La stragrande maggioranza degli extracomunitari viene in Italia
per assicurare un futuro a sé e alla propria famiglia
Non un futuro migliore, ma un futuro. La nuova legge sull’immigrazione, la Bossi – Fini, commentata da chi, oltre ad essere straniero, si trova in carcere in Italia e non vede speranze per il suo domani.
Io sono marocchino immigrato in Italia, e quindi è evidente che la nuova legge non può piacermi, ma credo di capire che la legge in questione non piaccia neppure a parecchi italiani.
Ho letto sui giornali che molte persone appartenenti al mondo della cultura l’hanno criticata. L’hanno fatto le associazioni civili ed umanitarie, lo hanno fatto i parroci perché sostengono che la coscienza cristiana si ribella. Dicono che mai sia avvenuta nella storia della Repubblica italiana una tale presa di posizione contro un provvedimento dello stato. Anche i Vescovi esprimono giudizi contro questa legge. Ho letto, per esempio, quello che ha detto Monsignor Simone Scatizzi, vescovo di Pistoia: "Mentre mi permetto di avanzare seri dubbi sulla validità, anche sociale, della legge varata dal Parlamento, debbo dichiarare con chiarezza che quella legge non è conforme allo spirito del Vangelo. Ho il timore fondato che essa fissi nell’animo dei cittadini il senso pericoloso del razzismo". La critica di Monsignor Scatizzi è anche un invito alle autorità civili a non perdere il senso delle relazioni umane.
Quello che posso dire io è che sia io, che molti altri stranieri stiamo vivendo questo momento come una pagina molto buia della nostra vita nel vostro paese, in cui sembra che la voglia di capire si sia persa del tutto. C’è una criminalizzazione dell’immigrazione che noi viviamo direttamente sulla nostra pelle, eppure la stragrande maggioranza degli extracomunitari che entrano in Italia viene per lavorare, per assicurare un futuro a sé ed alla propria famiglia. Non un futuro migliore, ma un futuro. Perché spesso chi approda in Italia ed in Europa fugge da condizioni di vita tragiche.
Le possibilità di costruirsi una vita decente in Italia ora vengono largamente limitate, se non escluse del tutto. Il risultato immediato sarà certamente un aumento dei clandestini, e di quelle persone che saranno rese tali. Non potendo entrare regolarmente in Italia, chi fugge, per motivi politici, religiosi, culturali, economici, entrerà da clandestino. Con tutte le conseguenze che ne derivano. Non si può fermare per legge la speranza.
Il permesso di soggiorno diventa una chimera, per noi stranieri. La richiesta di lavoro si tramuta in una forte arma di ricatto nelle mani dei padroni. Già tutto il discorso relativo alle badanti in pratica è andato in quella direzione, dal momento che se la persona "badante" che lavora in casa, viene licenziata, automaticamente perde il diritto a restare in Italia. Ha a disposizione sei mesi dopo la scadenza del permesso di soggiorno, per trovare un nuovo lavoro, se il permesso è scaduto, oppure sino alla scadenza dello stesso. Le persone che lavorano non hanno così nessuna tutela, devono sottostare sempre e comunque al padrone (dico padrone perché ora di questo si tratta), il rischio è quello di una eccessiva sottomissione di chi lavora ed ha legato il suo destino e la sua stessa vita a quel contratto di lavoro.
È vero, ora io sono in galera, ma non sono venuto in Italia per diventare un delinquente.
Sono in carcere, forse era il mio destino. Ma sono una persona, e come tutti posso sbagliare. Sono in Italia da 14 anni e ho sempre lavorato, in varie zone e città del nord. Ho lavorato in molti settori, dall’acciaieria all’agricoltura. I primi anni iniziai commerciando piccole partite di vestiti e borse, insomma ho fatto quello che da noi in Marocco chiamiamo "commerciante ambulante", ma qui in Italia chiamano "vù cumprà" se riferito ad un maghrebino. Prima di questo arresto ero incensurato, avevo alle spalle solo tutti questi 14 anni di lavoro onesto.
