Una passeggiata sotto scorta nelle vie martoriate del centro, un breve
soggiorno al Peace Hotel con vista sulla spiaggia infestata dalle mine, una
foto con soldati neri e longilinei che sembrano usciti da un fumetto di Corto
Maltese.
Erano vent'anni, forse più, che a Mogadiscio non si vedeva un turista e ha
fatto notizia lo straniero in t-shirt rossa «I love Turkey» e zaino in spalla
intento a cercare invano dépliant e brochure e curioso delle tracce della
colonizzazione italiana. Tanto da finire sui giornali locali come l'ultima
follia di una capitale abituata a tutto.
La Somalia non è una meta da «turisti per caso», è in preda a una guerra
civile ininterrotta dal 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Un susseguirsi di
attacchi, invasioni, impossibili missioni di pace che ha reso l'ex colonia
italiana uno dei luoghi più pericolosi al mondo. «Viaggiare sicuri», il
prudentissimo sito della Farnesina, vi sconsiglia i viaggi «a qualsiasi
titolo».
Perciò quando Mike Spencer Bown, canadese, 41 anni, che ai 140 Paesi visitati
ha appena aggiunto, con un certo scalpore mediatico, la Somalia, si è
presentato sorridente al controllo passaporti lo volevano rimandare indietro
subito: «Io però – racconta - mi sono messo a urlare, ho usato tutti gli
espedienti che mi venivano in mente, finché l'aereo non è ripartito senza di
me». I funzionari dell'Ufficio Immigrazione somalo hanno cercato allora di
consegnarlo ai caschi verdi ugandesi delle truppe di pace dell'Unione Africana,
ma questi hanno gentilmente declinato. Se a Mogadiscio ci fosse un governo
forse non ce l'avrebbe fatta, ma poiché la città è un gigantesco e anarchico
duty free dove tra un'epidemia e un'incursione aerea si fanno meravigliosi
affari con Internet e le telecomunicazioni, alla fine Mike è passato.
Soggiorno breve ma intenso, trascorso per metà a litigare con doganieri
allibiti e per l'altra metà a farsi fotografare al Peace Hotel da un amico
conosciuto sul posto, il giornalista Mustafa, in posa con un arsenale che i più
di noi hanno visto solo nelle varie edizioni di Rambo. Non è un guerrafondaio
Mike, solo un viaggiatore giramondo, ma quella è la specialità locale. Il Paese
infatti, informa gli amici virtuali che seguono le sue avventure, è controllato
dai fondamentalisti islamici.
La permanenza è stata appena di due giorni - muoversi per il Paese è
impossibile e, per quanto a Mike sia parso curioso, manca un ministero del
Turismo in grado di suggerire itinerari e monumenti - ma riscaldato dalla
genuina sorpresa degli abitanti, increduli di vedere in giro un «turista»
invece dei soliti miliziani e dei sempre più rari cooperanti.
A Mike è proprio piaciuto e lo racconta sul suo profilo Facebook, dove è
ritratto mentre imbraccia gioiosamente un lanciarazzi e riassume la sua
filosofia di vita tra una citazione colta da Sören Kierkegaard – «La vita può
essere capita solo a posteriori, prima deve essere vissuta» – e una da
Nietzsche: «Quello che non mi uccide, mi fortifica».
La Somalia era da tempo una meta del suo viaggio invernale in Africa iniziato
a ottobre, una tappa d'obbligo dopo le chiese rupestri di Lalibela e le steli
di Axum nella vicina Etiopia. Gli sarebbe piaciuto anche fare un salto in
Eritrea, confida, ma prendere il visto richiedeva un rimpatrio in Canada che
gli avrebbe guastato il ritmo dell'avventura.
Perché Mike Spencer Bown, ex agricoltore, ex venditore di bigiotteria, ex
importatore di mobili da giardino dall'Indonesia, da qualche tempo ha ridotto i
suoi possessi terreni a quello che poteva stare in uno zaino e ha fatto del
viaggio perenne il suo nuovo mestiere. Non è che visiti solo Paesi pericolosi,
ama spaziare. Da Calgary, in Canada, ai villaggi dei pigmei in Congo, dalla
Groenlandia ad Alma Ata, in Kazakhstan, per studiare il russo.
Torneremo forse a sentire parlare di lui: scampato a Mogadiscio medita di
andare a dare un'occhiata all'area tribale dei dinka, nel Sud Sudan: «Potrei
aiutare a difendere un villaggio da un attacco janjaweed, come in uno di quei
vecchi film sulle guerre zulu». Un'altra delle sue citazioni preferite è un
adagio zen: «Se le capisci, le cose sono come sono, se non le capisci, sono
come sono lo stesso».
con lastampa.it
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