venerdì 25 dicembre 2009

ZI091225

ZENIT

Il mondo visto da Roma

Servizio quotidiano - 25 dicembre 2009

Buon Natale con il Papa

Per questo Natale, ZENIT desidera farle i suoi auguri con le stesse parole che Benedetto XVI ha rivolto ai suoi amici e collaboratori: "Oggi ci illumina la Luce, perché è nato per noi il Signore". Il Papa ha accompagnato le sue parole con un'immagine molto familiare, la vetrata della sua cappella privata.

Può ricevere il biglietto del Papa su: http://www.zenit.org/page-0702?l=italian


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Benedetto XVI: se il Natale è vero, tutto cambia
Messa della notte di Natale nella Basilica di San Pietro in Vaticano
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Se Gesù è nato davvero più di duemila anni fa, "tutto è cambiato", ha affermato Benedetto XVI nella Messa della notte di Natale per spiegare come questa festa abbia un'importanza decisiva nella vita di ogni persona.

L'omelia della celebrazione eucaristica, presieduta nella Basilica di San Pietro, è quindi diventata un'esortazione a mettere al primo posto della propria vita Dio.

La celebrazione, che quest'anno è iniziata alle 22.00, è stata turbata all'inizio dal gesto di una donna che si è lanciata verso il Papa facendolo cadere.

Meditando sul mistero verificatosi a Betlemme, il Vescovo di Roma ha dichiarato che la notizia della nascita di Gesù "non può lasciarci indifferenti".

"Se è vera, tutto è cambiato. Se è vera, essa riguarda anche me", ha constatato.

Dio al primo posto

"La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato. E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle", ha riconosciuto il Papa.

"Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell'elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all'ultimo posto. Questo - si pensa - si potrà fare sempre".

Ad ogni modo, "se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio", ha affermato citando la famosa massima della Regola di San Benedetto che dice: "Non anteporre nulla all'opera di Dio".

"Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita", ha spiegato. "Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane".

"Ma la maggior parte di noi uomini moderni vive lontana da Gesù Cristo", ha ammesso. "Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo".

Dio "ci viene incontro"

"Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo", ha proseguito il Pontefice.

"Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore".

"Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all'amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio. Egli possiede il potere ed è la Bontà".

"Ci invita a diventare simili a Lui. Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l'umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell'amore".

Il Papa ha quindi concluso la sua meditazione con una preghiera: "Signore Gesù Cristo, tu che sei nato a Betlemme, vieni a noi! Entra in me, nella mia anima. Trasformami. Rinnovami. Fa' che io e tutti noi da pietra e legno diventiamo persone viventi, nelle quali il tuo amore si rende presente e il mondo viene trasformato".

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Senza conseguenze per il Papa la caduta provocata da una squilibrata
Nell'incidente, il Cardinale Etchegaray cade e si rompe il femore
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Non ha avuto conseguenze per Benedetto XVI la caduta provocata da una donna con problemi psichici all'inizio della Messa di Mezzanotte nella Basilica vaticana.

Il Cardinale Roger Etchegaray, di 87 anni, coinvolto nella caduta, ha tuttavia riportato la frattura del femore.

In una ricostruzione dei fatti offerta ai giornalisti, padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha spiegato che "durante la processione di ingresso della celebrazione, una persona non equilibrata - tale Susanna Maiolo, di 25 anni, di cittadinanza italiana e svizzera - ha superato la transenna e, nonostante l'intervento della sicurezza, è riuscita a raggiungere il Santo Padre e ad afferrarne il pallio, facendogli perdere l'equilibrio e facendolo scivolare a terra".

"Il Papa ha potuto prontamente rialzarsi e riprendere il cammino e tutta la celebrazione si è svolta senza alcun altro problema", ha aggiunto il portavoce vaticano.

"Purtroppo nel trambusto creatosi, il Cardinale Etchegaray è caduto, riportando la frattura del collo del femore. E' stato ricoverato al Policlinico Gemelli, le sue condizioni sono buone, ma dovrà essere sottoposto a operazione nei prossimi giorni".

"La Maiolo, che non era armata ma manifesta segni di squilibrio psichico, è stata ricoverata in una struttura sanitaria, per essere sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio".

Padre Lombardi conclude il suo comunicato spiegando che l'incidente non ha provocato cambiamenti nell'agenda delle celebrazioni di Natale del Papa.

