Un fenomeno "importato" dagli Stati Uniti
Il problema messo a fuoco da uno studio: riguarda metà degli specialisti, la
difesa ha sostituito il paternalismo
MILANO - Prendiamo il caso del paziente Y e del dottor Z. Il primo si presenta
in uno studio medico e comincia a parlare dei suoi disturbi (mal di schiena?
macchie sulla pelle? problemi intestinali?), il secondo lo ascolta, non ha
molto tempo a disposizione, si fa un'idea della situazione e prescrive un bel
pacchetto di esami del sangue, più qualche medicina. Bene: ci sono almeno 20
probabilità su cento che quegli esami siano inutili e almeno 13 che lo siano
anche i farmaci. Con qualche rischio per il paziente. Il dottor Z ha giocato
d'anticipo: ha esagerato con le prescrizioni, ma così ha cercato di mettersi al
riparo da eventuali contestazioni del paziente Y. Cioè da denunce, cause legali
e richieste di risarcimento danni, che stanno aumentando di giorno in giorno.
In Italia, dal 1994 al 2007, il numero di incidenti, segnalati alle imprese
assicurative per responsabilità civile in campo sanitario, è balzato da 9.500 a
30mila, con un incremento del 200% (Fonte Ania, l'associazione delle imprese
assicurative, 2009). E le segnalazioni riguardano, per lo più, singoli medici,
non strutture sanitarie.
MEDICINA DIFENSIVA - Conseguenza: in Italia, quasi otto medici su dieci,
generici, specialisti e chirurghi, soprattutto se giovani, mettono in pratica
la cosiddetta "medicina difensiva". Il dato arriva da uno studio, realizzato
dall'Ordine dei Medici di Roma e coordinato da Aldo Piperno, docente di
sociologia dei fenomeni economici all'Università Federico II di Napoli, che ha
coinvolto 2.783 medici, sparsi in tutta Italia, rappresentanti di diverse
specialità, afferenti sia a strutture pubbliche che private e appartenenti a
diverse classi di età. «La ricerca - spiega Piperno - ha voluto misurare e
spiegare un comportamento piuttosto complesso. La prima osservazione importante
da fare è che il fenomeno della medicina difensiva è molto diffuso: interessa
almeno la metà dei medici e almeno il 10-20% delle prescrizioni». Ma chi sono i
medici che la praticano di più? Chi lavora in pronto soccorso innanzitutto, poi
i chirurghi, gli ostetrici-ginecologi, gli ortopedici. Più al Sud che al Nord.
Più i giovani dei meno giovani. Che i medici d'urgenza fossero in prima linea
anche nel praticare la medicina difensiva è confermato da un' altra ricerca su
1.392 medici di pronto soccorso italiani, realizzata da ricercatori del
Dipartimento di Sociologia dell'Università Milano Bicocca guidati da Maurizio
Catino: oltre il 90% dei medici ammette di avere adottato un comportamento di
medicina difensiva (richiesta di esami di laboratorio, annotazioni inutili in
cartella clinica, richiesta di consulenza di altri specialisti non necessaria e
via dicendo) durante il mese di lavoro precedente l'indagine. Medici esagerati?
Forse sì e forse no. Sta di fatto che è arrivata da noi una tendenza emersa già
da tempo negli Stati Uniti.
TENDENZA AMERICANA - È vero: lì la situazione è diversa perché la sanità è
prevalentemente privata, in mano alle assicurazioni, e gli avvocati sono
piuttosto aggressivi (già anni fa bastava sfogliare un elenco telefonico per
trovare decine di lawyers specializzati in cause sanitarie), ma gli Stati Uniti
fanno spesso "tendenza" soprattutto nella medicina e nella sanità. E da loro
praticano la medicina difensiva oltre il 90% dei sanitari secondo un rapporto
pubblicato quest'anno dalla rivista Archives of Internal Medicine. E l'hanno
sostituita alla medicina paternalistica che ormai è rimasta soltanto nelle mani
del Dr. Gregory House della celebre serie tv di medical drama. «È proprio il
timore di una denuncia che, insieme allo stile professionale, spiega il perché
i medici, a parità di specialità per esempio, o a parità d'età, si mettono
sulla difensiva - commenta ancora Piperno -. Mi spiego: i medici finiscono per
prendere decisioni soprattutto sotto la spinta di fattori psicologici e in base
al loro modo di concepire la professione di medico. Per esempio: un medico può
avere una maggiore propensione a prescrivere farmaci e tenderà a prescriverne
di più quando è sollecitato da un paziente. Si capisce a questo punto perché
arginare il fenomeno della medicina difensiva non è per niente facile». Quella
di cui soffrono i medici è una sorta di malattia polifattoriale che richiede
una politerapia. «È indispensabile agire su più fronti - commenta Mario Falconi
Presidente dell'Ordine dei Medici di Roma -. Intanto migliorare la formazione
degli studenti in medicina con maggiore attenzione al rapporto medico-paziente,
rendere gli orari di lavoro meno stressanti, favorire il ricorso alla
conciliazione in caso di errori medici». Nell'interesse del medico, del
paziente e anche delle casse dello stato: la medicina difensiva, infatti, pesa
per oltre il 10% sulla spesa sanitaria».
con corriere.it
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