lunedì 21 febbraio 2011

Libia nel caos total: In fiamme sede del governo e Tv di Stato a Tripoli

Mideast_Libya_Protests.sff.libia_nel-caos-Gueddafi_e_scapatto Tripoli, 21 feb - E' caos in Libia. A Tripoli la situazione sta peggiorando di minuto in minuto. I manifestanti hanno dato alle fiamme la sede centrale del governo a Tripoli e altre sedi istituzionali. Anche la tv di Stato e diverse stazioni di polizia sono state prese di mira e incendiate. Secondo il giornalista libico Nazar Ahmed, questa mattina la polizia e la sicurezza libica è completamente assente dal centro della capitale. Per questo i manifestanti hanno potuto assaltare oltre alla sede del governo e alla tv pubblica, anche altri uffici pubblici cittadini in particolare nella zona di al-Azizia. Secondo un testimone contattato dalla tv 'al-Jazeera' sono in fiamme anche le sedi governative che si trovano nella piazza 'al-Shuhada' della capitale.

Secondo 'al-Arabiya', la sede dell'emittente di stato è stata razziata. Secondo il sito informativo libico 'al-Manara', bande armate stanno circolando per il quartiere di al-Azizia a Tripoli, dove si trova la sede della tv pubblica e diversi palazzi istituzionali, oltre alla residenza del Colonnello. Queste bande starebbero assaltando e razziando gli uffici pubblici, approfittando dell'assenza della polizia. Gruppi armati hanno anche attaccato la caserma di al-Baraim, che dista 10 chilometri dal centro di Tripoli.

La Libia è a rischio guerra civile. Così nella notte, in un messaggio lanciato alla nazione alla tv, si è espresso Saif al Islam, il figlio di Muammar Gheddafi che - secondo al Jazeera', avrebbe lasciato il Paese. ''Siamo a un bivio - ha detto il figlio del Colonnello - la guerra civile tra le tribù con decine di migliaia di morti. Oppure l'avvio di un dialogo nazionale già da domani, in 48 ore".

Nel discorso Saif al Islam ha assicurato invece che il padre è in Libia, che ''non è un leader come Ben Ali o Mubarak'', ed è sostenuto dall'esercito. Ammette che le forze di sicurezza hanno commesso ''errori'' nel loro intervento contro la folla di manifestanti, perché, ha detto, non sono state addestrate a questo genere di operazioni, ma smentisce che siano state uccise oltre 200 persone a Bengasi nella violenta repressione delle proteste, cosi' come denunciato da fonti mediche e dell'opposizione. ''Combatteremo fino all'ultimo, fino all'ultima pallottola'', ha dichiarato, precisando che oggi si riunirà il Parlamento per discutere un ''chiaro'' programma di riforme e l'aumento dei salari. ''Dovremo definire una costituzione per il Paese'', ha aggiunto. Il Paese precipiterà in una situazione ''più grave di quella dell'Iraq'' se prosegue la violenza, ha ammonito, denunciando la presenza di ''elementi stranieri'' nel Paese, e di un piano per stabilire un ''emirato islamico'' in Libia.

Sempre a Tripoli 18 lavoratori asiatici sono rimasti feriti negli scontri registrati nella notte, dove un gruppo di rivoltosi armati ha attaccato un cantiere di una società della Corea del Sud. Lo ha riferito l'agenzia d'informazione 'Yonhap', citando un comunicato del ministero degli Esteri di Seul.

Mentre a Bengasi si terrà a breve una nuova manifestazione antigovernativa. Lo ha riferito un attivista libico in collegamento con la tv araba 'al-Jazeera', precisando che oggi nella città si terranno i funerali delle vittime degli scontri avvenuti ieri nei pressi della caserma dell'esercito. Secondo l'attivista, i manifestanti si riuniranno a via Jamal Abdel Nasser, nel quartiere di Al-barka a Bengasi.

La tribù degli al-Zawhiya, originaria dell'omonima città situata a 30 chilometri da Tripoli, ha annunciato il suo appoggio ai manifestanti. Lo ha riferito l'emittente satellitare 'al-Jazeera'. Ieri un'altra tribù, quelli degli al-Warfalla, considerata la più importante della Libia con circa un milione di membri, ha annunciato di essersi schierata con i manifestanti e contro Gheddafi. Lo sceicco Akram al-Warfalla, leader dell'importante clan, ha chiesto pubblicamente al colonnello di "lasciare il paese".

Dal canto suo Human Rights Watch, organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani, parla di 223 morti negli ultimi cinque giorni di proteste. La maggior parte delle vittime si è registrata a Bengasi, nell'est del paese nordafricano. Secondo fonti dell'opposizione e ong indipendenti, le forze di sicurezza, tra cui sarebbro arruolati anche mercenari, avrebbero aperto il fuoco contro i manifestanti.

Con Agenzie: Adnkronos, Aki & Ign

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