venerdì 23 maggio 2008

Il micidiale "karma" dei generali birmani, Timothy Garton Ash - La Repubblica

Il micidiale "karma" dei generali birmani

Timothy Garton Ash - La Repubblica
Mentre accade tutto questo, i cittadini birmani verranno ammassati in seggi elettorali di fortuna per approvare plebisciatariamente una costituzione ideata per impedire che vengano mai rispettati i risultati delle elezioni democratiche tenute diciotto anni fa. L´esito del referendum sarà falsato, ovviamente, come è già avvenuto in altre aree del paese in cui il 93 per cento dei votanti, stando ai dati ufficiali, si è espresso a favore, con un´affluenza alle urne superiore al 99 per cento.

State pur certi che laggiù nel delta dell´Irrawaddy i morti saranno i primi a votare e voteranno più volte. Tutto questo è opera di una giunta militare che l´anno scorso ha brutalmente stroncato le proteste di massa guidate dai monaci buddisti dalle vesti porpora e zafferano, proteste non violente del tutto, molto più di quelle del vicino Tibet.

Questa è l´opera di un regime che, nell´arco di decenni, ha ridotto un paese storicamente tra i più prosperi del Sud est asiatico ad uno dei più poveri e dei più oppressi. Se mai un paese ha avuto bisogno di un cambio di regime, questo è la Birmania. Che fare? Il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, ha preso le redini del dibattito facendo appello al principio internazionale della "reponsabilità di proteggere" (R2P) , sancito con prudenza dall´Onu nel 2005. Benché principalmente prefissa ad altri scopi (ad esempio fermare il genocidio e la pulizia etnica, come in Ruanda e in Bosnia) la R2P offre utili spunti di riflessione su quello che si può fare per la Birmania, ad iniziare dal fatto che la R sta per responsibility, responsabilità (di proteggere) e non per right, diritto (di invadere).

La commissione internazionale patrocinata dal governo canadese che ha prodotto il rapporto originario sulla R2P nel 2001 ha intenzionalmente cambiato tono, il che rappresenta una relativa novità. Quando scatta questa responsabilità e qual è la soglia che giustifica l´intervento fino ad includere l´uso della forza? La commissione ha aggiornato in qualche misura il venerando concetto di "guerra giusta" identificando sei criteri: Giusta causa, Giusto intento, Estrema risorsa, Proporzione dei mezzi, Prospettive ragionevoli e Giusta autorità. Tra le condizioni che costituirebbero Giusta causa per l´intervento cita «rovinose catastrofi naturali o ambientali ove lo stato interessato sia privo della volontà o della capacità di far fronte o di chiedere aiuto e si verifichino o si rischino significative perdite di vite umane».

E qui ci siamo. Non ho dubbi che in questo caso abbiamo la responsabilità di agire e che abbiamo la Giusta Causa per farlo senza l´esplicito consenso del governo illegittimo della Birmania, che lascia morire la sua gente invece di far entrare gli aiuti internazionali. Qui, a differenza che per l´Iraq, darei credito persino a George W. Bush di giuste intenzioni. Presumo che si possa sostenere, ragionando alla Noam Chomsky, che l´Occidente potrebbe avere interesse a guadagnare influenza su uno stato cuscinetto tra l´India e la Cina (e poi, ebbene sì, la Birmania ha il petrolio), ma non credo che sia questo il motivo per cui una nave Usa staziona al largo del delta con elicotteri e aiuti. Mezzi proporzionati? Sì, i lanci di aiuti e un "ponte navale" mi sembrerebbero proporzionati al fine di salvare la vita sicuramente a decine di migliaia di persone e potenzialmente a centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti.

