giovedì 22 maggio 2008

Progettare un mondo per tutti. L'evoluzione della sensibilità verso il tema dell'accessibilità

Progettare un mondo per tutti.

L'evoluzione della sensibilità verso il tema dell'accessibilità





Il concetto di handicap nel passato
Il concetto di accessibilità e di barriere architettoniche
Excursus normativo
La progettazione universale
La comunicazione della disabilità
L'accessibilità ai mezzi di trasporto
Conclusioni




Il concetto di handicap nel passato

Trovare tracce dell'handicap nella storia non è facile perché in passato il disabile era un soggetto invisibile, emarginato o addirittura eliminato: per lungo tempo, infatti, questi soggetti affetti da disabilità hanno vissuto chiusi nelle loro case proprio perché erano fonte di vergogna per la loro famiglia.

Risulta interessante ripercorrere le fasi che la persona con handicap ha dovuto affrontare prima di essere integrata all'interno della società. La prima immagine presente nell'antichità e nel Medioevo è quella di monster natura : il “mostro” era il bambino che nasceva con un deficit, che era visto come un qualcosa di spaventoso e la cui madre veniva addirittura punita con la morte per averlo messo al mondo. Nell'Ottocento l'handicappato diviene un selvaggio da educare e la causa della sua malattia è attribuita all'ambiente in cui è cresciuto. Nel vangelo troviamo indicazioni sulle credenze popolari del tempo secondo le quali l'handicap era considerato il frutto di un peccato ed il bambino affetto da questo tipo di problema era un peccatore da salvare. C'è stato poi anche un Auschwitz prima d'Auschwitz: le camere a gas e la cremazione erano metodi già utilizzati per lo sterminio dei disabili. I medici nazisti, infatti, applicavano quella che chiamavano “eutanasia” ai disabili e handicappati mentali in quanto ritenevano che le loro vite non meritassero di essere vissute, erano solo bocche da sfamare e dovevano essere eliminati sia perché consumavano senza produrre, sia perché i loro handicap erano incompatibili con i requisiti razziali della società nazista. Un passo importante si fece quando il soggetto con handicap divenne il malato da curare e finalmente si arriva ai giorni nostri ed il disabile è considerato una persona da integrare nella società.

Il disabile in quanto diverso dalle persone considerate “normali” porta con se l'idea della “anormalità o malattia”: nelle epoche medievali e nelle famiglie aristocratiche queste persone “diverse-malate” vivevano segregate in casa ed erano guardate con gli occhi della vergogna, e questo è avvenuto fino a non molti anni fa, perché la società, nonostante il progresso delle culture occidentali, ha continuato a discriminare i diversamente abili considerandoli come “malati” perché diversi dalle persone “normali” e tale trattamento diverso, oltre a produrre discriminazione, favorisce l'emarginazione. La discriminazione deriva soprattutto dal fatto che i disabili sono stati per troppo tempo dimenticati, esiliati nelle loro case come se fossero “cittadini invisibili”. Solo negli ultimi tempi si è assistito ad un cambiamento che, grazie alle leggi e all'abbattimento di alcuni pregiudizi, ha cercato di mirare all'integrazione e all'inserimento nella società delle persone affette da disabilità.

In questa analisi, inoltre, non si può trascurare il caso dei disabili psichici: questi soggetti rappresentavano un peso del quale farsi carico attraverso forme di assistenza, venivano considerati irrecuperabili e talvolta pericolosi. Per evitare il peggio era necessario rinchiuderli in delle strutture apposite: nacquero così i manicomi, che si dice ospitavano i “pazzi”. L'individuo che era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico restava segnato a lungo nella società, e insieme ad esso anche la sua famiglia. Solo con la recente chiusura dei manicomi si è sviluppata una riconsiderazione generale della malattia mentale.




Il concetto di accessibilità e di barriere architettoniche

Nel corso del tempo il concetto di accessibilità ha subito numerose variazioni. Comparso sulla scena nell'ultimo quarto del secolo precedente, si è evoluto e ampliato nei primi anni del nuovo millennio facendo riferimento non più soltanto ad un ambiente da rendere privo di barriere architettoniche, ma affrontando anche il problema delle nuove barriere virtuali che ostacolano l'accesso ai mezzi di comunicazione impedendo la facile fruizione dell'informazione. Ma cosa si intende con questo concetto? L'accessibilità oggi si configura come una disciplina “trasversale” con obiettivi di vasta portata umana, economica e sociale, che devono essere perseguiti con gradualità e costanza, a tutti i livelli e con ogni mezzo, ed il miglioramento di questa deve corrispondere ad un più diffuso “comfort urbano” con una positiva riduzione delle fonti di pericolo e delle situazioni di disagio e affaticamento per ogni individuo.

