, a nome mio e a nome di tutti i miei confratelli Vescovi, ma che sia anche richiesto da questo momento della nostra storia”.

“Avere più fiducia fra di noi, valorizzarci a vicenda perché Dio ha valorizzato l’uomo in profondità e non cessa di avere fiducia in ciascuno di noi”, ha poi concluso.

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Interviste


La santità di Giovanni Paolo II è "innegabile"
Il Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo riflette sul Pontefice

NEW HAVEN (Connecticut, Stati Uniti), martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- La santità di Papa Giovanni Paolo II era evidente a chiunque lo vedesse o leggesse i suoi scritti, afferma il Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo.

Carl Anderson, che ha incontrato Papa Wojtyla in diverse occasioni, ha parlato con ZENIT della causa di beatificazione del Pontefice polacco, che nel fine settimana ha compiuto un altro passo in avanti.

Benedetto XVI, infatti, ha approvato sabato un decreto che testimonia le virtù eroiche di Giovanni Paolo II. Perché si arrivi alla beatificazione, c'è bisogno di un miracolo post mortem attribuito alla sua intercessione.

Benedetto XVI ha approvato le virtù eroiche di Papa Giovanni Paolo II, e si dice che il Pontefice polacco potrebbe essere beatificato anche nell'ottobre prossimo. Non è un fatto eccezionale che un processo di beatificazione proceda in modo così rapido?

Anderson: E' sicuramente eccezionale che la causa di una persona proceda in modo tanto spedito, ma non è senza precedenti poiché si è verificato in casi davvero straordinari. Anche la causa di Madre Teresa ha avuto un iter molto rapido. Penso che la questione chiave sia con Giovanni Paolo II che con Madre Teresa sia stata questa: entrambi erano noti e acclamati a livello universale per la loro santità.

Non dovremmo dimenticare le grida “Santo subito” che invocavano la canonizzazione di Giovanni Paolo II.

Quanto alla sua beatificazione, non vorrei avventurarmi in speculazioni sul momento in cui avverrà. Un evento di questo tipo si svolgerà solo dopo un processo, un processo accurato, che richiede tempo; le cose si sono mosse sicuramente con rapidità, ma anche con la dovuta prudenza.

Lei ha conosciuto personalmente Giovanni Paolo II. Che cosa la colpiva di più di lui?

Anderson: Papa Giovanni Paolo II è stato indimenticabile a molti livelli. Era inequivocabile il fatto che fosse un uomo molto santo, che amasse Cristo immensamente e che fosse il vicario di Cristo sulla terra. Un compito che ha preso molto seriamente.

Se la sua santità era innegabile, lo era anche il suo lato umano. Aveva uno spiccato senso dell'umorismo e una mente molto brillante. Chiunque abbia letto gli scritti di Giovanni Paolo II sa quanto fosse acuto e quanto fosse importante la sua fede.

Incontrandolo, ho trovato un uomo coerente con i suoi scritti. Un uomo con una preoccupazione e una compassione profonde per l'umanità, per l'uomo, per il futuro. Era straordinario sia di persona che nel pensiero e negli scritti, e questo era quasi immediatamente evidente quando si trascorreva del tempo con lui.

Molti hanno analizzato il pontificato di Giovanni Paolo II e il suo impatto sulla Chiesa e sul mondo, ma il processo di canonizzazione ha a che vedere con la santità personale del Papa defunto. In che modo può attestare la santità personale di Giovanni Paolo II?

Anderson: Penso che l'impatto del Papa sulla Chiesa e sul mondo sia stato un risultato diretto della sua santità. Ha compreso che la fede era una cosa che bisognava predicare, una cosa che doveva essere presentata alla gente per creare una società giusta in cui la dignità di tutti – nati e non nati, giovani e anziani, ricchi e poveri – fosse presa seriamente e difesa. Ha portato al mondo la sua fede, con risultati notevoli.

Ha anche guidato le persone con l'esempio. Giovanni Paolo II aveva una profonda vita di preghiera e un vero rapporto con Cristo. Il suo amore per Dio e per il prossimo emerge chiaramente da ogni pagina dei suoi scritti.