Ora speravo di poter avere un’altra opportunità, poter rifarmi una vita arricchito anche da questa esperienza carceraria, che nonostante tutto non è stata totalmente negativa. Ho potuto frequentare dei corsi scolastici, approfondire la conoscenza del paese che mi ospita, ho trovato degli amici italiani. Fuori questo non era stato possibile. Ho potuto comprendere la mentalità italiana, anche questo fuori mi era difficile, perché nel mondo "fuori" non ci sono veri contatti umani tra italiani e immigrati. In carcere però le maschere cadono, mostrando le persone con il loro vero volto, e forse questo è un bene. È stata un’esperienza che conterà molto per il mio futuro. Certo rimpiango gli anni di libertà che ho perso in carcere, ma non rimpiango l’esperienza umana che ho fatto, molto più ricca rispetto a quello che avevo vissuto "fuori" nel vostro paese.
Purtroppo ho in sentenza l’espulsione ed anche se il mio percorso carcerario è dei migliori, ed ho fatto grandi progressi dal punto di vista scolastico e di comprensione del paese in cui mi trovo, dovrò essere espulso. Questo non lo ritengo giusto, perché tutti gli uomini possono commettere degli errori e dovrebbero avere un’altra possibilità. Già ora stanno diradandosi i benefici carcerari e penso che in futuro sarà sempre più difficile ottenerli, e questa è un’altra discriminazione di fatto, un disagio che si aggiunge a tutti gli altri.
Se penso a tutti gli anni di lavoro onesto, con regolare permesso di soggiorno, che sono andati così vanificati, mi sento male. Ora gli extracomunitari detenuti con una pena residua inferiore ai due anni saranno prelevati dal carcere ed espulsi verso i paesi d’origine. Molti di noi vedono questa come un’opportunità per uscire prima dal carcere, ma forse non tutti sono coscienti di cosa li attende al paese al loro ritorno. Tornare così per noi è un fallimento, una sconfitta.
Ho forti dubbi che un sistema così duro possa funzionare, d’altronde si è già visto in Spagna come la linea dura applicata da Josè Maria Aznar, che chiude le frontiere per i ricongiungimenti familiari, rendendo il visto d’ingresso più difficile, ha avuto come effetto quello di dare più lavoro ai trafficanti di uomini.
Altro punto molto dolente della legge sono le impronte digitali prese obbligatoriamente a tutti gli extracomunitari che entreranno in Italia. Quando si parla di schedature di massa è sempre pericoloso. In Marocco esiste da più di 30 anni, non solo però nei confronti degli immigrati ma di tutti, marocchini altolocati compresi. Appena compi 18 anni e fai la prima carta d’identità, con i tuoi dati anagrafici vengono rilevate anche le impronte digitali. Non sto a dire se sia giusto o no, semplicemente che se viene fatto solo ed esclusivamente per gli extracomunitari è una discriminazione. Come lo è quando una categoria di persone viene sottoposta ad un particolare trattamento restrittivo, come lo era segnare gli Ebrei con una stella di David al polso. Ora qualcuno sta proponendo di prendere le impronte anche a tutti gli italiani, vedremo che succede.
Anche nel mondo dello sport, e del calcio in particolare, si stanno facendo sentire gli effetti della legge. Prima ancora di costringere i calciatori extracomunitari del nostro campionato a farsi prendere le impronte digitali, è stato sancito il blocco del tesseramento per i giocatori non comunitari. Così ha deciso il Consiglio Federale della Federazione Italiana Gioco Calcio, sino al 31 agosto le società di serie A e B hanno potuto mettere sotto contratto un nuovo giocatore extracomunitario, oltre a quelli già presenti. Dopo quella data il blocco è totale. Le frontiere saranno chiuse. Il Coni, tra l’altro, deciderà anno per anno il tetto massimo di atleti extracomunitari, e questo è riferito a tutti gli sport, che "si adeguano" così alla Bossi-Fini.
Non credo che l’Italia possa pensare però davvero di fare a meno dell’apporto lavorativo degli stranieri, e di rendere quelli che già sono sul suo territorio delle "macchine" per lavorare e basta. Il futuro dell’umanità è multietnico e multiculturale, non è chiudendosi che si riuscirà a risolvere i problemi.
Abdelhadi El Jyad
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