Di molto antecedente a questo, invece, risulta essere proprio il concetto di barriere architettoniche, già in uso nella seconda metà del '900 e presente nelle leggi degli anni '60 e '70 in cui si iniziava a parlare dei diritti riconosciuti agli handicappati, italianizzazione del termine handicap con cui si era soliti indicare l'esistenza di uno svantaggio che assume valenza negativa poiché mette in evidenza l'incapacità funzionale di un individuo: solo successivamente questo verrà sostituito dal termine disabili , e soltanto recentemente si è affermata la definizione diversamente abili , che risulta essere meno discriminatoria perché in realtà tutti siamo abili a fare le cose in modo diverso. Ma anche il concetto di barriere ha avuto non poche evoluzioni. Dapprima si faceva riferimento soltanto alle barriere architettoniche, ovvero a quegli ostacoli che impediscono, limitano o rendono difficoltoso lo spostamento e la fruizione di un servizio: gli esempi più classici sono i gradini o le pendenze eccessive, ma è stata poi prestata attenzione anche a quelle meno evidenti come, per esempio, il fondo dissestato di una strada che rende difficoltoso il percorso, o il bancone di un bar troppo alto che ostacola la visibilità e rende disagiata la comunicazione con chi sta dall'altra parte.

Procedendo ad un'analisi più completa del concetto, queste barriere possono essere suddivise in fisiche e psicologiche: le prime sono quelle che rientrano nell'ambito dell'architettura, dell'urbanistica o dell'edilizia in generale; le seconde, invece, sono quelle che prendono il nome di “barriere culturali”, o psicologiche, che portano alla nascita di veri e propri pregiudizi verso determinate categorie come quella dei disabili. Alla base di tutto il più delle volte si trova proprio una barriera psicologica, ovvero una concezione sbagliata nel modo di pensare a due mondi distinti, quello delle persone normali e quello dei disabili, ed è errato credere che l'accessibilità riguardi soltanto questi ultimi perché con questo termine, in realtà, ci si riferisce ad un diritto di tutti i cittadini, visto che ognuno di noi è circondato ogni giorno da diverse barriere e varia soltanto il modo con cui ci rapportiamo ad esse: alcuni infatti riescono facilmente a superarle, per altri invece queste rappresentano un limite e rendono difficile compiere anche le azioni più comuni. Non si deve pensare, però, che queste barriere discriminino soltanto le persone disabili che hanno difficoltà motorie e sensoriali permanenti, ma anche chi ha solo delle difficoltà transitorie derivanti, per esempio, da una frattura dovuta ad un incidente, perché anche per questi soggetti tre gradini posti all'ingresso di un edificio andranno a costituire una barriera, oppure gli anziani che hanno maggiori problemi di movimento, o semplicemente i genitori con passeggini.

Negli ultimi anni il concetto di accessibilità universale si è esteso anche alle nuove barriere della comunicazione su Internet. Tim Berners-Lee, l'inventore del www, nel 1989 aveva pensato ad una rete priva di limiti poiché la potenza del web sta nella sua universalità e l'accesso a tutti ne costituisce un aspetto essenziale. Di conseguenza si è avuta nel nuovo millennio un'ulteriore evoluzione del concetto di barriere, esteso anche agli ostacoli che limitano l'accesso all'informazione o ai mezzi di comunicazione, e si è iniziato così a parlare di “barriere virtuali”. Per la sempre maggiore importanza che Internet va assumendo, è necessario che esso sia utilizzabile da tutti: anche una persona disabile, grazie a particolari strumenti che vanno sotto il nome di “tecnologie assistite”, è in grado di navigare tranquillamente in Internet, ma un sito progettato male può impedire l'accesso ai contenuti, esattamente come una rampa di scale ostacola una persona su sedia a rotelle. Pure nel campo dell'accessibilità informatica, ovvero nella progettazione di siti accessibili a tutti, comunque, esiste un grande pregiudizio costituito dall'idea che per rendere i siti fruibili da tutti si deve rinunciare a qualcosa: questo è in parte vero poiché si devono abbandonare degli strumenti già pronti e funzionanti, per esempio quelli in flash, ma ciò che si conquista alla fine è molto di più perché idealmente si ha l'abbattimento di un pregiudizio e materialmente, invece, si conquista una maggiore utenza.