Per gli altri tre principi, le cose si complicano. La Giusta autorità dovrebbe coincidere, idealmente, con una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell´Onu. Kouchner ha subito scoperto che non la si otterrà. Resta quindi qualcosa di simile alla legittimazione dell´intervento in Kosovo, efficacemente definito "illegale ma legittimo". Ma mentre l´intervento in Kosovo era appoggiato dalla maggioranza dei paesi confinanti e delle democrazie mondiali, non sarebbe così per questo intervento (a cominciare dalla maggiore democrazia mondiale, la vicina India). Estrema risorsa significa aver tentato prima tutte le altre strade. È dura in questo caso, perché mentre si tenta la gente muore. Ma possiamo dire effettivamente di aver esaurito ogni altra possibilità?

La realtà è che grazie alle visite come quelle del segretario generale dell´Onu e del sottosegretario agli esteri britannico Mark Malloch Brown, e grazie ad alcune (insufficienti) pressioni da parte della Cina e di altri paesi asiatici vicini, il regime ha ora acconsentito a far entrare una maggiore quantità di aiuti sotto la bandiera dell´Asean. In loco, nel delta, sono all´opera associazioni umanitarie, anche britanniche, come Save the Children e Merlin, attraverso il loro personale locale. Aguzzando l´ingegno, agendo con tenacia e in stretta collaborazione con la Cina, l´India e la Tailandia, forse riusciremo a far entrare una maggiore quantità di aiuti provenienti dai paesi occidentali ricchi sotto, per così dire, un ombrello asiatico.

Forse si potrebbe addirittura costituire un "ponte navale" utilizzando navi indiane o semplicemente imbarcazioni battenti bandiere ombra asiatiche per trasportare gli aiuti dalle navi britanniche americane e francesi in attesa al largo del delta. Troppo poco, troppo tardi, ma che alternativa abbiamo? Questa domanda ci porta a considerare uno dei criteri più importanti: le prospettive ragionevoli (di successo, cioè). Pensate ai risultati verosimili dei lanci unilaterali di aiuti sotto protezione militare e dei "ponti" tra le navi americane britanniche e francesi e la costa. A quanto mi dicono avrebbero scarse opportunità di procurare ciò che serve davvero (oggi come oggi soprattutto fognature, acqua pulita, medicine e assistenza sanitaria, nonché cibo e alloggio) a chi ne ha più bisogno, spesso in centri abitati remoti e isolati. A quel fine servono il trasporto leggero locale e operatori sanitari e umanitari sul posto.

Alcuni osservatori ridono dei timori che le forze del regime tentino di bloccare l´intervento: "Non penserete davvero che siano così meschini". Beh, io sì, perché lo hanno già dimostrato. Lo scorso fine settimana hanno permesso soltanto a tre (dico tre!) operatori umanitari stranieri di entrare nel delta. Le Ong in loco esprimono il timore che un intervento potrebbe condurre all´immediata sospensione di altri aiuti. L´indifferenza dei generali al destino della loro gente è pari solo al loro egoismo, cinismo e perdita di contatto con la realtà.

Potrebbero mai essere così stupidi? Ebbene sì. La responsabilità di proteggere deve essere esercitata responsabilmente, ovvero con un calcolo attento e ben informato delle possibili conseguenze. La mia conclusione è che bisogna ricorrere ad ogni mezzo eccetto l´intervento unilaterale (o da parte di una "coalizione dei volenterosi" occidentale) sostenuto dalle forze armate, che ha scarse Ragionevoli prospettive , non è forse l´Estrema risorsa e non avrebbe la Giusta autorità. Questo non significa restare passivi.

Abbiamo la responsabilità di agire con ogni altro possibile mezzo e esistono numerose forme di "intervento" escludendo le forze armate. Per noi cittadini comuni ad esempio garantire fondi adeguati alle associazioni di beneficenza che agiscono in loco. Quanto ai generali criminali che, incredibile ma vero, si reputano dei buoni buddisti, dirò solo questo: hanno già accumulato tanto cattivo karma che, se esiste una giustizia nel grande ciclo delle cose, si reincarneranno tutti in ratti.


Traduzione di Emilia Benghi


--
Francis*PAC

Nessun commento:

Related Posts with Thumbnails