di Bergamo
Le ricerche ripartono da nuove ispezioni. I genitori della ragazza ascoltati
dai carabinieri
La pista che portava al marocchino Mohamed Fikri è tramontata in pochi giorni
e ora gli investigatori bergamaschi seguono altre ipotesi, peraltro mai
accantonate del tutto: quella di due uomini che sarebbero stati visti con Yara
il pomeriggio del 26 novembre, quando è scomparsa. E a Brembate sono arrivati
anche i militari del Racs (Reparto analisi criminologiche): il loro compito
sarà restringere il cerchio dei sospetti e stabilire se tra di loro ci sia chi
ha conosciuto la ragazzina e la sua famiglia.
I genitori di Yara in caserma Il furgone lascia il carcere Il deposito
perquisito La ragazza scomparsa Il primo testimone
Carabinieri e agenti della questura, per questo, sono stati a lungo a
colloquio con il pm Letizia Ruggeri per elaborare nuove strategie e cercare di
risolvere il caso della tredicenne scomparsa da Brembate Sopra ormai da undici
giorni. Per scandagliare nella vita della ragazza, peraltro serena fino a quel
drammatico pomeriggio, è stato anche istituito un pool di carabinieri e
poliziotti a supporto dei suoi genitori. Intendono aiutarli psicologicamente in
questo momento difficile e, allo stesso tempo, ricostruire il più
dettagliatamente possibile il quadro delle conoscenze della ragazzina e dei
suoi famigliari. Questo per aver spunti su chi Yara possa aver conosciuto negli
ultimi tempi e possa averla presa intorno alle 18.30 di quel venerdì, dopo che
era uscita dal palazzetto dello sport in cui era solita andare per gli
allenamenti di ginnastica ritmica.
Tornano pesantemente in campo quei due uomini che altrettanti testimoni
avrebbero visto parlottare con la ragazzina nei pressi del palazzetto. Con una
constatazione: difficilmente Yara si sarebbe messa a parlare con gente
sconosciuta. Le descrizioni fornite sono divergenti e anche piuttosto sommarie
(uno dei testimoni parla anche di una Citroen rossa sulla scena), ma possono
essere degli spunti investigativi da coltivare. Con due certezze: il passaggio
della ragazza nel cantiere di Mapello, evidenziato dai cani degli
investigatori, e le ore 18.49, quando Yara riceve sul suo cellulare un
messaggio dell'amica Martina. "Dopodiché veniva spento", scrivono gli
inquirenti. E' l'ultimo contatto.
Le ricerche della promessa della ginnastica artistica hanno portato nuovamente
a Brembate di Sopra. Qui gli agenti della questura hanno setacciato un'azienda
vicina a quella in cui lavora il padre della ragazza. In un deposito di
materiale edile, pietre e altro, in un bidone, gli investigatori hanno trovato
un telefono cellulare, di vecchi modello e che non appartiene alla ragazza.
Rino Roncelli, il titolare dell'azienda, ha spiegato che i cancelli sono sempre
aperti per consentire il carico e scarico dei materiali. Ricerche della ragazza
e indagini per capire se quei due uomini fossero davvero con Yara quel freddo
pomeriggio in cui non è mai tornata a casa, distante poche centinaia di metri
dal palazzetto, oppure siano fantasmi che si sono materializzati nella memoria
dei due testimoni.
Mohammed Fikri, il giovane marocchino, nel frattempo cercherà di dimenticare
l'incubo in cui è sprofondato per un esclamazione intercettata rimasta nella
segreteria telefonica del cellulare di un cugino che il marocchino cercava
perchè gli era debitore di 2.000 euro. Una frase inizialmente tradotta in modo
sbagliato, con "Allah, perdonami, non l'ho uccisa". Sono state le indagini
disposte dallo stesso pm Ruggeri e compiute dai carabinieri a far venir meno i
gravi indizi di colpevolezza. E a mutare un quadro che sabato scorso aveva
legittimato il fermo che il gip Vincenza Maccora ha convalidato, disponendo
però la scarcerazione dell'immigrato.
La testimonianza del suo datore di lavoro e della fidanzata, il fatto che
realmente volesse andare in Marocco e non fuggire, hanno fatto il resto. E il
giovane ha potuto lasciare il carcere bergamasco di via Gleno. I suoi avvocati
pensano anche a un risarcimento per ingiusta detenzione e uno dei suoi legali,
Roberta Barbieri, riporta una frase che il marocchino in questi terribili
giorni ha ripetuto come un mantra: "Io non ho fatto niente".
con repubblica.it
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