martedì 27 maggio 2008

IN DEMOCRAZIA LA DISFATTA NON ESISTE, A loro tempo Mussolini e Hitler ebbero la maggioranza del voto popolare e dopo impedirono l'esercizio di libere elezioni. Quei tempi per fortuna sono lontani. di Giorgio Pressburger

IN DEMOCRAZIA LA DISFATTA NON ESISTE

di Giorgio Pressburger
In questi ultimi tempi in diversi Paesi europei e del mondo sono avvenuti repentini cambiamenti di indirizzo politico. Tali cambiamenti sono per lo più risultato di libere elezioni, di elezioni che noi chiamiamo democratiche. Cioè nelle quali si esprime la volontà momentanea della maggioranza del popolo. Tale maggioranza può essere esigua o molto vistosa. Ricordiamo che la prima elezione a Presidente degli Stati Uniti di George Bush avvenne per una differenza di poche migliaia di voti.

Poche migliaia di voti in una popolazione di duecentocinquanta milioni di cittadini. Nelle ultime elezioni francesi e in quelle italiane la differenza era stata invece notevole, tale da non lasciare alcun dubbio circa l'orientamento del voto. Che cosa deve fare quella parte dei cittadini che ha prevalso numericamente nelle elezioni? Imporre con piglio trionfale il proprio volere, senza considerare più di tanto la parte rimanente del Paese? E che cosa deve fare "l'altra" parte? Considerarsi caduta sotto un giogo terribile, per la durata del mandato elettorale (quasi ovunque di quattro o cinque anni)? Ci sono nazioni in cui le divergenze di veduta dei vari partiti politici è enorme, altri in cui i contendenti differiscono davvero per poco. Nell'un caso e nell'altro il compito è molto delicato, per tutti. Nei paesi democratici il fondamento della convivenza civile è proprio il reciproco rispetto tra le parti politiche contrapposte, che differiscano poco o molto non ha importanza. Rispetto non soltanto durante la contesa, ma anche, e soprattutto dopo.

A volte l'orientamento del momento può, senza una determinazione particolare, portare a situazioni senza via di ritorno. A loro tempo Mussolini e Hitler ebbero la maggioranza del voto popolare e dopo impedirono l'esercizio di libere elezioni. Quei tempi per fortuna sono lontani. Ora si parla di avvicendamenti regolari, "naturali" si potrebbe quasi dire.

Che dobbiamo fare dunque? Ciò che resta da fare è non considerare l'altra parte come l'orco, come portatrice del male assoluto. Anche se sono in gioco interessi economici non trascurabili, anche se le nostre città, la nostra Regione vedono cambiamenti nell'orientamento proprio dei gruppi legati a questi interessi, occorre accettare ciò che la maggioranza ha deciso. E domandarsi perché non ha prevalso questo o quell'altro indirizzo, o interesse. È molto difficile oggi scoprire questi motivi. I mezzi di comunicazione possono influire enormemente sull'opinione della cosiddetta "gente comune", ma quella "gente comune" ha un'autonomia di giudizio molto superiore a quello che si crede. Se ha deciso in un senso o nell'altro, può avere molteplici motivazioni, non sempre immediatamente comprensibili. I mezzi di comunicazione parlano spesso di "disfatta", di "terremoto", di "schiacciante vittoria", di "catastrofe". Sono sicuro che la gente comune di cui abbiamo parlato prima, non vede in questi termini la vita politica.

Cambiare, anche da un giorno all'altro, come è successo in Spagna con Zapatero, è sempre possibile. Nella vita democratica non esiste quel drammone che la retorica vuole insinuare nell'animo dei lettori o degli spettatori. Solo chi non ha la minima fiducia nelle decisioni popolari, solo chi è acciecato dalla propria passione di parte può sentire come un cataclisma la propria momentanea perdita, o come un trionfo la vittoria. In un Paese dove si sia veramente affermata la democrazia questi estremi esistono solo nella testa di chi li vuole fomentare, per i propri scopi, non sempre chiari. La democrazia ha impiegato molto tempo per diffondersi sulla terra, e non sempre e non ovunque ci è riuscita. Per ora non conosciamo nessun sistema migliore. Dove si è tentato di tornare indietro, verso il feticismo, verso la dittatura personale o di partito, sono seguite sofferenze inaudite, violenza, eccidio. Nello stesso esercizio della democrazia si sono avute deviazioni intollerabili, manchevolezze. Discriminazione razziale, o di classe, pressione, minacce, mezzi subdoli non sono mancati. Ma da molto tempo in qua l'idea fondamentale della democrazia si è affermata, in una parte rilevante del mondo.

Vedere nero, dunque, non può avere nessuna giustificazione. La possibilità, non solo apparente, di capovolgere una situazione non desiderata, esiste. O esiste quella di prendere la parte migliore di ciò che si ha a disposizione. L'umanità compie il suo cammino in modo imprevedibile, non ci sono ricette per predire esattamente ciò che può avvenire in questo cammino. Tanti hanno tentato di farlo, senza riuscirci. Prendiamo Giambattista Vico, con i suoi corsi e ricorsi. Sarà così? Che la Storia si ripete? O che i mezzi di produzione determinano tutto, come diceva Marx? O che l'umanità sarà dominata dal Grande Fratello, o dalla Scienza, che creerà esseri umani prefabbricati? La Storia dell'uomo sulla terra è fatta di cambiamenti continui, e questo è quello che deve assicurare la nostra fiducia nella società.

Contrapposizioni definitive non esistono. "Catastrofi elettorali" sono l'apparenza del momento. L'unica cosa da tenere presente, come concetto immutabile, è che gli esseri umani hanno bisogno di solidarietà, la selezione naturale di Darwin non può prevalere su tutto, nell'ambito dell'umanità. Altrimenti a che cosa servirebbero pensiero, intelligenza, sentimento, intuizione, creatività? Al massacro? All'egoismo? Alla violenza? Questo non è accettabile per l'uomo, e per certo non sarà accettato.

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