mercoledì 28 maggio 2008

L'Istat: in Italia sono crollate le retribuzioni rispetto all'Europa | Un italiano su 3 non arriva a fine mese | l'Unita

L'Istat: in Italia sono crollate le retribuzioni rispetto all'Europa

Un italiano su 3 non arriva a fine mese


Istat, 220, foto Ansa, 23/5/2007
In sei anni il reddito per abitante degli italiani è crollato del 13% rispetto alla media europea. È quanto si legge nel Rapporto annuale dell'Istat da cui si evince che se nel 2000 era del 4% più alto della media dell'Unione, nel 2006 è sceso a oltre 8 punti sotto la media. E l'Istat ancora niente ci dice di quanto è successo negli ultimi due anni in termini di impoverimento.

Si sa che nel 2006 «il 50% delle famiglie ha guadagnato meno di 1.900 euro al mese». Il reddito medio in Italia, nel 2005, è stato di circa 2.300 euro la mese, «ma - ha fatto notare Luigi Biggeri, presentando il Rapporto annuale 2007 alla Camera - a causa della distribuzione disuguale dei redditi» occorre fare riferimento al valore mediano

«Dal punto di vista della disuguaglianza dei redditi - ha sottolineato il presidente dell'Istat, Luigi Biggeri, presentando il Rapporto annuale 2007 alla Camera - l'Italia si caratterizza nel complesso per un grado di disparità leggermente superiore alla media europea». Tuttavia, «mentre il Centro-nord presenta un grado di disuguaglianza pari a quello medio europeo, il Mezzogiorno è più simile ai paesi caratterizzati da maggiori disparità di reddito (Lettonia, Portogallo, Lituania e Grecia)».

Di fatto un italiano su tre ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Ma anche su questo i dati analizzati dall'Istat si fermano al 2006. Il 61,1% delle famiglie che pagano il mutuo considerava già due anni fa pesante il relativo carico finanziario e la metà degli affittuari giudica onerose le spese per l'affitto. Il 47,4% delle famiglie, invece, reputa pesanti le spese generali per la casa e il 45,8% giudica gravosi i debiti diversi dal mutuo.

Insomma, rileva l'Istat, il 14,6% delle famiglie nel 2006 dichiarava di avere molta difficoltà ad arrivare alla fine del mese, il 28,4% non riesce a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro con risorse proprie o della rete familiare e il 66,1% dichiara di non essere riuscita a mettere da parte dei risparmi nell'ultimo anno.

Oltre alle spese per casa cresce anche la percentuale di coloro che non riescono a spendere per beni di prima necessità. Alla fine del 2006 il 4,2% delle famiglie dichiara di non aver avuto denaro per compare il cibo, il 10,4% per pagare spese mediche, il 7% per il trasporto, l'11,7% per le tasse e il 16,8% per l'acquisto dei vestiti. Le situazioni di difficoltà riguardano anche l'essersi trovati almeno una volta in arretrato con il pagamento dei debiti contratti per l'acquisto di mobili o altri beni a rate (13,1%). Il 9,4% delle famiglie, inoltre, dichiara di essere rimasto indietro con il pagamento delle bollette di gas, luce e telefono e il 3,7% con l'affitto mensile o il mutuo.

Biggeri considera comunque è «pessimistico» pensare a una crescita zero per l'Italia nel 2008. Del resto - ha aggiunto - abbiamo già acquisito lo 0,2% e per fare crescita zero bisognerebbe che nei trimestri successivi ci fosse una riduzione. «Basta che ci sia un po' di aumento, ecco perché dico che sono leggermente ottimista». Secondo le valutazioni dell'Istituto nazionale di statistica la crescita dell'Italia è frenata da «vincoli strutturali che richiedono interventi di ampio respiro».

In Italia c'è «un senso di incertezza, ma anche di movimento, un senso d'agitazione ma non una direzione definita». Ma coesistono realtà economiche e sociali solide e avanzate, in alcuni casi di eccellenza - ha concluso Biggeri - «ma anche aree deboli e di vulnerabilità dei contesti settoriali e territoriali, delle imprese, delle famiglie, degli individui».

Il presidente dell'Istat è invece «molto meno ottimista sulla situazione sociale» che richiede interventi «più difficili e di lungo periodo: gli aiuti alla famiglia, le infrastrutture, i servizi, dagli asili agli anziani, sono problemi che dovevano essere risolti da decenni».

Vivere democratico

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