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Il Papa presenta la speranza di Gesù a un mondo in crisi
Nel suo messaggio in occasione del Natale
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha presentato nel suo messaggio di Natale la speranza rappresentata dalla nascita di Dio fatto uomo, Gesù, a un'umanità che sente ancora la morsa della crisi economica, sociale e morale.

Il messaggio, pronunciato a mezzogiorno dalla loggia della facciata della Basilica vaticana, prima di porgere i suoi auguri per il Natale in 65 lingue e di impartire la benedizione "Urbi et Orbi", è stato ascoltato e applaudito da decine di migliaia di persone riunite in Piazza San Pietro.

La Chiesa, ha dichiarato, "offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l'uomo dalla schiavitù del peccato".

"Non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace".

In questo modo, rivolgendosi alla "famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti", ha dichiarato che la Chiesa torna a presentare nel Bambino di Betlemme "la nostra speranza".

Il Papa ha applicato questo messaggio in primo luogo alla Terra Santa, "per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica".

Si è poi rivolto agli altri Paesi del Medio Oriente con questa domanda: "Come non pensare alla tribolata situazione in Iraq e a quel piccolo gregge di cristiani che vive nella Regione?".

"Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all'edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino".

Il Vescovo di Roma ha poi ripercorso le situazioni mondiali auspicando che in ogni angolo del pianeta risuoni il messaggio che Cristo porta a Natale.

Il suo pensiero è andato allo Sri Lanka, alla Penisola coreana e alle Filippine per essere "lievito di riconciliazione e di pace".

Nel continente africano, ha implorato "la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo", ha invitato "i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo" e ha chiesto a quelli del Madagascar "di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente", sottolineando che la Chiesa "a tutti ricorda che sono chiamati alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli".

In Europa e in Nordamerica, il messaggio del Natale invita a "superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate".

Il Papa ha poi menzionato la situazione in Honduras, incoraggiando a "riprendere il cammino istituzionale", e quella di tutta l'America Latina, per lanciare un "appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale", trasformandosi in "annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità".

"In una parola - ha concluso -, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l'indifferenza, talvolta ostile, che - anzi - le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore".

Porgendo i propri auguri in italiano, il Papa ha poi detto: "Buon Natale agli abitanti di Roma e dell'intera Italia! La nascita di Cristo rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale. Contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono".

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Natale a Betlemme: quando ci sarà la pace sarà davvero "Terra Santa"
Omelia del Patriarca latino di Gerusalemme nella Messa di Mezzanotte
BETLEMME, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Solo quando ci sarà la pace in Medio Oriente si potrà parlare davvero di "Terra Santa", ha affermato il Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, durante la Messa di Mezzanotte a Betlemme.

Il suo messaggio è diventato una richiesta a tutti i credenti del mondo di pregare per la terra in cui Gesù è nato, ha vissuto ed è morto.

Tra 50.000 e 70.000 turisti e pellegrini si sono recati in Terra Santa in occasione delle feste natalizie, ha reso noto la Custodia francescana di Terra Santa.

"È una terra che soffre e che spera - ha osservato il Patriarca Twal -. I suoi abitanti vivono come fratelli nemici tra loro. Quando capiremo che una terra merita l'appellativo di 'santa' solo quando l'uomo che vi vive diventa santo?".

"Questa terra merita davvero di essere chiamata 'santa' solo quando in essa si respireranno la libertà, la giustizia, l'amore, la riconciliazione, la pace e la sicurezza", ha affermato durante la celebrazione, svoltasi nella chiesa di Santa Caterina, adiacente alla Basilica della Natività, capace di accogliere 2.500 fedeli.

"Come possiamo poi sperimentare la gioia del Natale, vedendo ripetersi il dramma che accompagnò la Nascita storica di Cristo? - si è chiesto nella liturgia, celebrata in latino -. Cristo non poté avere una casa a Betlemme, e molti dei nostri concittadini sono rimasti ai giorni nostri senza casa a motivo dell'ingiustizia degli uomini".

"Per l'insicurezza e le numerose difficoltà legate al vivere in questo paese, centinaia di migliaia di persone sono già emigrate per cercare altrove migliori condizioni e qualità di vita. Altri stanno tuttora cercando di abbandonare il paese dei loro predecessori, questa terra santificata dal mistero dell'Incarnazione di Dio", ha denunciato.