Ma cosa si intende precisamente per “barriere virtuali”? Non dobbiamo pensare che questa definizione si riferisca solo alle difficoltà che incontrano le persone non vedenti quando gli strumenti, con i quali solitamente navigano all'interno di un sito, non riescono a leggere il contenuto di queste pagine a causa della loro inaccessibilità, oppure agli ostacoli che incontrano le persone non udenti quando non riescono ad ascoltare le sezioni audio che molto spesso vengono inserite nei siti; queste barriere possono incontrarle anche le persone dislessiche che faticano a ricercare informazioni in una pagina piena di contenuti inseriti per lo più in modo confusionario, e questa pagina così costruita potrebbe creare un ostacolo anche per le persone affette da disabilità motoria: per esempio, una persona che presenta dei problemi di movimento potrebbe riscontrare delle difficoltà nel compiere certi spostamenti con il mouse per andare a prendere le informazioni disperse in una pagina caotica.




Excursus normativo

Una volta chiariti i concetti base di questa tematica si può fare un breve excursus storico tra gli sviluppi delle leggi riguardanti la disabilità, l'abbattimento delle barriere architettoniche e l'accessibilità. Le prime indicazioni normative in materia risalgono agli anni '60 quando era già in uso la definizione di “barriere architettoniche” mentre si parlava di minorati fisici, mutilati o invalidi civili: da allora ad oggi sono stati numerosi gli sviluppi normativi e terminologici negli almeno 45 provvedimenti legislativi emanati.

Si può iniziare questo percorso con la circolare del ministero dei Lavori pubblici n. 425 del 20 gennaio 1967 con la quale si tentò di rettificare gli standard residenziali in modo da rendere più fruibili le nuove strutture edilizie e si richiamò l'attenzione degli uffici dipendenti sulla necessità di eliminare “barriere architettoniche” nel settore dell'edilizia residenziale, avendo verificato che queste interessavano il 15% della popolazione italiana. Nella circolare n. 4809 del 19 giugno 1968 si emanarono le norme per assicurare l'utilizzazione degli edifici sociali da parte dei minorati fisici e per migliorarne la godibilità generale: in quegli anni, infatti, il ministero soffermò la propria attenzione sui problemi connessi con l'agibilità più completa e diffusa delle attrezzature e degli edifici pubblici e degli edifici per abitazione. Ulteriori sviluppi si sono avuti poi con la legge n. 118 del 30 marzo del '71 che, oltre all'eliminazione delle barriere negli edifici pubblici, prevedeva l'accessibilità ai mezzi di trasporto e ai luoghi pubblici per le persone impossibilitate a deambulare. L'articolo 27 prende proprio il nome “Barriere architettoniche e Trasporti pubblici” e spiega che “per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici e le istituzioni scolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del giugno 1968 riguardante l'eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata in vigore della presente legge; i servizi di trasporti pubblici ed in particolare i tram e le metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti; in nessun luogo pubblico può essere vietato l'accesso ai minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora ne facciano richiesta”. Molto importante è poi il Dm 236 del 1989 in cui si raccolgono le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. Nell'articolo 2 di questo decreto sono previste tre categorie che forse, per precisione e completezza, è necessario spiegare: accanto a quello di accessibilità, di cui si è già ampliamente parlato, entra spesso in scena quello di adattabilità con il quale ci si riferisce alla possibilità di modificare, a costi limitati, lo spazio costruito per renderlo agevole e fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, e alla possibilità di rendere uno spazio idoneo alle esigenze di persone con disabilità senza però modificare la rete degli impianti comuni dell'edificio ma semplicemente garantendo le prestazioni minime (cioè la larghezza delle porte, dei corridoi, dei bagni ecc.); infine, per visitabilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione ovvero agli spazi di soggiorno o pranzo dell'alloggio e a quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta. Nel 1996 con il Dpr n. 503 del 24 luglio si sono fissate le dettagliate prescrizioni tecniche riguardanti le strutture esterne, le caratteristiche strutturali interne degli edifici pubblici , e i servizi speciali di pubblica utilità (autobus, treni, ecc.). L'osservanza di questa normativa ha reso effettiva la famosa legge quadro sull'handicap, n. 104 del 5 febbraio 1992, che si occupa dell'assistenza, dell'integrazione sociale e dei diritti delle persone handicappate: tale legge prescrive, inoltre, che tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate, saranno dichiarate inagibili. Un ulteriore sviluppo si è avuto poi con la legge n. 13 del 9 gennaio 1989, che prevede l'erogazione annuale di contributi per l'eliminazione di barriere architettoniche negli edifici privati: tali contributi possono essere concessi per tutti gli interventi su immobili privati già esistenti dove risiedono, in modo stabile ed abituale, persone disabili con limitazioni funzionali permanenti. Altre normative importanti riguardano i criteri da rispettare per l'abbattimento delle barriere architettoniche poiché il bisogno di garantire il diritto alla libertà di movimento al maggior numero di persone ha portato alla ricerca di parametri comuni che consentono di uscire dalla soggettività di ogni singolo, determinando a livello normativo quali precisi elementi costruttivi siano da considerarsi barriera. Attualmente chi vuole costruire, o adattare un ambiente già costruito, si trova a dover rispettare delle norme con le quali sono state fissate delle misure ben precise: un'abitazione, per esempio, per essere considerata accessibile dovrebbe rispettare le seguenti misure: corridoi larghezza minima 1,20 m . in caso di corridoi lungo i quali si aprono porte ed in corrispondenza di svolte di 90°; cucina passaggio larghezza di 1,50 m . e spazio 1,35 x 1,50 tra i mobili, le apparecchiature e l'ingombro di apertura della porta; bagno spazio libero interno, per garantire la rotazione di una carrozzina, non inferiore a 1,35 x 1,50 m . tra gli apparecchi sanitari e l'ingombro di apertura delle porte, le quali preferibilmente devono aprirsi verso l'esterno o essere scorrevoli, spazio per l'accostamento laterale della carrozzina alla vasca da bagno; camera spazio libero interno per garantire la rotazione di una carrozzina e larghezza di passaggio di cm 90 sui due lati del letto e di cm 100 ai piedi dello stesso.

