giovedì 9 dicembre 2010

Wikileaks, il web si mobilita "Liberate subito Assange"

"La trappola si è attivata, i poteri oscuri sono entrati in azione. Dopo quello
che abbiamo visto finora, possiamo concludere che fa parte di un piano più
grande": la dichiarazione ieri di Mark Stephens, uno degli avvocati di Julian
Assange, è condivisa su Internet da molti suoi simpatizzanti.

Perchè se è vero che il fondatore di Wikileaks ha nemici potenti, ha anche
molti amici. A partire dall'opinione pubblica in Rete: nei sondaggi i voti sono
a favore della causa di Assange (su LaStampa.it supera l'80 per cento), mentre
le manifestazioni di solidarietà emergono un po' ovunque, da Facebook a Twitter
ai blog ai commenti nei forum dei principali giornali online.

C'è la ribellione degli internauti che, indignati per il blocco delle
donazioni da parte del sistema di pagamenti online americano Paypal, hanno
deciso di boicottarlo e disattivare l'abbonamento. Una protesta di portata tale
da costringere Paypal a giustificarsi: «Lo abbiamo fatto perchè il Dipartimento
di Stato ci aveva detto che quel che stavano facendo era illegale», confermando
così le pressioni Usa contro l'organizzazione di Assange. L'islandese DataCell,
che permette a Wikileaks di ricevere donazioni, ha denunciato la Visa per aver
sospeso i suoi versamenti al sito.

C'è però anche la rivolta degli hacker, quegli esperti informatici che fanno a
gara in questi giorni a lanciare manifesti di sostegno e annunciare attacchi
contro i siti di Stati, banche e società che hanno boicottato il network
dedicato alla fuga di notizie. Alcuni si definiscono «cavalieri Jedi» e
considerano Julian il loro «Maestro Yoda». Ma i più incattiviti hanno
cominciato a «bucare» le pagine Web e a distribuire programmi «DoS» («denial of
service»), cioè che rendono inaccessibile un sito per un eccesso fittizio di
richieste: gli stessi utilizzati da chi ha bloccato Wikileaks.

Così, le incursioni degli hacker filo-Assange si moltiplicano: LaStampa.it ha
avuto nella notte la prova che lo stesso sito dell'Interpol è stato bucato
dagli hacker, per dimostrare quanto poco sicuri siano i segreti nella società
dell'informazione digitale. Tutti i siti mondiali della Mastercard ieri sono
stati oggetto di servizio negato, dopo che la società di credito ha bloccato i
trasferimenti di denaro a WikiLeaks. Lo stesso è capitato poco dopo alla Visa.
Nel mirino sono finiti il sito web della procura svedese e l'email del legale
che rappresenta le due donne che hanno accusato il fondatore di Wikileaks di
sesso consenziente ma non protetto, che in Svezia è considerato stupro. Sotto
tiro anche il sito di Sarah Palin, la paladina conservatrice del Tea Party: gli
hacker hanno disabilitato le sue carte di credito e quelle del marito Todd.

Tra coloro che tifano per il fondatore di Wikileaks c'è gente che ha
maneggiato quei segreti per decenni e ritiene che rivelarli sia più utile che
tenerli in un cassetto: un gruppo di ex agenti della Cia e dell'Fbi ed ex
ufficiali del Pentagono, tra cui quel Daniel Ellsberg, che nel 1971 fornì a New
York Times e Washington Post i Pentagon Papers. «Ogni attacco fatto a Wikileaks
e a Julian Assange è un attacco a me e alla decisione di rendere noti i
Pentagon Papers» ha dichiarato. A firmare il suo appello su Accuracy.org anche
l'ex ambasciatore britannico in Uzbekistan, Craig Murray, e Larry Wilkerson, ex
capo di gabinetto di Colin Powell. Non mancano dichiarazioni di simpatia da
parte di leader politici: il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha espresso
soddisfazione per le indiscrezioni che rivelano quanto i paesi arabi temano il
nucleare iraniano; per il leader libico Muammar Gheddafi «mette a nudo l'
ipocrisia Usa»; mentre una fonte del Cremlino avrebbe commentato con ironia che
Assange andrebbe «candidato al premio Nobel». L'Australia, il Paese natale di
Assange, sotto la pressione dei suoi concittadini ha cominciato a fornirgli
assistenza consolare e il ministro degli Esteri ha detto che la responsabilità
della fuga di notizie è degli Usa.

Intanto, Wikileaks ha ripreso a funzionare su una miriade di siti alternativi
e le sue rivelazioni vengono pubblicate quotidianamente sui giornali di tutto
il mondo, tanto che il figlio ventenne di Assange, Daniel, su Twitter fa notare
che se suo padre fosse ritenuto colpevole per la diffusione dei documenti
segreti, ogni singolo giornale che ha pubblicato i dispacci è «ugualmente
colpevole». Il senatore Joe Lieberman ha chiesto l'estradizione di Assange
negli Usa per spionaggio e la galera per il New York Times e gli altri media
che hanno pubblicato i documenti del Cablegate. «Abbiamo fatto giornalismo
responsabile, legale e importante per una società democratica» ha replicato il
New York Times. La Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) ha accusato
gli Usa di «attaccare la libertà di espressione». Oggi Assange incontrerà i
suoi legali: si è aggiunto Geoffrey Robertson, esperto in diritti civili e in
estradizioni. Il timore? Che la Svezia lo consegni agli Usa.

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