Alla celebrazione era presente anche il Presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas.

"Come vivere la gioia e la festa, mentre commemoriamo il primo anniversario della guerra e della tragedia di Gaza? - ha proseguito -. L'occupazione della città sta soffocando la libertà di circolazione e il trasporto è ostacolato. Molte famiglie sono costrette a vivere separate".

"Considerando i mali che affliggono il mondo, tra cui i conflitti d'interesse, l'ipocrisia, la corsa agli armamenti e la detenzione di armi distruttive, chiediamo al Bambino di Betlemme, insieme a tutti bambini senzatetto, abbandonati a se stessi lungo le strade dei campi profughi, che sulla nostra terra si erga il sole di giustizia, di amore e di vita, per scacciare lo spettro della morte e della distruzione", ha concluso.

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Messaggio natalizio del Cardinale di Cuba alla televisione statale
L'AVANA, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Un messaggio natalizio dell'Arcivescovo dell'Avana (Cuba), il Cardinale Jaime Ortega, è stato trasmesso questo mercoledì sera dalla televisione statale cubana, il cui Governo comunista impone restrizioni alla presenza della Chiesa nei mezzi di comunicazione.

Il porporato ha letto il suo messaggio durante un concerto natalizio celebrato sabato scorso nella Cattedrale della capitale cubana e trasmesso dal Canal Educativo 2, un canale nazionale.

"Quest'anno le famiglie si rallegrano di poter accogliere i parenti degli Stati Uniti che desideravano venire a far loro visita e non potevano. Per questo ringraziamo Dio", ha affermato riferendosi al sollevamento di questa restrizione da parte del Presidente statunitense Barack Obama.

Pur definendo "preoccupante" la situazione economica dell'isola e avvertendo dei problemi di convivenza, il primate di Cuba ha chiesto che la fede continui a brillare "come una luce" nella mente e nel cuore dei cubani.

"Le nostre famiglie non si lascino vincere dalle tenebre, la luce di Cristo brilli nelle nostre case", ha esortato.

E' la seconda volta consecutiva che il Cardinale Ortega diffonde un messaggio natalizio alla televisione statale cubana.

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Natale in Iraq: tre morti in attentati contro due chiese
"Messaggio inquietante" per il Natale, dice l'Arcivescovo di Kirkuk
MOSUL, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Due bombe sono scoppiate questo mercoledì a Mosul contro la chiesa caldea di San Giorgio e contro quella siro-ortodossa di San Tommaso. Il bilancio è di tre morti - un cristiano caldeo e due musulmani - e vari feriti.

Dopo gli attentati, l'Arcivescovo di Kirkuk, monsignor Louis Sako, ha dichiarato ad AsiaNews che si è trattato di un "messaggio inquietante" a due giorni dal Natale, che mantiene alta la tensione e il timore di altri atti di violenza nel nord dell'Iraq.

Fonti di AsiaNews a Mosul hanno confermato che "la situazione dei cristiani continua a peggiorare, dato che gli edifici cristiani sono di nuovo nel mirino dei terroristi. Le due chiese colpite sono due edifici antichi, dal grande valore storico e culturale".

Nell'attentato alla chiesa di San Giorgio sono state assassinate tre persone. Testimoni locali hanno detto che l'esplosione è stata provocata da "un carretto di legumi, riempito di bombe".

Nelle ultime sei settimane, a Mosul sono stati oggetto di attentati quattro chiese e un convento di religiose domenicane. Le esplosioni sono state causate da autobombe che hanno danneggiato gravemente gli edifici e le case adiacenti, cristiane e musulmane. Cinque cristiani sono stati uccisi e altre sono stati vittime di sequestro a scopo di estorsione. Questi attentati selettivi testimoniano la "pulizia etnica" che si sta svolgendo contro la comunità cristiana in tutto l'Iraq.

Monsignor Sako afferma che queste minacce "continuano a influenzare la comunità cristiana", che spera "nella pace" ma resta vittima di violenze.

"Il messaggio di pace e di speranza - sottolinea l'Arcivescovo di Kirkuk - annunciato dagli angeli, resta il nostro augurio di Natale per tutto il Paese: vogliamo lavorare insieme per costruire la pace e la speranza nel cuore di tutti gli uomini e le donne dell'Iraq".