Dopo aver analizzato lo sviluppo delle normative riguardanti l'abbattimento delle barriere architettoniche ed i canoni di costruzione, allo stesso modo ci si può soffermare anche sulle normative riguardanti l'informazione. L'importanza dell'accesso alle tecnologie da parte dei disabili è stata riconosciuta in due importanti documenti internazionali: nel 1993, le Nazioni Unite concordarono le Un Standard Rules on the Equalization of Opportunities for Persons with Disabilities , in cui è riportata una frase che mette bene in evidenza il compito da svolgere: “gli stati dovranno sviluppare strategie per rendere i servizi d'informazione e la documentazione accessibile per differenti gruppi di persone con disabilità”. L'8 dicembre 1999, in Europa è poi partita l'iniziativa eEurope , concordata dalla Commissione Europea, con l'obiettivo di accelerare la diffusione delle tecnologie digitali e di assicurare che tutti i cittadini europei siano messi in grado di utilizzarli. A questo proposito credo sia opportuno fare cenno al Libro bianco “Tecnologie per la disabilità: una società senza esclusi”, frutto della Commissione interministeriale sullo sviluppo e l'impiego delle tecnologie dell'informazione per le categorie più deboli, pubblicato nel marzo del 2003, in cui furono raccolte una serie di proposte concrete: un nuovo disegno di legge e alcune azioni necessarie a promuovere l'inserimento dei disabili nella società basata sull'informazione e la conoscenza. “Gli stati dovrebbero riconoscere la prominente importanza dell'accessibilità nel processo di creazione di uguali opportunità in tutti i campi della vita sociale. Per le persone disabili gli Stati dovrebbero sia attivare programmi per rendere accessibile l'ambiente fisico, sia prendere misure necessarie per fornire accesso alle informazioni e al mondo della comunicazione. […] Gli stati dovrebbero far sì che i nuovi sistemi telematici per fornire al pubblico informazioni e servizi siano resi accessibili fin dall'inizio oppure adattati in modo da risultare accessibili alle persone disabili”. La considerazione principale fatta dal libro è che si è avuto un importante sviluppo e ci troviamo oggi a vivere in una società basata sull'informazione e sulla conoscenza, cioè viviamo in un'età in cui l'informazione è sempre più considerata come un bisogno ed un diritto primario di tutti i cittadini, nessuno escluso.