Negli ultimi anni di vita, o meglio a partire dal tentato omicidio del 1981, ha spesso sofferto a livello fisico, ma nonostante il dolore ha testimoniato l'amore e la speranza. Ha continuato a dire Messa, a incontrare le persone, a predicare, indipendentemente da quanto fosse malato, e quando stava ormai troppo male per apparire in pubblico ha mostrato al mondo in che modo bello si può morire quando si è preparati a incontrare Dio come servi buoni e fedeli.

Si è detto che Papa Wojtyła ha compiuto centinaia di miracoli. E' vero?

Anderson: Visto che il processo continua, la Congregazione per le Cause dei Santi riesaminerà sicuramente i documenti, e se è avvenuto un miracolo lo certificherà. Penso che poche persone rimarranno sorprese se si saprà che Giovanni Paolo II continua ad aver cura di noi dal Cielo.

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Parola e vita


Natale: il Decreto che salva la vita

di padre Angelo del Favero*


ROMA, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).-“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.(…). Anche Giuseppe…salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che , pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: 'Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia'. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 'Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama'” (Lc 2,1-14).

Il 25 giugno 2008 un decreto della Corte d’appello di Milano ha autorizzato il padre di Eluana a far morire la figlia di fame e di sete. Di mese in mese, di giorno in giorno si arrivò agli inizi di febbraio 2009, e, in quei giorni, un decreto legge del governo che avrebbe salvato Eluana, non fu firmato dal Presidente della Repubblica. Così Eluana fu uccisa per denutrizione forzata.

La sua morte moltiplicò la tristezza nel cuore di molti, poiché sembrò la vittoria delle forze del Male sulla vita e sul suo Creatore, il quale non aveva ascoltato le suppliche insistenti dei fratelli di Eluana, affinchè le fosse risparmiata la vita.

In quei giorni ed oggi in particolare, se l’apostolo Paolo fosse stato invitato a dire una parola di fede sui fatti di Eluana, avrebbe potuto rispondere così: “Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui?” (Rm 8,32).

Un’annuncio davvero natalizio! Dio viene ad esaudirci con Se stesso, Lui, l’Emmanuele, il Dio con noi e per noi. Viene a colmare la nostra solitudine con la sua infinita amicizia; Dio viene a donarci Dio, ed “Egli è il tutto!” (Sir 43,27). Viene a donare tutto ciò che fa felice l’uomo e ne realizza in pienezza la vita: “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.(…)..Principe della pace” (Is 9, 5).

Pensando al messaggio di Eluana: questo Bambino è il vero cibo e la vera bevanda per ogni uomo, nutrimento essenziale che sazia e ristora totalmente ogni persona, poiché l’uomo non è né ciò che mangia, né ciò che beve, e la sua vita stessa “non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17).

Il Natale ci dice che la vita trascende la vita fin dal suo primissimo inizio, poiché è predestinata in se stessa al dono di “ogni cosa insieme con Lui”. E il dono di ogni dono, presupposto per ogni altro dono, è la vita umana, creata nell’istante del concepimento per vivere sempre. La vita, infatti, non è mai realmente “tolta”, cioè abolita dalla morte, come non è tolta la luce dal sole quando calano le tenebre. La morte pone fine solamente all’esistenza terrena della vita, trasferendola per sempre nella sua patria celeste.

Perciò il dono della vita non è distrutto mai, qualunque sia l’arma di cui l’uomo si serve per ucciderla. Uccidere la vita non significa annientarla, abolirne l’esistenza: significa solo toglierla da questo mondo terreno. La morte libera la vita dal laccio della carne, come un uccello dal laccio del cacciatore. Per questo, se noi pensassimo che sarebbe assai meglio per tutti i bambini abortiti nella storia dell’umanità che non fossero mai stati concepiti, saremmo in un grande errore, poiché essi godono ora la vita eterna. Così pure se affermassimo che per le centinaia di migliaia di piccolissimi bambini congelati nei frigoriferi biologici, o distrutti nella ricerca criminale, o fatti a pezzi nel grembo materno, finiti nelle fognature o nell’inceneritore, sarebbe stato meglio che non fossero mai stati concepiti, non avremmo compreso il vero valore della vita, il suo principio e fondamento, il suo destino eterno e beato da Dio inscritto nel DNA di ogni uomo, sin dal concepimento.

