lunedì 25 ottobre 2010

Più frodi online che furti "fisici" Il 98% delle aziende cinesi ha subito sottrazione di informazioni online negli ultimi 12 mesi. Il 27,3 % è la quota a livello globale

Svolta epocale nel malaffare

Per la prima volta nella storia dell'umanità (per dirla con una certa enfasi)
la sottrazione e l'uso fraudolento di informazioni e dati elettronici hanno
superato i furti fisici di beni materiali. Lo dice l'ultima edizione annuale
del Global Fraud Report di Kroll. I risultati della ricerca sono il frutto di
uno studio commissionato da Kroll all'Economist Intelligence Unit. Nelle
precedenti edizioni il furto di denaro contante e di beni materiali
rappresentava la frode più diffusa con un margine considerevole sulle altre
tipologie di condotte fraudolente. I risultati di quest'anno, invece, rivelano
che il furto di informazioni e dati elettronici è stato riportato dal 27,3%
delle imprese negli ultimi 12 mesi (in aumento del 18% rispetto al 2009). Al
contrario, le aziende che hanno partecipato alla ricerca di quest'anno hanno
riferito che gli episodi di furto di beni materiali o stock sono leggermente
diminuiti, dal 28% nel 2009 al 27,2% nel 2010.

Secondo la ricerca condotta per l'anno 2010, circa l'88% delle aziende hanno
affermato di essere state vittime di almeno un tipo di frode nel corso dell'
anno passato. La Cina è il primo mercato in cui le imprese hanno subito frodi,
con il 98% delle imprese ivi operanti colpite. La Colombia si attesta al
secondo posto con un'incidenza del 94% delle frodi nel 2010, seguita dal
Brasile con il 90%.

Le aziende operanti nei settori tendenzialmente più ricchi di informazioni
hanno riportato la più alta incidenza di furto di informazioni e di dati
elettronici nel corso degli ultimi 12 mesi. Si fa riferimento ai servizi
finanziari (42% nel 2010 rispetto al 24% nel 2009), ai servizi professionali
(40% nel 2010 rispetto al 27% nel 2009) e della tecnologia, dei media e delle
telecomunicazioni (37% nel 2010 rispetto al 29% nel 2009). La paura di subire
frodi è tale da poter dissuadere le aziende dall'operare a livello globale: dal
Global Fraud Survey di quest'anno è emerso che preoccupazioni legate a frodi
hanno spinto il 48% delle aziende intervistate a rinunciare a operare in un
Paese estero o in una zona considerate a rischio. Le macro-regioni più
frequentemente indicate come pericolose dagli intervistati sono la Cina (con l'
11% degli intervistati che si è dichiarato «preoccupato» o «scoraggiato» nella
prospettiva di entrare in questo mercato), l'Africa (anch'essa con l'11%) e l'
America Latina (10 per cento).

Le aziende si dichiarano, inoltre, non sufficientemente preparate a
fronteggiare un livello più stringente di attuazione dei regolamenti: l'
inasprimento delle sanzioni previste dal Foreign Corrupt Practices Act (la
normativa statunitense anti-corruzione) e l'introduzione in Gran Bretagna del
Bribery Act pongono nuovi problemi. Secondo l'indagine condotta da Kroll, circa
due terzi (63%) di coloro che operano negli Stati Uniti o nel Regno Unito
ritengono che le loro aziende non sarebbero in grado di rispondere ai requisiti
di queste leggi.

Marianna Vintiadis, responsabile di di Kroll in Italia, sottolinea che «un
altro dato allarmante è rappresentato dal cosiddetto "inside job". Dall'
indagine risulta infatti che in più di metà dei casi sono dipendenti e
collaboratori delle imprese a rendersi responsabili delle frodi ai danni delle
imprese stesse».

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