mercoledì 25 agosto 2010

Amore finito? Via le foto dal comò Il ricordo scatena "crisi di astinenza"

Secondo uno studio americano pubblicato sul 'Journal of Neurophysiology', la rottura traumatica di una relazione sentimentale lascia delle vere "ferite" e innesca meccanismi simili a quelli della tossicodipendenza. Ma il cuore non c'entra, tutto avviene nel cervello

ROMA - A un certo punto tutto finisce, anche quegli amori intensi che all'inizio promettevano eterna felicità. Quando succede, c'è sempre uno degli ex amanti che rivive il passato, dannandosi il cuore. Ed è disposto a tutto pur dimenticare. Proprio come il protagonista di Se mi lasci ti cancello che, dopo una sofferenza d'amore, si sottopone alle cure di uno scienziato che ha messo a punto una macchina in grado di eliminare tutti i ricordi di una storia finita. Ma, come nel film, l'esperimento non sempre riesce, basta una fotografia infatti a riaprire la ferita. E la colpa è del cervello che, creando uno stato di sofferenza nell'innamorato, lo rende ansioso e desiroso dell'altro a tal punto di essere capace di comportamenti ossessivi tipici dei tossicodipendenti.

A spiegare questo meccanismo, un gruppo di ricercatori dell'Università di New York che, in uno studio pubblicato sul Journal of Neurophysiology 1, rilevano: "Quando un innamorato ferito guarda la foto dell'amato che l'ha lasciato, il suo cervello attiva intensamente aree legate al desiderio, alla dipendenza da droghe e al dolore". Insomma scatena una vera e propria crisi di astinenza, per cui diventa difficile andare avanti senza l'oggetto del desiderio. Per arrivare a questi risultati, i ricercatori, guidati Helen E. Fisher, hanno analizzato con la risonanza magnetica il cervello di 15 studenti di college, dieci donne e cinque uomini, abbandonati da due mesi dal proprio amato, dopo un rapporto che durava da almeno due anni.

Bastava solo guardare in foto l'ex, o persone che gli assomigliassero, perché i volontari subissero delle "ferite" nel cervello, corrispondenti ad alterazioni legate alle aree del piacere e della ricompensa, le stesse implicate nella dipendenza da sostanze stupefacenti come la cocaina. In altre parole si attivavano diverse aree neurali: l'area "ventrale tegmentale", che controlla motivazione o incentivo a fare qualcosa da cui trarre appagamento (area già nota per il suo coinvolgimento nei sentimenti suscitati dall'amore romantico); il "nucleo accumbens" e le corteccie orbitofrontale e prefrontale, tutte zone associate al desiderio e alla dipendenza; il sistema dopaminergico, cioè quello della dipendenza dalla cocaina; la corteccia insulare e quella cingolata anteriore, associate a dolore fisico e stress.

"Abbiamo osservato un vero e proprio dolore fisico, che si manifesta nel tentativo di capire cosa è accaduto - spiega Fisher - e può ricominciare anche molto tempo dopo l'addio''. Non solo. La scansione con la risonanza magnetica funzionale ha rivelato che i ''cuori spezzati'' continuavano a tenere attive quelle zone cerebrali per molto tempo. Motivo per cui l'innamorato resta tale anche dopo la rottura. E il suo amore diventa la droga che lo appaga. E così i neuroni del sistema della ricompensa prolungano la loro attività.

E la rottura di una relazione diventa difficile da superare come la disintossicazione dalla cocaina e da altre droghe. Motivo questo che spiegherebbe anche comportamenti ossessivi-compulsivi tipici degli amanti. "Proprio il meccanismo di dipendenza e ricompensa - scrivono i ricercatori - spiega anche la nascita di sentimenti, legati a un rifiuto, difficili da controllare, come lo stalking, l'omicidio e il suicidio, e la depressione associata al rifiuto e alla perdita di un amore".

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