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Cardinal Policarpo: salvaguardare l'identità storica del Natale
Il Patriarca di Lisbona invia un videomessaggio a un seminario
LISBONA, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinal-Patriarca di Lisbona, monsignor José Policarpo, ritiene necessario "salvaguardare l'identità storica del Natale".

Il Natale "è la festa della nascita di Gesù Cristo", sottolinea nel videomessaggio natalizio che ha registrato per il Seminario dos Olivais.

Questa festa, osserva, rappresenta una sfida per i cristiani, "un nuovo incontro di ciascuno di noi con la persona di Gesù Cristo".

Per quanti non credono in Gesù, "questo può essere forse il momento in cui aprire il cuore", ma "per chi già crede in Lui c'è tutto un cammino da fare perché Egli sia più vivo, più figlio di Dio, più nostro Salvatore".

Monsignor Policarpo ha quindi chiesto che i cristiani diano nella società "una testimonianza coerente delle conseguenze che ha la fede in Gesù Cristo nel prendere posizione sui vari problemi".

"La Chiesa ha sempre considerato che questa testimonianza dei cristiani verso i problemi concreti della società faccia parte della sua missione", ha osservato.

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Di fronte alla crisi, i Vescovi spagnoli donano 3 milioni di euro alla Caritas
Per affrontare i problemi dell'emergenza
MADRID, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Monsignor Juan Antonio Martínez Camino, segretario generale della Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) e Vescovo ausiliare di Madrid, ha consegnato questo lunedì al presidente di Caritas Spagna, Rafael del Río, una donazione di 3 milioni di euro, corrispondente all'1,5% del Fondo Comune Interdiocesano della CEE, che i Vescovi hanno deciso di offrire alla Caritas durante l'Assemblea Plenaria svoltasi alla fine di novembre per far fronte ai programmi di aiuto alla crisi.

Per il secondo anno consecutivo, la Conferenza Episcopale compie questo gesto di impegno nei confronti delle vittime della crisi, che si materializza attraverso gli ambiti diocesani e parrocchiali della Caritas.

Nel corso della conferenza stampa convocata per procedere alla consegna della donazione, monsignor Martínez Camino ha rivolto un appello "a tutti i cattolici e a tutti i cittadini a continuare a collaborare con la Caritas nelle azioni di risposta alle vittime della crisi" e ha ribadito che "la Caritas è la Chiesa e la Chiesa è la Caritas", nella misura in cui "la carità, insieme alla profezia e alla celebrazione della parola, rappresenta una dimensione essenziale della vita della Chiesa".

Insieme alla consegna della donazione della CEE, durante la conferenza stampa il nuovo segretario generale di Caritas Spagna, Sebastián Mora, ha presentato il IV Rapporto dell'Osservatorio della Realtà Sociale della Caritas, in cui si analizza la risposta dei servizi sociali pubblici alla crisi.

Mora ha posto al centro del suo discorso Gesù Cristo, "che ci fa volgere lo sguardo, i sentimenti e l'impegno verso i più poveri ed esclusi, che sono gli unici protagonisti di questa conferenza stampa e che, per situazioni di ingiustizia, sono vittime di un modello sociale che non genera un autentico sviluppo umano".

Il Rapporto mostra anche che il numero di persone assistite dalla rete statale Caritas di Servizi di Accoglienza e Assistenza è aumentato da 400.000 a 600.000 dal 2007 al 2008, e che probabilmente raggiungerà le 800.000 persone nel 2009.

I dati rivelano anche che, in generale, i servizi sociali pubblici non fanno fronte a molte delle necessità di base delle persone più colpite dalla crisi, o perché non sono incluse nelle prestazioni di base che offrono o perché i criteri di accesso a queste prestazioni sono diventati più rigidi e differiscono molto in base alle regioni.

Per questo, la Caritas deve assumere spesso il compito di far fronte alle necessità più urgenti di persone e famiglie.

Il Rapporto dell'Osservatorio raccoglie anche dieci proposte concrete per correggere l'attuale mancanza di risposte davanti alla crisi, che vanno dall'incremento dello sforzo nel campo della difesa sociale alla revisione dell'azione sociale, passando per l'aumento delle risorse umane ed economiche per garantire la copertura di queste necessità.

