giovedì 23 dicembre 2010

Africa, cuore di tenebra dei traffici nucleari (che batte anche a Roma)

di Umberto Mazzantini

LIVORNO. El Pais e Guardian hanno pubblicato, tra la svogliata attenzione dei media italiani, i dispacci delle ambasciate Usa in Africa che descrivono uno scenario di «Contrabbando nucleare, contaminazione radioattiva, esportazione illegale di uranio ed una totale insicurezza negli impianti atomici in una selva di oscuri interessi politici economici, dove la corruzione è l'unica legge».

Certo in un Paese impegnato in uno spot natalizio a favore del nucleare come esempio di energia pulita, trasparente, sicura, a basso costo ed indispensabile non è una buona pubblicità quella che viene fuori da WikiLeaks sul traffico di materiale nucleare in Paesi spezzati dalla guerra, dalle malattie e dal neo-colonialismo che rapina le risorse naturali di Stati teoricamente ricchissimi, ed i cui bambini invece appaiono nelle nostre caritatevoli televisioni a titillare con i loro grandi occhi tristi e le pance gonfie i nostri (impigriti) sensi di colpa. I glaciali cablogrammi delle ambasciate Usa ci spiegano, senza forse volerlo, quale sia la rapina che sta uccidendo letteralmente milioni di persone e devastando l'ambiente e come questi traffici siano pericolosi per la stessa sicurezza mondiale.

Un dispaccio inviato nel 2006 dall'ambasciata Usa nella Repubblica democratica del Congo (Rdc),  racconta di una visita effettuata il 27 luglio da quattro diplomatici nel Centro di ricerca nucleare di Kinshasa, che ospita due reattori nucleari risalenti al 1959 ed al 1972, che non funzionano più da anni. Dentro quell'impianto obsoleto ci sarebbero 10,5 kg di uranio non arricchito (U-238) e 5,1 kg di uranio arricchito al 20% (U-235, quello che non si vorrebbe far produrre all'Iran perché ci costruirebbe la bomba atomica), 23 kg di scorie atomiche  e ci sarebbero stoccate 138 bare di combustibile. Il documento dell'ambasciata Usa rivela però che «Originalmente c'erano 140 barre. Però, due di questa sono state rubate nel 1998. Le autorità italiane ne recuperarono una più tardi dalla mafia a Roma, che a quanto pare  intendeva venderla a compratori non identificati del Medio Oriente. L'altra non è stata trovata».

Gli americani informano preoccupati che tutto questo pericolosissimo materiale è "protetto da un muretto alto 2 metri, senza nemmeno filo spinato in cima, e in parte crollato, l'impianto è praticamente al buio e non esistono telecamere di sorveglianza, allarmi od ostacoli di nessun tipo per entrare nel recinto che ospita l'impianto nucleare nella capitale della Rdc. La sicurezza interna è affidata a 21 vigilantes (9 poliziotti e 12 guardie private) che devono sorvegliare anche su 180 tecnici, operai, impiegati e scienziati il cui salario oscilla tra i 40 ed i 150 dollari al mese, il che, in uno dei Paesi più corrotti del mondo, rappresenta un vero e proprio invito alla corruzione. Il dispaccio Usa spiega che «E' facile irrompere nell'edificio e rubare barre di combustibile e scorie nucleari con un attrezzo non più grande di un taglierino». Una visita allo stesso centro un anno e mezzo dopo ha constatato che nulla era cambiato.