Tutto questo accade perché l'accesso alla tecnologia dell'informazione ha iniziato a rappresentare sempre di più un'opportunità di conoscenza, istruzione e lavoro, acquisendo sempre maggiore importanza nel modo di vivere, lavorare e di apprendere. L'utilizzo delle nuove tecnologie può, tuttavia, creare dei problemi ai disabili e alle categorie più deboli e c'è un reale rischio che ciò determini una totale esclusione. Al fine di evitare che questo si verifichi è necessario garantire, con interventi attivi, l'accessibilità delle tecnologie che consiste nella rimozione delle barriere virtuali, equivalenti a quelle architettoniche: a parte la semplice differenza che per rimuovere queste ultime è spesso necessaria una costosa opera del riadattamento urbano, mentre per la rimozione delle prime basta evitare che la diffusione delle nuove tecnologie sia dettata soltanto da logiche di efficienza ed economicità. Al fine di permettere questa accessibilità è necessario sviluppare, per esempio, anche tecnologie diverse per disabilità diverse: per ogni tipo di disabilità esistono oggi degli specifici ausili, cioè degli strumenti capaci di agevolare i movimenti o la visione dello schermo. La rivoluzione più importante è senza dubbio quella di Louis Braille, che nella prima metà del XIX secolo, inventò un particolare sistema di scrittura grazie al quale è stata possibile l'alfabetizzazione dei non vedenti. Nel 1821, all'età di 12 anni venne ispirato da una visita a scuola da parte di un militare che descrisse un metodo basato su dodici punti che veniva usato per trasmettere messaggi in rilievo dalle forze armate per i dispacci notturni: poco più tardi Braille ne inventò uno su sei punti che permetteva sia di leggere che di scrivere. Nel tempo questo sistema si è affermato, e oggi è molto utilizzato e molti degli ausili per non vedenti si basano proprio su di esso.

Nel Libro bianco viene presentato anche il Wai, Web accessibilità iniziative, che il W3C, World wide web consortium, ha promosso affinché tutti possano utilizzare la rete senza penalizzazioni dovute alla disabilità. La nascita del World wide web viene fatta risalire al 6 agosto 1991 , quando Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito nella rete I nternet dando vita al fenomeno della tripla w: www. Nell'ottobre del 1994 lo stesso padre fondatore del web , in collaborazione con il M it ( M assachusset I nstutute of T echnlogy), il Cern (European Organization for Nuclear Research: laboratorio da cui lui proveniva), i supporti del Darpa (U.S. Defense Advanced Research Project Agency) e della Commissione Europea, fondò un'associazione di nome World wide web consortium ( W3C ): questa aveva lo scopo di migliorare i protocolli e i linguaggi per il www e di aiutare il web a sviluppare tutte le sue potenzialità. Proprio questo W3C ha dettato i principi del Wai (Web accessibility iniziative) e li ha promossi inserendoli nel Libro bianco, affinché tutti possano utilizzare la rete senza penalizzazioni dovute alla disabilità. Secondo le direttive Wai, per essere accessibile un sito dovrebbe sfruttare i “componenti contestuali”, concepiti come parte integrante delle pagine del sito, associati alle componenti non testuali, immagini e animazioni, in modo da permettere una presentazione alternativa. Con un equivalente testuale, la pagina può essere presentata come sintesi vocale, braille e testo visualizzato sullo schermo, utilizzando uno dei sensi di volta in volta (udito per la sintesi vocale, tatto per il braille, vista per il testo) in modo da rendere il sito accessibile a diverse categorie di disabili: per le immagini, per esempio, il testo servirà a renderle fruibili anche a chi non può vederle, rendendo a parole lo stesso messaggio che essa vorrebbe comunicare.

Un'altra tappa molto importante, infine, è per l'Italia la nuova normativa in materia di accessibilità: la legge Stanca n. 4 del 9 gennaio 2004, che enuncia i termini per un regolare accesso all'informazione da parte dei 3 milioni di disabili italiani. Alla fine dell'Anno europeo del disabile, dicembre 2003, si vive un periodo di diffusa sensibilità nei confronti di queste persone, per i problemi che l'uso sempre più ampio delle tecnologie informatiche può causare a certe categorie. Questa problematica viene affrontata in una proposta di legge del governo che mira a rendere le informazioni fruibili alla totalità dei cittadini, senza discriminazioni: si arriva alla stesura di un testo unificato in cui confluiscono ben undici proposte, provenienti da tutte le forze politiche. Tra i concetti innovativi c'è la centralità dell'utente che si affianca a quella tradizionale del progettista, con la certezza che l'attenzione alle esigenze dei disabili fornirà anche risultati sulla qualità dei prodotti informatici, a beneficio non solo di certe specifiche categorie ma di tutta l'utenza.




La progettazione universale

Essendoci soffermati a lungo sull'evoluzione normativa, possiamo cambiare piano e concentrarci sull'importanza della progettazione universale: essa consiste in un approccio integrato che, pur non potendo trascurare delle specifiche linee guida, va al di là dell'aspetto tecnico-normativo. Essa dovrebbe partire dagli utenti, cercando di capire cosa realmente essi vogliono e cercando di produrre in base alle loro esigenze, perché ciò che maggiormente manca ai progettisti sembra essere proprio l'interazione con questi, che poi saranno fruitori dei beni o servizi.