E’ tutto questo che noi celebriamo a Natale. Secondo la tradizione, molti partecipano oggi alla santa Messa di mezzanotte. Ma quanti ne comprendono il vero significato? E’ nella Messa che noi possiamo comprendere il senso della nascita di Gesù. Essa è tutta orientata verso il dono totale di sè, destinato a compiersi sulla croce: “Sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Ed è grazie alla Messa che noi possiamo celebrare il Natale in “diretta” con la stalla di Betlemme. Questo miracolo di contemporaneità è misteriosamente ma realmente operato dalla liturgia, che trasforma la memoria in “memoriale” grazie al potere della Parola e dello Spirito Eterno di Dio, che attualizzano i fatti di allora per li vivano i presenti di oggi. Così il Bambino di Betlemme, adagiato su di una mangiatoia (segno che proprio quella sua carne sulla paglia sarebbe stata mangiata dai credenti), viene veramente in mezzo a noi, oggi, grazie all’Eucaristia: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”. Corpo non solo sacrificato, ma anche risuscitato, cioè pieno di forza nuova. Il Figlio di Dio, infatti, nato proprio a Betlemme di Efrata per un decreto di Cesare Augusto, ha voluto sottoporsi al decreto di morte di Ponzio Pilato al fine di moltiplicare la gioia e la vita in tutti gli angoli della Terra, mediante il dono del suo Corpo vivificato dallo Spirito Santo e moltiplicato ogni giorno come Eucaristia.

Allora: “Noi diciamo grazie perché dalla linfa vitale, che mediante l’Eucaristia continuamente ci rinvigorisce, noi riceviamo anche di essere autenticamente e integralmente uomini: uomini al quali è consentito di ragionare, in un mondo che si fa sempre più irragionevole; ai quali è possibile gioire nella speranza, in una umanità sempre più intristita e sfiduciata” (G. Biffi).

Per restituire speranza e gioia a questa umanità, Dio non ha mandato solo suo Figlio in mezzo a noi, ma anche sua Madre. Ovunque, infatti, nasca un bambino, là c’è sempre la madre. Ascoltiamo:“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9,1-6).

Le apparizioni della Madonna iniziano tutte con il fulgore di una luce sconosciuta che avvolge i veggenti, ed anche Paolo, senza volerlo, sembra orientarci alle apparizioni di Maria santissima con queste parole:“Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,11-14).

Osserva mons. G. Ravasi: “Questo brano è una specie di catechismo cristiano dei primi decenni della Chiesa. Esso si apre con l’epifania del Cristo che è la manifestazione suprema della grazia salvifica di Dio e si chiude con la Pasqua, che è la pienezza di quest’opera di salvezza. La liturgia orientale connette costantemente il Natale, “apparizione” del Cristo nella carne, alla Pasqua del Signore, suprema e perfetta “apparizione”. A quest’irruzione deve rispondere l’accoglienza del credente, un’accoglienza che ha dimensioni morali, come ci ricorda questo “catechismo” attraverso una lista di impegni negativi e positivi: lotta all’empietà e alle passioni, vita secondo sobrietà, giustizia e pietà, tensione nella speranza.

Se è “apparsa la grazia” lo dobbiamo alla “piena di grazia”, le cui apparizioni e i cui messaggi corrispondono perfettamente all’annuncio del Vangelo.

Mi sia consentita una testimonianza a titolo puramente personale: Molti mi chiedono se credo che la Madonna appare a Medjugorie. Rispondo sempre con un “sì” gioioso e convinto. Il motivo sta nell’esperienza fatta quando vi andai per la prima volta nel 1984, assieme ad alcuni amici del Centro Aiuto alla Vita di Trento. Arrivammo poco prima dell’inizio della santa Messa. La chiesa traboccava di fedeli, era estate, senz’aria condizionata: un caldo insopportabile e irrespirabile. Rimasi seduto per terra tra molte gambe intorno. Fossi stato nel mio ambulatorio di un tempo, in poltrona e in tali condizioni, dopo un quarto d’ora avrei preso due Cibalgine per la cefalea. Ma lì, invece del cerchio alla testa, mi venne subito un profondo ed inspiegabile raccoglimento. Dopo tre ore uscimmo e più tardi tornammo alla chiesa. Ci sedemmo fuori, schiena contro muro, a contemplare le stelle in silenzio per un paio d’ore. Allora il raccoglimento divenne tanto intenso e la gioia si moltiplicò a tal punto che non ebbi alcun dubbio: era l’annuncio della Presenza amata, quella della Regina del Cielo che teneva in braccio il suo Principe della Pace.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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Messaggio per il Natale 2009 del Patriarca latino di Gerusalemme

GERUSALEMME, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio di Natale del Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, presentato questo martedì ai giornalisti.