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Fine anno di preghiera per 30.000 giovani riuniti da Taizé in Polonia
Ricevono il sostegno del Papa e dei leader cristiani
ROMA, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI e i leader cristiani hanno espresso il proprio incoraggiamento ai 30.000 giovani di varie Chiese e comunità cristiane convocati dalla comunità ecumenica di Taizé nella città polacca di Poznań per vivere una fine d'anno di preghiera.

I giovani, provenienti dall'Europa e da altri continenti, rifletteranno sulla "Lettera della Cina" scritta da fratel Alois.

Il priore di Taizé condividerà con i giovani le esperienze che ha appena vissuto in una visita nel Paese asiatico, dove ha potuto incontrare le comunità cristiane.

Nel messaggio che il Papa ha indirizzato ai giovani, chiede loro di "andare incontro agli uomini e alle donne che hanno perso il senso di Dio, che lo cercano a tentoni, a volte senza saperlo".

"Hanno bisogno di incontrare veri testimoni perché brilli per loro il volto di Cristo. Dio vi ispiri i gesti e le parole per rendere accessibili ad altri, tornando nei vostri Paesi, la speranza che vi dà la vita e l'impulso che il suo Spirito vuole donare a ogni vita umana!", auspica il messaggio pontificio.

"Sì, rallegriamoci della sete che Egli stesso ha posto in voi: esprime la vostra dignità di figli e figlie di Dio".

Tra i leader cristiani che hanno inviato il proprio messaggio a questo 32° incontro, che si celebra ogni anno in una città europea diversa, c'è anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I.

"Non abbiate paura!", dice loro citando le parole di Gesù. "In un periodo di instabilità economica in cui la precarietà lavorativa si sviluppa sullo sfondo di una pandemia, il mondo è colpito da una crisi le cui ramificazioni si estendono fino alle profondità della vita moderna".

"'Vitelli d'oro' fanno la loro comparsa sacrificando la giustizia, l'uguaglianza e la libertà sull'altare del consumismo. Crisi economica, crisi di valori, crisi di identità, il mondo globalizzato si caratterizza per una perdita di senso", aggiunge.

Per questo motivo, il Patriarca invita i giovani "ad essere testimoni vivi di Cristo nato, testimoni di Cristo risorto, di un Dio che è entrato nella storia, di un Dio della creazione".

L'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha chiesto ai giovani di rispondere a questa domanda: "Che cosa significa vivere una vita veramente umana?".

"Abbiamo visto come l'umanità sia sfigurata e ferita da false idee di ricchezza, false idee di sicurezza, false idee di libertà. La nostra vocazione come cristiani è svelare al mondo la verità del nostro destino umano".

Hanno inviato messaggi di sostegno anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, e il presidente della Commissione Europea, José Manuel Durão Barroso.

La Comunità di Taizé è una comunità monastica cristiana ecumenica fondata dal teologo svizzero Roger Schutz (frère Roger) nel 1940 nella località francese di Taizé.

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Messaggio di Natale di Benedetto XVI
"Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore"
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il messaggio di Natale pronunciato da Benedetto XVI a mezzogiorno di questo 25 dicembre dalla loggia della facciata della Basilica di San Pietro in Vaticano, prima di impartire la benedizione "Urbi et Orbi".

 



* * *



Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero,

e voi tutti, uomini e donne amati dal Signore!

"Lux fulgebit hodie super nos,

quia natus est nobis Dominus.

- Oggi su di noi splenderà la luce,

Perché è nato per noi il Signore"

(Messale Romano, Natale del Signore, Messa dell'Aurora, Antifona d'ingresso).

La liturgia della Messa dell'Aurora ci ha ricordato che ormai la notte è passata, il giorno è avanzato; la luce che promana dalla grotta di Betlemme risplende su di noi.

Tuttavia, la Bibbia e la Liturgia non ci parlano della luce naturale, ma di una luce diversa, speciale, in qualche modo mirata e orientata verso un "noi", lo stesso "noi" per cui il Bambino di Betlemme "è nato". Questo "noi" è la Chiesa, la grande famiglia universale dei credenti in Cristo, che hanno atteso con speranza la nuova nascita del Salvatore ed oggi celebrano nel mistero la perenne attualità di questo evento.