La mentalità del “progettare per tutti” andrebbe sposata sin dall'inizio, per evitare successivi inevitabili incrementi economici, dato che tenere conto dei problemi delle persone disabili non comporta quasi mai dei costi aggiuntivi rispetto alla realizzazione della stessa struttura con barriere, o rispetto al fornire uno stesso bene o servizio concepito per sole persone normali. Invece l'intervento successivo, volto all'eliminazione degli ostacoli per permettere l'utilizzo anche da parte di disabili, comporta quasi sempre dei costi ulteriori ed i risultati sono spesso insoddisfacenti.

Prima di giungere alla concezione della “progettazione universale” si è assistito, però, a un percorso di sviluppo delle idee e dei modi di fare: in passato, in molti luoghi si era diffusa persino la cultura del “fai da te”: cioè la soluzione dei problemi individuali passava attraverso le invenzioni di abili artigiani o di ingegnosi programmatori di computer, quindi è facile immaginare come anche problemi uguali venissero risolti in modi diversi.

Con il passare del tempo, però, si sono avuti molti sviluppi: lo stesso concetto di accessibilità si è affermato come una “disciplina universale” con ampi obiettivi da perseguire a tutti i livelli e con ogni mezzo.

La finalità principale è quella di semplificare la vita di ognuno e potenziare al massimo la sua autonomia, consentendo una fruizione agevole di tutto l'ambiente in cui si svolge l'esistenza quotidiana dell'uomo. Si tratta proprio di un nuovo modo di pensare la progettazione e la gestione di ambienti urbani, edifici e prodotti industriali, immaginando caratteristiche e prestazioni che ne consentano una fruizione agevole, sicura ed allargata al maggior numero di persone possibile. Tutto questo deve avvenire in modo naturale e semplice, senza la necessità di particolari adattamenti o progettazioni specializzate. Si tratta di arrivare ad avere pari opportunità per tutti, compresi coloro che hanno particolari necessità. Per arrivare a tale scopo è necessario che l'accessibilità venga considerata non in modo statico e fermo, ma come una specie di work in progress che, con fantasia e flessibilità, si adegui alle nuove esigenze individuate, anche utilizzando il rapido evolversi delle tecnologie. In questo senso la progettazione universale interesserà, in modo trasversale, tutte le materie attinenti alla realizzazione di questi ambienti o servizi: per un tempo troppo lungo si è associato il termine “barriere architettoniche” solo alle persone disabili, pensando che dovesse essere affrontato solo nell'ambito delle strutture edilizie; in tempi più recenti, invece, si è allargata la visuale e siamo arrivati ad inglobare tutto il contesto dell'ambiente urbano, al fine di trasformare una città ostile in una città amica.

Parlando della progettazione universale non si può trascurare il Design for all , che si è venuto recentemente affermando: esso non è altro che una metodologia basata sull'ascolto e la comprensione delle esigenze dell'utente e dei suoi obiettivi, ed è proprio su queste basi che si appoggia l'idea di “costruire per tutti”. Il concetto ed il termine nascono nel gennaio del 1998 da una libera sottoscrizione delle diverse associazioni “di e per disabili” e nel 2001 appare nella risoluzione dal titolo On the Introduction of the principles of Universal design into the curricula of all occupations working on the built environment della Commissione della Comunità Europea. Nel 2003 il concetto viene consolidato dalla “COM 650 – Equal opportunities for people with disabilities”, ovvero la comunicazione seguita al lavoro di esperti “2010: Europa accessibile a tutti”.

Il Design for all è una filosofia progettuale che cerca di stimolare la progettazione di prodotti e ambienti “per la diversità, l'inclusione sociale e l'uguaglianza”. È un approccio innovativo che costituisce una sfida creativa per ogni progettista. Il suo scopo è quello di garantire pari opportunità di partecipare ad ogni aspetto della società e per arrivare a questo è necessario che l'ambiente, gli oggetti, i servizi e la cultura siano accessibili e comodi da usare per ogni individuo. Il Design for all , o Universal design , che viene visto come un metodo di progettazione per garantire la fruibilità agevole e sicura dell'ambiente costruito da parte di una utenza ampliata, deve rispettare dei principi specifici.

Per rendersi meglio conto dei lavori effettuati seguendo questi principi, si può volgere lo sguardo al progetto di Casa agevole , una struttura compatta realizzata a Roma, che in 60 mq. racchiude tutte le principali stanze contenute in una normale abitazione, e che ha la caratteristica di poter essere utilizzata da tutti: non soltanto da disabili, ma anche da anziani, donne in attesa o genitori con bambini piccoli.