* * *

Natale si avvicina. In quest’occasione desidero veramente la pace e la grazia per tutti gli abitanti di questa Terra Santa: per gli Israeliani e i Palestinesi, per i cristiani, i musulmani, gli ebrei e i drusi. Rivolgo allo stesso modo questo saluto anche ai nostri fedeli in Giordania e a Cipro, parte della nostra Diocesi di Gerusalemme. La nascita di Cristo ci invita a meditare sui valori fondamentali della pace, della speranza, dell’amore, della condivisione, dell’accoglienza, dell’ospitalità, della compassione e della dignità umana.

1. I nostri sogni di una riconciliazione in Terra Santa sembrano essere un’utopia. Nonostante i lodevoli sforzi da parte di politici e di uomini di buona volontà per trovare una soluzione al conflitto in corso, tutti i tentativi volti a raggiungere la pace, sia da parte palestinese che israeliana, sono falliti. La realtà contraddice i nostri sogni. Ecco alcuni esempi:

A. I Palestinesi non hanno ancora un proprio Stato, in cui poter vivere in pace e in armonia con i loro vicini di Israele. I Palestinesi si trovano ancora a soffrire per l’occupazione, la difficile situazione economica, la distruzione di numerose abitazioni a Gerusalemme Est e per le divisioni politiche interne. Migliaia di persone che vivono a Gerusalemme, a Gaza o nei Territori Palestinesi, separati dalle loro famiglie, sono in attesa di potersi ricongiungere ai loro cari. Un anno dopo la guerra di Gaza, essa soffre ancora per il blocco economico, per la mancanza di libertà di movimento e per le conseguenze dell’inquinamento dell’acqua dolce e del mare, fatto che mette a repentaglio la salute di 1, 5 milioni di cittadini, il 50% dei quali sono di età inferiore ai 14 anni.

B. Lo status finale di Gerusalemme è ancora in discussione. Molti sono i cambiamenti in atto nella Città Santa che, tendendo a fare di Gerusalemme una città «esclusiva», minacciano la sua vocazione ad essere città universale per tre religioni e due popoli. Gerusalemme è chiamata infatti ad essere una città in cui i suoi abitanti coesistano pacificamente. Purtroppo, la moschea di Al Aqsa è stata teatro di recenti scontri tra fondamentalisti ebrei- che hanno tentato di invadere Al Haram Al Sharif - e giovani palestinesi che volevano difendere il loro luogo Sacro. L’impatto di questi spiacevoli avvenimenti non deve essere sottovalutato.

C. Gli Israeliani vivono in una grande paura che impedisce loro di prendere decisioni coraggiose per porre fine al conflitto. Il muro di separazione è l’espressione concreta di questa paura. Speravamo vivamente che il progettato scambio di prigionieri tra Israeliani e Palestinesi si sarebbe potuto realizzare, favorendo lo sviluppo di nuove positive iniziative. Siamo molto delusi dei ritardi che hanno accompagnato questa vicenda.

2. Tuttavia, la nostra speranza è ancora viva. La speranza è la capacità di «vedere Dio in mezzo alle difficoltà». Essa ci spinge a cambiare la realtà in cui ci troviamo. Sperare non significa cedere al male, ma piuttosto affrontarlo (Dichiarazione di Kairos, 2009). In Terra Santa non è tutto senza speranza. Ci sono alcuni segni positivi, come ad esempio:

A. Il blocco parziale per la costruzione degli insediamenti e la rimozione di oltre cinquanta checkpoints in Cisgiordania. Questa decisione da parte dell’esercito israeliano ha decisamente migliorato la libertà di movimento per i Palestinesi e così pure la situazione economica. Certo non è ancora sufficiente, però si tratta di un passo avanti. Ci auguriamo che possano presto seguire altre misure. Inoltre i Palestinesi hanno espresso la loro crescente resistenza in modo non violento, segno di un voler procedere nella giusta direzione.