All'inizio, attorno alla mangiatoia di Betlemme, quel "noi" era quasi invisibile agli occhi degli uomini. Come ci riferisce il Vangelo di san Luca, comprendeva, oltre a Maria e a Giuseppe, pochi umili pastori, che giunsero alla grotta avvertiti dagli Angeli. La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte. Tutt'intorno era buio, mentre nella grotta risplendeva la luce vera "che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). Eppure tutto avviene nella semplicità e nel nascondimento, secondo lo stile con il quale Dio opera nell'intera storia della salvezza. Dio ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio. La Verità, come l'Amore, che ne sono il contenuto, si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce. È la storia della Chiesa che inizia il suo cammino nella povera grotta di Betlemme, e attraverso i secoli diventa Popolo e fonte di luce per l'umanità. Anche oggi, mediante coloro che vanno incontro al Bambino, Dio accende ancora fuochi nella notte del mondo per chiamare gli uomini a riconoscere in Gesù il "segno" della sua presenza salvatrice e liberatrice e allargare il "noi" dei credenti in Cristo all'intera umanità.

Dovunque c'è un "noi" che accoglie l'amore di Dio, là risplende la luce di Cristo, anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l'uomo dalla schiavitù del peccato. Come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace. Anche oggi, per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti, con lo stile della condivisione e della fedeltà all'uomo, la Chiesa ripete con i pastori: "Andiamo fino a Betlemme" (Lc 2,15), lì troveremo la nostra speranza.

Il "noi" della Chiesa vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica. Il "noi" della Chiesa è presente negli altri Paesi del Medio Oriente. Come non pensare alla tribolata situazione in Iraq e a quel piccolo gregge di cristiani che vive nella Regione? Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all'edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino. Il "noi" della Chiesa opera in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace. Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente; a tutti ricorda che sono chiamati alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli. In Europa e in America settentrionale, il "noi" della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate. In Honduras aiuta a riprendere il cammino istituzionale; in tutta l'America Latina il "noi" della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità.

Fedele al mandato del suo Fondatore, la Chiesa è solidale con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente. Davanti all'esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall'intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all'accoglienza. In una parola, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l'indifferenza, talvolta ostile, che - anzi - le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore.

Cari fratelli e sorelle, quale grande dono far parte di una comunione che è per tutti ! È la comunione della Santissima Trinità, dal cui cuore è disceso nel mondo l'Emmanuele, Gesù, Dio-con-noi. Come i pastori di Betlemme, contempliamo pieni di meraviglia e di gratitudine questo mistero d'amore e di luce! Buon Natale a tutti!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]

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Omelia del Patriarca Latino di Gerusalemme per la Messa di Mezzanotte a Betlemme
BETLEMME, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata dal Patriarca Latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, durante la Messa di Mezzanotte celebrata a Betlemme.



* * *



Cari fratelli e sorelle,

Giuseppe si recò a Betlemme insieme con Maria sua sposa. "Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia" (Lc 2, 6-7).

A nome del Bambino di Betlemme, nato in una povera grotta, e a nome di coloro che gli sono simili, dei molti bambini nati senza casa o che si trovano nei campi profughi, vi auguro il benvenuto, con le stesse parole che gli angeli rivolsero ai pastori: "Vi annuncio una grande gioia ... troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,10-12). Desideriamo tanto che questa salvezza possa continuare a realizzarsi nell'"oggi" di Dio, a partire da questa città, da questa grotta e dalla mangiatoia verso cui ci dirigeremo portando in processione il bambino divino!

"Oggi vi è nato ... un Salvatore" (Lc 2,11). "Venite, ... adoriamo" (Sal 95,6).

"Oggi" è nato per noi. La parola "oggi", rivolta dal Cielo alla Terra più di duemila anni fa, si rivolge allo stesso modo al nostro "oggi" e all'"oggi" degli uomini di ogni tempo, perché "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8). Il tempo degli uomini è un presente fuggevole, mentre il tempo di Dio è un continuo presente, perché il Signore è l'essere per eccellenza, "Colui che è" (cfr. Es 3, 14). Cristo, la Parola di Dio, è così "Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8).

Il nostro Signore e Salvatore nasce oggi di nuovo in mezzo a noi.

