domenica 5 settembre 2010

Lo studio: Primo giorno di scuola: come partire bene Fondamentale il ruolo della famiglia: i rischi dell'iperprotezione e quelli della «freddezza»

MILANO - Zaino in spalla, astuccio pieno di matite ben appuntite, quaderni nuovi di zecca. E tanta emozione: per tanti bambini italiani è in arrivo il primo giorno di scuola. Chi lo vive bene e affronta al meglio i primi mesi sui banchi mette le basi per una vita scolastica serena. Per riuscirci però bisogna avere alle spalle una famiglia come quella del telefilm "I Robinson": unita, amorevole, che si comporta come una squadra nel sostenere chi ha bisogno. Parola di Melissa Sturge-Apple, una psicologa dell'università statunitense di Rochester che ha studiato poco meno di 250 famiglie per capire se e quanto il tipo di relazioni familiari influenzi l'adattamento scolastico dei bambini delle elementari.

I PROFILI FAMILIARI - La ricercatrice ha osservato genitori e bimbi nell'arco di ripetuti incontri durante i quali, attraverso giochi o "esperimenti", veniva messa in luce la qualità dei rapporti familiari. Poi, dopo aver valutato il comportamento dei piccoli nei primi mesi di scuola, il verdetto: la famiglia conta parecchio nella capacità dei bimbi di ambientarsi in classe, superare i primi ostacoli, integrarsi con i compagni. Tolstoj diceva che le famiglie felici sono tutte uguali, mentre ogni famiglia infelice lo è a modo suo: in realtà, stando ai dati raccolti dalla psicologa americana, i profili familiari problematici sarebbero due, ciascuno con un effetto diverso sugli esordi dei figli a scuola. La Sturge-Apple ricorre di nuovo a esempi televisivi e cinematografici: «C'è la famiglia del film di Robert Redford "Gente comune", fredda e assente, in cui difficilmente si esprimono le emozioni: i figli a scuola sono spesso aggressivi, hanno difficoltà a cooperare con gli altri e a rispettare le regole. L'altro caso è il modello ansiogeno-iperprotettivo alla "Tutti amano Raymond": c'è calore umano, ma i rapporti sono complicati, asfissianti e le intromissioni indebite negli affari altrui all'ordine del giorno.

TROPPA PROTEZIONE - I figli non manifestano subito problemi di comportamento in classe, ma ben presto tendono a sviluppare ansia e a isolarsi da compagni e insegnanti». Conferma Maria Malucelli, psicoterapeuta dell'età evolutiva all'ospedale Fatebenefratelli di Roma: «La famiglia "alla Robinson" è rassicurante, attenta alle emozioni del figlio, interviene se il bimbo chiede aiuto ma non si intromette e rispetta la sua intimità emotiva: così, è una base solida per il bambino al momento dell'ingresso a scuola. Purtroppo oggi è molto più diffusa la famiglia iperprotettiva-controllante: i genitori sono ansiosi, preoccupati, dicono continuamente al bimbo di stare attento e ubbidire alla maestra, lo tempestano di domande al rientro a casa, non gli lasciano alcuno spazio emotivo personale dove rifugiarsi per metabolizzare la novità. Così il bambino entra in classe teso, considera ostili i compagni, pensa che l'insegnante sia un giudice».

TROPPA FREDDEZZA - Non va meglio con la famiglia "fredda", che nega le emozioni e spesso le minimizza proponendo la propria visione, adulta e razionale, del primo giorno di scuola (Il commento tipico? «Ci sono passati tutti, che vuoi che sia»). «Nelle famiglie iperprotettive-controllanti e in quelle "fredde" il giudizio altrui, dell'ambiente scolastico o dei genitori, prevale di fatto sulle sensazioni del bambino. Sono quelle, invece, a dover essere in primo piano quando comincia la scuola – raccomanda Malucelli –. Bisogna ascoltare, sostenere, rassicurare, senza negare che il primo giorno di scuola sia un passaggio delicato e difficoltoso. Ed è bene ostentare tranquillità anche se non si è sereni fino in fondo: vedere i genitori rilassati e fiduciosi aiuta i bambini ad affrontare con maggior sicurezza l'ingresso a scuola». «Cambiare registro di comportamento in famiglia purtroppo è molto difficile. Bisogna provarci, però: i bimbi, durante i primi tempi a scuola, sono molto vulnerabili se il modello familiare è distruttivo o ansiogeno», conclude la psicologa americana.

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