È prostituzione anche esibire prestazioni sessuali in videoconferenza quando
dall'altra parte dello schermo ci sono clienti che pagano per "interagire" con
il protagonista del video. Lo stabilisce la Cassazione (sentenza 37188/10) che
ha confermato la condanna, inflitta dalla Corte d'Appello di Firenze, nei
confronti di un gestore di un nightclub, assieme alla sua segretaria e al
responsabile della security accusati di aver favorito e sfruttato la
prostituzione attraverso questo tipo di esibizioni fatte nel locale da
spogliarelliste. Secondo la Suprema Corte, «le prestazioni sessuali eseguite in
videoconferenza in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in
via diretta ed immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di
richiedere il compimento di atti sessuali determinati assumono il valore di
atto di prostituzione e configurano il reato di sfruttamento della
prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle
prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento creando i necessari
collegamenti via internet o ne abbiano tratto guadagno». Inoltre «è irrilevante
il fatto che chi si prostituisce ed il fruitore della prestazione si trovino in
luoghi diversi in quanto il collegamento in videoconferenza consente all'utente
di interagire con chi si prostituisce in modo tale da poter richiedere a questi
il compimento di atti sessuali che vengono immediatamente percepiti da chi
ordina la prestazione sessuale a pagamento».
martedì 26 ottobre 2010
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