La nascita di Gesù in quest' "oggi" porta un cambiamento radicale nella vita degli esseri umani: "Una grande luce risplendette per noi" (cfr. Is 9,1) che ci troviamo "nelle tenebre e nell'ombra della morte" (Lc 1,79). Questa luce è quella dell'amore universale. Il nostro cuore preferisce limitarsi all'amore per le persone a noi più vicine, come nel caso dei genitori verso i figli, oppure dei membri di uno stesso gruppo religioso tra di loro. Questo amore particolare è invitato ad estendersi alle dimensioni del mondo, perché la misura dell'amore è di "amare senza misura".

La pace e la non-violenza dovrebbero sostituire l'odio, la guerra e la violenza; lo Spirito dovrebbe prevalere sulla materia; l'apertura agli altri, l'ospitalità e la disponibilità nei loro confronti dovrebbero abbattere i muri di separazione e di isolamento, per rendere veramente "gloria a Dio nel più alto dei cieli" e realizzare la promessa "e pace in terra agli uomini, che Egli ama" (Lc 2,14).

"E il Verbo si fece carne" (Gv 1, 14). Il più grande evento della storia umana è che la Parola di Dio si è fatta uomo "quando venne la pienezza del tempo" (Gal 4,4). Dio ha assunto un volto umano. Egli si è fatto uomo, per elevare gli uomini a Sé!

Il mistero dell'Incarnazione, che sorpassa ogni nostra comprensione, è al centro della nostra fede cristiana. È parte del piano divino di salvezza e redenzione del genere umano. Gli apostoli e i discepoli annunciarono con forza questo grande mistero e sigillarono la loro testimonianza con il proprio sangue.

L'umiltà del Verbo di Dio divenuto carne è per noi un'esortazione costante ed anche un farmaco contro l'orgoglio. Il Verbo eterno si umiliò, abbandonando ogni prerogativa divina. Egli, Verbo eterno, scelse di nascere bambino povero in una mangiatoia. Se fosse apparso nella gloria della Sua divinità, ci avrebbe abbagliato, ma in tal modo non l'avremmo considerato uno di noi, un membro della nostra famiglia umana. La sua nascita così modesta è per noi un esempio. Se Dio si è fatto il più povero tra i poveri e il più bisognoso tra i bisognosi, non c'è altra via da seguire, per avanzare nel nostro cammino verso la felicità eterna, se non quella di vincere il nostro orgoglio, praticando l'umiltà e la semplicità, incoraggiati dall'esempio di Colui che "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della Sua povertà" (cfr. 2 Cor 8,9). In questo modo ha fondato i valori della condivisione e della solidarietà. I problemi finanziari che oggi affliggono il mondo derivano dal fatto che il mondo ha dimenticato i poveri. Il Natale è e sarà sempre un grido che turba la coscienza del mondo materialista, che basando i suoi principi sulla competitività e sulla corsa sfrenata, finisce per arricchirsi a scapito dei poveri.

Quando gli uomini si rifiutano di condividere i beni terreni secondo uno spirito di solidarietà, il denaro diventa un idolo ed essi si trovano a pagare il prezzo del loro allontanamento da Dio. È giunto il momento che, di fronte al fenomeno di recessione che ha colpito l'economia mondiale, causando la crisi attuale ed il conseguente aumento della disoccupazione, il mondo accetti il primato dei valori della temperanza e della condivisione. Solo questi valori possono rianimare il mondo economico. "Quale vantaggio, infatti, avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima?" (Mt 16,26).

Gesù Cristo nella sua patria

A nome di tutti i fedeli delle parrocchie di Giordania, Palestina, Israele e Cipro, e a nome dei fedeli di Betlemme, concittadini di Gesù, mi rivolgo ai credenti del mondo intero, esortandoli a pregare per la Terra Santa. È una terra che soffre e che spera. I suoi abitanti vivono come fratelli nemici tra loro. Quando capiremo che una terra merita l'appellativo di «santa» solo quando l'uomo che vi vive diventa santo? Questa terra merita davvero di essere chiamata "santa" solo quando in essa si respireranno la libertà, la giustizia, l'amore, la riconciliazione, la pace e la sicurezza.

