sabato 8 gennaio 2011

Il cantante morì il 25 giugno 2009, sotto accusa il medico

Chi ha davvero ucciso
Michael Jackson?

Era il 25 di giugno del 2009 quando Michael Jackson morì nella villa di Holmby Hills. Dopo un anno è mezzo, ha avuto inizio al tribunale di Los Angeles il processo che vede imputato il suo medico personale, Conrad Murray. L'accusa a Murray (che riceveva un compenso di 150mila dollari al mese) è di omicidio colposo per avere somministrato il Propofol, il farmaco che ha fermato il cuore del re del pop, senza avere la necessaria conoscenza dell'anestetico.


Siamo solo alla fase preliminare del processo, quella in cui il giudice Michael Pastor deve stabilire se ci sono sufficienti elementi per procedere. La pubblica accusa ha scelto di chiamare subito una trentina di testimoni, una decisione che prolungherà questa fase per un'altra settimana. E a processo non ancora iniziato, mentre la sorella Janet e la mamma Katherine sedute in galleria a volte piangono e altre esprimono rabbia e frustrazione, sono già emersi alcuni personaggi. Vediamoli.

Il cardiologo
Conrad Murray è il dottore al centro del processo, l'imputato che si è dichiarato innocente e che tramite i suoi difensori sostiene di non avere fatto niente che possa avere causato la morte di Jackson. Sinora non ha aperto bocca, ma non ne esce molto bene. Nelle ore che hanno preceduto l'arresto cardiaco era sempre al telefono. Ha atteso ben 21 minuti prima di chiamare un'ambulanza e in quel lasso di tempo si è preoccupato prima di tutto di far scomparire fiale, farmaci, siringhe. Ha omesso l'uso del fatale anestetico prima ai paramedici poi ai medici dell'ospedale della Ucla. E ha dato l'impressione in quelle ore di tragedia di non avere saputo applicare le conoscenze mediche più elementari.

La pubblica accusa
E' costituita da due procuratori: David Walgren e Deborah Brazil, che hanno saputo mettere assieme una rete di testimoni di fronte ai quali sarà molto difficile controbattere. E la seconda siringa trovata vicino al letto? Secondo la difesa c'era appunto una seconda siringa che Michael Jackson avrebbe usato per somministrarsi da solo il potente anestetico, ma la teoria del suicidio non sembra preoccuparli. «È solo la loro strategia», ha dichiarato Walgren rivolto al giudice.

Gli avvocati della difesa
Anche qui, una coppia: Michael Flanagan e Ed Chernoff. Hanno deciso di puntare tutto sulla seconda presunta siringa, sostenendo che il dosaggio somministrato dal cardiologo non sarebbe bastato a provocare la morte. «È come se la polizia avesse trovato due calibro 38 sulla scena del crimine, quale pistola ha ucciso?», si è chiesto Flanagan.

La guardia del corpo
È stato il primo ad entrare nella stanza della villa dove Jackson giaceva esanime. Alberto Alvarez ha dichiarato che il cardiologo gli ha urlato «Dobbiamo portarlo in ospedale», ma che prima gli ha chiesto di raccogliere in un sacchetto farmaci, fiale e una borsa con dentro «una sostanza che sembrava latte». Ha anche ricordato che mentre Murray cercava di rianimare Jackson con una respirazione bocca a bocca, si è avvicinata Paris, la figlia, urlando «Papà!». Murray a quel punto a urlato ad Alvarez: «Mandala via, mandala via. Non voglio che veda suo padre così».

L'assistente personale
Si chiama Michael Williams e quando è entrato nella stanza di Jackson è rimasto scioccato di fronte alla prima richiesta di Murray: «C'è qualcuno qui che sa fare la rianimazione?». Ha anche ricordato Paris e Prince, i due figli in lacrime che ricordavano agli infermieri le allergie del papà. Williams ha anche testimoniato che Murray si è avvicinato a lui una volta in ospedale dicendogli: «Mr. Jackson ha della crema in casa della quale non vorrebbe che il mondo venisse a sapere. Vai a prenderla».

Il paramedico
Richard Seneff è il paramedico con 25 anni di esperienza arrivato con l'ambulanza nella villa di Jackson. Quando lo vide pensò a un «paziente di un ospizio». E quando Murray gli disse che l'arresto cardiaco era «appena avvenuto» ebbe subito la sensazione che Murray non gli stesse dicendo la verità.

Il coreografo
È il famoso Kenny Ortega, che stava preparando lo show per il gran ritorno del re del pop. Ha dichiarato che sei giorni prima della morte il cantante arrivò alle prove «perso» e decise dunque di rimandarlo a casa. Il giorno dopo venne convocato nella villa di Jackson e Murray si arrabbiò con lui: «Lasci decidere a me la salute di Jackson, lei non è un dottore o uno psicanalista».


con lastampa.it

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