giovedì 24 febbraio 2011

Sudan, i militanti traditi da Facebook "La manifestazione era una trappola"

"La Rete sfruttata dai dittatori"
E Internet scopre la realpolitik

Sono arrivati in piazza alla spicciolata, volto scoperto, cartelli sotto braccio. Prima una decina, poi sempre di più. Abbastanza per rendersi conto di essere in trappola, troppo pochi per sfuggire alle milizie di Bashir, spuntate all'improvviso per arrestarli. "Li hanno ingannati su Facebook", racconta il Sudan Tribune. Gli uomini del regime- scrive il quotidiano, che ha sede in Francia per aggirare la censura- hanno aperto un falso account da cui hanno convocato la manifestazione: impossibile, per gli attivisti, accorgersi che era un'esca.

La storia dei cyber militanti traditi dalla Rete sta rimbalzando sui siti di mezzo mondo. "Svela le contraddizioni della Rete" dice Patrck Meier, che sul suo blog mappa le rivoluzioni africane e il ruolo dei social network. Perché il Web è un'arma a doppio taglio: è su Facebook che sono nati i grandi movimenti massa, ma è grazie allo stesso sito che il governo sudanese convoca i lealisti. "Bashir sta arruolando i ragazzi per combattere le opposizioni anche via computer", spiega Meier.

Dalla ong "Tactical Tech", il più attivo laboratorio per cyber attivisti, fanno sapere che sì, i rischi ci sono, e l'ondata che in Maghreb si è alzata su Internet- senza capi, senza basi- ha bisogno di regole. "Noi diffondiamo film, volantini e istruzioni su cosa fare per proteggere i militanti. Dare spazio alla voci critiche è fondamentale, ovvio, ma bisogna sapersi muovere" spiega il presidente Stephanie Hankey, nemmeno trentenne, una vita a girare il mondo e un presente alla guida dell'associazione, che ha uffici a Brighton e a Bangalore, in India.

"Bisogna stare attenti quando si scrivono mail, quando si apre un profilo su Facebook e quando si firmano appelli- continua la Hankey-. Bisogna, soprattutto, capire cosa serve per diffondere il dissenso". E' la realpolitik 2.0. Quella che il Web lo sfrutta, ma senza farne una bandiera. "L'Egitto è un buon esempio: lì la protesta è andata avanti anche quando Mubarak ha spento Internet. La tecnologia è utilissima, fondamentale: ma poi, il mondo, lo cambiano le persone".

E dunque? Prima cosa, zero rischi: servono almeno due profili Facebook, uno vero e uno fasullo. Poi, un programma per navigare sul Web senza lasciare tracce. Un'attenzione totale a chi sta dietro i gruppi in Rete: dietro, sempre più spesso, ci sono le esche dei regimi. Infine, su Internet, pochi slogan e molte storie personali. "Sono quelle che bucano- dice Hankey-. Sono quelle che fanno il giro del mondo".


con lastampa.it

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