Come possiamo poi sperimentare la gioia del Natale, vedendo ripetersi il dramma che accompagnò la Nascita storica di Cristo? Cristo non potè avere una casa a Betlemme, e molti dei nostri concittadini sono rimasti ai giorni nostri senza casa a motivo dell'ingiustizia degli uomini. Per l'insicurezza e le numerose difficoltà legate al vivere in questo paese, centinaia di migliaia di persone sono già emigrate per cercare altrove migliori condizioni e qualità di vita. Altri stanno tuttora cercando di abbandonare il paese dei loro predecessori, questa terra santificata dal mistero dell'Incarnazione di Dio.

Come vivere la gioia e la festa, mentre commemoriamo il primo anniversario della guerra e della tragedia di Gaza? L'occupazione della città sta soffocando la libertà di circolazione e il trasporto è ostacolato. Molte famiglie sono costrette a vivere separate.

Ma tutto ciò non ci impedisce di cantare e invocare il Salvatore: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (Is 63,19). "Rorate coeli desuper et nubes pluant justum" (Liturgia cattolica per l'Avvento). Signore, Tu sei l'Emmanuele, il "Dio con noi" (Mt 1,23). Anche noi desideriamo rimanere con Te. Tu solo puoi condurre al tuo presepe, attraverso la stella e la Tua grazia, gli uomini in conflitto, i capi e i governanti che hanno il potere di decidere e di tenere in mano il destino degli uomini. Fa' che tutti possano conoscere il messaggio del Natale, un messaggio che insegna l'umiltà e che ridona all'uomo la sua dignità di figlio di Dio.

In questa notte di Natale desideriamo pregare per la pace insieme a tutti gli uomini di buona volontà. Imploriamo una pace diversa da quella che il mondo ci promette. La pace che il mondo ci offre è basata, infatti, sulla forza e sulla violenza. Noi cerchiamo la pace di Dio, fondata sulla giustizia e sulla dignità umana. Considerando i mali che affliggono il mondo, tra cui i conflitti d'interesse, l'ipocrisia, la corsa agli armamenti e la detenzione di armi distruttive, chiediamo al Bambino di Betlemme, insieme a tutti bambini senzatetto, abbandonati a se stessi lungo le strade dei campi profughi, che sulla nostra terra si erga "il sole di giustizia" (Ml 3,20), di amore e di vita, per scacciare lo spettro della morte e della distruzione. Possano i nostri figli e i bambini di Gaza gustare il sapore della festa ed avere la gioia di illuminare e decorare l'albero di Natale, simbolo di vita e di speranza di vivere.

Oh, Bambino di Betlemme, siamo stanchi di questa situazione, stanchi di attendere, affaticati dai discorsi e dalle promesse, stanchi di conferenze, di scadenze, di trattative!

Oh, Bambino di Betlemme, donaci la Tua pazienza, il Tuo amore e la Tua dolcezza! Noi ti preghiamo, fa'che in questo nuovo anno le mani si possano stringere, le intenzioni purificare e i cuori possano amare. Fa' che le divisioni possano scomparire, i muri si possano demolire, lasciando il posto a ponti di comprensione e di riconciliazione!

Cari fratelli e figli diletti,

La grazia di Dio e il Suo amore per tutti gli uomini, senza distinzione di fede e nazionalità, ci aiutino a perseguire la pace. Ognuno si impegni a lavorare il proprio campo per la venuta del Regno di Dio, un "Regno di giustizia, di amore e di pace" (dal Prefazio per la Solennità di Cristo Re).

Ci sia concesso di poter riconoscere in ogni uomo, donna o bambino, il Volto di Gesù, figlio di questa terra, nostro concittadino, che disse: "Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,5;7;9).

Buon Natale!

† Fouad Twal, Patriarca

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Messaggio ai lettori


Auguri da ZENIT! Torniamo il 1° gennaio
CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Dopo intensi giorni di lavoro in occasione del Natale, la redazione di ZENIT prenderà qualche giorno di vacanza. Pubblicheremo il prossimo servizio informativo il 1° gennaio, Giornata Mondiale della Pace.

ZENIT desidera farle i suoi auguri con le stesse parole che Benedetto XVI ha rivolto ai suoi amici e collaboratori: "Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore". Il Papa ha accompagnato le sue parole con un'immagine molto familiare, la vetrata della sua cappella privata.

Può vedere il biglietto del Papa su: http://www.zenit.org/page-0702?l=italian

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