martedì 7 settembre 2010

Outlet: Serravalle, dieci anni nella città del lusso scontato Una vetrinista trasporta un manichino

Serravalle, dieci anni nella
città del lusso scontato
Una vetrinista trasporta un manichino

Nel 2000 nasce un borgo di negozi meta di un turismo commerciale. Una rivoluzione dello shopping che ha contagiato l'Italia

Sul corridoio dell'ufficio informazioni, appese al muro, ci sono tre file di foto. C'è Esteban Cambiasso che sorride, Mario Biondi e Gianluca Grignani che cantano, Alessandro Preziosi in posa, Afef che prova una maglietta, Alessandro Cecchi Paone con un amico e tanti, tanti altri. Un pezzo di Italia dei vip alla Mecca dello shopping democratico, mescolati a famiglie normali con le borse gonfie di acquisti. Dieci anni fa oggi, a Serravalle Scrivia, apriva il primo Outlet village in Italia.

A esportarlo è il colosso inglese McArthur Glen: dopo il successo del Serravalle Designer Outlet, su cui testano il format, gli inglesi aprono a Barberino, Castel Romano, Marcianise e Noventa di Piave. Oggi la piazza italiana è il mercato leader nel risiko di McArthur: 30 milioni di visitatori nel decennio per 1,7 miliardi di fatturato solo a Serravalle. «Griffe italiane e format Las Vegas» spiega sorridente un commesso di Diesel. Un bengodi per chi può acquistare a prezzi ribassati anche del 70%, regalandosi un poderoso ricarico di potere di acquisto al tempo della moneta unica - basta pazientare la stagione successiva - per i Comuni a corto di soldi che vendono terreni in cambio di opere pubbliche, e per le stesse griffe che non buttano via più nulla, come il maiale, monetizzando rotture di stock o eccedenze di produzione.

Un mix vincente che si moltiplica. L'ultima stazione, aperta l'anno scorso, è il Ferrari store di fianco al parcheggio auto. Un cubotto trasparente che piace tanto ai bambini che ci entrano di corsa. Tre anni prima la cittadella nata nel 2.000 con 65 negozi, completava la quarta fase di ampliamento, aggiungendo l'ultimo braccio ad un grande lego da 180 stores su 38mila mq di estensione. Nel frattempo sono nati i pullman giornalieri da Milano, Torino e Genova, gli shopping days per i turisti, le nuove tratte dalle stazioni ferroviarie di Arquata Scrivia e Novi ligure, il baby parking che nei weekend va a ruba, insieme al servizio passeggini, pannolini e scalda biberon.

Tutto insomma finisce per convergere in questa specie di new town «sfungata» sotto le colline del Gavi, al crocevia del vecchio triangolo industriale e che attraverso un sottopasso si allunga al Retail Park di fronte, 19 store (da Decathlon a Kiabi a Pittarello) gestiti sempre dagli inglesi.
Basta guardare le auto nel parcheggio per capire che a Serravalle ci vengono tutti. Ceto medio, studenti, coppie benestanti in gita e famiglie popolari. Attirati da questa cittadina di cartapesta ricostruita sul calco di un borgo ligure, con le piazzette, le fontane, gli slarghi, i lampioni, le panchine e le grandi maison concentrate insieme. Tanti giapponesi e russi, molte infermiere e badanti dell'est nel giorno libero che possono comprarsi la borsetta uguale alla signora, e il corpo di vigilanza interno che si muove sui monopattini elettrici.

Si vede che il business gira anche in giorni assopiti come il primo lunedì di settembre. Per dire: Brooks Brothers ha aperto 4 anni fa, venerdì lo farà a Noventa ed entro l'anno a Marcianise. «Funziona e piace perché pur mantenendo l'esclusività riusciamo ad allargare il bacino delle nostre boutique, grazie a ribassi del 35% sul listino», spiegano in negozio. In effetti «ci sentiamo più liberi di entrare e uscire, senza essere squadrati come nelle boutique», conferma una coppia che ha appena comprato. Anche la scansione è chiara: gli stranieri arrivano in settimana con le gite delle crociere, nelle tappe del gran tour italiano (musei, enogastronomia e shopping), con bus noleggiati o in auto dalla Francia e fanno il 15% del fatturato totale. Liguri, piemontesi e lombardi invece più nei weekend, e restano il grosso del bacino.

Insomma dieci anni di Serravalle e in filigrana una rivoluzione spettacolare nel modo di fare acquisti in Italia: perché qui puoi fare la spesa grossa di stagione dentro ad un palinsesto che ti accompagna, specie se hai figli (il 55% del target è composto da famiglie quarantenni con bambini), comprare l'ennesimo paio di jeans che non si sa mai o trovare le scarpe che l'anno prima non sei riuscita ad acquistare. Le firme che ami a prezzi ridotti, è lo slogan, insieme al contorno di animazione: almeno 3 macro eventi a stagione, dal Summer night jazz allo shopping con gusto fino alla festa del cioccolato il mese prossimo. «Un borgo finto ma senza preoccupazioni e scocciature di parcheggi in doppia fila», sintetizza una famiglia di Ovada in gita, meglio di una clip pubblicitaria.

Certo poi c'è il rapporto controverso con il territorio e un modo di socializzare che scandalizza molti puristi, indignati da Mall che svuotano le piazze sostituendo paesi interi, con le case finte e il degrado dei rapporti umani. Sul punto si è esercitata molta letteratura: le vecchie generazioni a Serravalle la pensano più o meno così. «Vedono di malocchio questa grande astronave che ha rotto il microcosmo facendo chiudere i negozi del comprensorio», raccontano in Comune. Ma per i giovani è una grande occasione, un pezzo di America che ha attivato agriturismi e percorsi del food, creando 2 mila posti di lavoro e facendo lavorare imprese locali (pulizia, sicurezza, manutenzione e grafica). «Da ragazzino passavo in auto da queste parti e dovevo fermarmi per far passare le pecore» ricorda un commesso. «Adesso se ti impegni puoi diventare in poco tempo area manager in una zona che non è esattamente New York». La stessa Daniela Bricola, che dirige l'Outlet ha cominciato così: «Nel 2000 piegavo jeans mentre studiavo economia in Cattolica», racconta. Poi su per tutta la trafila: assistente retail nel 2004 e appunto direttrice nel 2008. Una storia americana, nell'ombelico della provincia italiana.

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