sabato 11 settembre 2010

Festival cinema Venezia: Venezia, il trionfo di Sofia Coppola nell'anno del superflop italiano

"Somewhere" è Leone d'oro: lo decreta la giuria capitanata dall'ex della regista, Tarantino. Premiati anche "Balada Triste", Silent Souls" e il vecchio amico di Quentin, Monte Hellman. Il nostro Paese a bocca asciutta: non accadeva da tempo

Venezia, il trionfo di Sofia Coppola nell'anno del superflop italiano Sofia Coppola

VENEZIA - Ha vinto una figlia d'arte, un'icona glamour, una ex fidanzata del capogiuria Tarantino. Ma anche una regista (trentanovenne) dall'indubbio talento, il cui tocco "leggero" riesce a conciliare stile autoriale e appeal più commerciale. E' Sofia Coppola la trionfatrice della Mostra 2010: il Leone d'oro va a lei e al suo "Somewhere", ritratto di attore hollywoodiano in crisi molto applaudito qui al Lido. Ma questa edizione numero 67 passa alla storia anche per il flop italiano: 41 titoli tricolori nella selezione ufficiale, quattro in concorso, e nessun premio: non accadeva da anni, di restare totalmente a bocca asciutta.

TUTTI I PREMI 1

I Leoni. Il gruppo presieduto da Quentin Tarantino - e in cui militano anche i nostri Gabriele Salvatores e Luca Guadagnino - premia, oltre alla Coppola, altri due film. A "Balada triste"di Alex De La Iglesia va il Leone d'argento per la migliore regia; e a "Essential killing" di Jerzy Skolimowski il Gran premio della giuria. Assegnato anche un Leone speciale a Monti Hellman (in gara con "Road to nowhere") per il complesso dell'opera.

Gli attori. Le Coppe Volpi - tradizionale terreno di caccia italiano, almeno negli ultimi anni - vanno alla greca Ariane Labed, protagonista di "Attenberg" di Athina Rachel Tsangari. E ancora al film di Skolimowski, col suo protagonista Vincent Gallo: talebano in fuga che non dice praticamente una parola, per l'intero film. E che qui al Lido c'è da giorni, ma sempre in versione "clandestina". E anche questa sera non sale sul palco: preferisce stare mimetizzato tra il pubblico. Capricci dal sapore un po' delirante, i suoi. Ritira il regista: lo invita a salire sul palco, ma niente...

Gli altri riconoscimenti. Il premio per l'opera prima se lo aggiudica "Cogunluk" ("Maiority", in inglese), diretto da Seren Yuce. Il premio Mastroianni al miglior giovane interprete va a Mila Kunis (presente solo in videomessaggio), sensuale antagonista/alter ego di Natalie Portman in "Black swan"; le Oselle le vincono ancora il film di De La Iglesia (per la sceneggiatura) e "Silent souls" di Aleksei Fedorchenko (per la fotografia); opera, quest'ultima, che secondo molti critici avrebbe meritato di più.

Il conflitto di interessi. S è molto parlato, in questa Mostra, del rapporto fra Tarantino e almeno tre registi in gara. Una è proprio la Coppola, con cui ebbe tempo fa una love-story. Il secondo è Monte Hellman ("Road to nowhere"), vecchio amico e produttore delle sue Iene, Il terzo è Takashi Miike ("13 assassins"), per cui in passato si è prestato a fare l'attore. Come di vede, due di loro sono stati effettivamente premiati; e dunque il sospetto di favoritismo - magari infondato - in molti osservatori resterà. A prescindere.

La cerimonia. Condotta da Isabella Ragonese (in nero a balze Furlanetti e trucco forte), ha visto prima una passerella senza troppe emozioni. Applauditissimi Quentin Tarantino, Sofia Coppola ma anche il giurato di "Controcampo italiano" Valerio Mastrandrea. Uniche due emozioni: Alba Parietti che inciampa sui tre gradini a inizio red carpet; e l'assenza del ministro Maurizio Sacconi, la cui presenza ieri era stata per certa da un comunicato della Biennale: paura dei fischi, che all'inaugurazione avevano bersagliato (sul red carpet) Gianni Letta.

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