martedì 23 novembre 2010

QUIRINALE L'appello di Napolitano sulla cultura "Non mortifichiamo la risorsa più grande"

ROMA - Nella Sala delle Feste del Quirinale, davanti a una platea fatta tutta
di personalità delle arti e del cinema, Giorgio Napolitano fa subito un
riferimento al clamoroso sciopero 1 del mondo dello spettacolo: "So bene quello
che vi inquieta, quello che vi assilla, i motivi della protesta che ieri ha
attraversato il Paese". Ma poi passa subito a fare un discorso più generale:
pur ricordando che "abbiamo da fare i conti con una riduzione, a cui non
possiamo sfuggire, del nostro debito pubblico, nell'interesse delle nuove
generazioni", fa capire chiaramente la sua contrarietà a una politica di tagli
indiscriminati. "Questa via (quelle del risanamento, ndr) non la troveremo -
sostiene - attraverso una mortificazione della risorsa di cui l'Italia è più
ricca: la risorsa cultura, nella sua accezione unitaria. Adoperiamoci perché di
ciò si convincano tutti e perché se ne traggano le conseguenze. Questo deve
essere il nostro solidale impegno".

Un intervento forte, quasi un appello a continuare la mobilitazione, quello
del presidente della Repubblica: i tanti presenti celebri - convocati al Colle
per la consegna dei premi De Sica - applaudono a lungo, con tanto di standing
ovation. A dimostrazione di una sintonia forte col capo dello Stato. Le sue
parole, del resto, sono inequivocabili: "Non è mortificando la cultura che si
sana il bilancio
dello Stato".

Ma c'è anche un altro ospite, all'evento di questa mattina: il ministro dei
Beni culturali Sandro Bondi. A cui Napolitano riconosce sì le promesse riguardo
i fondi Fus e il sostegno al cinema, ma non rinuncia a giudicare "inspiegabile"
la soppressione di enti come l'Eti. Il diretto interessato incassa, poi a fine
cerimonia, braccato dai cronisti, chiarisce che la sua idea è assai diversa da
quella del capo dello Stato: "L'Eti era un ente inutile".

E non basta. Perché il presidente della Repubblica, nel corso del suo
insolitamente lungo discorso, di fatto smentisce anche la visione di un altro
ministro: Renato Brunetta, che nei giorni scorsi ha messo in dubbio il fatto
che lo spettacolo rientri a pieno diritto nel mondo della cultura. E invece
Napolitano, in più passaggi, ribadisce con forza che bisogna "vedere i problemi
dello spettacolo nel quadro più generale dei problemi della cultura, del suo
ruolo e delle sue esigenze". E a riprova di questa visione compatta, non
settorializzata, cita anche la lirica, i musei, i siti archeologici (con
riferimento implicito al caso Pompei), i centri urbani, i luoghi paesaggistici
"da preservare nella loro unicità: il patrimonio straordinario che abbiamo
ereditato e che abbiamo il dovere di preservare e di valorizzare".

Parole che non possono non essere apprezzate dalla platea. Composta in primo
luogo dai vincitori di quest'anno dei premi De Sica, presieduti da Gian Luigi
Rondi: per il cinema Monica Bellucci, Riccardo Scamarcio (accompagnato da
Valeria Golino), Lino Banfi, Antonio Capuano, Micaela Ramazzotti, Luciano
Ligabue, Franco Interlenghi, Alessandro Gassman, la regista Giovanna Gagliardo,
la produttrice FrancescaLongardi; per le arti Alberto Arbasino, Sandro Chia,
Carla Fracci (l'unica altra standing ovation della cerimonia), Inge
Feltrinelli, Antonio Pappano, Carlo Di Carlo, Luca De Filippo, Sergio Zavoli. E
infine Guido Ceronetti, assente per motivi di salute, che ha mandato un
messaggio letto dalla moglie Erica Tedeschi. In cui tra l'altro esprime la sua
riconoscenza verso Napolitano, "statista vigile in un periodo di tanta amarezza
e difficoltà della nostra storia nazionale". E i presenti, ancora una volta,
applaudono.

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