B. La generosità della comunità internazionale. Il sostegno finanziario della comunità internazionale è un grande segno di speranza. Dopo la guerra di Gaza, i governi, le Chiese e i singoli hanno dato avvio ad una catena di solidarietà. Ringraziamo tutti i donatori ed assicuriamo loro la nostra preghiera in questo tempo di Natale.

C. La visita del Santo Padre nel maggio 2009. Papa Benedetto XVI è stato ben accolto in Giordania, Israele e Palestina. Un sentito ringraziamento va ai governi di questi paesi. Il Santo Padre è venuto in Terra Santa come pellegrino di pace e di riconciliazione. Risuonano ancora le sue parole: «Mai più spargimento di sangue! Mai più combattimenti! Mai più terrorismo! Mai più guerre! Al contrario, facciamo in modo di spezzare il circolo vizioso della violenza». Possiamo aggiungere: «Mai più anti-semitismo, mai più islamofobia, mai più paura e odio!». I vari discorsi, le omelie, gli incontri e i gesti con cui il Santo Padre si è rivolto a noi durante la sua visita, hanno avuto lo scopo di promuovere il dialogo interreligioso ed ecumenico, la riconciliazione e la giustizia, incoraggiando la comunità cristiana a rimanere in Terra Santa e ad assumere un ruolo attivo nella vita del Paese. Stiamo continuando a raccogliere i frutti di questa sua visita:

a. Il massiccio afflusso di pellegrini. Secondo il Ministero Israeliano del Turismo, nel corso del solo mese di ottobre ben 330.000 pellegrini hanno visitato la Terra Santa. Il numero dei visitatori nel 2009 sarà così pari a quello dell’anno 2000, che rappresentò un record nella storia dei pellegrinaggi, contando 2.700.000 pellegrini.

b. La costruzione a Betlemme di una nuova Clinica Pediatrica, intitolata a Benedetto XVI, finanziata per la maggior parte dalla Fondazione Giovanni Paolo II, dalla Chiesa cattolica e da altre istituzioni civili italiane.

c. L’Università di Madaba in Giordania, la cui prima pietra è stata benedetta da Papa Benedetto XVI nel corso della sua ultima visita. Tale progetto vuole contribuire da parte nostra ad innalzare la qualità dell’offerta formativa, assicurando il meglio nel settore dell’istruzione e della formazione, come abbiamo già cercato di fare anche tramite l’Università di Betlemme.

d. La costruzione a Gerusalemme di un complesso residenziale per 72 giovani coppie. Gerusalemme Est soffre infatti di una grave carenza di alloggi. È ancora difficile ottenere permessi di costruzione e il lavoro è molto costoso. Questo progetto dovrebbe essere un progetto-pilota per ispirare altri progetti simili.

e. La coraggiosa decisione di Benedetto XVI di convocare un Sinodo per il Medio Oriente che si terrà nel mese di ottobre 2010. Questo ci darà l’opportunità di concentrarci nuovamente sulle grandi sfide che le Chiese in Medio Oriente si trovano ad affrontare.

f. La beatificazione di suor Marie Alphonsine, fondatrice della Congregazione delle Suore del Rosario. Questo grande evento significa che i fedeli di Terra Santa, fieri e pieni di gioia nei confronti di Marie Alphonsine, possono trovare in lei un modello di virtù eroiche, contando nello stesso tempo sulla sua intercessione. Desidero sottolineare infatti che questa suora è nata a Gerusalemme, ad alcuni metri di distanza dal Patriarcato Latino ed ha servito a Gerusalemme, Betlemme e in diverse parrocchie della Terra Santa, anche in Giordania. Si tratta così veramente di un modello da seguire. La sua festa ricorrerà ogni 19 novembre.

Conclusione. Il dono più grande che possiamo desiderare, più del denaro e della ricchezza, è quello della pace. È un desiderio comune a tutti gli abitanti di questo Paese, Israeliani e Palestinesi. La pace è un dono di Dio agli uomini di buona volontà. Dobbiamo guadagnarcelo. Sappiamo che ci sono molti uomini e donne di buona volontà tra gli Israeliani e i Palestinesi. Preghiamo che un giorno la bella visione di Isaia possa diventare realtà: «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti … Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,2-5).

Buon Natale e un Felice Anno Nuovo a tutti voi.

+ Fouad Twal, Patriarca latino

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