Oppure si può ricordare il Parco centrale dell'Eur, un'area che è stata recentemente scelta come oggetto di uno studio sull'accessibilità, soprattutto per l'importanza che il parco riveste in quel quartiere: esso viene visto come un “polmone verde” in cui trascorrere momenti di relax e di svago, e si pensa che sarà sempre più frequentato in futuro, perciò è necessario un ripensamento che lo renda accessibile a tutti, ed in questo progetto, che risale all'anno 2002-2003, sono principalmente due gli obiettivi che devono essere messi in evidenza: evitare che gli interventi per l'accessibilità si configurino come elementi rivolti a categorie d'utenza con specifiche difficoltà, cioè evitare la costruzione di spazi dedicati a quelle specifiche categorie; far sì che ogni parte sia fruibile in modo autonomo da un'utenza ampliata, cioè senza che si riveli necessario l'aiuto di un accompagnatore, e che vengano tenute in considerazione le capacità di ognuno.

Oppure si può fare riferimento alle quattro azioni del progetto Care (Città accessibili delle regioni europee): una è relativa all'accessibilità ai disabili del sistema di trasporto pubblico in Lombardia; un'altra riguarda la provincia di Parma ed un importante progetto di turismo accessibile finalizzato a fornire dati utili a tutte le persone con particolari esigenze alimentari, fisiche o legate all'età, e con problemi di mobilità; un'altra azione riguarda “Venice Cards”, ovvero il biglietto turistico che, attraverso un'attenta fruizione dei servizi di trasporto pubblico, autobus o vaporetti, e un'indispensabile informazione sui percorsi privi di barriere architettoniche, permette di rendere più accessibile Venezia, città edificata sull'acqua e collegata da ponti che, a primo impatto, la fanno apparire come poco accogliente a persone con problemi motori; l'ultima azione, invece, riguarda il progetto “Vengoanch'io” di Rimini: un'idea che prevede un progetto guida con lo schema di un giardino pubblico accessibile a tutti e con una particolare attenzione rivolta ai non vedenti. Infine possiamo fare riferimento all'importanza del turismo accessibile di cui ne è un bell'esempio Tangram – la spiaggia attrezzata nel comune di Follonica.




La comunicazione della disabilità

Un altro aspetto importante che non può essere trascurato è quello che mette in evidenza il modo in cui viene trattata la disabilità dai mass media.

In passato troppe volte le tv, le radio ed i giornali hanno toccato questo tema come se fosse soltanto un problema e questo fa sì che si crei un alone di pietà nel messaggio destinato al pubblico che riceve le informazioni, e troppe volte i mass media hanno giocato e puntato proprio su questo per ottenere maggiori riscontri e fare audience. Con il nuovo millennio, per fortuna, la situazione sembra un po' cambiata: nel 2000 è nato il Segretariato sociale della Rai, un organismo che ha il mandato di gestire i rapporti con enti e associazioni e di seguire gli interessi sociali a tutela delle fasce di popolazione meno protette e aveva, inoltre, l'importante scopo di definire le linee guida di comunicazione ed i principi per la presentazione delle problematiche sociali da parte della Rai.

Un cambiamento importante si è avuto quando i disabili sono entrati nel piccolo schermo come protagonisti normali e non solo come casi pietosi da mostrare al pubblico, ed è allora che questo organismo, grazie ad un codice etico da esso redatto, ha iniziato a promuovere in tv una presenza dei portatori di handicap legata alla normalità. Si intuisce inoltre, per esempio, che i disabili devono essere considerati “non più eroi né vittime”, ma anzi le varie diversità devono essere trattate con assoluta normalità nel momento della comunicazione.

Si assiste in teoria ad una profonda evoluzione sociale e culturale che attraversa il mondo dell'handicap ed è proprio per questo che non possiamo più considerarlo un'eccezione ma diventa una delle condizioni possibili nell'esistenza di oggi (a causa dell'invecchiamento della popolazione, dell'aumento delle malattie o degli incidenti stradali), ed in quanto tale ha necessità di esser trattata con assoluta normalità. In pratica l'informazione, però, si concentra ancora molto sul trattamento di casi personali, privilegiando le situazioni che vanno dall'eroico al drammatico o all'esemplare, e spesso i toni si avvicinano addirittura al patetico e finora il trattamento di questa tematica è stato oggetto di iniziative di carattere puramente eccezionale, come la maratona televisiva di Telethon in cui si raccolgono fondi per finanziare la ricerca scientifica contro le malattie genetiche, o come le partite del cuore, ed il più delle volte ha trovato spazio purtroppo soltanto nella programmazione notturna. Attualmente le uniche risposte più coerenti alla nuova strada intrapresa dai mass media, sono soltanto quelle di tipo tecnico: per esempio i sottotitoli, le finestre in lingua dei segni, il televideo.