Altri dispacci parlano della scomparsa nel 2007 di 40 container contenti uranio ed altro materiale radioattivo provenienti dal Congo e che circolavano in Africa. 50 di questi container, sembra pieni di materiali utilizzati da ospedali dell'Ohio, erano stati inviati proprio dagli americani in Rdc '70 per "stoccarli" in diversi luoghi di Kinshasa, tra i quali addirittura il palazzo presidenziale. Nei primi anni ne sono spariti 40, rubati direttamente dai soldati dell'esercito congolese. 3 di questi contenitori, secondo le fonti Usa, vennero ritrovati nel 2004, quando furono intercettati un sudafricano ed un tanzaniano che cercavano di passare la frontiera dello Zambia per raggiungere il Sudafrica, dove li aspettavano misteriosi compratori. Secondo l'ambasciata Usa in Rdc la radiazione dei container era "debole", ma nessuno ha naturalmente avuto il coraggio di aprirli e probabilmente etichette e segnali erano stati manomessi e truccati per presentarli come non pericolosi. Il cablogramma comunque definisce il caso dei container scomparsi come il più grosso "imbroglio" dell'uranio in Africa e spiega anche dove sono finiti  altri 37 container: «In vari Paesi, tra i quali Uganda e Kenia» e che per il più grande sono stati chiesti 100 milioni di dollari. Questo traffico nucleare, destinato probabilmente ad organizzazioni terroristiche e a governi, è confermato da altri dispacci provenienti dalle ambasciate Usa in Burundi e Tanzania.

L'ambasciate di Bujumbura afferma che un container radioattivo è stato trafugato da un vecchio bunker nell'est della Rdc e che due congolesi hanno cercato di venderlo al miglio offerente, con l'unica condizione che b non si trattasse di arabi o musulmani.

L'ambasciata Usa a Dar es Salaam afferma invece che l'esportazione di uranio della Rdc verso l'Iran ormai è diventata una cosa comune: in un dispaccio del 27 settembre 2007 un funzionario afferma che due aziende svizzere, Cotecna Inspection S.A e SGS Tanzania Supertintendence Co. Limited, sono incaricate del trasporto.

Ma non ci sono solo i traffici, ci sono anche incidenti e contaminazioni nascosti dalla diplomazia internazionale. Un cablogramma informa (e conferma) di una gravissima contaminazione radioattiva nel Katanga, dove le miniere di uranio hanno prodotto in alcune aree un livello di radioattività fino a 179 volte sopra il livello di esposizione accettabile per gli esseri umani. Gli americani sono d'accordo con l'Internationa energy atomic agency sul «Potere delle compagnie minerarie straniere di comprare i giornalisti ed i politici e le pratiche di alcune imprese per esportare uranio sottobanco», per tutte viene citato l'esempio dell'impresa belga  Malta Forrest Company, presente in Congo dal 1915, quando il Paese era proprietà del re del Belgio.  La Malta Forrest esporta rocce contenenti uranio, rame e cobalto eludendo i controlli sulla radioattività e corrompendo i funzionari governativi. Dopo averle acquistate altre compagnie separano all'estero l'uranio dal rame e dal cobalto, così' risulta che la Malta Forrest esporta solo minerali "innocui". L'ambasciata Usa in Rdc spiega:  «Per esempio, nel 2006, una compagnia finlandese informo l'Iaea di aver importato una tonnellata di uranio dal Congo. Però, il governo congolese assicurò che quell'anno non aveva esportato uranio». Gli americani dicono che il traffico clandestino di uranio è destinato ad aumentare, visto che è passato da 15 dollari alla libbra nel 2004 a 135 nel 2007.

WikiLeaks rivela cosa ci sia davvero dietro la "Terza Guerra Mondiale Africana" che ha fatto milioni di morti nella Rdc e prodotto genocidi, guerriglie stragi che continuano anche in queste ore. Dalla sanguinosa disperazione del cuore di tenebra dell'Africa emergono i fantasmi radioattivi delle mafie e della guerra sporca internazionale, che potrebbe anche tradursi in una bomba atomica sporca o in una fiammata di guerra nucleare, ma che ha come ragione tanto inconfessabile quanto evidente la guerra per le risorse in un mondo globalizzato che sa che le risorse non sono infinite. I Kalashnikov che crepitano nelle foreste del Congo, distruggendo le povere vite di chi non ha nemmeno una lampadina, servono a difendere l'insensata, distruttiva e radioattiva corsa dell'economia planetaria, ammalata di una famelica ingordigia senza futuro, che tutto permette e tutto giustifica.

http://www.greenreport.it/

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