venerdì 7 gennaio 2011

Uomini e Donne: NEUROSCIENZE Altro che marziani e venusiane Donne e uomini stesso pianeta

Uno studio dello University College di Londra confuta le celebri tesi di John Gray: il cervello dei due sessi segue le stesse dinamiche. Ma attenzione, dicono gli esperti: questo è vero solo durante l'innamoramento. In seguito, le differenze emergono in pieno

BUTTARE via il vecchio per lasciar spazio al nuovo: la tradizione che accompagna l'anno nuovo non vale solo per noie e grattacapi ma anche per qualcosa di più concreto come i libri di neuroscienze. Uno studio dello University College London pubblicato su PLoS One suggerisce infatti di liberarsi dalle teorie del bestseller di John Gray, "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere", in favore di una visione meno pessimistica del rapporto tra i due sessi. I neurobiologi Semir Zeki e John Romaya hanno infatti dimostrato che, quando si innamora, il cervello degli uomini funziona esattamente come quello delle donne: niente Marte e niente Venere, dunque, ma stesso pianeta, con buona pace di chi finora ha spiegato le incomprensioni di coppia dando la colpa ai neuroni. Per capirlo gli studiosi hanno chiesto a 24 volontari tra i 19 e i 47 anni (uomini e donne, eterosessuali e omosessuali) di osservare le immagini del proprio partner (tutti con una relazione sentimentale duratura, dai 4 mesi ai 23 anni), di amici e di persone a loro indifferenti. Analizzando le reazioni cerebrali tramite risonanza magnetica, è emerso un comportamento identico delle attività del cervello in risposta alla sensazione d'amore.

"La principale sostanza chimica con cui le regioni cerebrali analizzate in questo studio comunicano tra loro - spiega il professor Gilberto Pizzolato, direttore del Centro Interdipartimentale B. R. A. I. N. dell'università di Trieste - è la dopamina, neurotrasmettitore dei circuiti della ricompensa. Questo potrebbe
spiegare perché non sono state osservate divergenze rispetto al genere (femminile o maschile) e al tipo di rapporto amoroso. Forse le aree attivate rappresentano, più che il sentimento dell'amore in sé, la gratificante sensazione che ognuno prova mentre è coinvolto da questo sentimento".

L'amore attiva dunque, nel cervello, un senso di appagamento comune a uomini e donne. Ma non bisogna dimenticare che una relazione è composta da più fasi sentimentali. "Anche sotto il profilo sociologico - spiega lo psicologo Roberto Cavaliere - nella fase dell'innamoramento il maschile e il femminile vivono il sentimento nella stessa maniera, ma nel prosieguo le differenze dovute ai sessi emergono in pieno. E non sono dovute alle strutture cerebrali, che possono essere simili nell'uomo e nella donna, ma ai condizionamenti di genere, culturali e sociali, appresi nell'arco della vita".

Anche secondo il professor Alessandro Bertirotti, docente di antropologia culturale e della mente presso l'università di Firenze, la dinamica della percezione amorosa nei due sessi è tutt'altro che identica: "Il neurobiologo Semir Zeki gode di fama internazionale e da anni studia il "cervello visivo", quindi la sua ricerca è valida. Ma l'idea che siamo identici durante l'innamoramento e il periodo seguente mi sembra ovvia, specialmente rispetto alla formazione delle reazioni biochimiche che la visione del partner suscita nelle popolazioni di neuroni dopaminergici". L'esperto precisa che una differenza fra uomo e donna invece esiste e che non sta nella risposta neurochimica di fronte all'amore, bensì nel significato simbolico di tale risposta. "Nell'uomo - spiega Bertirotti - l'associazione sarà legata, in occidente, al mantenimento della donna conquistata con atti di protezione, dominanza e ossessività, mentre, nella donna, a simboli di accoglienza, comprensione e contenimento della forza".

Secondo Bertirotti la differenza tra uomini e donne non va dunque analizzata sotto il profilo biochimico (che, in quanto appartenenti alla stessa specie, non può che essere identico) ma nell'attribuzione di un significato simbolico e semantico al coinvolgimento. "Il dato più interessante della ricerca - conclude Bertirotti - è comunque quello di aver scoperto la disfunzionalità della parte della corteccia cerebrale dedicata alla formazione del giudizio critico, e questo in entrambi i generi, e sia per gli eterosessuali che per gli omosessuali". È insomma come se la natura avesse predisposto l'assenza di criticità mentale di fronte all'amore. E per fortuna: altrimenti, probabilmente, non ci innamoreremmo mai.

con repubblica.it

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