L'accessibilità ai mezzi di trasporto

Dopo aver percorso un viaggio tra le tante sfaccettature di questo tema si può, infine, approdare all'analisi dell'accessibilità ai mezzi di trasporto pubblico. I trasporti pubblici possono essere di vario tipo: su rotaia, su strada, su mare o per cielo, ma in questa analisi verranno presi in considerazione soltanto i treni, gli autobus e i tram.

Nessuno di questi mezzi di trasporto era, in origine, accessibile alle persone con ridotta capacità motoria ed è facile comprendere che in tutto il susseguirsi di affermazioni, successi e innovazioni dei mezzi di trasporto resta anche oggi un grande punto interrogativo legato alla loro accessibilità.

Con questo tipo di trasporto si svolge un servizio pubblico, ed in quanto tale è necessario che i mezzi di trasporto risultino accessibili a tutti, poiché tutti i cittadini hanno diritto di usufruirne. Per tutelare i diritti di ogni individuo c'è sempre bisogno delle leggi, ed anche in questo caso la tutela di tale diritto è affidata ad un lungo sviluppo normativo, del quale però abbiamo già ampliamente discusso e resta da fare riferimento solo alla direttiva approvata con il voto di maggioranza il 14 febbraio del 2002, con la quale si impone che tutti gli autobus urbani dell'Unione Europea dovranno essere accessibili ai passeggeri con “ridotte capacità motorie” e in questa definizione si includono i disabili, gli anziani, i genitori con bambini nei passeggini, ma anche le persone con carrelli della spesa e le donne in gravidanza.

Trenitalia nel suo sito afferma che 260 treni a media e lunga percorrenza dispongono di una carrozza dotata di posti attrezzati per il trasporto di due passeggeri su sedia a rotelle, che è riconoscibile grazie ad un apposito simbolo visibile dall'esterno; l'accesso alle carrozze viene agevolato dall'utilizzo di carrelli elevatori, manovrati da personale addetto presente nelle stazioni (ma il problema si presenta in quelle piccole stazioni in cui il personale non c'è!); è stato, inoltre, istituito proprio un Centro di assistenza disabili che costituisce un punto di riferimento per la clientela disabile.

Tra i tanti esempi che si potrebbero riportare per verificare la reale attuazione di queste regole, è interessante il caso della Val Venosta dove troviamo un progetto, datato settembre 2006, con il quale è stata richiesta un'analisi sull'accessibilità della linea Merano-Malles, al fine di renderla più funzionale e per incrementarne l'utilizzo . Lo studio è rivolto anche a tracciare delle concrete proposte di miglioramento poiché in questa zona, tra l'altro, si punta molto sul turismo ed è facile ipotizzare che nel futuro la percentuale di turisti anziani sarà sempre maggiore: la linea ferroviaria della Val Venosta, quindi, costituisce un elemento estremamente importante per lo sviluppo del turismo senza barriere in tutto l'Alto Adige.

Infine è necessario precisare che per studiare i criteri dell'accessibilità ai mezzi di trasporto non bisogna solo basarsi sulle difficoltà che incontrano le persone in carrozzina o i non vedenti: ci sono , per esempio , gli ipovedenti che faticano a leggere le paline degli orari scritte in carattere minuscolo, o il numero dell'autobus che risulta illeggibile con il riflesso del vetro.




Conclusioni

Si può concludere questo articolo sulla tematica dell'accessibilità con alcune considerazioni importanti: è necessario, innanzi tutto, allargare il punto di osservazione incentrato solo sulle persone disabili; indirizzarci verso una nuova accessibilità alla quale si può affiancare il termine “comodo”: per avere un mondo pienamente accessibile basterebbe costruire solo cose comode per tutti, così si potrebbero evitare anche i “servizi per disabili”. Se a questi venisse data la possibilità di usufruire delle stesse strutture e mezzi che usano quotidianamente le persone “normali”, non si dovrebbero organizzare servizi alternativi, e attaccare ovunque il simbolo della carrozzina che sta a sottolineare ancora di più, e inutilmente, la diversità. Ed è, infine, sbagliato continuare ad immaginare una divisione di questi due mondi che viaggiano in parallelo ma che sembrano non doversi incontrare mai, quando in realtà potrebbero semplicemente convivere nelle stesse strutture, usufruire degli stessi servizi, se resi accessibili, ed essere pienamente partecipi della vita sociale, contribuendo nello stesso tempo a rendere migliore l' unico mondo in cui tutti dobbiamo vivere.

Fonte: Storia e futuro

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